Sapevo già come l’avrei trovata. Avevo dato ordini precisi tramite una mail, il giorno prima. L’avrei trovata in mezzo alla stanza seduta su una sedia, mani e caviglie legate. Le mani dietro lo schienale, unite, avrebbero esaltato i suoi seni abbondanti e leggermente cadenti. Le caviglie invece, legate separatamente alla sedia, avrebbero lasciato le gambe leggermente aperte. Avevo scritto tutto questo, nella mail, sapendo che l’avrebbe letta e che si sarebbe bagnata solo al pensiero. Non avevo scritto nulla su quello che sarebbe successo dopo, però. Volevo che non se l’aspettasse, e volevo non seguire che il mio istinto, una volta lì. Ero un po’ in ritardo, ma non me ne preoccupavo. Sapevo che mi avrebbe aspettato, e che l’attesa l’avrebbe eccitata. Parcheggiai la macchina, poi gironzolai annoiata fra le solite odiose stazioni radio. Mentre lasciavo che passassero i minuti mi sforzai di non pensare a quello che le avrei fatto. Volevo essere spontanea. Non volevo cadere nelle classiche mosse da Padrona da giornaletto per segaioli, anche perché non ne avevo mai letto uno. La sera prima mi ero sforzata di non andare a cercare in rete immagini fin troppo facilmente reperibili su donne legate, pratiche di dominazione e consimili. Non era quello che volevo. Probabilmente l’avrei trattata con gentilezza, non le avrei torto un capello… era un altra la cosa che avevo in mente… in un lontano angolo della mente. Non era mai successo, che una di noi fosse legata. Il suo ragazzo, Alessio, doveva averla vestita a suo piacimento. Era una delle condizioni che avevo dato via mail.
“Decidi tu, ogni cosa. Vestiario, capigliatura, trucco… ” Già questa era una richiesta insolita. Volevo che sentisse la nostra intesa, il nostro accordo. Mio e del suo uomo. Volevo che si sentisse un oggetto fra le nostre mani. Non l’avevo mai fatto. In ogni incontro precedente, lui era sempre stato il ‘suò uomo. Chiunque l’avrebbe capito, guardandoci. Io mi dedicavo principalmente a lei, la eccitavo e mi eccitavo baciandola e toccandola. Non mi ero mai fatta scopare da Alessio. Lei non aveva mai espresso il desiderio di vedermi in azione con lui, e io avevo rispettato questo silenzio. Qualche palpatina qua e la me la facevo dare, mi piaceva sentire le sue mani su di noi impegnate a baciarci. Spesso glielo facevo diventare duro, toccandolo, e poi lo dirigevo nella fica umida di Sara. Un paio di volte gliel’avevo anche preso in bocca, ma eravamo insieme, io e lei. Io da una parte e lei dall’altra del suo membro, le nostre lingue che si intrecciavano. I nostri sguardi ridenti che si sfidavano. Un gioco. Sara era abituata alle nostre coccole, ai nostri baci… fin troppo. Io ero il sale sulla loro relazione. O quel sapore leggermente piccante che rende tutto più appetitoso. Non avevo mai varcato certi confini. Lei non lo aveva mai voluto. Anche se non a parole, non aveva mai perso occasione per ribadire il suo possesso su Alessio. Uno di quegli accordi non detti, che però non potrebbero essere più chiari. Loro godevano molto nel farsi guardare, ed era sempre finita così, le altre volte: loro a scopare e io a guardare masturbandomi, o a leccarle le labbra raccogliendo i suoi gemiti nella mia bocca. Non mi pesava, avevo la mia vita io, quella con loro era una storia parallela, una cosa divertente ma non essenziale. Stavolta però non sarebbe stato così. Non avevo voglia di essere il loro giocattolo vivente, stavolta. Stavolta avrei preso in mano la situazione. Nel bene e nel male. Quello che avevo in mente però, non sapevo se sarei riuscita a realizzarlo. Dovevo anche valutare la sua reazione. Non volevo che ne soffrisse troppo, era mia amica… Suonai al loro portone, un suono piuttosto lungo, perché non ci fossero equivoci. Venne ad aprirmi Alessio, ovviamente.
“Ciao. ” Sorrisi fingendomi sicura di me.
“Ciao bellissima… sei stupenda stasera. ” Mi baciò sulle labbra, come sempre.
