“Ti ho conosciuta il giorno del mio compleanno.
Quella data, facile da ricordare per me, ha assunto, improvvisamente, un significato più ampio.
Gli amici mi avevano costretto ad uscire da casa, trascinandomi in quel locale dove tu ballavi sola per gli avventori.
Era un periodo in cui niente più riusciva a stimolare la mia fantasia e mi lasciavo languire nell’assoluta inappetenza sessuale. Dopo che la mia ex compagna, ex appunto, se n’era andata mi ero chiuso in un’armatura stagna ad ogni influenza femminile. Vivevo molto bene con me stesso e non litigavo quasi mai con la mia immagine riflessa allo specchio. Il lungo periodo tranquillo dopo gli ultimi mesi di tempesta non m’invogliava certo a rimettermi sul mercato dei sentimenti. Il tempo sapevo come impegnarlo, riuscivo finalmente a leggere quei libri che avevo acquistato tempo prima, potevo ascoltare la musica che volevo al volume che desideravo. Cucinavo quello che volevo mangiare senza badare all’apporto calorico, finalmente potevo usare nuovamente il burro in cucina!
Potrei elencarti una lunghissima serie di cose che potevo fare senza interferire con l’opprimente sensibilità dei una donna al mio fianco. Avevo riacquistato la mia libertà e questo leniva il dolore che lei mi aveva lasciato dentro.
Poi quella sera, maledetti amici, ti ho vista su quella pedana rialzata mentre ti muovevi in un modo talmente eccitante da sconvolgere i miei ormoni. In pochi istanti hai distrutto la mia armatura, sei entrata nella mia mente passando dai genitali.
Non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso.
Indossavi delle calze autoreggenti, nonostante la stagione calda, che terminavano dove iniziava la tua cortissima gonna. Mi perdevo in quella sottile striscia di pelle che ogni tanto faceva capolino mentre ti muovevi. A volte riuscivo ad insinuare l’occhio sotto la tua gonna, il casto costume nero che indossavi non riusciva a mascherare la perfezione delle natiche.
Quando permisi al mio sguardo di salire notai i tuoi fianchi, evidenziati dalla vita sottile. Mi lasciai rapire dalla sinuosità dei tuoi movimenti, seguivo la curva mobile del tuo corpo che mi risvegliava i sensi sopiti dal precedente dolore.
Non potrei ora definire l’effetto che ebbe il tuo seno su di me. Ti basti sapere che non avevo mai desiderato tanto quanto in quel momento adagiarmi su di esso per addormentarmi felice.
Incontrai il tuo viso. Faticai per un po’ a coglierne i lineamenti coperto com’era dai tuoi lunghissimi capelli biondi.
Mi domandai, l’ammetto, se quello era il tuo colore naturale. Lo era, ora lo so!
Quando incontrai i tuoi occhi rimasi fulminato. Tu lo notasti perché in quel momento stavi guardando proprio me. Sprofondai in quel verde senza più analizzare il resto dei tuoi lineamenti.
Terminasti di ballare, il tuo turno sulla pedana era finito, e io mi avvicinai a te. Eri circondata da uno stuolo di ragazzi che volevano offrirti da bere. Tu emergevi da loro, forse a causa dei tacchi alti o forse merito della tua altezza naturale. Mi notasti, anch’io uscivo dalla media delle altezze, senz’altro avevi anche notato come ti guardavo mentre ballavi e ti avvicinasti a me.
Non dissi una parola, non vi riuscivo, ma mi tolsi la giacca e te la offrii. Eri sudata a causa della passione con cui avevi ballato e ora iniziavi a rabbrividire dal freddo.
Infilasti la mia giacca mentre mi guardavi come se non avessi mai visto un uomo. Rimanemmo lì a fissarci per un tempo sufficiente a lasciare intuire agli altri che non c’era spazio per loro.
Solo un grazie usci dalla tua bocca poi ti dirigesti verso, credo, il tuo camerino per cambiarti.
Dopo un po’ ti vidi arrivare verso il mio tavolo, ti accomodasti vicino a me restituendomi la giacca.
Ti chiesi se volevi bere qualcosa e tu accettasti.
Iniziò così tra noi.
Da allora è passato un bel po’ di tempo. Nel frattempo ci siamo conosciuti meglio, ho scoperto che il tuo vero lavoro è quello di gestire un negozio d’abbigliamento femminile e che balli per il grande piacere che ti dà. Ho imparato a conoscerti durante le mie visite all’ora di pranzo nel tuo negozio e ti ho conquistata quella volta che ti ho invitata a cena da me.
Il mio era un invito senza secondi fini, non lo credesti allora e non lo crederai nemmeno adesso. Desideravo solo cucinare per te, sentivo il bisogno di donarti un po’ di piacere grazie al cibo.
Volevo farti entrare nella mia vita come amica, invece entrasti nel mio letto come amante.
Tutto sommato la cosa non mi dispiaceva affatto.
Eri e sei bellissima. La natura ti ha dotata di una sensualità prorompente, la si coglie in ogni cosa che fai; ogni tuo gesto n’è permeato. Sono stato molto fortunato ad essere scelto da te!
