Era troppo tempo che le cose tra noi non andavano bene, sessualmente intendo. Passati i tre anni di matrimonio, oramai, non avevamo più stimoli. I nostri rapporti si diradarono nel tempo e anche quando ci ritrovavamo una nelle braccia dell’altro, la fantasia non riusciva ad accendere i vecchi fuochi. Dieci minuti di su e giù e tutto finiva lì. Per il resto, il nostro rapporto andava avanti tranquillo, ma io e mia moglie Giada, ci accorgemmo che quella crisi sessuale avrebbe presto intaccato tutto il resto del nostro rapporto. Dovevo fare qualcosa, ma non sapevo cosa. È difficile scoprire le vere ragioni di un calo dell’appetito sessuale, in una coppia come la nostra poi, che non si era mai negata niente, lo era ancora di più.
Tentavamo in tutti i modi di assecondare le nostre fantasie più recondite, ma sembrava che nulla sarebbe servito. Giada iniziò a vestirsi in modo provocante, solamente per me, ma a parte i primi minuti di eccitazione mi ritrovavo poi sempre nella stessa posizione a stantuffare sempre la stessa fica. Niente da rimproverare alla povera Giada, ma sembravamo arrivati ad un vicolo cieco.
Anche io da parte mia avevo provato a fare i miei passi, lampade, palestra, abbigliamento un po’ più ricercato avrebbero forse aumentato la libido della mia compagna, ma niente. Non sembrava funzionare neanche quello.
Quando entrambi sembravamo rassegnati, successe una cosa che riaprì le nostre speranze. Tornata a casa dall’ufficio, Giada mi raccontò un episodio particolare. Un suo nuovo collega aveva passato la mattina intera a sbirciarle tra le gambe. Lei, casualmente quella mattina aveva indossato una di quelle minigonne che aveva comprato solamente per me, l’effetto fu immediato. Questo collega l’aveva accolta, al suo arrivo, con complimenti che avrebbero fatto girare la testa ad una principessa. Mia moglie aveva apprezzato i complimenti, accorgendosi che forse quella mattina si era vestita un po’ troppo da zoccola, ma dopo tutto, mi confidò, quelle allusioni alle sue gambe non le erano dispiaciute troppo, anzi, come per scherzo aveva giocato tutta la mattinata in ufficio al vedo-non vedo con quel suo baldo collega. Mi disse di avere accavallato le gambe ripetutamente lisciandosi le calze anche se non se ne poteva capire il bisogno, visto che si trattava di collant. Questo povero uomo, mi disse che si chiamava Gianni, non faceva altro che guardarla mentre lei si dimenava sulla sedia, stranamente più lontana del solito dalla scrivania. Non resistette più e dopo quasi un’ora corse in bagno con la faccia rossa e tornò dopo cinque minuti con l’espressione più rilassata. Sicuramente si era masturbato pensandomi, confessò Giada.
Alla fine di quel racconto mi sentii molto strano, indubbiamente il fatto che uno sconosciuto abbia potuto sbirciare le gambe di mia moglie mi dava parecchio fastidio, ma la cosa al tempo stesso mi eccitava da matti. Anche io mi ritrovai con un’erezione in piena regola, e non la nascosi allo sguardo interessato di Giada, che notò subito l’effetto del resoconto sulla sua mattinata. Volevo sapere anche cosa successe nel pomeriggio, ma avevo paura a chiederglielo. Non sapevo perché, ma quella situazione mi faceva ribollire il sangue. Guardai mia moglie, era ancora vestita come in ufficio, non aveva avuto neanche il tempo di farsi la doccia. Gonna come la descrisse lei, da zoccola corta fino alla volgarità, maglietta aderente e scollata che lasciava scoperta la parte superiore del seno: una bella terza, gambe fasciate da collant color carne, scarpe aperte adatte al caldo di quell’aprile torrido. Era uno schianto, nessuno poteva resisterle vestita così, pensai.
Notando l’effetto del suo racconto, continuò a parlare in un modo molto più sboccato del solito.
– Secondo me aveva il cazzo talmente gonfio che ha schizzato fino al soffitto pensando alle mie gambe. – frasi come queste non le avevo mai sentite dalla bocca di mia moglie.
Il gioco si faceva interessante.
Continuò a raccontare minuziosamente anche i particolari di quella giornata. Mi confidò, per esempio, che durante la pausa pranzo, questo Gianni si sedette di proposito di fronte a Giada in sala mensa. Lei approfittò di questo per allungare un piede, tanto da toccargli le caviglie più di una volta, sempre chiedendo scusa, con frasi del tipo:
– Mi dispiace se ti ho toccato la gamba, Gianni, non volevo. Non volevo farti il piedino, non eccitarti. –
Le risposte di lui gli si potevano leggere in faccia, diventava rosso ogni volta, e sembrava sempre sul punto di scappare in bagno a masturbarsi.