“Grazie… è pronta? ” “Da un bel po’… sta cominciando a diventare nervosa. ” “Bene, così deve essere. ” Avevo un po’ timore ad entrare, anche se avvertivo l’eccitazione salire come una piccola marea dentro di me . Non sapevo come l’avrei trovata vestita, ed ero molto, molto curiosa. Sentivo il mio sesso palpitare leggermente. La stanza era buia. Accesi la luce con la mano leggermente tremante. Eccola, la mia preda. La scelta di Alessio mi stupì piacevolmente. Credevo che le avrebbe fatto indossare uno di quei vestitini luccicanti che lo eccitavano tanto, o quello nero trasparente, e che l’avrebbe addobbata con reggicalze, tanga e chissà che altro… invece era nuda. Splendidamente nuda. E bendata. Crudelmente bendata. I capelli leggermente mossi raccolti in una coda bassa, il trucco leggerissimo, se non per il rossetto, di un rosso intenso. Indossava solo un paio di scarpe nere col tacco alto. Era uno splendido agnellino sacrificale, e io la guardavo estasiata leccandomi i baffi. Era mia, stasera, e il senso di quelle parole cominciava solo ora a farsi strada nella mia mente. Tutto mi sembrava fattibile, ora che ero lì. L’idea che avevo in mente non era più tanto strana. La sua sofferenza un fattore marginale. Si, stasera le avrei rubato l’uomo. L’avrei fatto mio davanti ai suoi occhi. Per il tipo di relazione che avevamo instaurato e per come credevo di conoscerla, era una mossa azzardata. Forse per quello mi attirava.. Guardai Alessio e in silenzio gli feci capire di aver apprezzato molto. D’altronde aveva sempre avuto uno spiccato senso erotico, e stasera mi avrebbe appoggiato, lo sentivo. L’eccitazione stava inaspettatamente salendo, in me. Dovevo controllarmi. La serata era ancora molto lunga. Mi avvicinai alla sedia, le girai intorno facendo risuonare i passi.
“Ciao” Mi salutò con un filo di voce. Le andai molto vicino, fino a sfiorarle le labbra con le mie. “Ciao… ” Mi sedetti a cavalcioni sulle sue gambe, rimanendo per qualche istante ferma immobile. Poi le sfiorai un seno. Prima con un dito, in modo ripetitivo ed esasperante. Poi con tutta la mano. Infine li presi entrambi a coppa nelle mani e li strinsi saggiandone la consistenza. Il suo respiro si fece man mano più forte fino a trasformasi in un gemito, quando le strizzai leggermente i capezzoli: niente dolore, solo la paura del dolore. Afferrandole i capelli le piegai la testa indietro con una certa violenza, poi le baciai il collo. L’altra mano percorreva la pelle della sua schiena, leggera. Arrivai alle natiche leggermente schiacciate dal suo peso e azzardai un dito nel solco che le separava. Quando le sfiorai il buchetto si protese leggermente in avanti con un piccolo ma irresistibile gemito, per renderlo più accessibile, immagino. Adoravo la facilità con cui si eccitava, quella ragazza. Le levai la benda. Mi guardò con un incandescente misto di lussuria e paura. Ma sorrideva. Guardò anche la mia gonna un po’ sollevata dalla posizione, sotto cui si intravedevano i laccetti della guepière di finta pelle viola che trattenevano le calze. Era l’unica concessione alle classiche divise simil-sado-maso, per quella sera. Per il resto vestivo romanticamente di colori pastello e di tessuti leggeri. Quella guepière l’avevo trovata in offerta speciale in un negozietto di merceria tenuto da un’arzilla signorina sui settanta. Dio solo sa come abbia fatto a capitare fra i punto croce e i bottoni rosa, ma qualcosa nel suo sguardo mentre pagavo mi disse che era stata proprio lei a scegliere quel capo così osé. Ah, le vecchiette arzille… Sembrava fatto apposta per la serata, comunque, ed aveva quel colore assurdo che la rendeva meno ovvia del classico nero, che avevo a noia. Alessio fischiò leggermente quando la intravide. Si era messo comodo su una poltroncina a un metro da noi. Decisamente non voleva perdersi lo spettacolo. Nella mia mente si formavano eccitanti immagini che avrei voluto mettere immediatamente in pratica, ma mi sforzai di stare calma, e di procedere con ordine. Mi alzai ondeggiando con il bacino, e mi inginocchiai davanti a lei. Con le mani sulle sue ginocchia le forzai le gambe fino dove riusciva ad arrivare. Mi avvicinai alla sua fica, volevo solo vedere come era. Era depilata totalmente e leggermente lucida di eccitazione. Molto bella. Girai intorno alla sedia e mi fermai alle sue spalle. Le spinsi la testa in avanti, verso il basso, reclinandole il busto fino a farle avere la testa fra le ginocchia. Mi inginocchiai e scrutai il suo culo perfettamente esposto in quell’insolita posizione. Le natiche erano divaricate e leggermente sollevate, e il buchino esposto al mio sguardo. Con entrambe le mani separai i tessuti, aprendolo. Era uno spettacolo, e io mi stavo eccitando troppo. Mi alzai di scatto.