Riuscivi sempre a sorprendermi. Mai scontata, ogni giorno inserivi un fattore nuovo nel nostro rapporto, non mi annoiavo mai con te.
Avevo notato come gli altri uomini ti guardavano, in special modo mentre ballavi, la cosa non mi dispiaceva, non ero geloso di te, ti sapevo mia. Anzi la cosa mi inorgogliva e sotto, sotto mi eccitava. In quelle occasioni ho scoperto un aspetto di me che non immaginavo.
Ti ricorderai che ero proprio io spingerti ad indossare abiti molto succinti e sexy, quando ti recavi in discoteca. Più di una volta hai notato la mia espressione compiaciuta in modo particolare se qualcuno ci provava con te.
Ne abbiamo parlato tra di noi e, in quell’occasione, ti ho confessato alcune delle fantasie che avevo su di te.
Non ti sei fatta pregare per soddisfarmi.
Come quella volta che mi dicesti di dover andare a ballare in un locale nuovo, non ne ricordavi nemmeno il nome tanto ti era sconosciuto, ma dicevi che era emergente e che presto sarebbe divenuto famosissimo in città. Quindi non volevi perdere la possibilità di conquistare il tuo ruolo in quella discoteca.
Non desideravi la mia presenza, dicevi che ti avrebbe deconcentrata sul cubo, e ci andasti da sola.
Qualche giorno dopo mi prestasti la tua macchina, la mia era in officina … ricordi?
Cercando nel cassettino i tagliandi pre-pagati per i posteggi, trovai il biglietto da visita di quel locale. Lo osservai più per curiosità che per morbosità nei tuoi confronti: non era una discoteca ma un club dove si tenevano spettacoli porno!
Non sto a spiegarti cosa provai in quel momento, la forte pressione al basso ventre che s’impadronì di me e il senso di leggerezza alla testa. Sentivo l’eccitazione crescere mentre ti immaginavo impegnata a ballare appoggiata al palo seminuda.
La sera seguente ti recasti nuovamente in quel locale, come l’altra volta mi pregasti di rimanere a casa o di uscire con gli amici, ma di non venire con te.
Invece raggiunsi quel locale poco dopo di te, mi sistemai in un angolo tranquillo e attesi il tuo numero. Non ero geloso o arrabbiato con te, volevo solo godere del tuo corpo come tutti gli altri quella sera. Anzi, più degli altri; infatti, io sapevo che dopo lo spettacolo ti avrei avuto nel mio letto.
Seguii con scarso interesse le esibizioni delle altre ragazze, tutte bellissime e provocanti ma nessuna come te!
Sul tardi annunciarono il numero più atteso delle serata, il presentatore faceva il misterioso e non dava troppe spiegazioni ma sapevo che stavi per arrivare tu.
Infatti, ti vidi uscire dal lato in ombra del palco. Eri bellissima anche se in quel momento eri molto più vestita di quelle che ti avevano preceduto.
Un dubbio mi colse. Quella ragazza portava una mascherina molto sottile sugli occhi.
Studiai bene i suoi movimenti e il suo corpo, i capelli e il taglio della bocca; eri tu! Non c’erano dubbi, ma perché eri mascherata?
Lo capii appena terminasti di spogliarti.
Avevi tolto i tuoi pochi vestiti molto lentamente, al ritmo della musica. A differenza delle tue colleghe togliesti anche il tanga che nascondeva la biondissima peluria del pube. Solo le calze e le scarpe alte, altissime, rimanevano sul tuo corpo.
Mi stavo chiedendo se lo spettacolo migliore della serata fosse tutto qui, se bastava far vedere il tuo pelo per soddisfare quel branco d’assatanati che stanziava sotto il palco e se era il caso, da parte tua, di fare tanti misteri per uno spogliarello, quando entrò un uomo.
Era praticamente nudo, solo un piccolo perizoma nero copriva la massa di muscoli del suo corpo palestrato.
Si avvicinò a te guardandoti in maniera spudorata, studiando il tuo corpo, violandolo con gli occhi.
Tu gli girasti attorno, lo studiasti controllando la merce che ti veniva offerta, poi ti mettesti in mostra per lui, esibendo la tua merce al ritmo della musica calda e sensuale che ti faceva da sottofondo.
Ballavi molto vicina a lui, ogni tanto il tuo seno si appoggiava su suo torace e tu, allora ti strofinavi contro.
Io ti guardavo rapito dalla sinuosità dei tuoi movimenti, dalla sensualità che emanavi. In sala era calato il silenzio assoluto, nessuno voleva perdersi un istante della tua esibizione. C’era anche chi ha tentato di filmarti, estraendo da chissà dove una telecamera amatoriale, ma il buttafuori è intervenuto convincendolo con le buone a lasciar perdere.
Dentro di me era in atto una tempesta d’emozioni contrastanti. Una latente gelosia mi rodeva mentre ti guardavo sedurre quell’uomo o dovrei dire quel ragazzo, tanto era giovane. Questo però non era il sentimento predominante, in fondo non ero cosi geloso come credevo e lo avevo già capito quando ballavi in discoteca.
