Prendo a prestito il “non-nome” del più famoso degli anonimi per raccontarvi i fatti che hanno coinvolto me, mia moglie e “Lui”, un personaggio importante “che non deve comparire” perché ricopre incarichi socio economico politici superiori a livello regionale e nazionale ed è quindi stranoto, uno di quelli ai quali non si arriva mai, setacciati da portieri, segretarie e collaboratori perché sempre impegnato in attività iper qualificate e senza il placet del quale “non si muove foglia che Lui non voglia”, ma di lui non si può dire o bisbigliare niente di censurabile per valore intrinseco, morale e comportamentale che lo caratterizza.
Lo vedemmo da vicino una volta sola ad una serata di beneficenza mentre “passava in rassegna” gli invitati, circondato dal codazzo di collaboratori ed adulatori come un monarca dei tempi andati.
I suoi occhi passavano veloci – insieme ad un sorriso di maniera – sulla fila dei partecipanti, ma ebbi l’impressione che sostassero per qualche secondo in più su quel cioccolatino di mia moglie.
– Figurati un po’ – mi apostrofò il mio “io” captando la mia fugace impressione – se Lui ha tempo da perdere con un… cioccolatino! , ha ben altro cui pensare, e poi tu esageri, pensi e vedi sempre la tua sensual moglie desiderata da tutti! –
Mia moglie lo vide un’altra volta “da vicino” per caso, il giorno in cui era andata ad accompagnare la schiva e timorosa sorella a postulare il solito “posto sicuro” per il figlio.
Furono ricevute dal “primo segretario” che – concessione suprema – le “presentò” all’ILLUSTRE aprendo per cinque secondi la porta che unisce e divide lo studio del subalterno da quello del Capo, Capo che fece giungere alle due donne un vago cenno di saluto.
Quindici giorni dopo veniva recapitata a mia moglie una missiva portata a mano da un ossequioso inserviente dell’Innominato.
“Gentile Signora,
Riferendomi ai Suoi dasiderata ho l’onore di informarLa che sarà mio piacere sommo esaudire le speranze e le attese del nipote Suo prediletto.
A tal proposito Le sarò infinitamente grato se vorrà accettare l’invito d’essere mia gradita Ospite nell’ufficio di via Ipslon il giorno otto c. m. alle ore 16.
Cordialità, Suo…… ”
Mia moglie era ancora stupita (avendo telefonato alla sorella per chiederle se aveva ricevuto l’invito, cosa che non era avvenuta) quando tornai dal lavoro e mi fece leggere la lettera-invito.
Ci rimasi di stucco anch’io: come mai lei era stata considerata più interessata alla sorte del “nipote prediletto” della stessa madre addirittura ignorata? , mah, importante restava pur sempre e comunque il raggiungere lo scopo e pensammo che “avremmo capito” dopo che sarebbe andata all’appuntamento.
Wanda rispose alla convocazione nel luogo, giorno e ora detti dopo essersi impegnata nel curare con particolare attenzione il trucco e l’abbigliamento del suo corpicino così come si addiceva e doveva al Personaggio ospitante.
Ritornò a casa più stralunata che mai.
– Mah, mi pare così impossibile, strano, irreale – mugugnava e non si decideva a rendermi partecipe dei suoi dubbi, poi sbottò più a se stessa che a me assorta, turbata – Mi sembro matta al solo pensare di averla ascoltata una proposta tanto assurda! –
– Ma cos’è “la proposta assurda”? – curiosai.
Mi guardò con occhi smarriti, incominciò a “sbottonarsi” prima con difficoltà, poi sempre più naturalmente.
Alla fine del resoconto ero più incredulo e sorpreso di lei.
Telegraficamente: l’aveva ricevuta con gli onori degni di una Dea e intrattenuta in cordiali conversari, le aveva confessato in chiaro seppur assai educatamente, gentilmente, “sottovoce” che dalla sera che l’aveva intravista alla festa di beneficenza, era diventata la sua attrazione sessuale più desiderata, sognata, voluta e concluse col chiederle addirittura a tamburo battente se poteva sperare di poterla godere nella intimità e libertà di una alcova complice e segreta.
– E tu cosa gli hai risposto? – riuscii a farfugliare.
– Niente! … ma si può rifiutare qualcosa a… “LUI”? –
– Ma cosa… beh… forse no… però… – riuscii a spiccicare, a convenire.