Non resistevo più, ero al culmine dell’eccitazione. Rischiavo di venire nelle mutande. Giada nel frattempo sembrava gongolarsi nella storia che stava raccontando. Si eccitava anche lei al pensiero che un ragazzo avesse fatto pensieri così sconci sul suo corpo.
Mentre ancora lei parlava, mi alzai dalla sedia e mi avvicinai lentamente a lei; mi ritrovai alle sue spalle, e mentre lei ancora raccontava, la alzai di peso dalla sua sedia e la misi a novanta sul tavolo.
Non la smetteva più di dire quanto Gianni la trovasse fica, io intanto le avevo alzato quel poco di gonna e le avevo abbassato il tanga. Avevo di fronte a me l’oggetto del desiderio di quel fottuto Gianni di cui Giada non riusciva a smettere di parlare. Abbassai anche i miei calzoni e la penetrai. Erano mesi, ormai che non mi eccitato così tanto, e anche lei sembrava trovarsi nelle stesse condizioni. Quando sentì il mio cazzo entrare in lei, con la faccia appoggiata al tavolo iniziò ad esclamare:
– Come mi sono sentita troia, ero desiderata come una dea da uno che non mi poteva avere. – la voce era rotta dal piacere. – avrebbe dato qualsiasi cosa per mettermi a pecorina come tu stai facendo adesso, ma io mi sentivo troppo fica per farlo. –
Le parole di Giada, invece che scioccarmi accrescevano la mia libidine tanto che riuscii a malapena ad uscire prima di schizzarle tutto lo sperma sulla schiena sporcandole la maglietta.
Andammo in bagno a pulirci, riuscendo a confidarci liberamente, come era sempre stato tra di noi, capimmo che forse avevamo trovato la cura ai nostri problemi sessuali: avevamo bisogno di qualcuno che ci provasse con lei per eccitarci entrambi.
Scoperto il problema ci impiegammo poco a trovare la soluzione.
Decidemmo di passare qualche serata evasiva ogni tanto, la frequenza di queste serate fu Giada a deciderle, anche perché era lei che doveva andare in giro a mostrarsi mezza nuda.
Comunque io aspettavo trepidando ogni venerdì e ogni sabato per conoscere le voglie di mia moglie; devo dire che le prime volte furono decisamente rare, ma con il passare del tempo anche Giada ci prese veramente gusto, e volle fare la puttana sempre più spesso spingendosi a chiedermi di fare queste serate anche due volte a settimana.
La cosa era molto pericolosa, a volte, ma più la situazione era scabrosa più l’eccitazione saliva alle stelle. Era tutto un grande gioco erotico, che partiva dal momento in cui Giada rientrando a casa dall’ufficio lasciava trasparire dall’espressione le sue intenzioni, mi raccontava qualche episodio in qui uno o più suoi colleghi avevano tentato di toccarla o di strusciarsi sul suo bellissimo culo, oppure dei complimenti sempre più spinti e volgari del suo capo. Alla fine dei suoi racconti, mi guardava negli occhi ed esclamava:
– Stasera mi sento puttana. –
Io capivo al volo, preparavamo una cena veloce e dopo di che ci vestivamo. Io senza una cura particolare, non ero sicuramente io il centro della serata, ma Giada lo faceva con grande attenzione, sceglieva normalmente in quelle occasioni delle gonne cortissime comprate apposta per queste sue “esibizioni”, calze autoreggenti chiare, maglietta oppure camicia trasparente e scollata e scarpe aperte per lasciare vedere le sue dita dei piedi laccate di viola o nero.
Il solo pensiero mi eccitava da matti e più di una volta Giada fu costretta a farmi un pompino ancora prima di uscire, e a rimettersi il suo rossetto da zoccola alla fine. Era più forte di me, vederla lì in piedi davanti a me, mentre si lisciava le calze per poi far vedere e magari anche toccare le sue gambe ad uno sconosciuto mi mandava al settimo cielo dall’eccitazione.
Appena finito di vestirsi e di truccarsi, salivamo in macchina senza una precisa direzione, l’importante era che Giada avesse le gambe in bella mostra a chi si avvicinava alla mia BMW, per facilitare gli sguardi dei curiosi lasciavo la luce dell’abitacolo accesa.
Devo dire che Giada non faticava a trovare gli ammiratori, sarà la sua chioma nera e lunga che attirava l’attenzione sulla mia auto, ma erano frequenti gli uomini in motorino che ci si affiancavano e si mantenevano in quella posizione per chilometri, mentre mia moglie sorridendogli si alzava ancora di più la gonna, lasciandogli vedere che non portava nessun tipo di mutande, solo calze e fica.