No. Non ero geloso di te, ero addolorato dalla tua mancanza di sincerità. Potevi dirmelo che andavi in quel locale per farti scopare davanti a tutti, non potevo impedirtelo e, certamente, non avrei nemmeno tentato di farlo.
Ti definivi la mia donna, ma io non te l’avevo mai chiesto eri libera di fare quello che volevi!
Mi piaceva guardarti, ti muovevi bene e mi stavi eccitando, come il resto degli uomini del locale; ti vedevo esprimete la tua femminilità in modo superbo.
Ad un certo punto hai denudato il giovane, strappandogli il perizoma, liberando il suo membro. Ti sei strusciata contro di lui, allargando le gambe e appoggiandogli il pube sulla coscia. Poi ti sei portata davanti, hai afferrato il pene e te lo sei passato sui morbidi peli. Non eri ancora soddisfatta dalla sua erezione, allora, ti sei inginocchiata e lo hai preso in bocca. Lo hai succhiato con una foga tale che ero pronto a scommettere sul suo immediato orgasmo.
Ti guadavo succhiare, ondeggiare con la testa avanti e indietro contro il bacino di quel giovane, ed invece di sentirmi ferito da questo mi scoprii a fare il tifo per lui, sperando che ti riempisse la faccia di sperma.
Cosa che poi ha fatto, ma solo dopo averti sbattuta per bene!
Al contrario di quello che m’immaginavo, ad un certo punto ti sei fermata. Dopo esserti alzata hai condotto il giovane verso l’unica sedia sul palco, lo hai fatto accomodare e, quindi, ti sei seduta su di lui volgendogli la schiena. In questo modo il pubblico ed io, potevamo vedere come ti guidavi dentro quel pene di notevoli dimensioni
Lo hai cavalcato, recitando la parte di quella che gode come una matta. Io però ti conosco bene e sapevo che fingevi di godere, ma eri molto convincente.
Ti piaceva quello che facevi, forse non godevi ma ti piaceva. Eri molto eccitata, lasciavi uno strato umido e lucido sul pene che ti facevi entrare e uscire dalla vagina.
Io non ero più in grado di connettere, il cervello si limitava a registrare le immagini rifiutandosi d’analizzarle.
Siete andati avanti in quel modo per un po’, calcolando bene i tempi d’attesa dal pubblico. Quando cambiò la musica ti sollevasti dal lui. Avete nuovamente ballato un po’ stretti e con i corpi aderenti, hai sollevato una gamba allacciandogliela in vita e vi siete accoppiati in piedi. Una cosa breve ma molto erotica. Il tuo sedere era magnifico in quella posizione, come le tue gambe.
Alla fine ti sei messa in ginocchio sul bordo del palco e lui ti ha presa da dietro a pochi metri dai primi tavoli. Ti ha infilato una serie di colpi sempre più violenti. Tu sobbalzavi e ansimavi, ma non era quello il tuo modo di ansimare.
Ho sperato che, per migliorare il numero, t’infilasse il pene nell’ano, scopandoti in quel modo davanti a tutti.
La mia, era una speranza di vendetta.
Dopo quello che mi avevi fatto, dopo le bugie che mi avevi raccontato, volevo vederti umiliata, là sul palco, davanti a tutti. Volevo fortemente che lui ti venisse nelle viscere dopo averti fatto urlare, per davvero questa volta, davanti al pubblico. IL tuo corpo doveva diventare un oggetto a completa disposizione del giovane e, come un oggetto usato e non più utile, abbandonato dopo l’uso, sul palco.
Mi pentii subito dei miei pensieri, nell’attimo stesso che si formavano nella mente; mi vergognai di essi e spiai furtivo i vicini nel timore che avessero inteso qualcosa.
Restava la forte eccitazione di fondo che avevi generato in me ed è, appunto, in questo stato che ho visto lui uscire precipitosamente da te. Tu ti sei girata e seduta di fronte al suo pene giusto in tempo per ricevere il primo getto di seme sulla faccia.
Sono uscito subito dal locale, sulla porta sentivo il pubblico applaudire la vostra esibizione.
Quando sei arrivata a casa, circa un’ora dopo di me, non portavi nessun segno addosso di quello che avevi fatto. Ti sei spogliata e hai voluto fare l’amore con me.
Non credevo di riuscire a farlo, temevo che quello che ti avevo vista fare quella notte mi avrebbe impedito di prenderti. Con mio grandissimo stupore, invece, ho sentito una fortissima eccitazione nascere nuovamente dentro me; ti ho presa con dolcezza, poi con foga, quindi con violenza poi nuovamente con dolcezza; sempre con passione e ti ho fatto godere come non mai. Questa volta godevi sul serio, oramai ti conoscevo bene.
Alla fine mi hai chiesto cosa mi era successo, non ti avevo mai presa con così tanto ardore.
Ti ho confessato la mia visita nel locale in cui ti eri esibita.
All’inizio hai pensato che io volessi terminare in quel modo la nostra storia, poi dopo che ti ho raccontato quello che avevo provato ti sei rassicurata.