“Resta chinata” ordinai. Era una posizione scomoda, ma quello era il bello. “Va bene? ” Mi chiese Alessio. “Perfetta” Risposi guardandolo. Mi piaceva come l’avevo trattata, come una merce da analizzare. Mi avvicinai a lui. “Spogliami – ordinai – ma piano” Lui cominciò dalla gonna, slacciandola e facendola cadere per terra. Potevo sentire la delusione di Sara palpitare dietro di me. L’avevo eccitata guardandole la fica e il culo, scrutandola come se fosse stata un oggetto dell’arredamento, e l’avevo poi lasciata lì, senza neanche sfiorarla…
“No… dai… ” gemeva. Era deliziosa, ma non le rivolsi uno sguardo. La gonna e il golfino erano a terra. Li lanciai lontano con un piede. Sapevo di essere molto eccitante. Lo sguardo di Alessio me ne dava la conferma. Avevo trovato delle calze e delle mutandine lilla, da abbinare a quella terribile guepière. Ero eccessiva come una foto di playboy, e questo contrastava piacevolmente con la nudità della mia amica. I ruoli erano quindi chiari. Le dissi che poteva raddrizzare la schiena e ruotai la sedia su cui stava fino a metterla di fronte alla poltrona. Poi mi sedetti sulle ginocchia di Alessio, abbracciandolo e carezzandogli il volto come se lei non ci fosse. Lui ne approfittò per palparmi, e il mio corpo inguainato in quella sostanza produceva sensuali sfrigolii. Sara ci guardava sospettosa, quasi imbronciata. Dopo qualche minuto, quando il suo sguardo si fece troppo pungente su di me, decisi di concederle qualcosa. Mi inginocchiai di nuovo davanti a lei, e le leccai la fica dal basso in alto, una sola volta. Era eccitatissima. E buona.
“Oddio… si…. che bello… ” Sospirò. Non potevo darle di più, anche se mi sarebbe piaciuto rimanere ancora lì.
“Stasera… – bacino sul clitoride – tu… – bacino – sarai… – bacino – il mio giocattolo” Le dissi. Non volevo che assorbisse troppo il significato di quella frase però, così ci ripensai, le allargai bene la fica con le mani e le succhiai con forza il clitoride per pochi secondi, fino a farla urlare. Sapevo di averla distratta.
“Ragazze, siete fantastiche, io potrei venire solo a guardarvi… ”
“Non ci provare – risposi staccandomi a malavoglia da quel luogo invitante – non stasera… ”
“Cosa hai in mente? ”
“Non so. Ma voglio divertirmi. Alzati e spogliati, qua davanti a me. ” Sedetti sulla poltrona. Aspettai che si denudasse, guardandolo insistentemente.
“Adesso passami il dildo” Lo misi in bocca, bagnandolo di saliva. Lasciai cadere alcune dense gocce sulla parte ancora secca, poi le spalmai con la lingua. “Mettiglielo dentro, ma fallo guardandomi negli occhi. ” Lui mi guardava estasiato, era decisamente eccitato dalla piega che aveva preso la serata. Continuando a guardarmi si inginocchiò fra le sue gambe. A tentoni, con le mani, trovò la sua fica, e lentamente vi fece penetrare lo strumento. Mi guardava sorridendo. La sentivamo respirare e gemere durante questa operazione. Non la guardavamo però, né io, né lui.
“Ne hai un altro, vero? ” Chiesi.
“Si. Lo prendo”. Mentre lo aspettavo mi sporsi verso Sara, penetrandola diverse volte con il vibratore.
“Accendilo, ti prego… ”
“Come vuoi” Continuai a farlo entrare e uscire per un po’, godendomi la sua testa che ondeggiava al ritmo del piacere. Quando Alessio tornò le slacciai i nastri di seta che le tenevano le caviglie e le ordinai di chiudere le gambe.