– E non è mica finita qui! , perché, giustamente, ha interpretato il mio silenzio come il classico “chi tace”… e allora… –
– E allora? –
– Allora mi ha chiesto se sarebbe stato impossibile, difficile o facile avere… “il tuo indispensabile consenso” –
– Cosaaa? … il mio… e tu? –
– Gli ho risposto che per il rispetto che devo a te che sei mio marito ed a lui che è Lui, onestà e correttezza vogliono che sia lui a… a chiedere a te –
– Il mio consenso! … oooh, mamma mia, possibile? … e poi? –
– Ha apprezzato molto il mio modo di assegnare compiti e ruoli, mi ha fatto i complimenti e ha concluso dicendo che… che sarai “contattato” –
Non sapevo se ridere, piangere, urlare o sussurrare, per ritrovare il normale equilibrio psicofisico, dopo lo sconcerto dovuto a tanto accadimento, ci misi ben quattro giorni durante i quali il dialogare tra mia moglie e me riguardò solo “il fatto”, e quattro notti quasi insonni pur non potendo negare, ad essere sincero, che man mano che il tempo passava crescevano in me l’orgoglio di avere una mogliettina che piaceva così tanto a Lui e la curiosità di conoscere il modo con il quale mi avrebbe contattato e come e che cosa mi avrebbe alfin chiesto, ma anche cosa gli avrei risposto, mentre nella mia metà cresceva a dismisura la curiosità.
Nel pomeriggio del quinto giorno fui raggiunto da una telefonata del segretario dell’Innominato che mi chiese, a nome Suo, la mia cortese e ambita disponibilità ad accettare un colloquio con la dottoressa “Tizia Ipslon addetta alle relazioni sociali” dell’Innominato: glie la offrii per il sabato mattina alle dieci.
Venne accettata con mille e un ringraziamento.
– Aspettiamo, conosciamo ed ascoltiamo “l’avanguardia” – pensai stordito.
Sabato mattina ore dieci: siamo seduti ad un appartato tavolino della sala da te del bar Bambi, di fronte io e “il modo giusto di contattarmi” in tailleur grigio e camicetta bianca, truccata ma lievemente, fresca ma non profumata, i capelli lisci tirati e fissati dietro la nuca, occhiali da riposo professionali e la ventiquattro ore nella sinistra, parla pacatamente, è colta, soave, convincente e ti fà dire di sì sempre anche quando vorresti dire no o almeno “ni”.
Quando, con la più completa soddisfazione per entrambi, il colloquio finisce ci alziamo e salutiamo con la voce e con una stretta di mano cordiali… ma che cosa ci siamo detti? , io non ricordo più nulla.
Provo, con grande fatica, a mettere a fuoco le frasi più importanti ripescando dal mare Marasma che ho dentro di me: spezzoni di domande, di risposte, sue e mie, di asserzioni, di accordi: – La pregherei di capire ed accettare, signore, che è esigenza primaria per i personaggi come Lui che “deviano onestamente dalla retta via” non correre o far correre rischi, e questo è comportamento giusto e serio, senza dubbio alcuno! – asserzione logica.
– Posso permettermi di chiederle qual’è il motivo che la fà… consenziente? –
– Tre, A) io non sono geloso, B) sono orgoglioso, onorato che la mia signora sia il Suo Desiderio, C) donarla ad un grande come Lui fà grande la mia signora ma fà grande anche me! – (la risposta di un folle, io)
Con amabile tatto, in un sussurro, tenendomi la mano, guardandomi negli occhi: – Il motivo A le fà onore, il B lusingherà il mio Signore, C, il più intrigante, eccitante lo aizzerà psicologicamente e “sessualmente assai” a lei piace, lei gode a guardare vero? devo desumere –
Io, sincero: – Guardare mi piace, l’amore è sempre bello, sia vissuto “in carne ed ossa” che stampato, o proiettato, o letto, o ascoltato, o sognato –
– Bene, signore, a questo punto sono felice di comunicarle che sono autorizzata a dare appuntamento alla sua gentil consorte ed a lei per giovedì alle ore venti e trenta a palazzo Zeta… ancora complimenti per la intelligente scelta fatta, vi sarete grati l’un l’altra e al mio Signore perché – come ha ben detto lei – è “un grande uomo”, ma anche un grande maschio! , glie lo garantisco! , e donerà ad entrambi voi onore e piacere, e poi, in confidenza, Lui ama in modo particolare e tanto farsi guardare, forse ancor più dello stesso atto fisico: ne stragode –
Giovedì ore 20. 30 Palazzo Zeta, veniamo introdotti alla presenza dell’Innominato dalla segretaria e sono a Lui presentato come si deve e conviene, alle 21 siamo in sala da pranzo, a cena, mia moglie, l’Innominato, io, gli occhi incantati del quale sono fissi costantemente sulla mia bella signora, io – discreto – “ci sono e non ci sono”, la nostra conversazione è piacevole e la vorrei (non è vero, mi stuzzica troppo il “dopo”) eterna.
Ore 23. 30, in una sala dove stucchi, specchi, quadri, specchi, arazzi, specchi si alternano alle pareti, lampadari e specchi dal soffitto, al centro una alcova ampia e ricca di cuscini sparsi, su un lato della stessa una poltrona e un ampio soffice tappetone, incastonato nella parete di fronte un grande orologio, “mi guardo intorno”, “mi guardo in alto” e “mi vedo dovunque”, e sono schiavo di una curiosità “feroce”, che mi soffoca.
