Andrea, Alberto, Gianluca ed io eravamo un gruppo affiatato di amici, quattro compagni di liceo legati da vari interessi comuni, che non è importante ai fini di questa storia raccontare, interessi che possono comunque ridursi ad un unico comune denominatore: la voglia di divertirsi e di strafare.
Durante il penultimo anno scolastico, Alberto era riuscito, dopo mesi di disperata corte, a fidanzarsi con Sonia, una stupenda e prosperosa mora tutta curve e vestiti attillati, la quale godeva di una pessima fama all’interno dell’istituto: c’era chi affermava di essersi fatto fare un pompino nel bagno dei maschi, durante la ricreazione, e chi giurava di averla vista entrare nel palazzo al n° 15 di Via Liberti alle 9 di sera, che, guarda caso, era proprio dove abitava il prof. di scienze, l’unica materia in cui aveva ottimi voti. Alcune amiche di Sonia avevano visto i filmini che aveva girato insieme ai suoi ex, e potete immaginarvi quale stupore aveva suscitato la visione di simili perversioni (Sonia con gli uomini faceva veramente di tutto) nelle sue compagne di classe, poco più che ragazzine.
Nonostante tutto questo, Alberto (secondo me, lui non lo ammetterà mai) si era innamorato di lei, e non riusciva ad accettare il fatto che Sonia usasse gli uomini per un unico scopo: quello di saziare la sua indicibile voglia di piacere.
Rimasero insieme per quasi due mesi, da marzo a maggio dello scorso anno. Poi Alberto si accorse che Sonia lo tradiva con altri tre ragazzi della scuola e due uomini rimorchiati qualche mese prima in un night club, e la affrontò.
“Che vuoi? Io faccio quello che mi pare. Tu non riesci a reggere più di una chiavata al giorno: non mi basti, ragazzino. E poi non permetterti di alzare la voce con me. Se mi va di andare con qualcuno, anche con tuo padre, io me lo scopo senza pensarci due volte, capito? E tu non puoi fare proprio niente. Anzi, vaffanculo, mi hai pure rotto, ti pianto! ”
Questa fu la frase che fece molto soffrire Alberto nei giorni seguenti, e in quel momento lo paralizzò.
Mi dispiaceva molto che Alberto soffrisse per quella puttana, così decisi di organizzare una vacanza a Majorca, solo noi quattro, senza ragazze rompipalle al seguito.
Andrea e Gianluca furono subito entusiasti dell’idea, e insieme riuscimmo a convincere Alberto a venire con noi.
Il 19 giugno, alle tre del pomeriggio, stavo facendo zapping alla TV, sorseggiando un’aranciata fresca, quando squillò il telefono. Era Alberto.
“Pronto… ciao Luca, senti… io volevo… prima mi ha telefonato… Sonia… mi ha chiesto scusa, mi ha domandato se può venire con noi… insomma, io le ho detto di sì, perché vorrei ricominciare con lei. Sai, è veramente pentita. Ti prego, non farmi perdere questa occasione. ”
Avrei voluto dirgli che sicuramente era pentita non più di quanto fosse vergine, che lo aveva chiamato solo per scroccare una vacanza, e che doveva smettere di illudersi che non fosse una troia nata, ma in quel momento, forse per causa del caldo, forse perché non mi andava di mandare a monte tutto, acconsentii.
“Grazie, Lù! Sei un amico! Vedrai che andrà tutto bene. Ho un appuntamento più tardi con lei per comprare i biglietti. Ci sentiamo! ”
Una settimana più tardi, alle prime ore del mattino, partimmo da Roma Fiumicino con destinazione Palma de Majorca.
Gianluca e Andrea arrivarono puntuali, ma Sonia e Alberto ancora non si vedevano.
Eravamo seduti di fronte ad un tavolino, dopo aver fatto il check-in, quando sentii la voce eccitata di Alberto salutarmi.
Mi voltai nella sua direzione e il mio sguardo andò subito sulla sua fidanzata: Sonia portava un paio di occhiali da sole di marca (un regalo di uno dei suoi uomini, pensai), alzati su di un’acconciatura elegante, vivacizzata da un leggero henné. I suoi lunghi capelli corvini e lisci facevano da contorno ad un viso stupendo: grandi occhi neri truccati con maestria, che lanciavano sguardi magnetici e penetranti, un naso pronunciato ma perfettamente simmetrico, e una bocca carnosa e sensuale, carica di rossetto fucsia. Indossava un top bianco, aderente e scollato, che permetteva di ammirare la grazia e l’opulenza di un seno di grossa taglia perfettamente sostenuto, che ogni uomo desidererebbe toccare e possedere; dove terminava il top iniziava un paio di jeans corti che qualunque madre di famiglia avrebbe considerato osceni, dato che Sonia li aveva tagliati poco al di sotto dell’inguine. Quei pantaloncini riuscivano a contenere appena metà delle sue grosse natiche, toniche e completamente prive di cellulite, e mostravano generosamente la carnagione olivastra delle sue belle gambe tornite. A completare la sua immagine sbarazzina e provocante, un braccialetto alla caviglia sinistra e un paio di scarpe sportive, che portava senza calzini.
Per la prima volta compresi quello che provava Alberto: quella non era una donna come tutte le altre. Era una che poteva farti perdere la testa con dei semplici gesti, con degli atteggiamenti che, pur sembrando artefatti, le riuscivano perfettamente naturali, come socchiudere la bocca mentre ti guarda negli occhi, accarezzarsi l’interno delle cosce mentre la osservi, accavallare le gambe in modo da scoprire il merletto delle mutande che fa capolino dai pantalocini aderenti, ed altre piccolezze che fanno impazzire di desiderio l’uomo che cade sua vittima.
