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Transex (racconto trans)

Da quando mi avevano regalato un cane, un bellissimo ed affettuosissimo Labrador di nome Fedro, avevo preso l’abitudine di uscire ogni sera, dopo cena, per fare una passeggiata nel parco poco lontano da casa nostra.
Era un bel parco, con grandi alberi, ed io lasciavo libero il cane che, del resto, tornava immediatamente da me al primo richiamo. Non c’era mai nessuno; solo, a volte, qualche raro passante si affrettava ad attraversare il parco poco illuminato.
Era autunno inoltrato e cominciava a far freddo; io m’imbacuccavo in un caldo e spesso maglione e passeggiavo per una mezz’ora o forse più.
Spesso, quando tornavo a casa, Adriana era già a letto che leggeva un libro mentre m’aspettava, a meno che non ci fosse qualche cosa di molto interessante in televisione, cosa che capitava di rado.
Quella sera l’aria era tersa e frizzante, ed io mi misi giocare con Fedro. Correndo giunsi presso un grande cedro dove c’era una panchina. Poiché m’ero stancato, mi sedetti a riposare mentre Fedro correva intorno, fermandosi spesso a lasciare il suo segno sugli alberi.
Ero fermo da pochi minuti, quando sopraggiunse una giovane donna, che stimai avesse circa trent’anni. Aveva anche lei un cane, un barboncino di mezza taglia, che familiarizzò con Fedro, e anche lei si sedette sulla panchina poco discosta da me.
-Buona sera-, dissi;
-Buona sera- rispose lei.
Come fanno di solito i padroni dei cani, parlammo dei nostri amici, delle loro abitudini, del loro carattere e di come condizionassero la nostra vita.
Dopo qualche minuto ci presentammo:
-Filippo-;
-Silvia-,
-Piacere-,
-Piacere-.
Ci mettemmo a ridere per la banalità della presentazione.
-Non l’ho mai vista prima-, dissi,
-E’ la prima volta che vengo nel parco, ho preso casa qui vicino solo da pochi giorni; prima abitavo lontano dal mio studio e perdevo troppo tempo nei trasferimenti-. Aveva una voce bassa, molto sensuale.
-Che cosa fa?- chiesi.
-Ho uno studio fotografico  e di grafica pubblicitaria-.
-Interessante; e lavora sola?-
-No, ho due collaboratori, ma lo studio è mio-.
Le dissi di me, di mia moglie, del mio lavoro. Dopo una mezz’oretta eravamo amici.
Quando tornai a casa, Adriana mi chiese come mai fossi stato fuori tanto tempo: le raccontai dell’incontro.
-E’ bella?- chiese lei,
-In realtà c’era poca luce, ma mi è parso che fosse bella, non molto alta, ma con una bella figura snella, con belle gambe; soprattutto molto simpatica e gentile, e molto intelligente. Parlava con proprietà di linguaggio e si sentiva la persona di cultura-.
-Ah, vedo che ha fatto colpo!- Commentò Adriana sorridendo. Fra noi non esistono gelosie, ed il nostro rapporto è molto libero, ma quella volta sentii una punta di gelosia nelle sue parole.

