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Figlie di madre lesbica

“Noi non dovremmo esserci, davvero, non dovremmo esistere. Anche nostra madre non riesce a spiegarsi come abbiamo fatto a venire al mondo, nel senso che è impossibile che sia rimasta incinta. O quasi, visto che siamo qui. E’ sempre stata una lesbica così convinta da non permettere mai a nessun cazzo di chiavarla.” E’ la minore, Emi, a parlare. E’ una biondina diafana, con un seno prominente che risalta ancor più nella sua costituzione esile.

“Se qualche volta le ha preso voglia di un cazzo, ci ha sempre detto, se lo è fatto sbattere in culo, ma mai in fica.”

“Vuoi dire che vostra madre è vergine?” Si sente stupido subito dopo averlo detto, ma l’incredibile disinvoltura di queste due ragazze nel vomitare oscenità lo mette in confusione. Ridono.

“Ti rendi conto di quel che hai detto? E comunque no, è sfondata come il traforo del Monte Bianco. Con le sue amiche lesbiche si infilano dentro di tutto: cazzi finti, verdure, candele, dita e mani intere. Dovresti vederle.”

“Voi le avete viste?” Ridono di nuovo, senza rispondere.

“Rimane il problema di come abbia fatto a rimanere incinta” dice lui. E’ un po’ a disagio, anzi molto e non sa come riprendersi, perciò continua a parlare su argomenti che vorrebbe circumnavigare.

“Dev’essere proprio perché è così sfondata. Due delle rare volte in cui l’hanno inculata la sborra dev’essere colata dal buco del culo a quella voragine che ha davanti.”

“Se sono state poche volte saprete anche chi sono i vostri padri.”

“Vorrai scherzare. Col disprezzo che ha per gli uomini figurarsi se nostra madre avrebbe mai voluto darci un padre.” E’ intervenuta la maggiore, Eliana, un po’ stizzita. Si tratta di una ragazzona mora, dall’ossatura robusta e dall’aspetto sano e florido, latte e uova, quasi straripante nelle sue forme, rotonde ovunque eccetto che nel seno appena pronunciato. Come la sorella, non ha un filo di trucco addosso.

“Ma anche dal punto di vista affettivo, o semplicemente pratico, non avete mai sentito la mancanza del babbo?” E’ la cosa più cretina da dire, ma è sempre più disorientato.

“Sai che ti dico?” riprende la biondina “se mai dovessi conoscere mio padre la prima cosa che farei sarebbe di prendergli in bocca l’uccello e poi staccarglielo con un morso.” Quest’ultima frase l’ha particolarmente eccitata, facendole alzare la voce. Lui si accorge che dagli ombrelloni vicini li osservano incuriositi.

“Che ne direste di una gita in pedalò?” Accettano con indifferenza. Le ha conosciute al bar dello stabilimento balneare, attaccando casualmente discorso; la conversazione è poi proseguita all’ombrellone. Portano in barca una borsa termica piena di cose da mangiare, che iniziano a ingurgitare con incredibile voracità non appena si sono un po’ allontanati dalla spiaggia. Banane, panini imbottiti, iogurt, merendine, formaggini…

“A parte il fatto che adesso non potete più fare il bagno, se non volete prendervi una congestione, potreste anche offrire qualcosa…”

“Mangiati questo kinder sorpresa, che a me non piace però faccio la collezione dei pupazzetti.”

“Mi trattano come un bambino” pensa sgranocchiando la cioccolata “ma senz’altro una delle due riesco a castigarla. Anzi, visto che sono così disinibite, chissà che…”

“Tira fuori l’uccello” dice all’improvviso Emi.

“Spero che sia già duro” aggiunge Eliana infilandogli una mano in mezzo alle gambe.

“Sai” continua Emi “a colazione mangiamo sempre una fetta di pane e sborra.” Si guarda intorno smarrito, ma sono già a una certa distanza dalla spiaggia, oltre uno scoglio, e non c’è il pericolo di essere visti.

“Lo dicevo che me le sarei fatte tutte e due” pensa mentre si lascia andare. Le ragazze lo masturbano con sapiente compunzione e raccolgono il suo seme su una fetta di pane che poi si dividono e iniziano a divorare. Lui fà appena in tempo a meravigliarsene: il torpore lo coglie d’improvviso e non riesce neppure ad abbozzare una reazione quando si sente spinto in acqua. Le ultime parole di una delle due:

“Non ti preoccupare, il veleno ti ammazzerà prima che tu anneghi” dovrebbero essere consolatorie, ma già non le sente più. FINE

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