Ti sei esibita ancora due o tre volte in quel locale e sempre mi hai voluto in sala ad assistere. Una di queste mi hai confessato di essere venuta sul serio grazie alla consapevolezza che io ti stavo guardando. A quel pensiero ti sei eccitata tanto da raggiungere l’orgasmo sul palco. Hai dovuto faticare per convincere il tuo collega che non era stato merito suo.
Quando il locale ha soppresso il tuo spettacolo per problemi con la censura, tu, ti sei rifiutata di ballare per loro.
A me mancava il piacere settimanale di vederti all’opera con un altro. Allora ho provveduto io stesso a colmare questa lacuna.
Ricordi?
Una sera ho invitato un amico a cena, uno che non avevi mai visto. Ti ho raccontato che era un mio compagno di corso che avevo perso di vista subito dopo l’università. Non era vero, ora lo posso confessare.
Lo avevo trovato leggendo gli annunci erotici su Internet.
Nel suo annuncio si proponeva a quelle coppie che desideravano mettere lei al centro dell’attenzione.
In breve gli avevo scritto combinando un incontro.
Quella sera, dopo cena, mentre eravamo in sala, sul divano, ho iniziato a slacciare i bottoni del tuo vestito. Tu non mi hai fermato, mi hai solo guardato con il tuo solito sguardo deciso. Avevi già capito cosa volevo da te e tu volevi la stessa cosa.
Ti sei lasciata spogliare ed offrire a quello sconosciuto. Ti sei lasciata scopare da lui, godendo con lui e di lui.
Dopo mi hai detto che eri disposta a tutto pur di farmi piacere, non ti ho creduto del tutto; ti piaceva troppo il suo pene che penetrava sul divano a pochi passi da me e, ammettilo, ti piaceva farti scopare davanti a me.
In un’altra occasione te lo sei presa dentro sino alla fine, rischiando grosso poiché non prendevi alcuna precauzione. Ti ho vista venire nell’attimo in cui lui ti riempiva. Sei venuta guadandomi negli occhi mentre lui ti pulsava dentro.
Godevi di questo … e a me piaceva.
Regolarmente ti recavi a ballare, in un locale o nell’altro, dicevi che quello ti aiutava a tenerti in forma. Non sempre ti accompagnavo e in quelle occasioni tornavi a casa con il profumo di un altro uomo addosso. Non facevi niente per nasconderlo, anzi ti avvicinavi a me, strusciandoti mentre mi baciavi; a volte ti sei spogliata davanti a me in modo che potessi notare l’assenza della tua biancheria intima per poi tirarla fuori, con naturalezza, dalla borsetta. Una volta il tuo corto vestito era macchiato in modo inequivocabile sull’orlo della gonna.
Tutte le volte mi eccitavo al punto di non resistere alla tentazione di prenderti subito lì dov’eri, senza lasciarti il tempo di lavarti o sistemarti un po’. Quando mi capitava di trovarti ancora calda e umida dal recentissimo piacere che avevi avuto non riuscivo a controllarmi, venivo subito senza nemmeno tentare di resistere più a lungo.
Mi sfogavo usando il tuo corpo e a te piaceva.
Hai voluto sposarmi, io ero sempre stato contrario a questo tipo di contatto, ma tu hai insistito.
Il giorno delle nozze stesso ti sei fatta il tuo testimone nel giardino della villa dove avevamo organizzato il rinfresco. Naturalmente ti eri preoccupata di farti seguire da me, in modo che potessi assistere. Eri molto eccitante con il tuo abito alzato sulla schiena, in piedi a novanta gradi mente lui spingeva dietro di te. Il tuo sguardo mi cercava e quando mi trovasti iniziasti a godere.
Dopo ogni tua trasgressione i nostri rapporti sessuali ricevevano un fortissimo impulso. Per settimane facevamo l’amore in modo stupendo, mi avevi dato tutto del tuo corpo e la nostra fantasia s’inventava sempre nuovi giochi. Cercavamo qualcun altro ogni volta che il nostro desiderio calava, come cala, inevitabilmente, in molte coppie.
Il nostro sistema funzionava, dopo tutti questi anni, ora sono dodici, il desiderio era ancora forte come durante i nostri primi incontri.
Poi tutto è finito.
Credo che sia a causa dei futili discorsi tenuti con le tue amiche.
Loro ti hanno convinta che non potevamo andare aventi in quel modo, ora che eravamo sposati. Soprattutto in vista di una cercata gravidanza.
Quindi hai smesso di trasgredire. Ti amo ancora e molto, nessuna donna mi ha mai dato quello che ho avuto da te. Non mi sono mai trovato nel bisogno di chiederti qualcosa, sei sempre arrivata prima dei miei desideri, da te e di te ho avuto tutto e sono convinto che tanto mi saprai ancora dare.
Io ho tentato di fare altrettanto e se mi hai sposato, vuol dire che ci sono riuscito.
In poche parole, ti scrivo queste righe per dirti quello che non ho la capacità di dirti guardandoti negli occhi:
Ti amo ma non mi ecciti più come una volta.
Sei sempre magnifica a letto, unica ed impareggiabile; non rinuncerei a te per nulla al mondo.