“Tienilo stretto, perché se lo fai cadere non te lo raccoglierà nessuno. ” Ebbe un sussulto. Non era abituata a quel tono imperioso da parte mia. Ma vedevo il piacere di essere comandata farsi strada nella sua mente e appianare ogni resistenza. Sapevo che aveva inclinazioni masochiste. Io non ero esperta, ma sentivo a pelle che i miei piccoli soprusi la stavano facendo impazzire. Seduta sulla poltrona feci sistemare Alessio in piedi di fronte a me, in modo che lei potesse vederci bene. Avvicinai la bocca al suo cazzo durissimo. Guardai Sara negli occhi.
“Posso prenderglielo in bocca, vero? ” Domanda retorica, l’avrei fatto comunque.
“S-si… ! ” Il vibratore spandeva nell’aria la sua unica nota.
“Accendi anche l’altro, e appoggiaglielo sul clitoride, ma guarda me, dopo” Dissi ad Alessio. Lo fece. Mi sembrò di vedere il suo cazzo drizzarsi di più, stravolto da quelle insolite richieste. Come mi sembrava di vedere i miei pensieri rincorrersi impazziti; dovevo faticare per sceglierne solo alcuni e decidere cosa fare. Avevo infatti già in mente la mossa successiva, ma non dovevo avere fretta. Quando il secondo vibratore le si posò sul clitoride, nonostante le gambe chiuse, il suo respiro divenne ansimo, e gli occhi lucidi sembravano impazziti. Quelli di Alessio invece erano già sulla mia bocca che lo accoglieva morbida, mentre con la mano continuava a premergli lo strumento acceso addosso. “Oh cazzo, cazzo, come lo succhi bene!! ” Gettai un occhiata verso Sara. Vedevo una forte gelosia nel suo sguardo, nonostante l’orgasmo stesse già per sopraffarla. Non me ne curai. La sua situazione mi eccitava all’inverosimile, sentivo gli slip completamente fradici. Sapevo quanto fosse forte il desiderio di aprire le gambe, in simili frangenti, e il pensiero che lei invece dovesse tenerle chiuse mi piaceva da matti. “Non la guardare finchè non te lo dico io… ” Sussurrai ad Alessio. Il respiro sempre più veloce di Sara mi diceva che il suo orgasmo era vicinissimo. Pompai con più forza il cazzo che avevo in bocca, sapendo che gli occhi del suo uomo non si sarebbero riusciti a staccare da me. Sara trattenne il fiato per un tempo che sembrò lunghissimo, tendendosi tutta sulla sedia. Poi l’urlo. Prima basso, gutturale, poi sempre più forte, che si divise in tante piccole urla seguendo le onde dell’orgasmo. Nessuno dei due la guardò per tutto il tempo. Lasciammo che venisse da sola, come se non avesse nessuna importanza, per noi. Per lei, che era sempre stata al centro dei nostri incontri, coccolata e viziata da mani e bocche, fu durissimo. Potevo intravedere una lacrima di frustrazione all’angolo dei suoi occhi, e il tono col quale ci apostrofò non aveva nulla di amichevole. “Levatemi questi cazzo di così! ” Mi chinai di fronte a lei, asciugandole le lacrime. “Povera piccola, non hai goduto? ” le chiesi mentre lentamente le estraevo il vibratore e lo sostituivo con due dita. Entrarono senza sforzo. Era turgida, internamente, liscissima. “Si ma… ” “Tu sei il mio giocattolo stasera, vero? ” Dissi spingendole dentro con forza, un colpo secco che forse le fece un po’ male. “S-si… ” Perfetto, stava riemergendo la sua vena masochista. “Tu sei lo strumento del mio piacere, stasera, – un altra spinta energica delle dita – vuoi vedere come mi sono eccitata, a saperti così legata e stimolata da due vibratori? ” “Si… ti prego. ” Mi levai le mutande e gliele mostrai. Erano lucide di umori, con una evidente macchia scura. Il suo sguardo felice decretò la fine della mia gentilezza. Sapevo che avrebbe sopportato tutto, ora. “Apri la bocca”. Gliele infilai dentro, solo la parte