Sonia cominciò a squadrarci uno ad uno, mentre sul gruppo piombava un senso di disagio misto ad imbarazzo. Sembrava una giovane leonessa che osserva con aria di sufficienza dei conigli intrappolati: è inarrivabile per loro, ma sa che può sbranarli vivi, se solo un piccolo capriccio si affaccia alla sua mente.
Gianluca tentò di smorzare la tensione e disse: “Non hai freddo qui, con l’aria condizionata? ” La sua battuta non raggiunse assolutamente lo scopo desiderato.
“Devi avere qualche problema se mi preferisci vestita” replicò lei, asciutta. Alberto arrossì violentemente, e lanciò un’occhiataccia (poco convinta, a dire il vero) a Gianluca, che abbassò lo sguardo. Ormai ero rassegnato a passare una vacanza noiosa e all’insegna del malumore. Non avevo la minima idea di ciò che sarebbe successo quella sera.
Arrivammo al residence “Las velas”, dove avevamo prenotato due piccoli appartamenti, all’una e un quarto del pomeriggio, e decidemmo di pranzare subito, perché eravamo affamati. Il cameriere ci fece accomodare ad un tavolo per sei persone e raccolse le ordinazioni.
Sonia sedeva di fronte al suo ragazzo, tra Gianluca e me. All’altro capo del tavolo c’erano quindi Alberto e Andrea. Poco prima che tornasse il cameriere con il primo, sentii la mano di Sonia che si posava sul mio ginocchio destro. Stavo parlando proprio con Alberto di cosa avremmo fatto durante il pomeriggio, quindi mi sforzai per mantenere un contegno. Sonia iniziò ad accarezzarmi la coscia, risalendo pian piano fino all’apertura inferiore dei miei calzoncini corti. Ebbi un’erezione quasi spontanea quando mi accorsi che le sue unghie lunghe mi stavano spostando le mutande, per accarezzare la peluria del pube. Facevo fatica a chiacchierare normalmente con Alberto, ma dovevo stare al gioco: se si fosse accorto di tutto, la mia idea di portarlo in vacanza sarebbe risultata un completo fallimento.
Sonia intanto me lo aveva tirato fuori dai calzoncini, e lo stava accarezzando dolcemente con la sua mano esperta. Dopo neanche un minuto avvertii gli umori che sgorgavano caldi dal glande, e la mano di Sonia che diventava viscida e bagnata. La guardai negli occhi per un attimo, ma senza il disappunto che volevo esprimere: in fondo quella situazione mi piaceva. Abbassai lo sguardo e mi accorsi che aveva cominciato a masturbare anche Gianluca. Anche lui si sforzava di restare impassibile.
Alberto non sospettava niente. “Ah, ecco il cameriere” disse.
“Già, finalmente” risposi io, quasi ansimando. Gianluca tacque, e rimase con gli occhi socchiusi.
Quando il cameriere si avvicinò, Sonia riportò le sue belle mani a posto, asciugandole sui suoi calzoncini.
Dopo pranzo ci sedemmo sui lettini posti lungo il bordo della piscina, a prendere il sole. Non avevo ancora avuto l’occasione di parlare da solo con Gianluca e Andrea, ma vedevo che erano eccitati almeno quanto me.
Alberto abbracciava Sonia, che ci lanciava di nascosto occhiate intense e piene di desiderio. Si era spogliata, ed indossava solo un bikini bianco molto ridotto, di quelli che portano le ragazze brasiliane nelle pubblicità dei vibromassaggiatori, per intenderci. Aveva praticamente il culo di fuori.
Ad un tratto esordì, rivolta ad Alberto: “Non ti dispiace se mi metto in topless, vero? ”
Osservai subito il viso di Alberto, che si adombrò per un attimo, poi tornò falsamente sorridente, come era stato per tutta la mattinata.
“No, amore, figurati”.
Con un gesto Sonia si tolse il reggiseno e sfoggiò la sua quarta abbondante, mettendo in risalto i suoi seni sodi e tondi e la sua pelle d’ebano.
La mia eccitazione crebbe, e cominciai a sentire seriamente il bisogno di masturbarmi. Sapevo che per Gianluca era lo stesso. Sembrava assente, rapito da quella bellezza prorompente e così facile da raggiungere.
Quel pomeriggio fu per tutti noi una vera tortura: Alberto era in difficoltà per la sfacciataggine di Sonia, e noi altri avevamo voglia di saltarle addosso e scoparcela.
Proposi di fare qualche tuffo, dato che faceva veramente caldo (in tutti i sensi! ), e la luce del sole riflessa sul lastricato bianco della piscina era quasi accecante. Fui il primo ad entrare in acqua e provai subito un piacevole refrigerio, e ne approfittai anche per ripulirmi dagli umori che il mio pene insoddisfatto aveva riversato, quasi per dispetto, nel costume. Dopo nemmeno dieci secondi tutto il resto del gruppo si era tuffato e i ragazzi ridevano e scherzavano schizzandosi acqua addosso a vicenda. L’atmosfera sembrava finalmente tornata calma e distesa. L’animatore del residence lanciò un pallone verso di noi, e ci invitò a spassarcela.
Iniziammo a giocare come dei ragazzini: Andrea tirò la palla a pochi centimetri da me e sghignazzò quando mi vide ingoiare l’acqua che si era sollevata. Con un balzo, ancora con gli occhi chiusi, tentai di riprenderla per dargli il fatto suo, ma urtai Sonia, e mi ritrovai con la faccia tra i suoi seni gonfi. Sentii la durezza di un capezzolo sulla guancia ed immediatamente dopo quella del mio cazzo che premeva sul costume.
“Scusa” mormorai imbarazzato, e Sonia mi rispose con un sorriso malizioso. Alberto fece finta di niente e continuammo a giocare.
