Marta tagliava la strada al momento giusto con passi precisi. Era una cellula di quel composito organismo che aveva i tempi dettati dalla necessità di adeguarsi al mondo. Un angolo, un semaforo e poi ancora una via da percorrere in breve e al momento giusto. Sempre in ordine con i capelli corti o lunghi e raccolti pareva uscita da qualche fiction. Anche l’abbigliamento contribuiva a quell’immagine: tailleur e completi scuri d’inverno e fiorellini in estate del tipo anni ’60. Aveva ventiquattro anni.
La convinzione dei propri mezzi, notevoli visti i risultati ottenuti in una grossa agenzia di viaggi, traspirava da ogni suo gesto o parola. Decisa ed autarchica costringeva in un qualche remoto angolo del suo bel corpo tutta la vita sentimentale. Abitava da sola nel mio stesso palazzo e non l’avevo mai vista in compagnia. Eppure era una ragazza più che appetibile. Alta, castana, ben formata e nelle rare occasioni durante le quali abbiamo parlato mi era sembrata anche intelligente. Insomma m’intrigava e volevo, ormai dovevo, conoscerla bene per capire. Perché? Semplicemente perché non c’è nulla di più eccitante della scoperta del nuovo.
Facevo di tutto per farmi notare, per creare l’occasione che mi avrebbe permesso di entrare in quel mondo buio, almeno per me. Una sera passò da me, non ricordo nemmeno per quale motivo, e restammo a parlare per ore di qualsiasi argomento. L’importante era restare vicini. Ci lasciammo verso l’una con la promessa di andare in discoteca il sabato seguente. Non facevo altro che pensare a lei e a come si sarebbe comportata. Avrebbe continuato ad essere rigida dopo il tempo trascorso a parlare? Avrei scoperto cosa la spingeva a chiudersi a riccio? Un matrimonio alle spalle?
Venne il momento d’incontrarla. Bussai alla porta e lei era già pronta. Indossava un abito nero poco aderente e lungo fin sotto al ginocchio, i capelli erano corti e castani, gli occhi taglienti più del solito e sembrava una ragazzina al primo esame universitario. Andando verso la macchina le chiesi:
“Ma non ti capita mai di cambiare il modo di vestirti e comportarti? “.
“No, – rispose indispettita – non ho bisogno di cambiare atteggiamento per accontentare gli altri”. Partimmo in silenzio, poi ripresi.
“Lasciarsi guidare da ciò che provo è una regola di vita alla quale trasgredisco solo quando c’è in pericolo la mia libertà, allora mi trasformo per adeguarmi altrimenti ci si allontana da sé stessi facendoci vivere dagli altri”. Restò qualche secondo in silenzio e poi:
“Cosa dovrei fare secondo te, gridare o spogliarmi dove capita? Guarda che questa vita la vedi solo in qualche film o nei sogni ad occhi aperti”.
“Davvero? – le dissi con tono di sfida -Cosa t’impedisce di andare a casa di un uomo e chiedergli di scoparti tutta la notte? “.
“In teoria nulla” disse meravigliata.
“Quindi – continuai – potresti toglierti l’intimo che ora indossi”. Marta sgranò gli occhi:
“Adesso? Mi stai chiedendo di togliermi slip e reggiseno ora? “.
“Certo, di cosa hai paura? ” dissi fissandola ironicamente.
Capii che parlavo seriamente e allora per non venir meno all’immagine di donna senza paura che le era tanto cara inarcò la schiena, alzò il bacino sfilandosi gli slip lasciandoli cadere fuori dell’auto.
“Ti sembro una persona libera? ” chiese soddisfatta.
“Certo che no – risposi innervosendola – se non l’avessi chiesto io, non avresti mai fatto una cosa del genere anche se nei tuoi sogni forse lo volevi”. I secondi pesavano, era chiaro che ormai si sentiva colpita nell’orgoglio di donna al passo coi tempi. Languidamente un dito scivolò sotto il vestito per raggiungere il sesso. Prese a sfiorarlo come se stesse apprezzando la qualità di una stoffa pregiata ma rimase sorpresa dalle sensazioni che stava provando. Il suo tocco si fece subito frenetico e in breve tempo strinse gli occhi mentre dai reconditi anfratti della sua anima finalmente aperta perle di miele scivolavano attraverso il corpo tremante sciogliendosi sui suoi petali che ancora mi restavano oscuri.
Restò immobile per qualche istante, il corpo era stato abbandonato dalla potenza dei nervi. La mano riposò sul sesso per poi essere analizzata dallo sguardo incredulo di Marta. Per la prima volta aveva agito senza pensare, la prova era lì, inconfutabile, sulle sue dita tremanti.
“Ti amo – disse in lacrime”.