bagnata. “Succhia, adesso”. La vidi esitare solo qualche secondo, poi cominciò a succhiare. Dopo poco le passai lungo la sua fica grondante, inserendole anche leggermente dentro, e gliele rimisi in bocca. Succhiò anche i suoi umori. Aveva gli occhi lucidi e sconvolti. Le strappai le mutandine dalla bocca. Avevo una voglia tremenda di maltrattarla, di farle leggermente male. Presi lo slip e la schiaffeggiai sulla guancia. Abbastanza forte. Sussultò, ma non disse nulla. Alessio invece si lasciò sfuggire un gemito di puro piacere. Incitata la schiaffeggiai sul seno, diverse volte, fino a vederlo arrossato. Il rumore della stoffa sulla pelle mi faceva impazzire. Volevo colpirla sulla fica, adesso, e la posizione tesa in cui si trovava era troppo invitante per rinunciarvi. Il primo colpo la prese sull’interno coscia. Dovevo prendere la mira. Gemette spropositatamente, rispetto al leggero dolore che doveva aver provato… ottimo. Il suo cervello godeva più del suo corpo. Aprì le gambe un po’ di più in un invito pieno di fascino, e non riuscii più a trattenermi. La colpii di nuovo, stavolta esattamente sul clitoride. Gridò per lo spavento. Era uno spettacolo guardarla. Guardare la sua bocca aperta e ansimante, gli occhi pieni di terrore, calati perfettamente nella parte di questo nostro innocuo giochetto. Al terzo colpo scoprii che potevo usare lo slip a mò di frusta, tirandolo leggermente indietro e facendolo schioccare su di lei. Eccezionale. Lo feci diverse volte, aumentando leggermente la forza del colpo. Dio come era eccitante avere questo potere su di lei… mi sarei preoccupata dopo di quello che voleva dire per me, ora volevo solo godermela. Quando cominciò a lamentarsi del dolore le assestai un altro paio di colpi, con forza, poi smisi. A occhio e croce la fica le avrebbe fatto male anche per i successivi minuti, perfetto. Riuscivo quasi a sentire su di me quel sottile dolore e mi piaceva l’idea che avrebbe “sentito” per un po’ la presenza del clitoride. Se avevo fatto bene i miei conti, quel dolore sarebbe stato fonte di piacere per lei e così fu, infatti. Gemeva sommessamente, anche ora che avevo smesso.
“Mettila in ginocchio sulla poltrona, faccia alla parete, ma le mani lasciagliele legate” Dissi ad Alessio. Come mi divertiva disporre di lei… le avrei fatto cambiare posizione ogni minuto. Solo per il piacere di comandarla, di vedere esaudite le mie idee, anche le più banali…
“Ah, allargale bene le gambe. Voglio vederla aperta. ” Mi sdraiai sul divano, dove non poteva vederci.
“Vieni qua e baciami, adesso. ” Lui si avventò su di me, non era venuto, prima, e un pompino a metà riduce notevolmente le capacità di connettere di un uomo. In più aveva accettato volentieri il ruolo di semplice comparsa a cui lo avevo relegato, quella sera, e mi ubbidiva con un sorriso, senza discutere. Sdraiati ci baciammo appassionatamente, come mai avevamo fatto. Feci in modo che i risucchi delle nostre bocche fossero ben udibili. Gemevo spesso, appositamente per lei, e la mia voce si mischiava con quella di Alessio che sembrava impazzito e mi riempiva di complimenti. Questo doveva farla imbestialire, ne ero sicura. Lei non poteva vederci che di sfuggita, ruotando al massimo la testa. Avrebbe potuto girarsi e sedersi, non era legata, ma non lo fece. Buon segno.
“Vieni qua, adesso… Sara. ” Le ordinai quando le labbra mi cominciavano a dolere per la violenza dei baci. Si girò lentamente, e potei vedere il suo sguardo un po’ perso mettere a fuoco lentamente i nostri corpi intrecciati, la mia mano che impugnava il cazzo del suo ragazzo, le mani di lui sul mio sedere.