La sera dopo uscii con Fedro come il solito, e mi diressi subito verso la panchina con la speranza di trovare Silvia. Non c’era e mi sedetti, sperando che arrivasse presto. Arrivò dopo pochi minuti, preceduta dal cane che, evidentemente, aveva sentito la presenza di Fedro e ne cercava la compagnia. Era vestita con un tailleur attillato, con una corta gonna che faceva risaltare le belle gambe.
-Buonasera! Già qui?- fece lei,
-Si, speravo proprio di incontrarla-, risposi.
-Oh! Anch’io speravo di incontrarla, mi fa piacere un po’ di compagnia, non parlo mai con nessuno, eccetto che per ragioni di lavoro-.
-Com’è possibile che una ragazza come lei non abbia qualcuno con cui parlare-.
-Possibilissimo, e poi non sono una ragazza, sono una donna di trentotto anni-.
-Mi scusi, ma mi sembra così giovane!-
Rise, evidentemente lusingata!
-Scusi se sono indiscreto, ma non ha un uomo? Un rapporto fisso, intendo-.
-L’avevo, tanto tempo fa, ma poi, sa com’è, le solite delusioni-.
-Delusioni? vuol dire che ce n’è stata più d’una?-
-Molte, purtroppo; ho sofferto tanto per amore che ora non ne voglio più sapere di uomini-.
-Non crede di star esagerando? Tutti abbiamo avuto le nostre delusioni, ma come si fa a vivere senza amore?-
-Infatti si vive male, ma è sempre meglio che soffrire come ho sofferto io-.
Passammo alle confidenze. Lei mi raccontò del suo ultimo amore, che l’aveva lasciata senza un vero motivo: semplicemente s’era stancato, perché non amava le romanticherie, mentre lei era molto romantica, amava le coccole che un uomo fa alla sua donna, le carezze, i baci. Lui, invece, arrivava, soddisfaceva le sue esigenze di sesso, poi se n’andava, lasciandola piangente. Eppure lei l’avrebbe accettato anche così, ma lui no! Chissà cosa voleva.
Mi sentii intenerito. Una così bella ragazza! Ora, guardandola bene, sia pure con la poca luce del parco, mi pareva bellissima! Mentre parlava si commuoveva. Le presi una mano e gliela accarezzai.
-Sono certo che per lei c’è ancora tanta felicità. Se ha incontrato un uomo che non la meritava, non è detto che non ce ne siano altri che sapranno apprezzare le sue qualità intellettuali e, mi permetta, anche fisiche, perché lei, lo sa senz’altro, è una bellissima ragazza che chiunque vorrebbe avere come amante-.
Lei parve apprezzare le mie parole:
-Davvero pensa che io possa piacere ad un uomo?-
-Che sciocchezza, certo; lo dico io che in fatto di donne non sono di gusti facili-.
Continuammo così per un bel po’. Intanto le tenevo la mano, una mano grande e forte, evidentemente la mano di una donna che ha lavorato.
Prima di lasciarci ebbi la tentazione di darle un bacio, ma mi trattenni: non volevo che pensasse che volevo approfittare del suo momento di debolezza.

C’incontrammo ogni sera per più di una settimana, ed ogni sera la confidenza fra noi aumentava. Passammo a darci del tu e, finalmente, una sera le diedi un bacio sulla guancia. Lei lo ricambiò e mi strinse la mano con vigore.
-A domani-, disse,
-A domani-, risposi.
La sera dopo arrivai che lei mi stava già aspettando. Appena le fui vicino mi offrì la bocca, che io baciai tremando d’emozione. Fu un bacio profondo, un vero bacio da innamorati. Ci sedemmo sulla panchina, e continuammo a baciarci sempre più voluttuosamente. Le mani corsero ad accarezzare i corpi; le toccai il seno, piccolo e con piccoli capezzoli, ma sodo. Lei mi lasciò fare, ma quando raggiunsi il ginocchio lei mi fermò.
-No, non qui, potrebbero vederci-.
Intanto non si stancava di baciarmi. La sua lingua dardeggiava nella mia bocca, poi si ritraeva per permettermi di entrare nella sua, mi dava un po’ della sua saliva, mi mordicchiava le labbra. Insomma, mi faceva impazzire.
Dopo un bel po’ di baci e carezze, m’ero tanto eccitato che le proposi di andare a casa sua: volevo fare l’amore. Lei rifiutò, dicendo di essere un po’ indisposta, però mi mise una mano sull’inguine, sentì il membro duro, lo estrasse e si abbassò prendendomelo in bocca. Nessuno, nemmeno Adriana, mi aveva mai fatto un pompino come Silvia. Godetti presto, e lo sperma mi uscì a fiotti inondandole la bocca, lei non si ritrasse ed ingoiò tutto. Era stato favoloso. Appena mi ripresi mi pentii per il mio egoismo: non avevo pensato a lei.
-Tu non hai goduto-,
-Non ti preoccupare, mi è piaciuto molto farti godere. Vedrai che la prossima volta parteciperò anch’io-.