Ma … Mi mancano le nostre deviazioni, le nostre trasgressioni, i nostri giochi a tre e tutto quello che mi hai regalato in questi anni. ”
Questa è la lettera che ho scritto alla mia donna. Uno scritto in cui le dicevo tutto quello che non avevo trovato il modo di comunicargli direttamente a voce.
Conoscevo bene il suo carattere e temevo la sua impulsività. Un discorso del genere affrontato di persona avrebbe generato subito una sua reazione aggressiva. Sentendosi accusata, anche se non era proprio un’accusa ma una richiesta, lei sarebbe passata direttamente all’attacco. Dovendo arrivare al fondo della lettera prima d’esplodere, lei, avrebbe avuto il tempo di assimilare e capire esattamente quello che volevo dire.
Una mossa prudente, la mia!
Le ho consegnato la lettera dopo aver tentennato a lungo. Parecchi giorni dopo averla scritta, vedendomi pensieroso lei mi aveva chiesto cosa avevo. Non le ho risposto, l’ho guardata a lungo negli occhi poi le ho dato il manoscritto.
Lei mi ha guardato stupita, gli occhi le si sono inumiditi e un’espressione addolorata si è dipinta sul suo viso.
Si è ritirata in camera per leggere tranquillamente, solo in quel momento ho realizzato che la mia mossa era stata interpretata male. Quella lettera poteva essere un modo per dirle che era finita, così almeno l’aveva vista lei.
Mi sono subito pentito del metodo che avevo scelto per comunicargli il mio malessere. Avrei dovuto affrontarla direttamente, accettare i suoi attacchi difensivi e raggiungere il mio scopo lentamente, con molta pazienza. Purtroppo in quel periodo non me la sentivo di affrontarla, sapevo che non avrei retto il suo carattere a lungo, la discussione sarebbe degenerata subito in un litigio.
Restò a lungo in camera, tanto a lungo che stavo per andare a vedere cosa le era successo. Stavo per alzarmi dal divano quando la sentii arrivare.
Si accomodò nell’altro divano, di fronte al mio, con un grande sorriso di sollievo stampato in faccia.
Mi domandò per quale motivo non le avevo detto quelle cosa di persona. Le parlai dei miei timori dovuti al suo carattere; con mia grande sorpresa la trovai d’accordo con me.
Scoprii con piacere che anche a lei mancavano quelle esperienze erotiche che tanto sapore davano al nostro rapporto. Anche lei non sapeva come dirmelo, temeva che, dopo il matrimonio, io la volessi solo per me e che non fossi più disposto a dividerla con altri.
A quel punto decisi di confidarle quello che realmente provavo quando avevo il raro piacere di vederla all’opera con altri.
Tutto quello che in quegli anni era rimasto confinato nel mio intimo, quelle sensazioni estremamente personali che provavo in quei momenti, i miei pensieri e i miei desideri più segreti che non le avevo mai confidato ora si riversavano su di lei.
La stessa cosa fece lei. Scoprii, in quel momento, che la mia donna era molto più complessa di quello che credevo. Seppi da lei che il suo maggiore stimolo a trasgredire in quel modo veniva proprio da me, dal mio evidente piacere quando la potevo vedere in quelle situazioni.
Parlammo a lungo. Addentrandoci in particolari sempre più intimi.
Imparai a conoscere la donna che avevo sposato.
C’era da chiedersi com’era possibile che fossimo andati d’accordo tutti quegli anni senza conoscerci veramente. Forse l’attrazione fisica ci aveva uniti all’inizio, in seguito i nostri giochi erotici l’avevano mantenuta viva e l’illusione di conoscerci ci aveva fatto innamorare l’uno dell’altra.
La pigrizia e il timore di rovinare una storia che, all’apparenza, funzionava avevano fatto il resto. Nessuno dei due aveva mai tentato di scavare più a fondo nell’altro, in fondo ci andava bene così; quindi perché rischiare di approfondire la reciproca conoscenza.
Eravamo molto fortunati oppure l’istinto aveva fatto il lavoro maggiore, fatto sta che ci eravamo trovati subito bene insieme.
Più ci addentravamo nei particolari dei sentimenti più lei s’inteneriva e più io mi avvicinavo emotivamente a lei.
Ad un certo punto si alzò, mi prese per mano e mi condusse in camera. Si spogliò della vestaglia che indossava e si sdraiò sul letto, invitante.
Mi buttai, nudo, su di lei e la presi nel modo più classico.
Mentre la penetravo vidi delle piccole lacrime scendere dai suoi occhi. Non era dolore, era la forte emozione che provava. Forse per la prima volta da quando la conoscevo facevo l’amore con lei e non solo sesso.
La portai all’orgasmo lentamente. Mi nutrii del suo piacere guardandola negli occhi mentre veniva.
Dopo volle venire sopra di me per restituirmi quello che le avevo dato. Mi cavalcò con una passione che andava al di là della pura ricerca del piacere. La sentivo unita a me da un legame così forte che non credevo potesse esistere. Mi portò all’orgasmo molto dolcemente, quando capì che stavo per venire spinse in basso il pube, prendendomi più in fondo che riusciva. Nell’attimo che stavo per lasciare uscire il primo fiotto di sperma mi disse che era a metà ciclo e che era fertile.