Dopo alcuni minuti, eravamo costretti ad accelerare perché questi individui, eccitandosi, diventavano sempre più insistenti, e, alcuni di loro, iniziavano a bussare sul vetro, chiamare Giada con una serie di insulti, tipo puttana, troia o altro, e anche a me non risparmiavano l’appellativo di cornuto.
Comunque bastava accelerare e tutto si sistemava cambiando paese oppure solamente via.
Le cose giravano molto bene, tanto che ci ritrovammo con quell’affinità sessuale che avevamo prima ancora del matrimonio, eravamo felici. Io avevo una splendida moglie, a letto mi faceva impazzire, e, anche se ci piaceva che degli estranei la guardassero, nessuno poteva permettersi di fottersela se non io.
Ma le cose non durarono per molto. Giada a quanto mi disse era stanca di farsi guardare solamente, avrebbe voluto qualcuno che la toccasse e la desiderasse veramente, mentre io ero lì a guardarla. Devo dire che il nostro frasario sul sesso era scaduto notevolmente, oramai lei parlava come uno scaricatore di porto e io notai da tempo che si doveva trattenere, in alcuni casi, a non abbassare il finestrino e iniziare a succhiare il cazzo dei passanti che la guardavano.
Stava diventando troia, ma dopotutto me lo dovevo aspettare. Decisi di assecondarla, anche perché la cosa in fondo non mi dispiaceva, avrebbe amato comunque solo me. E poi, pensandoci, anche se avesse fatto un pompino a qualcuno, l’avrebbe fatto solamente se io fossi stato la accanto a lei.
Ne parlammo alcune sere, lei mi spiegò che non voleva, comunque, spingersi troppo oltre ed io le risposi che ero d’accordo. Era fatta, decidemmo che il sabato seguente sarebbe stato il giorno giusto.
Giada si preparò con una cura ancora più maniacale del solito, l’abbigliamento era più o meno lo stesso, gonna cortissima, maglietta bianca sbottonata fino quasi ai capezzoli e sandali aperti con i lacci fino al polpaccio.
Uscimmo di casa e decisi ad andare più lontano del solito, percorremmo, infatti, la statale verso la città, e, dopo venti minuti, ci trovammo in centro, che trovammo ovviamente affollato visto che erano le dieci di sabato sera.
Giada non perse tempo, ed al primo semaforo, approfittò di un ragazzino con lo scooter che si affiancò, per iniziare i nostri giochi; io accesi la luce dell’abitacolo facendo finta di cercare qualcosa nel portaoggetti e notai subito che lo sguardo del ragazzino si piantò sulle gambe di mia moglie. Lei non fece altro che sorridergli, e alzarsi la gonna leggermente. Lui rimase imbambolato, scattò il verde, e per qualche secondo rimanemmo fermi, fino a che un’auto dietro di noi suonò il clacson, allora partii lentamente sperando che lo scooter ci seguisse. Fu così, infatti, al semaforo successivo, ancora rosso, mia moglie alzò di qualche centimetro ancora la gonna, lasciandogli vedere completamente la fica con i suoi peli neri. Il ragazzino non capiva più niente, era il soggetto ideale, pensai, sembrava timido e non poteva crearci grossi problemi, decidemmo tacitamente di continuare con lui il nostro gioco. Giada, sempre guardandolo, si passò la lingua sulle labbra come un invito.
Io, guardavo il ragazzino mentre si toglieva il casco dal calore che gli riempiva il volto, ora potevo vedere il suo viso paonazzo ed i suoi occhi eccitati.
Per qualche secondo mi abbassai verso il finestrino incrociando il suo sguardo, lui mi guardò quasi impaurito, ma io gli sorrisi e la sua espressione si distese leggermente.
Scattò il verde ed io partii sempre lentamente verso una via più appartata. Lo scooter era sempre dietro. Mi fermai in un parcheggio, sempre con la luce dell’abitacolo accesa ed anche lo scooter si fermò, a circa due metri da noi. Giada gli fece segno di avvicinarsi pure, il ragazzino sempre in sella riaccese il motorino e si affiancò più vicino.
Mia moglie allora abbassò il finestrino e si rivolse a lui:
– Ragazzino, la devi smettere di guardarmi le gambe. – il suo tono era rassicurante a dispetto della frase.
– Mi scusi signora, non volevo. È che… – farfugliò lui.
Venne il mio turno.
– Ti piace così tanto mia moglie? – gli chiesi pacato.
– Certo, è una splendida donna. – rispose sempre più eccitato, visto che Giada aveva ancora la gonna alzata e ogni tanto si passava la mano sulle gambe accarezzandole.
Era arrivato il momento, chiesi a mia moglie se quel ragazzino le piacesse, e lei rispose di si.
– Se ti piace così tanto mia moglie dimostralo. – esclamai.
Mia moglie aveva capito. Abbassò completamente il finestrino e appoggiò la sua gamba destra fuori dalla macchina, così da avere il piede a qualche centimetro da quel ragazzo.