“Non è vero – risposi – tu ami la vita, non me. Adesso decidi cosa fare: vuoi che ti riporti a casa? “.
“Per favore no. Non voglio perdermi nuovamente”. Il reggiseno volò via nel silenzio di una strada poco illuminata.
“Cosa bevi? “. I suoi occhi erano mutati da tempo e non aveva detto nulla da molto tempo.
“Niente, non mi serve niente” disse dirigendosi verso la pista. La vedevo scatenata fra mille corpi impazziti eppure qualcosa faceva in modo da renderla unica e distinguibile. Non avevo mai visto nulla del genere. Marta riusciva a sprofondare nella massa restando assolutamente visibile. Me n’ero innamorato? Forse. Istintivamente l’avvicinai senza la più pallida idea di cosa le avrei detto.
“Andiamo fuori, voglio restare solo con te”.
“Ci vediamo sul lungomare fra qualche minuto, aspettami”. La donna che fino a pochi minuti prima si trovava avvolta dai miei pensieri, ora era del tutto indipendente dalla mia voglia di possederla.
Non mi restò altro da fare che accettare la mia nuova posizione e andare fuori. Così feci e dopo pochi minuti la vidi arrivare, provai a riorganizzare le idee ma ogni suo passo disfaceva la nuova costruzione.
“Vieni con me” disse senza aspettarsi risposte. Nuovamente dovetti arrendermi. Mi portò accanto a delle cabine di un lido che correvano parallelamente alla strada.
Così, in uno stato febbrile, la fissai, era ferma e tranquilla, pienamente presente in sé sulla sabbia umida. M’accarezzò ed io avrei voluto fuggire ma ero immobile. Mi appoggiai contro di lei e la baciai. Avevo perso il controllo, il demone della passione s’era preso gioco di me ed ora ero in suo possesso. La mente deserta seguì sbigottita il corpo che fece abbassare Marta. La sdraiai sullo stomaco, calai i pantaloni e le caddi sopra. Sfiorai col pene le sue natiche, le mie mani scivolarono attorno alla sua vita stretta sollevandola leggermente per poterla penetrare. La sollevavo verso di me ogni volta che affondavo nel suo corpo, il sesso scivolava avanti e indietro umettato dai suoi umori. Spingevo con tale e tanta forza da produrre piccoli risucchi che aumentavano il mio piacere.
Apparve un ragazzo che s’inginocchiò davanti sul viso di Marta sbottonandosi i pantaloni e tirando fuori il pene già eretto.
“Com’è bello! ” disse al ragazzo che probabilmente aveva conosciuto in discoteca. Bloccai la mia corsa per la sorpresa ma solo per un attimo. Marta si avvicinò, schiuse leggermente le labbra e con immensa grazia sfiorò la punta del sesso con la lingua. Poi avvolse una parte del pene con gesto morbido e deciso da gatta. Sprofondavo in lei con lentezza, per non alterare il nuovo tempo. Lo leccò con attenzione e con una passione tale da rendergli delle scosse di piacere ammirabili dal viso contratto. Il suo calmo e lungo movimento sul pene s’interruppe improvvisamente. Rimase immobile col sesso in bocca, forse aveva gustato una gocciolina di sostanza salata che annunciava il piacere. Circondò il pene con una mano ed iniziò un veemente su e giù che ebbe fine solo quando dal giovane zampillarono lucenti gocce di luna. La scena risultò irresistibile ai miei sensi quindi m’abbandonai sulla sua schiena.
Ero stravolto, vedevo il ragazzo accarezzare i capelli di Marta che s’era posata con la schiena sulla sabbia colpita dalla piccola morte. Spuntò un altro ragazzo che con ogni probabilità aveva assistito alla scena. Si pose in ginocchio al cospetto del sesso di Marta e senza preamboli la penetrò tenendole le gambe sulle spalle. Lei sorrideva sotto i veloci e forti colpi che parevano voler essere infiniti. Mi avvicinai al suo viso e vi posi il mio sesso che mi baciò, leccò e strinse come se volesse appropriarsi del mio essere. I colpi continuavano, ormai aveva raggiunto l’orgasmo più volte. In alcuni momenti spalancava la bocca e lasciava cadere le braccia lungo il corpo presa com’era dal piacere. Vidi aumentare il ritmo degli affondi sintomo inequivocabile di un prossimo, nuovo, orgasmo. Egli stava sfilando il pene dalla vagina ma lei lo afferrò ai fianchi curvandosi verso il suo amante, gridando mentre i fiotti dei sensi arresi al loro apice di potenza raggiungevano l’anima esaltata. Non disse nulla mentre i due venuti dal nulla la coprirono d’insulti. Aveva vinto. Il suo Essere era venuto alla luce e i ragazzi erano stati solo gli strumenti inconsapevoli una rinascita. FINE