“Vieni… inginocchiati per terra, e leccami la fica” Aprii le gambe un po’, per farle spazio. La sua bocca si trovava così molto vicino ai nostri sessi, immaginavo quale sensazione questo dovesse provocarle. Cominciò a leccarmela prima dolcemente poi, quando io per provocarla cominciai a sfregare il cazzo di Alessio sul suo viso, con foga sempre crescente. Piccole gocce di umori che fuoriuscivano dal cazzo del suo uomo le illuminavano il viso. Ogni tanto allungava il volto per prenderlo in bocca, ma io glielo negavo. Volevo che mi leccasse con devozione, e basta. Una nuova idea mi balzò in mente, ormai non mi importava di continuare a cambiare le nostre posizioni. Ero come invasata. Ordinai a tutti e due di alzarsi, poi la feci sdraiare a pancia in giù sul divano. Le sciolsi i polsi, prima. Ora era libera, ma legata a me con la parte più importante del corpo: il cervello. Sapevo che non mi avrebbe rifiutato niente. Non avevo intenzione di farle del male, no di certo. Ma probabilmente avrebbe sofferto di più con quello che avevo in mente. Conoscendola. Conoscendo la sua gelosia. Il senso di possesso che aveva nei confronti del suo ragazzo. Mi sdraiai sopra di lei, e la baciai sul collo e sulla nuca. Alternavo morbide leccate a piccoli morsi. Sembrava impazzire di piacere a quel trattamento. Forse credeva che ci saremmo di nuovo dedicati a lei, come al solito. Ma si sbagliava. Continuando a morderla mi bagnai il dito con abbondante saliva, e insinuando il braccio fra i nostri corpi le sfiorai il culetto pulsante. Le sue mani artigliarono il divano. Scesi lungo il corpo e le riempii il buco di saliva, leccandolo a fondo. Adoravo quel leggero odore acre che emanava. Poi tornai a dedicarmi al collo. Guardando Alessio, che nel frattempo aveva assistito incredulo ai miei spostamenti e si massaggiava lentamente il cazzo, gli feci capire che doveva inginocchiarsi dietro di me. Quando fu pronto inarcai un po’ il sedere, così da esporre la fica umida e aperta. Sembrò capire al volo.
“Oh dio, oh dio, tu sei matta… ” Scese su di me e mi penetrò con la punta. Il mio gemito fece sobbalzare Sara, che solo ora cominciava a rendersi conto della cosa. Non era facile per lei, lasciare che il suo uomo si scopasse un altra. Senza neanche poter assistere, poi. Ma avevo un’idea in mente che le avrebbe dato la chiara sensazione di quello che mi avrebbe fatto il suo ragazzo. Lentamente infilai due centimetri di dito nel suo culetto depilato. Sapevo che le sarebbe piaciuto. Morbidamente infilai anche la punta del un secondo dito. La saliva rendeva l’ambiente scivoloso, non le avrei fatto troppo male. Era pronta: mi adagiai su di lei e sulla mia mano, e lasciai che la prima spinta di Alessio le facesse penetrare le mie due dita dentro. Urlammo insieme. Alessio alternava piccoli spostamenti a lunghi affondi dentro di me, e io avevo cura di sollevarmi leggermente ogni volta, così da far fuoriuscire in parte le dita dal suo ano. Poi lasciavo che il suo uomo facesse il resto, ma attraverso me…
“Sei una mente perversa… ti adoro. ” Mi sussurrò Alessio. Sorrisi. Sara sotto di me gemeva e si contorceva, mentre io ero ormai prossima all’orgasmo. Me la presi comoda. Sapevo che smaniava per avere qualcosa nella fica, o una stimolazione diretta del clitoride, ma avevo tutte le intenzioni di godermi questa scopata. E godevo terribilmente nel sentire la sua frustrazione. Impazzivo letteralmente all’idea di penetrarle il culo, a fondo. E di farlo mentre io suo uomo mi fotteva. Pensavo a lei, alla sua situazione, e mi eccitavo ancora di più. Forse le facevo anche un po’ male, ma la cosa non poteva che piacermi, ovviamente Venni poco dopo, infatti, sussurrandole nelle orecchie frasi volgari e insulti. Per un istante temetti di aver superato un limite, ma inaspettatamente, lei sembrò goderne. Allungai l’altra mano sotto di lei, toccandole a caso il clitoride, mentre Alessio ancora spingeva dentro di me. Sara venne quasi subito. Aveva da tempo superato il punto di non ritorno, la sola stimolazione anale non solo non era bastata, ma l’aveva lasciata in uno stato di eccitazione fortissima. Alessio non era ancora venuto, stranamente. L’orgasmo aveva momentaneamente acquietato le mie voglie, ma mi sforzai di pensare a qualcosa. Si, gli avrei dato il mio culo. Niente di particolarmente sofisticato, ma sapevo che lei ne avrebbe sofferto. Già adesso la vedevo sotto di me pensierosa, nonostante ancora ansimante per il secondo orgasmo. Stava cercando di decidere se quello che era accaduto fosse bello o meno. Combatteva fra l’eccitazione data dalla situazione, e la sua inguaribile gelosia.