Rispettai la sua decisione e mi abbandonai lasciandomi esplodere dentro il suo ventre.
Lei assaporò sino in fondo il mio orgasmo e mi tenne dentro di sé ancora a lungo chinata su di me mentre ci baciavamo.
In quell’occasione non rimase incinta, per puro caso o per fortuna.
Per fortuna, direi, poiché prima della sua attuale gravidanza potemmo ricreare il gioco trasgressivo che avevamo un tempo.
Non impiegammo molto a ritornare ai vecchi vizi, perfezionando i dettagli in modo da rendere sempre più eccitante il nostro gioco. Una nuova componente ora rendeva il tutto più intrigante per noi due, facevamo sesso con gli altri ma solo tra di noi facevamo l’amore, quello che ora intendevamo come amore.
Le occasioni non mancarono mai, basta mettersi in piazza e quelle ti arrivano senza che tu ti debba sforzare più di tanto. Ammettiamolo, tutto era reso molto più facile dalla grande avvenenza della mia donna.
Non saprei nemmeno quale ricordare, in particolare, è stata più eccitante e appagante.
Forse la prima dopo il nostro discorso chiarificatore, più per i nuovi significati che aveva che per la situazione in se stessa, classica nel suo genere.
Una sera come tante lei invitò a casa nostra per cena un vecchio amico, in realtà uno che recitava con lei in quel locale in cui si esibiva.
Per tutta la cena lei mi lasciò intendere quello che aveva intenzione di fare dopo. Lui sapeva perché era stato invitato ma stette al suo gioco quando lei tentò di sedurlo.
Questa volta lei voleva anche la mia attiva partecipazione, desiderava avere due uomini a disposizione.
Io non ero molto d’accordo su questo, dopo tanta astinenza volevo solo guardarla; ma se lei lo desiderava l’avrei accontentata.
Mia moglie lo sedusse, non nel senso che vinse le sue titubanze ma nel senso che lo eccitò oltre ogni limite, spogliandosi in mezzo a noi, seduti sui due divani, al ritmo di una musica lenta e sensuale.
Lei ora conosceva nei dettagli cosa mi piaceva.
Tenne addosso le scarpe e le calze con il reggicalze, si mise a cavallo di lui volgendogli la schiena; in modo che io, seduto di fronte a loro, potevo vederla mentre scendeva su quel pene senza volto lasciandosi penetrare con gusto. Iniziò a muoversi in modo da consentirmi di apprezzare quanto profondamente entrasse dentro di lei, saliva sino a lasciarlo quasi uscire poi scendeva lenta ansimando quando lo prendeva tutto.
Conosceva il mio desiderio di vederla godere sul serio, quindi si muoveva con il chiaro intento di venire, contraeva i muscoli interni della vagina, lo si capiva da come si muoveva la pelle del suo ventre, per godere di più. Mi consentiva di vedere il suo viso che si trasformava in una maschera di piacere.
Mi piaceva guadarla in quel modo, era molto brava quando faceva sesso ed era ancora più bella. Il suo corpo, quando godeva, assumeva una forma migliore; forse a causa del fatto che utilizzava dei muscoli normalmente a riposo. Godevo nel focalizzare sul suo ventre il punto in cui le arrivava il pene che si stava prendendo. Lei s’inclinava all’indietro in modo da mettere in piena vista la sua vagina piena e violata.
Mi aveva detto che voleva anche me. Immaginavo che me lo volesse succhiare mentre si faceva l’altro. Mi spogliai con l’intento di avvicinarmi alla sua bocca, già m’immaginavo di riempirle il seno con il mio seme, quando lei si sollevò lasciando uscire il membro dell’altro. Stupito restai con il mio pene duro e pronto in attese delle sue decisioni.
Lei guidò, sotto il miei occhi, il pene che prima aveva nella vagina un po’ indietro, verso l’ano. Una volta sicura di averlo indirizzato bene si fece penetrare lì, scendendo su di lui con decisione. L’urlo di piacere che ne seguì era sincero, non ci eravamo accoppiati spesso in quel modo, ma sapevo quanto le piaceva. Cavalcò un po’ di volte l’altro in quel modo per consentire al suo membro di entrarle profondamente nelle viscere, poi si lasciò cadere all’indietro invitandomi a prenderla nella vagina.
Sistemandomi come potevo in quell’intreccio di gambe lo spinsi dentro di lei, trovandola enormemente dilatata e umida dall’eccitazione. L’altro non poteva muoversi, si limitava per ora a tenerlo duro dentro il suo ano. Il compito di farla venire era lasciato a me.
La penetrai eccitato dalla situazione che la mia donna aveva creato, il pensiero che il suo corpo stava prendendo due uomini mi faceva impazzire.
Non riuscivo ad immaginare quello che potesse provare in quel momento ma la sua espressione mi lasciava indovinare il grande piacere che provava. Ansimava ad ogni mia penetrazione, apriva le gambe in modo da non opporre la minima resistenza a noi due dentro di lei.