Lui è bramoso, estasiato, il mondo deve essergli scomparso di torno, la sveste con grazia, con malizia, con gentilezza, con sensualità, una strana, lunga, “straziante cerimonia” che diventa reciproca ed è “bi spogliarello” di alto contenuto erotico: “lei spogliarella Lui”, “Lui spogliarella lei” e sono nudi, poetici, fanciulleschi, davanti alla comoda poltrona dove mi sono assiso, sul tappetone ove poggio i piedi, ad un braccio di distanza, Lui gira compiaciuto attorno al “bel Sole” (così la definisce ed io sprizzo gioia vera) e le dà un buffetto alle tette, al pube, al culetto… lei gira soddisfatta attorno a Lui e scivola con una manina su chiappe maschie, gioca con il pisello facendoglielo scampanellare, glie lo saluta con un “ciao Eros”, ed io sono estasiato perché lei e Lui sono belli “da capo a piedi”, gli occhi ammirati del Signore stanno “incendiando” un “Sole” risplendente di grazia, bellezza e lussuria e la vedo ancor più bella, desiderabile, erotica che mai, mia come sempre.
La prende in braccio, la solleva proiettandomi negli occhi cosce che schiacciano fra esse la lunga ellisse-figa, culatte semiaperte che evidenziano lo scuretto buco del culo e più sotto un imperioso cazzo decisamente puntato verso l’alto, “contro” di loro, nascente da sottostante borsa gonfiata da palle sode e da sovrastante bosco di riccioli neri, una visione che mi incanta, della quale godo la posa con amorevole delicatezza, da novello sposo, sul lettone, la contempla eccitato, estasiato, sensualizzato, le sue mani “piumeggiano” ad un millimetro dal corpo levigato come quelle di un mago, di un guaritore, di un pranoterapista sfiorando volto, collo, tettone, ventre, figha, cosce, gambe, piedi e risalgono fluttuando lungo i dolci saliscendi delle curve femminee… la mia Wanda, solcata da intensi brividi di voglia, si volta e rivolta come per difendersi da carezze ignote, “troppo” sensuali, la magia delle mani di Eros – senza mai toccare il bel corpo – instilla fra le tette, nella figa, in bocca, nel culo di Wanda una voglia di uccello spropositata, immediata, la mia amata geme, lo prega, gli si spalanca, non ne può più, “lo” vuole subito, imprigiona in candida manina il nerbo pos-sen-te! , si impronta la cappella nella gnocca ove lo libera… Lui mi “guarda se lo a la guardo, se partecipo al lor piacere”, vede il mio goderne e, vanitoso, affonda il gran mazzuolo nella “mia” figa in un secolo, poi la monta lentamente, profondamente, si gusta a bocconcini il piacere di pompeggiare, di scivolare lungo e su ogni cellula della fessura della figa della mia femmina, ma si gusta anche e forse ancor più i miei occhi abbacinati sul suo uccello da stallone che non teme distanze, tempi, “fatiche”, le belle tette della mia metà sono onde di un mare in burrasca, i moti del bacino di Eros sono marosi di un oceano in tempesta, una scopata apocalittica, che mi gusto entusiasmato! , seduto in poltrona a godere ed a goderli “da tutti i lati”, “in ogni luogo”, “in ogni specchio” a contare sul quadrante del grande orologio le ritmiche impistolate che Eros scaglia nella “mia” gnocca e scopro che ogni “moto” della lancia dei secondi coincide con un’uccellata: 60 uccellate al minuto e dopo mezz’ora il primo orgasmo del Signore esplode nella figa della mia cara metà sfinita dai troppi orgasmi che non ha potuto contare lei od io, distratto dal mio piacere.
“Do di petto”, gorgheggi ed acuti segnano la fine di un magnifico spettacolo hard, il coro dei gaudenti si spenge affievolendo poco misure e durezza del cazzo di lui, esaltando molto le nuove grandi misure della figona di lei, si concedono poco relax, si tira sopra la famelica femmina e ricomincia “tosto” a rimontarla da sotto con quel “gran pezzo d’uccello” che fà “volare nel cielo del piacere” la mia Wanda che contro-monta da sopra Eros con quel gran pezzo di figa che fà nuotare il pesce nel suo mare di sborra mista, maschile e femminile
E dopo una buona ora si scambiano “uccellate” e “figate” da grandi amatori e… “goditori”, il loro piacere è spropositato ed Eros ci impiega gran tempo per farmi guardare e vedere bene spennellare la sborra che “sputa” a fiotti dal suo uccello sul corpo di Wanda e “vestirla” del suo piacere.