Una volta fuori dalla piscina prendemmo un gelato. Anche in questa occasione Sonia non si smentì: leccava il suo sorbetto panna e limone con avidità, e ci provocava fissandoci negli occhi quando chiudeva le sue labbra sul cono. Si sporcava le labbra con la panna e le ripuliva con la punta della lingua, lentamente, lasciando intendere che avrebbe fatto lo stesso in ben altre situazioni. Noi tre eravamo eccitati all’inverosimile, e avremmo dato chissà cosa pur di scopare con lei e soddisfare le sue fantasie più sporche e perverse.
Ci congedammo e ci avviammo alle docce. “Noi andiamo a prepararci” dissi io, rivolto ad Alberto “Questa sera andiamo a farci una pizza giù in paese”.
“A dopo… ” rispose maliziosamente Sonia, e mi fece l’occhiolino.
Quella sera Andrea, Gianluca ed io decidemmo di non cenare al residence, poiché non saremmo stati capaci di sostenere quell’incredibile situazione. Una bella pizza era quello che ci voleva; anche se a malincuore, prendemmo atto che era meglio che Sonia sfogasse i suoi istinti sessuali su Alberto. In fondo era lui il suo fidanzato.
Trovandoci a distanza di sicurezza da Sonia, ci rilassammo e chiacchierammo allegramente per tutta la serata, evitando il più possibile il discorso “corna di Alberto”, poiché eravamo tutti affezionati a lui, e non era il caso di prenderlo in giro. Tuttavia fu inevitabile parlare di quello splendido esemplare di ragazza. “Hai visto che tette e che culo, Lù? ” esordì Andrea. “Già… ” risposi io, lanciando un’occhiata a Gianluca, che disse: “Sbaglio o ci ha quasi fatto una sega, a pranzo? È inutile che lo neghi: ho visto come ti piaceva. ”
Fui incapace di negare. Andrea non era stupito più di tanto. Disse “Che ne dite ragazzi, se ce la dà… non ci tiriamo indietro, vero? ”
Prima di rispondere alzai gli occhi verso Gianluca, che mi precedette. “Certo che no, cazzo! ” rispose.
“Ehi, ehi, calma! ” risposi io “Abbiamo organizzato questo viaggio per Alberto, e non voglio rovinare tutto solo per farmi una scopata. ”
“Ma sei scemo? ” disse Andrea.
“No. È che io non ho bisogno di andare con una puttana per scopare. Voi, invece? ”
Quella frase li convinse, e anche se senza entusiasmo, dovettero convenire che era meglio non tradire la fiducia di Alberto. Il resto della serata andò liscio come l’olio, e non litigammo, anche se Andrea e Gianluca si chiusero in un atteggiamento indispettito.
Verso le 23 rientrammo al residence, ma faceva ancora troppo caldo per andare a letto. Stavamo giocando a carte quando sentimmo bussare alla porta.
“Avanti, è aperto! ” dissi io.
Era Sonia. Indossava solo i calzoncini di jeans e le scarpe da ginnastica, ed era pesantemente truccata da puttana. Si avvicinò a noi facendo ballare armoniosamente le tette.
“Perché non venite tutti di là? Mi sto facendo due palle con Alberto… ” disse.
Andrea strabuzzò gli occhi a quella vista, e Gianluca mi guardò con gli occhi socchiusi, divertito. Non sapevo proprio cosa fare: avevo giurato a me stesso che non mi sarei lasciato corrompere dall’atteggiamento provocatorio di Sonia, ma a quel punto non c’era più possibilità di equivoci. Alberto, ormai, era sicuramente consapevole del fatto che Sonia non era cambiata affatto. Se ne era già accorto durante il pomeriggio, anche se si vedeva che non lo voleva accettare; considerato il fatto che aveva permesso a Sonia di venire da noi conciata in quel modo, pensai che si fosse rassegnato allo stato delle cose e avesse deciso di “divertirsi” anche lui, organizzando un’orgia.
Mi autoconvinsi di questo, e lanciai uno sguardo eloquente ai miei compagni di appartamento. Gettammo le carte sul tavolo ed insieme la seguimmo fino alla sua camera da letto.
Lì ci attendeva uno spettacolo davvero incredibile: Alberto giaceva supino sul grande letto matrimoniale di ottone, ammanettato alle sbarre superiori e legato con delle corde a quelle inferiori, in modo che non si potesse muovere. Aveva un foulard rosso legato stretto sulla bocca. Un’enorme erezione spiccava dalla sua magra figura: quella stronza lo aveva legato come un salame, imbavagliato, fatto arrapare e poi abbandonato! Cominciai ad eccitarmi sul serio, e sentii il bisogno di metterle le mani addosso: l’avrei picchiata e violentata con molto piacere, se non avessi saputo che non ce n’era assolutamente bisogno.
Gianluca ed Andrea rimasero immobili ad osservare Alberto. Sonia si avvicinò a loro e mise le mani sulle protuberanze dei loro bermuda, saggiando la consistenza dei loro membri eretti, e da quella posizione si protese per darmi un bacio appassionato in bocca. La sua lingua si fece strada sotto la mia, poi iniziò a leccarmi con avidità il mento e il collo. Intanto aveva tirato fuori gli ormai enormi cazzi dei miei amici e li stava masturbando lentamente.
Cominciai a sentire caldo: le sue labbra scottavano e il mio pene premeva forte contro i calzoncini di tela, così li abbassai fino ai piedi insieme alle mutande, e con un gesto me ne liberai. Anche Gianluca e Andrea si spogliarono completamente, e iniziarono a toccare Sonia dappertutto, provocando i suoi mugolii eccitati. Sonia si tolse insieme i jeans e le mutande e li lanciò contro Alberto, che dalla sua posizione poteva vedere tutto, ma non poteva reagire. Poi si mise in ginocchio di fronte al letto e ci ordinò di avvicinare i nostri cazzi a lei, e di lasciarla fare. Non volevo fare una cosa del genere ad Alberto, e se fossi stato responsabile delle mie azioni me ne sarei andato volentieri da lì. Ma l’eccitazione e il desiderio istintivo che Sonia aveva scatenato in me non mi permettevano, in quel momento, di prendere decisioni razionali. Accadde tutto in fretta, e mi trovai di colpo nel bel mezzo di un’orgia da cui era impossibile sottrarsi.