– Ti ho detto di dimostrare quanto ti piace mia moglie, leccale i piedi. – dissi con l’eccitazione nella voce.
Non se lo fece ripetere due volte, appoggiò il casco a terra, ed iniziò a leccare il piede di Giada. Leccava con devozione sia il piede che il sandalo, lasciando macchie di saliva sulle calze. Intanto, Giada aveva abbassato leggermente il sedile e aveva iniziato a masturbarsi guardando quel ragazzino che le leccava le unghie dipinte di viola. Si trovava a gambe aperte e dopo alcuni secondi iniziò ad allungare la sua mano sinistra verso il mio cazzo accarezzandolo sopra i pantaloni.
Rimanemmo così per alcuni minuti, Giada venne lasciandosi scappare qualche mugolio di piacere ed il ragazzo non si sarebbe staccato dal piede di mia moglie per nulla al mondo.
Giada lo guardò e gli disse:
– Se vuoi puoi masturbarti. –
Vidi, allora, il ragazzo che con una mano reggeva il piede di Giada vicino alla sua bocca e con l’altra si sbottonava i pantaloni estraendo il cazzo, abbastanza lungo per la sua età, devo dire.
Giada dopo alcuni minuti si stancò di quella posizione e volle cambiare.
Levò il piede dalla bocca del ragazzo e aprì la portiera. Non capivo cosa volesse fare. Forse voleva che lui la penetrasse, ma speravo che quel compito spettasse a me.
Senza dire una parola, sorrise vedendo il ragazzo che continuava a masturbarsi guardandola in tutta la sua bellezza e tutta la sua troiaggine.
Si mise a pecorina con il busto all’interno della macchina e mi fece segno di avvicinarmi. Prese il mio cazzo in bocca, e, con gusto iniziò a spompinarlo. Si fermò dopo qualche secondo per impartire gli ordini al ragazzino che stava lì allibito a guardarla:
– Tu, abbassami le calze e leccami il culo e la fica, mentre io lecco il cazzo del mio uomo. –
Così fece, abbassò le calze di Giada e iniziò a leccarle dolcemente il culo. Dalla mia posizione, potevo vedere benissimo entrambi, l’espressione eccitatissima di Giada che ad ogni leccata del ragazzo sospirava e il ragazzo stesso che leccava il culo di mia moglie con molta passione, masturbandosi contemporaneamente.
Mia moglie preoccupata, non volle che lo sperma del ragazzino andasse sprecato, ed allora, dopo pochi minuti in cui lui le aveva inumidito lo sfintere con la sua saliva gli intimò di fermarsi, si girò verso di lui, gli mise un dito in culo e lo fece venire in bocca. Sputò subito tutto sul selciato, ma rimase con il dito nel culo ancora qualche secondo, dagli occhi del ragazzino si capiva che era in estasi, non credo che avesse mai immaginato di passare un sabato sera così.
Quando mia moglie tolse il dito dal buco del ragazzino gli usò la maglietta per pulirsi la bocca, come per lasciargli un ricordo della serata.
– Ok, tu hai finito, io ora devo scoparmi il mio uomo, vattene! – il suo tono era quasi intimidatorio verso il ragazzo, che si rivestì in fretta e montò sul suo scooter scappando verso il centro.
– Ora che il mio culo è lubrificato, ti prego, mettimelo dentro. – la sua frase mi invitava a nozze, ho sempre adorato il suo culo e non c’era bisogno di chiedermelo.
Uscii dalla macchina, non curante del fatto che sicuramente dal palazzo vicino qualcuno poteva vederci ed iniziai ad incularla lentamente, mentre lei tra un mugolio ed un altro sputava frasi del tipo:
– Sono la più grande troia del mondo. – oppure riferita al ragazzino – Pensa a quante seghe si farà nella sua vita pensando a me –
Tutte queste frasi aumentavano l’eccitazione di entrambi, ed io non resistetti più, venni dopo pochi minuti direttamente nel suo culo lucido di saliva.
Giada si pulì con un fazzoletto e si rivestì velocemente, mentre io risalivo in macchina mettendo in moto.
Mi diressi verso casa, quando, ad un semaforo, un uomo sulla quarantina che doveva attraversare la strada, attirò la nostra attenzione.
– Non vorrai mica andare subito a casa? – mi domandò Giada – La notte è piena di sorprese, ancora. –
Quella notte tornammo a casa alle tre di notte, dopo essere passati attraverso altre quattro avventure, eravamo stremati e consumati, ma felici e nuovamente eccitati. Lo rifacciamo spesso, quasi ogni sabato, perciò se vedete un BMW blu che stenta a partire ad un semaforo della vostra città, provate a guardarci dentro, chissà che non vi divertiate. FINE