Mi muovevo piano per darle il tempo di assimilare bene le sensazioni che le arrivavano dal basso ventre. Lei lasciò scivolare la mano sulla vagina stimolandosi il clitoride, tentai allora di allontanarla per sostituirla con la mia ma me lo impedì, voleva essere lei a regolare l’intensità degli stimoli.
Non impiegò molto a raggiungere l’orgasmo, sottolineò con un grido liberatorio la sua situazione. Bloccata dal pene che le sfondava l’ano restò immobile rantolando ad ogni mia spinta, guidata dalle contrazioni involontarie del suo ventre.
Vederla godere il quel modo fece venire anche me, la riempii spingendomi in profondità nel suo corpo.
Non mi lasciò terminare l’orgasmo, iniziò a sollevare la schiena costringendomi ad uscire da lei poi si mise a salire e scendere sul membro dell’altro. La penetrazione anale contribuì ad allungare il suo orgasmo. Con il viso trasformato in una maschera di piacere che la rendeva quasi irriconoscibile, ansimava e rantolava come un’ossessa.
Tornai a sedermi sull’altro divano in tempo per vedere l’altro spingere in alto il bacino e venire dentro il sedere della mia donna. Lei non si fermò ma continuò a muoversi su e giù sino a quando le sfuggì da dentro mentre ancora pulsava sperma.
Quella serata riaccese la mia passione verso di lei.
La vedevo nuovamente donna e femmina. Ogni volta che esprimeva il suo desiderio sessuale davanti a me ma non con me, la desideravo di più.
Non ho mai capito se la mia è una forma di masochismo, mascherata dall’illusione di sfruttare il corpo di mia moglie per raggiungere livelli d’eccitazione inconsueti e, al contempo, quella della mia donna è una forma di sadico piacere provato nel ferirmi con i suoi tradimenti.
Mi sono sempre chiesto se questo è tradimento!
Sono io che, oggi, la spingo a ricercare le attenzioni di altri uomini e lei lo fa davanti ai miei occhi. Anche quando lo faceva senza i miei stimoli non me lo ha mai nascosto.
Quando la vedo all’opera né ricavo un piacere che nessun’altra donna mi ha mai dato.
Forse questa è una forma di perversione, ma nell’attimo in cui è gradita a tutti e due non vedo dove sia la perversione sino a quando non viene a meno il rispetto reciproco.
Quando si esprime al meglio di sé posso formulare degli apprezzamenti spinti su di lei, sperare di vederla superare i limiti della mia fantasia e immaginarla in situazioni dove appare sempre più troia, ma al termine, il nostro rapporto, torna dolce come sempre.
è tradimento se sono io a chiederle una ben precisa prestazione?
Una nuova fantasia si era fatta strada nella mia mente. Mi era venuta osservandola nella vasca da bagno, mentre usciva dall’acqua coperta di schiuma. Restai colpito da quei rigagnoli bianchi che ricoprivano il suo corpo.
Non era semplice da organizzare, ci tenevo a farle una sorpresa ma non avevo le sue conoscenze.
Dopo averla studiata per capire se aveva il desiderio di incontrarsi con un altro uomo avvicinai il tale dell’altra volta, quello con cui recitava nei locali. Gli parlai della mia idea e richiesi la sua collaborazione. Ci pensò lui a trovare le persone giuste.
La mia fantasia prese forma il pomeriggio della domenica seguente. Non aspettandosi visite lei stava tranquillamente leggendo il suo libro stravaccata in sala. Indossava solo il leggero vestito di cotone che usa abitualmente in casa, quando il campanello annunciò una visita. Mi guardò con aria interrogativa, tentai di dissimulare la mia eccitazione ma era troppo evidente e quindi lei capì tutto all’istante.
Feci entrare in casa i tre uomini a cui avevo dato appuntamento. Lei fu un’ospite perfetta, li fece accomodare, intrattenne un’amabile discussione con loro, gli offrì un caffè e anche il suo corpo.
Iniziammo a toccarla tutti insieme, in ogni luogo e in ogni modo, la spogliammo e a turno la baciammo sulle labbra, la leccammo sulla vagina, sul seno e in ogni dove. Quando lei perse completamente la testa nel tentativo di capire dove aveva le mani o le labbra di chi, quando fu chiaro che non le importava più di chi erano le mani o le labbra o il pene la penetrammo.
Distesa sul tappeto al centro della sala si lasciava prendere da chiunque la volesse, succhiava il pene che le veniva appoggiato alle labbra senza mai aprire gli occhi.
Tutti i suoi punti erogeni erano stimolati dalle nostre mani, non un centimetro di pelle era trascurato. A turno la penetravamo sino a quando non sentivamo il nostro piacere avvicinarsi pericolosamente al punto di non ritorno. Lei venne per la prima volta mentre aveva dentro uno dei due portati dal suo ex collega, stava succhiando alternativamente il membro degli altri due quando contrasse il bacino inarcandosi, rantolò e incitò l’uomo a spingere sempre più forte.
