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Marina e il caldo afoso

Erano le diciotto, e il caldo afoso riusciva a penetrare anche sotto le fronde degli alberi del parco.
Marina era ancora al primo giro del percorso intorno ai laghetti, con le cuffiette in testa e la vecchia maglietta senza maniche blu che le piaceva tanto.
Correndo si guardava le gambe, già abbronzate, con gli shorts grigi forse troppo corti..
Correva con le braccia alte, e i braccialetti oscillavano piacevolmente, mentre sorrideva ad una bambina che camminava felice con la nonna ai bordi del sentiero.
I Doors nelle orecchie le stavano chiedendo di accendere il loro fuoco, mentre superava due ragazze in tutina da boutique che facevano finta di fare stretching.
All’inizio del secondo giro sentì il primo velo di sudore che cominciava ad uscire, ad imperlare la sua pelle.
Correva e sentiva i seni che strusciavano piacevolmente nel toppino Nike che portava sotto la maglietta.
Il profumo dell’erba tagliata da poco le penetrava nelle narici, facendola sentire in contatto con la natura.
Era una piacevole serata di giugno, al Parco dei Laghi.
Jim Morrison aveva lasciato già il posto ad un Hendrix sensualissimo, quando passò in piena accelerazione davanti al chiosco Gatorade.
Tre signore, fasciate in improbabili body bianchi e rosa, si godevano un gelato, annullando di colpo gli sforzi dimagranti della serata.
Incominciò a controllare la respirazione qualche minuto dopo, vicino alle sbarre, dove una ragazzina si faceva aiutare da una amica per un goffo esercizio di equilibrio.
“Non farai mai la ballerina” pensò Marina sorridendo fra sé.
Ancora in fase aerobica, sentiva la vibrazione del suo respiro che usciva con un piccolo soffio dalla bocca.
Cercò di sincronizzare il respiro con il passo, così da restare il più possibile in credito d’ossigeno.
Era molto concentrata, per questo non se accorse subito.
Quando lo vide, fu come sbattere contro un muro di gomma.
Se ne rese conto all’improvviso, come se la realtà si fosse trasformata mentre lei si era distratta un attimo.
Per lo shock si dovette fermare, mani sulle ginocchia e il busto in avanti per respirare: al parco c’erano solo donne!
Si girò di scatto, e tre splendide teen-ager in fiore la sorpassarono sghignazzando di chissà quali compagni di classe, o di quale professoressa, tutte culo alto e tettine all’insù.
Dappertutto solo donne, neanche un uomo!
Generalmente il parco era pieno di uomini, strapieno, uomini che ti guardavano, che correvano e rallentavano per vederti da dietro, che facevano i Rambo tra flessioni e corsa veloce.
In tante volte che lei aveva fatto jogging, le donne erano state sempre una minoranza.
Ma ora niente.
Zero assoluto.
Era come se tutto il mondo fosse donna.
Si guardò intorno.
Non era solo il parco.
Dalla collinetta dove si trovava vedeva la strada vicino al parco: anche lì solo donne! In attesa alla fermata dell’autobus, fuori dai negozi, dai bar: solo ragazze, donne, vecchiette con le nipotine.
Nel campetto che di solito risuonava delle grida dei monelli che giocavano a calcio, ora c’erano sei ragazzine che saltavano davanti ad una rete da pallavolo.
Marina ebbe una strana sensazione di irrealtà, una vertigine come quando ti svegli e non sai dove ti trovi… e sei in una camera d’albergo, ed è domenica mattina.
Barcollò, fece alcuni passi incerti e si diresse dietro una siepe ai margini della collinetta.
Si nascose lì dietro, come per ripararsi da quel mondo senza uomini.
“Ora mi riposo qui, al riparo, riprendo ossigeno, e quando esco sarà tutto a posto. Non possono essersi volatilizzati così! ”
Era un sogno?
No.
La riportò alla realtà la mano che la toccò facendola sobbalzare.
“Tuto Ok? Ti sentire bene? ”
Marina sobbalzò, e girandosi vide che la voce d’angelo era, in effetti, di un angelo.
Per la precisione un angelo biondo, di circa 20-21 anni, in top fuxia e calzoncini blu cortissimi, con lunghi capelli tirati in una coda di cavallo.
Un angelo con occhi così chiari ed un nasino così perfetto da essere sicuramente un sogno.