“Girati verso di me, Sara” le chiesi col tono più dolce che avevo. Volevo che la mia dolcezza contrastasse con la crudeltà dell’atto che andavo a fare. Volevo che si sentisse tradita da un amica. Ora i nostri corpi erano a contatto, seno su seno, fica su fica. Mi sfregai un po’ su di lei, la baciai con passione, godendo del contatto della sua pelle e delle sue morbide forme. Poi mi misi a gattoni. Alessio non aveva bisogno di suggerimenti, aveva capito perfettamente, infatti mi appoggiò il cazzo sull’ano. Cominciò a spingere.
“Adesso te lo sfondo, signorina… ” Se avesse voluto fermarci sarebbe bastato un gesto, ma non lo fece. Guardai Sara dritto negli occhi. Volevo che vedesse sul mio volto il dolore, il piacere. E così fu, infatti. Il dolore iniziale era forte, e non lo nascosi. Doveva vedere chiaramente cosa stava succedendo. Non trattenni nessun gemito, nessuna smorfia. Finalmente fu dentro.
“Cazzo, cazzo, lo sapevo che avevi un culo fantastico… ”
“Fottimi” ordinai, e lui non se lo fece ripetere due volte. Il piacere cominciava a superare il dolore. Dopo pochi movimenti le pareti dilatate non mi davano più fastidio. Godevo, adesso. Cominciai a gemere sempre più forte, ad urlare, e quando riaprivo gli occhi, trovavo quelli di Sara, serissimi, fissi nei miei. Leggermente lucidi. Stava trattenendo il pianto, si vedeva. Non gliel’aveva mai dato, il culo, lo sapevo, e ne stava soffrendo moltissimo. Era quello che volevo: l’avevo usurpata della sua prima volta da dietro con Alessio… Non so da dove mi veniva questa cattiveria, ma quelle lacrime appese alle lunghe ciglia mi fecero di nuovo impazzire di piacere. L’orgasmo arrivò prima per Alessio, che spinse così forte da farmi cadere riversa su Sara. Poggiai i gomiti sul divano, per non pesarle troppo addosso. Avevo la sua bocca davanti, però, e non potevo resistere. Mentre Alessio continuava a spingere, le infilai dentro la lingua. Non mi interessava se non voleva, se era arrabbiata con me. Volevo baciarla, perdermi nel languore che sentivo dentro, dar sfogo anche in quel modo alla lussuria che mi stava divorando. Così ci andai di prepotenza, avventandomi sulla sua bocca, credendo di dover lottare, ma di nuovo lei mi stupì, avvolgendomi dolcemente il collo con le braccia, stringendosi a me, e ricambiando il mio bacio con intensa passione. La testa mi girava, era una situazione incredibile, quella in cui mi trovavo. Baciata da una mia amica e inculata dal suo ragazzo… cercavo di vedermi da fuori, e quello che immaginavo era pazzesco. Ma più ancora mi fece impazzire il bacio di Sara, che diventò disperato. Sembrava che si stesse ag! grappando a me come un naufrago alla sua zattera. Pensai che fosse il suo modo di sfogare la frustrazione. Le ultime spinte di Alessio mi fecero venire, complice soprattutto lo sfregamento del clitoride contro il pube di Sara. Venni mentre lei mi baciava, cercai di staccarmi per respirare, ma non me lo permise. Continuò ad affondare la lingua nella mia bocca con violenza. Era un bacio furioso, triste. Decisi di godermelo, anche se non capivo bene a cosa fosse dovuto, e mai orgasmo fu più bello. Quando mi calmai mi liberò appena dalla sua stretta e la guardai finalmente negli occhi. “Ti amo” mi disse con un filo di fiato. Rimasi a bocca aperta. Anche lei, si vedeva, era stupita di quelle parole. Mentre Alessio, che non aveva sentito, usciva lentamente da me e dopo averci baciate leggermente sulle labbra entrambe si andava a lavare, io rimasi lì, incapace di muovermi. Ci guardavamo negli occhi. Serissime. Tutto quello che avevamo appena fatto era svanito in un secondo. L’atmosfera giocosa, i finti strapazzamenti, la mia inesperta performance da Padrona, il piacere provato… tutto sparito. Cancellato come un errore sulla lavagna da due sole parole. Due parole dette troppo seriamente per essere dimenticate.
“Io… non so perché l’ho detto… scusa… ” La sua voce era un sussurro, il tremito del pianto imminente le rendeva quasi incomprensibili.