Sonia accompagnò il cazzo di Andrea vicino alla sua bocca, e diede un bacio sul suo glande umido, facendo schioccare le labbra; poi prese in mano anche quello di Gianluca, e iniziò a succhiarli entrambi, ora a turno, ora accogliendoli insieme nella sua bocca carnosa.
Io intanto mi ero guadagnato un posto d’onore dietro di lei: mi inginocchiai sulla moquette, mi bagnai la mano destra con la saliva e accarezzai le parti più sensibili della sua fica depilata e aperta. Lei fece finta di niente, forse con l’intento di sfidarmi, così mi appoggiai sul suo fondoschiena e la penetrai con un colpo secco di reni. Per un attimo fu sul punto di gemere, poi continuò il suo lavoro di bocca sui miei amici.
La tenevo stretta per i fianchi e la scopavo con sferzate decise e ritmiche, e lei assecondava i miei colpi con un sapiente e abile gioco di bacino.
Andrea tolse il cazzo dalla bocca di Sonia e mi fece capire che voleva esplorare anche lui quel magico ventre di donna, fonte di piaceri inenarrabili e ispiratore di peccato.
Allora scivolai sulla moquette per sdraiarmi sotto di lei, pur continuando a scoparla.
Adesso le stuzzicavo i capezzoli con le dita dei piedi; era una posizione che non avevo mai immaginato nelle mie fantasie erotiche, eppure mi riusciva così naturale: so che può sembrare assurdo, ma era come se me l’avesse trasmessa lei, in qualche modo. Sentivo le sue cosce calde e fradicie di umori che stringevano le mie al ritmo dei miei colpi. Andrea si mise a cavalcioni sul mio addome (in un’altra occasione non avrei mai permesso una cosa del genere, ma in presenza di Sonia anch’io mi sentivo diverso, disposto a tutto) e sputò un paio di volte sulla schiena della ragazza, spostando poi la saliva tra le sue natiche con la mano e spingendola dentro il culo con il pollice; a questo punto penetrò il suo ano. Sonia sembrò accusare il colpo, ed emise un gridolino di piacere misto ad una smorfia di dolore.
Ma dopo qualche istante era di nuovo quella di prima, e continuò a succhiare il cazzo di Gianluca, che ad un certo punto disse, con voce rotta dall’eccitazione: “Sonia, non ce la faccio più”
“Oooh, il nostro “omaccione” non ce la fa piùùù… ” cantilenò lei. “Adesso allora viene il bello” disse, e si alzò lentamente in piedi, sfilando con un gesto da esperta i nostri cazzi da dentro di lei. Prese Gianluca per la base del pene come una madre prende il suo bimbo per mano e lo condusse sul letto, dove giaceva Alberto immobile, ormai con le lacrime agli occhi. Sonia si sedette sul viso del suo ragazzo, ponendo il suo naso proprio sotto la fessura della sua passera fradicia, ed ordinò a Gianluca di entrarle in culo. Gianluca ricavò uno spazio tra Sonia e le sbarre del letto e si chinò su di lei, sussurrandole all’orecchio: “Sei proprio una troia”. Poi la penetrò, la chiavò energicamente per quasi un minuto, baciandola sul collo e mordicchiandole le orecchie, dopo di che tirò fuori il cazzo dalle sue chiappe e le inondò il culo e la schiena di sperma. A questo punto Sonia disse “Rimani qui un attimo, tesoruccio… “, drizzò il busto e cominciò a sculettare, facendo colare tutto il liquido sulla faccia e sui capelli del povero Alberto. Poi ordinò a Gianluca: “Pisciami addosso, voglio sentire il tuo piscio caldo sul culo. ” Gianluca esaudì il suo desiderio e orinò in mezzo alle sue natiche, pur sapendo che l’intento di Sonia era quello di seviziare ancora Alberto con un’ennesima imposizione.
Poi Sonia si rivolse a noi, che osservavamo la scena ammutoliti, con voce carica di lascivia: “E voi che fate ancora là? Venite qui, che ve lo succhio fino a consumarvelo! ” A quell’invito io e Andrea salimmo in piedi sul letto, la circondammo, e affidammo i nostri cazzi alle sue mani esperte, che subito li condussero tra le sue labbra. Iniziò a succhiare rumorosamente e, poiché aveva entrambe le mani occupate e non poteva masturbarsi, soddisfò il suo prurito strofinando culo e fica avanti e indietro sul viso lurido di Alberto, che ormai si era rassegnato a quella violenza.
Gianluca si era appoggiato ad una parete e guardava la scena ammutolito, come sotto shock, ed Alberto era vittima della perversione di Sonia, impossibilitato a muoversi e a porre fine a quell’enorme erezione, che era diventata per lui un vero supplizio.
Noi tre, invece, proseguimmo nella nostra orgia inarrestabile e scatenata, godendo come pazzi mentre la sua lingua veloce bagnava con la saliva calda i nostri grossi cazzi violacei, che ogni tanto si urtavano nella sua bocca. Ad un certo punto Sonia li tolse e disse: “Ditemelo quando state per venire, che ho in mente una cosuccia… ”
“OK” risposi io per entrambi, e lei ricominciò.
Era così abile a fare i pompini che glielo avrei lasciato in bocca per sempre. Sapevo che da lì a pochi minuti le stupende emozioni intense che stavo provando avrebbero ceduto il posto ai sensi di colpa, ma in quel momento non me ne importava nulla. Volevo solo godere: se mi stavo facendo succhiare l’uccello dalla ragazza del mio migliore amico era perché Sonia mi aveva praticamente costretto a scopare. Quella, vi dico, non è una ragazza come tutte le altre: è in grado di ottenere qualunque cosa da un uomo, ha un potere terribile sugli uomini.