Acquietati, riposati, “docciati”, vestiti, si complimenta con lei e la ringrazia per essere – nuda e a letto – tanto più bella e brava, tanto più godibile del sognato, poi ringrazia me per essere stato “presente, consenziente, eccitante ed eccitato, coinvolgente e coinvolto” e ci separiamo estasiati: tutti e tre.
“Estasiati tutti e tre”? , no, a mia moglie non era piaciuto del tutto il modo di far l’amore del partner, si era sentita “usata”, “oggetto”, non l’aveva palpata con la “rabbia della passione”, non l’aveva leccata con la “furia della fame di figa”, il suo gran bel culo l’aveva addirittura trascurato! , si era dedicato troppo a farmi ben guardare e vedere misure, durezza, tenuta e sborrate del suo manganello che mi proiettava negli occhi in diretta dalla sua figa e dai tanti specchi circostanti, insomma, aveva prediletto “farsi guardare, goderne e farmi godere” a scapito suo, “la sola femmina, ma quella che conta! , o no? “.
Il giorno dopo, a casa, le fu recapitato un fascio di rose rosse accompagnate da un grande biglietto formato cartolina.
Nel cartoncino, ad occuparlo tutto, era stata vergata una sola parola: “GRAZIE”, “un grande grazie formato cartolina” e la mia Wanda si sentì meno oggetto.
Tre settimane dopo fummo “riconvocati”.
Per un’ora i rapporti sessuali tra i due amanti furono fotocopia dell’incontro precedente, ma con più partecipazione e calore, con più gusto per tutti, me compreso, ma dopo un po’ che fu dato inizio al “secondo tempo” Wanda – che aveva voluto “restare sotto” – con un colpo da vera “maestra” espulse il mazzuolo dalla gnocca, lo catturò a due mani e se lo piantò dritto e tutto nel buco del culo! , “vidi” l’Innominato stranito, sconvolto, c’era forse rimasto… “male”?
Il culo divino, diabolico cominciò subito a danzare la sua “ballata del piacere estremo” lungo e attorno all’esterrefatto, grande totem.
Il sorpreso maschio fu “costretto” a smorfie e sussulti, ad acuti e sobbalzi, a tensioni fisico psichiche spasmodiche da gusto a lui sconosciuto, forse imposto.
Sapevo bene che il sensuale, erotico “buco del” della mia metà gli stava facendo una “sega”… e che ecco, adesso gli fà un “pompino”, poi fà la figa… poi-poi fà il… culo, e che gli sta facendo provare “tanti e tali gusti sconosciuti” per i quali bisognerebbe inventare nuovi aggettivi!
Mezz’ora di follia e di piacere succhiati dal culo della mia metà, mezz’ora di gusto e di pazzia assorbiti dal cazzo dell’Innominato che schizza – straparlando – bordate di sperma nel gran bel culo un po’ birichino di mia moglie Wanda.
La novità fu la causa di un… “seguito” lungo un par d’ore.
L’Innominato voleva sapere, voleva imparare, ancora e tutto!
– Non avevo mai leccata una figa, figurarsi un culo! , non avevo mai fatto un culo, ero sicuro che mi avrebbe fatto schifo! , invece non avevo mai goduto così, non credevo che si potesse godere tanto “anche in quei modi e in quel luogo” –
Si rimise in sesto e tornò normale con difficoltà, mia moglie – come suo solito – aveva ripreso a comandare, altroché oggetto!
Il giorno dopo a casa arrivò per lei un fascio di rose rosse con nel centro una solitaria rosa tea, sul cartoncino-cartolina erano stati vergati due “GRAZIE”, uno per ogni… “lato”, “il dritto ed il rovescio”.
Dopo poche altre “convocazioni” l’Innominato – da monotono “prano terapista” che era diventò un gran leccatore di figa e di culo, un appassionato sessantanovista un convinto, assatanato inculatore oltre che sempre grande, “lungo” scopatore ed allagante sborrone.
Esigenze superiori lo trasferirono in una lontana metropoli della penisola, un grave “lutto” per Wanda, ma anche per me, ma torna spesso e “ci riconvoca”.
Dal nostro primo “incontro” sono trascorsi anni ormai, ma ad ogni “anniversario” continuano a giungere alla mia signora, puntuali e nel giorno giusto, un fascio di rose rosse con cartoncino formato cartolina ed “un grande GRAZIE” su un “solo lato”, e giusto tre settimane dopo un cesto di rose rosse con al centro una solitaria, boriosa rosa tea con un cartoncino formato cartolina su ambedue i… “lati” del quale sono vergati “due grandi GRAZIE”.
– La rosa tea avrebbe dovuto essere nera – dico.
– Perché? – chiede.
– Sarebbe più intonata, per colore, a “colui” al quale si riferisce – preciso.
– Stronzo! – mi rimbecca. FINE