“Non ti scusare. – le dissi arrotolandomi una ciocca dei suoi capelli intorno al dito – Non devi. Solo… devi capire se è vero o se… in fondo abbiamo fatto di tutto stasera, forse sei solo un po’ sconvolta… ”
“No. No. Lo sento dentro. Lo sento… Forse ora è meglio che vai… ”
“… sicura? ” “Scusami, ho bisogno di rimanere un po’ sola… ”
“Certo, non ti preoccupare, capisco… ma non ne vuoi parlare un po’? ”
“No. Ti sposteresti, per favore? ” Imbarazzata mi resi conto di essere ancora sdraiata su di lei. I nostri umori che si raffreddavano lentamente lasciavano una scia di fresco e appiccicoso. Mi alzai in fretta, presi tutta la mia roba e la portai nell’altra stanza, dopo averle gettato un ultima occhiata. Aveva il viso coperto dalle mani ma non piangeva, forse cercava di calmarsi. Chiusi la porta, sedetti sul letto e inspirai a fondo. Riuscivo a capire come si sentiva. Era capitato anche a me, qualche volta, che il sesso si trasformasse in amore. Ed era tutto più difficile… il sesso lo si gestisce facilmente, con precisione burocratica. L’amore invece no. Non puoi più giocare, se sei innamorata… rischi di soffrire troppo. Dopo un salto in bagno, mi vestii lentamente. Era tutto molto strano, ma si spiegavano molte cose accadute nella serata… Era stata gelosa si, ma di me. Non di Alessio. Quelle lacrime erano per me. Non lo sapeva neanche lei, fino a stasera, glielo avevo letto in quello sguardo sconvolto dalle sue stesse parole. Fino a quel bacio disperato e dolcissimo in cui aveva riversato tutta la sua frustrazione, il suo dolore. Tutto il suo amore, forse? … mah. Non sapevo che pensare. La cosa mi lusingava, ma capivo anche che i nostri giochi erano finiti. Alessio uscì dall’altro bagno con un sorriso radioso che si spense subito non appena mi vide vestita. “Che fai! Te ne vai? ” “è meglio così… ci sentiamo presto, ok? ” “Aspetta! Sei arrabbiata? Non dovevo… ” “No no… non sei tu… credo che Sara abbia bisogno di non vedermi per un po’. ”
“Cazzo! Che è successo? ? Andava tutto così bene! Vado a sentire cos’ha. ”
“Ok, ma lasciale il suo tempo… va bene? Ha bisogno di tempo. ”
“Non capisco ma va bene, dammi un bacio tesoro, sei stata grande, grandissima! Non ho mai goduto così, lasciatelo dire. ” Si avvicinò per baciarmi ma lo respinsi.
“Ci sentiamo per telefono, ok? ” Uscii di fretta da lì. L’atmosfera era diventata opprimente. Misi in moto la macchina cercando di convincermi che non poteva essere, che forse era solo un suo capriccio… Mi sentivo stranamente impotente. Non potevo fare nulla per lei, se era vero quello che le era sfuggito dalle labbra. Avrei solo peggiorato la situazione, così mi dicevo. E mi sentivo anche in colpa, non so se a torto o a ragione. Scacciai quel pensiero. Subito dopo, mentre cercavo una canzone decente in quella stronza di una radio, mi sorpresi ad essere intimamente orgogliosa di aver fatto innamorare anche una donna di me.
“Sei una bella stronza! ” dissi fra me e me. Non l’avrei rivista tanto presto, Sara, cavolo! Proprio ora che avevo scoperto in me questa vena da dominatrice o giù di lì… proprio ora che avevo imparato ad apprezzare il piacere di disporre a mio piacimento di un’altra donna… Avrei faticato a trovarne un’altra così carina e disponibile. Finalmente!
“Get off me”, Skunk Anansie… ora si che si ragionava. Meditai qualche secondo, lasciandomi travolgere dalla potenza di quella voce, poi presi il cellulare e scrissi un messaggio ad Alessio.
“Se ti va di parlarne vieni domani sera a casa mia. Baci. ” Sentivo di doverlo aiutare a capire. Già me lo immaginavo frastornato, confuso… Parcheggiai di fronte a “Lulù”. Avevo voglia di comprarmi qualcosa di romantico… la sottoveste di pizzo e voile color crema che avevo adocchiato il giorno prima in vetrina, per esempio, e… sì, delle calze autoreggenti avorio. Da indossare l’indomani… FINE