Andrea stava per raggiungere l’orgasmo, ed avvertì Sonia; lei allora si liberò del suo cazzo e continuò con il mio. Quando anch’io le dissi che stavo per venire, li riprese entrambi in bocca e li agitò velocemente con le sue mani esperte, tenendo le labbra serrate per non mandare sprecato il nostro nettare.
Non posso parlare per Andrea, ma per quanto mi riguarda, il mio orgasmo fu memorabile.
Violente scosse si impossessarono del mio basso ventre, e gridai di piacere quando avvertii lo sperma che usciva abbondante dal prepuzio per riversarsi nella bocca di Sonia. Sette, o forse otto violente contrazioni, accompagnate da altrettanti copiosi schizzi, sconvolgevano il mio membro, che fino ad allora non aveva mai provato niente del genere.
Neanche Andrea riuscì a trattenere un grido, e quando venne in bocca alla ragazza tutto il suo corpo pulsava all’unisono con gli spasmi muscolari del suo orgasmo.
Sonia trattenne quasi tutto il nostro sperma in bocca, poi si voltò e lo sputò in faccia ad Alberto, che strizzò gli occhi in preda al ribrezzo.
“Andate via, lasciatemi sola con Alberto, ci vediamo domani… ” disse a questo punto.
Così chiudemmo la porta della camera da letto alle nostre spalle e cominciammo a rivestirci.
Andrea guardò dal buco della serratura quello che stava succedendo là dentro.
“Oh Dio! ” disse.
Così anch’io mi chinai per vedere all’interno della stanza: Sonia si era impossessata del cazzo di Alberto, ed era iniziata un’altra scopata…
Tornammo al nostro appartamento esausti e stravolti. Senza nemmeno lavarci andammo a letto e cademmo tra le braccia di Morfeo senza dire una parola.
La mattina seguente fui il primo a destarmi: diedi un’occhiata alla sveglia e mi accorsi che erano le nove passate, così andai in bagno, facendo attenzione a non fare rumore. Chiusi la porta alle mie spalle ed entrai nella cabina della doccia. Rimasi sotto il getto d’acqua tiepida per quasi dieci minuti, poi udii bussare alla porta. Infilai l’accappatoio e chiesi chi fosse. Ero spaventato dall’idea che Alberto, infuriato, venisse a prenderci a pugni per ciò che era successo la sera prima.
“Chi è? ”
“Il postino! ” rispose ridendo una voce femminile. Era Sonia.
La feci entrare, facendole notare che gli altri dormivano ancora. Era già in bikini, pronta per andare al mare; aveva un’aria rilassata e serena. “Niente a che vedere con la belva feroce assatanata di sesso di ieri” pensai.
Sorrise, e tirando la cinta del mio accappatoio mi diede un bacio sulle labbra.
“Buongiorno! Ti sei divertito ieri sera? ” disse.
“Dov’è Alberto? ” chiesi io, ignorando la sua domanda.
“Non avere paura. Quello non sarebbe capace di dare una sculacciata a un bambino. E poi se n’è andato! ”
“Come se n’è andato? ! ? ” esclamai falsamente stupito. In fondo la cosa non mi dispiaceva.
“Ieri sera dopo che… beh, dopo l’ho slegato. Stamattina mi sono svegliata e ho trovato questo sul comodino. ”
Mi porse un biglietto molto eloquente che Alberto aveva scritto prima di partire.
La feci accomodare sulla poltroncina e svegliai gli altri.
In mezz’ora furono tutti pronti per uscire. Dopo colazione ci avviammo al parcheggio, dove ci aspettava l’Opel Corsa che avevamo prenotato, per il noleggio, da Roma.
Gianluca ed io salimmo dietro, e cedemmo il posto davanti a Sonia. Andrea era alla guida. Appena imboccammo la strada che conduceva a Magalluf, Sonia cominciò a toccare Andrea sulle cosce, infilando le mani sotto i pantaloncini. Con un gesto estrasse il suo cazzo dal costume da bagno e si chinò su di lui, prendendoglielo in bocca. Andrea lo sentì crescere enormemente tra le labbra di Sonia, che cominciò ad andare molto lentamente su e giù con la testa.
“Per favore, Sonia, sta guidando!!! ” gridai con stizza, tanto che successivamente Andrea attribuì quel gesto alla mia invidia nei suoi confronti.
Sonia disse “Facciamo un giochetto: continua a guidare; quando acceleri io vado più velocemente, se lasci l’acceleratore mi fermo. ”
Il cazzo di Andrea era diventato enorme e paonazzo, e una vena violacea spiccava appena sotto il glande. Iniziai a pensare che Sonia fosse malata di mente, o qualcosa del genere: a quanto pare non riusciva a stare nei pressi di un uomo senza desiderare di scoparselo!
Andrea accelerò e scartò verso la corsia di sorpasso. A quella velocità l’aria non ancora afosa del mattino entrava dai finestrini aperti, creando vortici freddi e rumorosi.
Sonia lavorava alacremente sul suo cazzo, accarezzandolo con le labbra umide e stuzzicando con la lingua gli interstizi del glande. Gianluca sembrava divertito da quel gioco, e cominciò a toccarsi. Dopo un minuto mi sporsi preoccupato dal sedile, per ordinare a Sonia di smetterla; il tachimetro indicava 140 Km/h.
Visto che era inutile, mi rivolsi ad Andrea: “Per Dio Andrè, ci ammazzi tutti così! ”
Proprio in quel momento Sonia, inaspettatamente, si staccò da lui e si pulì la bocca con le mani, lasciandolo con un’erezione spaventosa, che si attenuò dopo più di dieci minuti.
Solo alla fine del viaggio Andrea riuscì a rimettere il suo cazzo nei pantaloncini!