La lasciammo riposare per qualche minuto senza smettere di accarezzarla. Pensavo che volesse ripetere l’esperienza di prendere due uomini contemporaneamente me lei non lo chiese.
Restò sdraiata in attesa del prossimo che voleva prenderla, capimmo da come succhiava quando fu nuovamente pronta a godere.
La penetrò per primo il nostro complice, sbattendola come era abituato a fare sul palco. Il corpo sodo di lei assorbì bene quei colpi profondi e decisi denunciando solo lievi ondeggiamenti del seno.
Era esausta ma non voleva rinunciare ad un secondo orgasmo, seguiva il membro dell’uomo con il bacino, muovendo il pube in modo da percepire bene cosa si muoveva in lei. Nel frattempo la sua bocca era semiaperta, a disposizione di chiunque desiderasse ricevere un po’ di piacere dalle sue labbra.
Io attesi in disparte che lui terminasse di prenderla, osservandola mentre gestiva abilmente tre uomini. Quando lui iniziò a godere troppo uscì precipitosamente da lei, si mise a cavallo del suo busto appoggiandole il pene tra il seno. Lei premette le mammelle contro e in poche mosse lui venne, spandendo il suo seme sul seno e sulla gola di lei, poi si ritirò sul divano e restò ad osservarci.
A quel punto presi il suo posto in mezzo alle gambe di mia moglie, quindi la penetrai nuovamente. Era molto eccitata dallo sperma che si sentiva addosso. Come mi sentì entrare mi comunicò con lo sguardo che desiderava il mio contributo al suo nuovo orgasmo. Iniziai a muovermi nel modo che sapevo più gradito a lei.
Un altro dei protagonisti arrivò all’orgasmo aiutato dalla sua bocca, lei restò immobile con la bocca aperta per raccogliere il suo seme sulla lingua. I forti getti dell’uomo, però, le riempirono tutto il viso. Nell’attimo che lei percepì la calda crema sulle labbra ebbe un sussulto che le partì dal ventre per raggiungere il cervello passando dal seno.
Mi accorsi che stava venendo solo dal modo in cui aveva posto il pube e dalle leggere contrazioni che sentivo al suo interno. Concentrata ed in silenzio si lasciava invadere dal rinnovato piacere; non mugolava, non ansimava o gemeva e nemmeno urlava come al solito. Si godeva l’orgasmo in silenzio.
Tentai di mantenere vivido il ricordo del mio pene in lei muovendomi con più forza, ad ogni mio colpo vedevo il suo viso, pieno di sperma, modificare l’espressione dimostrando un piacere sempre più forte.
Quei movimenti mi portarono presto verso la vetta del mio piacere, vinsi la tentazione di venirle dentro, estrassi il membro da lei e unii il mio seme a quello degli altri suo corpo.
Anche l’ultimo dei tre, vista la situazione, con poche e abili mosse della sua mano venne su di lei.
La lasciammo stesa sul tappeto, a gambe larghe, ricoperta in ogni parte del busto e della faccia dalla prova del nostro piacere.
Lei non intendeva muoversi, restò in quella posizione a lungo, assaporando il languore che s’espandeva in lei, godendo delle sensazioni che il liquido di cui era ricoperta, scivolando sul suo corpo, le dava.
Accompagnai i nostri complici alla porta, tornai in sala e lei era sempre lì. Respirava lenta con lunghe inspirazioni, gonfiando il seno ogni volta. Ogni tanto un sospiro usciva dalla sua bocca. Mi sedetti sul divano e rimasi ad osservarla sino a quando non diede ad intendere di volersi alzare, l’aiutai e l’accompagnai in bagno dove, dopo una breve doccia per eliminare per bene lo sperma, c’infilammo insieme nella vasca da bagno.
Ogni tanto ripenso a quel periodo in cui abbiamo rischiato di perdere tutto questo a causa dell’intervento, inteso a fin di bene, di terzi.
Le sue amiche, quelle poche che erano a conoscenza del nostro vizio, convincendola che rischiava di perdermi se non l’abbandonava, avevano messo in crisi il nostro rapporto. Essenzialmente avevano messo in crisi me, proprio quello che intendevano proteggere.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se non avessi scritto quella lettera in cui le dicevo tutto quello che realmente provavo per lei. Mi sconvolgo a pensare che quello in grado di distruggere molte coppie, in realtà è quello che ci tiene uniti. La nostra saltuaria trasgressione ci aiuta a mantenere sempre ai massimi livelli il desiderio che proviamo l’uno verso l’altra; la passione non è l’unica componente di un rapporto di coppia ma è determinante per il suo successo.
Se non avessi scritto quella lettera non sarebbe mai nata nostra figlia.
Si. è mia figlia, so cosa state pensando! Lei ha preso le opportune precauzioni per fare in modo che fosse così.
Il periodo che va dalla gravidanza allo svezzamento non ci ha visti impegnati in giochi particolari, non ne sentivamo il bisogno. La nuova vita che stava prendendo forma nel ventre di mia moglie era molto più eccitante di qualsiasi altra cosa.
Ora, però, è giunto il tempo di ricominciare a giocare, lei è pronta ed io pure. FINE