“Spaventata? beg your pardon! ”
Marina si drizzò, sentendo chiaramente la maglietta che si attaccava alla pancia, e il profumo della ragazza che la stava guardando negli occhi: sicuramente la più bella ragazza del mondo!
“Ciao! Mi chiamo Kathy, nice to meet ya”
Marina si rese conto di non aver detto ancora una parola, ma la prima frase che disse non era quella che voleva dire, semplicemente era uscita quella:
“Bellissima… ”
“Thank you, anche tu sei molto carina… ”
“Ma.. Marina, mi chiamo Marina, ciao! ”
La situazione era così irreale, così improbabile, che non ce la fece più a stare in piedi, e si dovette sedere in mezzo all’erba.
Kathy si sedette con una grazia assoluta, le lunghe gambe dorate e calde che si flettevano come in un sogno.
Con un filo di voce, un soffio Marina disse:
“So.. Solo donne… ”
“Sì , solo done.. belissima! ” Kathy, sorridendo sempre in quel modo disarmante, avvicinò il suo viso a quelo di Marina, e con una mano le accarezzò i madidi capelli rossi, ora un po’ più scuri.
“ma no … io.. ” Marina protestò blandamente, finchè non sentì le labbra della ragazza dolcemente posarsi sulle sue.
La lingua calda e delicata di Kathy si fece strada nella bocca dischiusa di Marina, e questa cominciò, prima con sorpresa e poi più appassionatamente a rispodere al bacio.
Marina cominciò a toccare la pelle della ragazza,
“Oddìo come è liscia, come è liscia” pensò, finchè non cominciò a sentire i capezzoli indurirsi, e premere come due chiodi sul top. Intanto la fresca mano di Kathy si era insinuata nei pantaloncini di cotone di Marina, e massiagiavano con irresistibile delicatezza il monte di venere della ragazza italiana.
Kathy all’improvviso si staccò dal bacio, e Marina quasì urlò:
“No! No! continu.. ”
“Hush! Shhh ! ” disse piano Kathy, che si chinò sul corpo sudato di marina e cominciò a leccare la pelle sudata e profumata della ragazza, partendo dal collo, ai seni che ormai erano liberi dalla maglietta e dal top bianco, entrambi tolti dalle mani esperte…
Continuò a leccare il corpo di Marina, che credeva davvero di essere all’acme del piacere.
Ma si sbagliava. Kathy non si fermò neanche al ventre piatto, ma scese fino a lambire gli splendidi peli rossi dell’inguine di Marina.
Le mani della ragazza rossa erano immerse nei capelli morbidi della bionda, che intanto, delicatamente, aveva trovato la strada verso le grandi labbra di Marina.
“Deve essere un sogno, o sono impazzita. Non ci sono uomini, sto facendo l’amore con una ragazza in mezzo al parco, e mi sta piacendo come mai nulla prima d’ora! ”
Intanto Kathy aveva messo la testa in mezzo alle cosce di Marina, alzate fino quasi a far toccare le ginocchia ai seni turgidi.
Le mutandine e gli shorts bagnati di sudore erano arrotolati itorno ad una caviglia di Marina, e oscillavano in sincronia con i movimenti delle spalle di Kathy.
La lingua della ragazza aveva cominciato a leccare il clitoride di Marina, quando questa sentì come un calore che le cominciava dalla colonna vertebrale, e si spandeva in tutto il ventre.
Il respiro si era fatto affannoso, mentre con le mani assecondava l’oscillare della testa di kathy, su, giù, ed ogni volta una fantastica onda di piacere la faceva pulsare.
Finchè all’improvviso, il dilettante piacere lasciò il posto al suo collega professionista: un orgasmo spaventoso la fece sobbalzare, mentre emetteva una sorta di ululato, un “Sììììì” gridato a squarciagola
“Mi sentiranno tutti, mi sentiranno tutti” pensò, al culmine del paradiso.
Ma non la senti nessuno.
Il suo grido di piacere fu coperto da un coro enorme di voci, che usciva da ogni finestra, da ogni bar, da ogni videowall della città: GOOOOOOOOOLL!
Erano le 18 e trenta circa dell’11 giugno 1998, e tutta la popolazione maschile della città, compreso Luca, il ragazzo di Marina, esultava per il goal di Roberto Baggio, su calcio di rigore.
Italia – Cile 2 a 2. FINE

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