Mi venne in mente una battuta adatta alle circostanze, del tipo “Ma come fai di prima mattina? ” ma tacqui, pensando all’assurdità della situazione. Adesso faceva davvero caldo: la forte emozione che avevo provato, molto più simile alla paura che al divertimento, mi aveva fatto sudare non poco. Gianluca non sembrava della stessa opinione, ma aveva smesso di masturbarsi, allo scopo di conservare le energie per Sonia.
In spiaggia ebbi l’occasione di rilassarmi, perché mi allontanai dal gruppo e feci una passeggiata. Sonia era incuriosita dal mio comportamento. Lo capivo dalle occhiate che mi lanciava: il suo atteggiamento era quasi canzonatorio, e quando mi guardava era stranamente seria, esattamente come era stata quella mattina, quando le avevo aperto la porta dell’appartamento. Ricordo che in quel momento pensai, per la prima volta, a Sonia come una persona, diversamente da Gianluca e Andrea, che la consideravano solo una puttanella da quattro soldi.
Mi venne in mente, mentre passeggiavo sul bagnasciuga, che anche Alberto doveva pensare a lei come una persona, anzi, Alberto la considerava molto di più, visto che se ne era innamorato.
Il sole cominciò a scottare, così feci dietrofront per tornare sotto l’ombrellone. Secondo il mio swatch erano trentacinque minuti che camminavo. La spiaggia era ormai affollatissima.
Dopo un quarto d’ora scorsi tra la folla la figura di Sonia, che mi veniva incontro. Indossava un pareo che la copriva dall’ombelico fino a metà coscia, e stranamente non era in topless. Mi salutò con un cenno e disse “Perché te ne sei andato? ”
“Mi annoio a stare fermo” risposi io, freddamente.
“Ti annoi? Sei sicuro che va tutto bene? ” Si era avvicinata al mio fianco e mi aveva preso per mano.
Non risposi.
“Forse ti dà fastidio che scopo con i tuoi amici? Sei geloso? ”
Penso che in quel momento arrossii come un peperone. Avvertii la vampata in faccia e mi staccai dalla sua mano, mormorando un poco convincente “No, ma che dici? ”
“Perché non torniamo al residence, noi due, soli soletti? ” disse Sonia.
“E gli altri? ”
“Li lasciamo qui ad arrostirsi un po’. Torneremo stasera a prenderli. ”
“Stasera? ! ? ” esclamai. Voleva stare sola con me per tutto il giorno!
Senza sapere perché (solo più tardi riuscii a dare un’interpretazione al mio comportamento) accettai, e una volta giunti al nostro ombrellone, Sonia prese le chiavi dell’auto dal marsupio di Andrea, con una scusa, ed io la seguii.
La piccola utilitaria era un vero e proprio forno, e per tutto il viaggio di ritorno lasciammo i finestrini aperti. Guidavo con naturalezza, ma il mio cervello pensava affannosamente, e Sonia se ne accorse.
“Come mai sei così silenzioso? Pensa a quello che ti aspetta… ” disse con tono malizioso.
Non risposi, e non le rivolsi la parola per tutto il tragitto fino al residence.
Quando arrivammo lì era quasi mezzogiorno, e l’appartamento di Sonia era fresco e poco illuminato, dato che aveva accostato le imposte prima di uscire. Posai le chiavi sul tavolo della sala da pranzo e lasciai che i miei occhi si abituassero alla penombra.
Fu Sonia a rompere il silenzio: “Allora? Non mi salti addosso subito? Vuoi prima bere qualcosa? ” disse, accarezzandomi il petto sotto la maglietta bagnata di sudore. Poi la sua mano scese fino all’addome e all’interno delle cosce, quindi risalì fino in mezzo alle gambe, e a quel punto la ritirò, guardandomi con aria stupefatta. Non aveva trovato l’erezione che si aspettava: il mio ‘luì era piccolo e morbido, inerte.
“Che ti prende? Mica ti sentirai in colpa per Alberto? Non fare lo stupido! ”
“No… non c’entra Alberto” mormorai, abbassando lo sguardo.
Sentivo i suoi occhi che mi osservavano intensamente, interrogativi e penetranti. Mi sembrava di sentirmeli addosso, quei grandi occhi scuri e profondi, che tentavano di entrarmi nella mente per carpirne in una frazione di secondo tutto il contenuto, e poi ridere, ridere, ridere con gusto dei miei pensieri assurdi. Avevo l’occasione di nasconderli, quei pensieri ridicoli: potevo dirle che non ce l’avrei fatta a soddisfarla perché la sera prima mi aveva sfiancato, anzi, si può dire che stavo per dirle proprio questo, ma quando aprii bocca uscirono parole completamente diverse.
“Il problema non è Alberto, sei tu. ”
“Io? ? ? ” disse lei incredula.
“Sì… insomma… non ti dà fastidio che gli altri… ti usino in quel modo? ”
“Ma questo è il tuo punto di vista. Tutto è relativo. Secondo me sono io che uso voi! ” disse ridendo. In quel momento mi resi finalmente conto che Sonia ERA una persona. Una persona capace di ragionare, per giunta.
La situazione cominciava a non piacermi: l’atmosfera era pesante: era quasi come se non riuscissi a sostenere la presenza di una nuova Sonia, tutta da scoprire, molto più complicata della ragazza con cui avevo fatto sesso insieme ai miei amici la sera prima. Mi pentii di averle dato ascolto e di non essere rimasto in spiaggia. Stare di fronte a lei da solo e parlarle a quattr’occhi dopo che l’avevo denigrata e le avevo dato della troia alle spalle era tremendamente difficile, e lei aveva notato subito il mio disagio, fin da quel mattino, quando mi diede il bacio del buongiorno e io mi ritrassi quasi immediatamente.
“Non sentirti in colpa se te l’ho preso in bocca. È piaciuto anche a me, sai? ”
“Vado a prendere Gianluca e Andrea” risposi io, raccogliendo le chiavi dal tavolo e incamminandomi velocemente verso la porta.
Quel giorno pranzammo tutti insieme, nel nostro appartamento, che era più comodo di quello di Sonia, predisposto solo per due persone. Gli altri parlarono del più e del meno ed io tacqui per quasi tutto il tempo. Sonia si inventò che eravamo andati a cercare qualche rivista in paese, e che poi io l’avevo accompagnata al residence. Mi stupii del fatto che avesse inventato quella scusa così articolata per difendermi dal sarcasmo degli altri ragazzi, che sicuramente avrebbero riso del mio comportamento.
Sonia e i ragazzi trascorsero il pomeriggio prendendo il sole sul bordo della piscina, mentre io, con la scusa del mal di testa, rimasi a sonnecchiare sul divano.
Mi ritornarono alla mente i versi di una vecchia canzone… She gets the sun in the daytime, Perfume in the dusk… I was made to go with this girl just like a saxophone was made to go with the night…
No, era ridicolo, non poteva essere. Semplicemente ridicolo, inaccettabile!
Eppure…
Quella sera Sonia restò con noi a cena, e dopo giocammo un po’ a poker, senza puntare soldi, giusto per divertirci. Andrea e Gianluca si lanciavano occhiate d’intesa e, con malcelata impazienza, si sporgevano talvolta per guardare il seno e le cosce della nostra bellissima ospite, come sempre non troppo coperti.
Ricordo quelle partite a carte come una delle più terribili esperienze della mia vita: mi sentivo a disagio, e sapevo che i miei compagni di viaggio se ne erano accorti, anche se facevano finta di niente. Penso che Gianluca ed Andrea fossero convinti che mi sentissi in colpa per avere tradito così clamorosamente la fiducia di Alberto, ma Sonia no.
Sonia sapeva quello che stavo provando in quegli opprimenti attimi, in cui era come se fossi uscito dal mio corpo perché sapevo che stava per succedere qualcosa di tremendo.
Iniziai a sentire quella sensazione subito dopo cena. Ero convinto che quella sera si sarebbe ripetuta l’orgia del giorno prima, e provavo un senso di disgusto. Quello che la sera prima mi aveva regalato momenti di piacere inenarrabile, che mai avevo provato in vita mia, provocava in me mal di stomaco, conati di vomito… sentii che stavo impallidendo, e Sonia se ne accorse.
“Stai male, Lù? ” disse.
“Facciamolo stendere sul divano” aggiunse Andrea. I due ragazzi mi aiutarono a sdraiarmi sul divano del soggiorno, e Sonia andò in cucina. Tornò dopo un minuto con un bicchiere in mano.
“Cos’è? ” chiesi con un filo di voce. “Bevi, è limonata. Deve averti fatto male quella cazzo di paella! ” disse Sonia distrattamente, ma avvertii qualcosa nel suo sguardo che mi fece sentire nudo e indifeso ai suoi occhi.
Vuotai il bicchiere e lo appoggiai sul tavolino. Gianluca e Andrea erano andati a mettere un po’ di ordine in cucina. “Per stasera te la sei scampata, eh? Domani i piatti li lavi tu! ” disse Gianluca. Non risposi e cercai di rilassarmi. Sonia stava in piedi di fronte a me. Mi sembrava altissima e maestosa, dalla posizione in cui mi trovavo. Mi osservò per un po’ senza dire nulla, poi si congedò. “Beh, io vado. Buonanotte a tutti! ” Ci fu un attimo di silenzio assoluto, poi Andrea disse: “Come… ? Vai a dormire? ? ? ”
“No. Sono stanca e vado a letto a leggere un po’. Ci vediamo domani. ”
Appena Sonia chiuse la porta del nostro appartamento alle sue spalle, Andrea si rivolse a me, con tono scocciato: “Guarda che cazzo hai combinato. Stasera per colpa tua non si scopa! ”
Raccolsi le mie forze e, tentando di non vomitare, lanciai un ‘vaffanculò nella sua direzione. Alla fine i due furono costretti a convenire che non era colpa mia, così cambiarono i programmi per la serata.
“Se non hai bisogno di niente, noi andiamo a divertirci un po’ in paese… forse si rimorchia pure! ” disse Gianluca.
“No, andate pure… ” sussurrai io.
Mi salutarono ed uscirono dall’appartamento, lasciandomi nell’oscurità.
Feci un disperato tentativo di riordinare le idee, ma fu del tutto inutile.
Mi sentivo terribilmente in colpa per quello che era successo la sera prima. Mi sentivo una bestia, un animale selvaggio incapace di controllare i propri istinti, una creatura indegna di essere definita uomo. Ma la cosa peggiore era che non riuscivo a giustificare in alcun modo quella sensazione. Tentai allora di analizzare la situazione.
L’amicizia con Alberto non era mai stata stretta, anzi, c’era stata sempre un po’ di rivalità, a scuola, e alcune volte, quando faceva il saccente, mi stava proprio sul cazzo.
Sonia, invece era un bel pezzo di fica, però… sì, inutile negarlo, lo sapevano tutti che era una… una p…
“Oddio, non riesco più nemmeno a pensarlo! Perché non riesco a pensarlo? ” dissi ad alta voce. “Bene, molto bene. Adesso ci mettiamo pure a parlare da soli, eh? ”
All’improvviso l’atmosfera della stanza buia e vuota diventò insostenibile, opprimente, e decisi di uscire, dato che mi sentivo un po’ meglio, almeno fisicamente.
Uscii dall’appartamento senza nemmeno pensare che non avevo la chiave della porta d’ingresso, perché l’avevano presa Andrea e Gianluca.
Vagai senza meta per una buona mezz’ora, prima tra i vialetti che costeggiavano le villette del residence, poi lungo il bordo della piscina, che a quell’ora era deserta e poco illuminata. Da lì potevo udire la musica proveniente dalla vicina discoteca all’aperto, e mi soffermai ad osservare le increspature dell’acqua.
Poi camminai ancora, e senza rendermene conto mi trovai davanti alla porta dell’appartamento di Sonia. Diedi due colpetti poco convinti con le nocche della mano. La porta si aprì quasi subito, e Sonia mi invitò ad entrare.
“Scusa se ti disturbo, resto solo per un po’, poi torno di là” le dissi, pur ricordando che non sarei potuto rientrare nel mio appartamento.
“Non ti preoccupare” rispose lei sorridendo “Piuttosto, ti senti meglio? ”
“Sì… sai, sono venuto qui per ringraziarti, per avere inventato quella storiella, oggi. Mi dispiace… a scuola ho sempre dato man forte a quei cretini, che ti prendevano sempre in giro… invece adesso che ti conosco meglio… ” Tenevo la testa bassa, ma mi accorsi ugualmente che Sonia si stava avvicinando a me. Alzai lo sguardo e notai una strana luce nei suoi occhi, un’espressione sul suo viso che non avevo mai visto.
Non era truccata… Sonia mi guardò negli occhi e mi accarezzò le guance, sfiorandomi gli zigomi con i pollici. Poi si avvicinò di più e mi baciò. Fu un bacio intenso, a cui stavolta partecipai con ardore, abbracciandola forte e tenendola stretta a me per i fianchi. La mia lingua vorticava beatamente nella sua bocca calda e accogliente, che sapeva di dentifricio alla menta. Le sue mani scesero fino a toccare le mie natiche, provocando un’erezione spontanea, questa volta pacata, priva dell’irruenza della sera prima. Sonia se ne accorse, e mi spinse delicatamente verso il letto, senza incontrare alcuna resistenza da parte mia.
Il nostro bacio continuò a lungo, e quando mi staccai da lei socchiudendo gli occhi mi elargì un sorriso candido e sincero, e sussurrò “Perché ti sei fermato? ”
Senza rispondere iniziai a baciarla sul collo, mentre le mie mani andavano dietro alla schiena per slacciarle il reggiseno del costume. Sonia inarcò la schiena per facilitarmi il lavoro, e dopo spinse inavvertitamente il bacino contro la mia coscia destra. Sentii che era bagnata, e che i suoi umori, già usciti in abbondanza, le avevano insudiciato lo slip.
La mia eccitazione crebbe, e con un gesto la spogliai completamente, preparandomi a penetrarla. Quando mi tolsi i pantaloncini il mio pene era completamente eretto. Mi aspettavo che Sonia lo afferrasse e cominciasse a lavorare di bocca, ed ero già pronto a fermarla: non era quello che volevo. Tuttavia non ce ne fu bisogno: Sonia rimase sdraiata sul letto, e mi invitò ad accomodarmi sopra di lei.
Era bellissima. Il suo corpo disteso sul letto era completamente rilassato, e le sue forme prorompenti risaltavano con eleganza sulle lenzuola candide: osservai la perfezione delle sue gambe abbronzate e dei suoi seni generosi, tondi e sodi, i suoi lunghi capelli sciolti sul cuscino, la bocca socchiusa in un’espressione di desiderio, gli occhi neri luccicanti nella penombra della stanza, illuminata debolmente dall’abat-jour… poi il mio sguardo cadde sul segno lasciato dal piccolo costume da bagno sul pube: un triangolino di pelle più chiara che contornava l’apertura della sua succulenta fichetta depilata. A quella vista non riuscii a resistere, ed avanzai verso di lei, sovrastandola con il mio corpo. Mi sdraiai su di lei e soddisfai l’irrefrenabile desiderio di penetrarla, premendo simultaneamente le mie labbra sulle sue, in un bacio intenso e appassionato.
Entrai in lei con incredibile delicatezza, lentamente, come se fossi in procinto di profanare una ragazza vergine e timorosa. Il nostro amplesso fu altrettanto lento e dolce, privo di bestialità e perversità. I nostri corpi ondeggiavano morbidamente e vibravano di piacere all’unisono, accompagnati da affannosi sospiri e gridolini di piacere. Le sue braccia mi stringevano forte a lei, e le sue mani accarezzavano la mia schiena, mentre le mie giocavano con i suoi capezzoli turgidi. A tratti avvertivo il profumo dei suoi capelli, che creava un piacevole contrasto con l’odore della saliva e del sudore sparsi sui nostri corpi.
Dopo un tempo che fui incapace di determinare, mi accorsi che stava per venire: il suo corpo sussultò in preda a violente scosse e contrazioni muscolari, che mi portarono a raggiungere insieme a lei il culmine del piacere.
Qualche minuto dopo ci eravamo staccati l’uno dall’altra, e giacevamo sul letto tenendoci per mano. Non avevo bisogno di leggerle nel pensiero per sapere cosa stava pensando in quegli interminabili, bellissimi attimi: era come se i nostri corpi e le nostre menti fossero entrati in comunicazione durante la nostra unione.
Da quando era diventata un’adolescente Sonia non aveva desiderato altro che ottenere piena soddisfazione dal proprio corpo, cercando il piacere in rapporti sessuali portati all’estremo da fantasie perverse, ricorrendo persino a più uomini contemporaneamente. Ma il suo primordiale bisogno istintivo andava ben oltre il piacere fisico, e Sonia lo aveva capito solo negli ultimi giorni, in quei fugaci attimi in cui aveva provato finalmente qualcosa di nuovo, di diverso, che l’aveva appagata pienamente, per la prima volta.
“Luca… ” sussurrò “se ti dico una cosa mi prometti che non scoppi a ridere? ”
“Sì… ”
“Per me… è stata la prima volta. ”
“Ah, volevo ben dire… ” risposi sorridendo
“Cosa? ”
“Che, nonostante tutto, sei capace anche di fare l’amore! ”
La baciai sulla fronte e la strinsi in un abbraccio che durò per tutta la notte. FINE