A letto, quella sera, non ebbi il coraggio di raccontare il fatto ad Adriana. Era la prima volta che avevo un’avventura erotica a sua insaputa. Glielo avrei detto, sicuramente, ma non ora; ero troppo turbato. Silvia non era una delle solite avventure; era una di quelle donne di cui ti puoi innamorare veramente, e poteva essere pericoloso. Amavo Adriana, e non l’avrei mai lasciata per un’altra donna. La nostra complicità aveva raggiunto un punto che nessuno avrebbe mai creduto possibile, ma ora…!
Il giorno dopo era Sabato, e noi avevamo progettato una gita in campagna dai miei.
Quella sera, nel lettone dei nonni, Adriana mi si avvicinò da dietro, mentre le voltavo le spalle:
-Che c’è, tesoro? Ti sento lontano. Pensi a quella ragazza del parco?-
Adriana aveva un intuito che mi sbalordiva; e poi mi conosceva così bene…!
Ero imbarazzato! Non per il fatto in sé, ma per non averglielo confessato prima.
Mi voltai, l’abbracciai e:
-Ti amo Adriana; e mi vergogno di non aver avuto il coraggio di dirtelo. Sì, è per quella ragazza, mi piace molto-.
-Amore, non devi preoccuparti, sai bene che fra noi non ci debbono essere segreti; se ti piace così tanto, non farti scrupoli a causa mia, non sarà questo che distruggerà il nostro amore-.
-Oh, Adriana, come hai ragione, certamente il nostro amore ha superato ben altre prove, ma questa ragazza mi ha stregato-.
-Eh, che sarà mai? Ha forse la figa d’oro?-
-No! Quella non gliel’ho ancora vista, mi ha solo fatto un pompino, ma uno come nemmeno tu mi hai mai fatto-.
-E tu ti emozioni così tanto per un pompino? E poi, vediamo un po’ se io non sono più brava di lei-.
Così dicendo, abbassò la coperta, mi estrasse il cazzo e cominciò un meraviglioso succhiotto. In pochi secondi dimenticai Silvia e mi dedicai al mio tesoro.
Dopo l’amore Adriana riprese:
-Pensi che ci farai l’amore?-
Io avevo gli occhi chiusi e, mentre rispondevo, rivedevo con gli occhi della mente il volto dolcissimo di Silvia.
-Si, lo spero proprio. In questo modo, una volta soddisfatta la voglia, me la leverò dalla mente-.

Tornai al parco il Lunedì sera. 
Ero emozionato come un ragazzo al primo appuntamento. E se non fosse venuta?
Mi affrettai verso la panchina, preceduto da Fedro che si mise a correre incontro al barboncino di Silvia. Lei era seduta sulla panchina, avvolta in un mantello nero.
Come arrivai si alzò e mi mise le braccia al collo. Ci baciammo: un bacio dolce e profondo che m’inebriò.
Ci sedemmo sulla panchina e le mie mani cominciarono a percorrere il suo corpo morbido e sinuoso. Subito lei mi fermò e:
-Amore, ti devo fare una confessione-.
Mi allarmai!
-Che c’è? È successo qualche cosa?-
-No! Non è successo niente, si tratta solo che… oh mio Dio, sono così imbarazzata-.
-Ma insomma, parla, dimmi che c’è-.
Silvia scoppiò in lacrime. Mi abbracciò stretto e, fra i singhiozzi disse:
-Ora mi lascerai anche tu!-
-Tesoro, cosa hai fatto di tanto grave perché pensi che ti voglia lasciare?-
-Non ho fatto niente, solo … che… ecco, vedi… io non… non sono completamente donna!
Sbalordii!
-Cosa intendi dire?- e cominciò a farsi luce dentro di me: le mani grandi… la voce bassa, il fatto che non volesse essere toccata sotto la gonna.
Smise di piangere, mi prese una mano e se la portò sotto il mantello, alzò la gonna ed io la toccai fra le gambe: sotto le mutandine sottili aveva un cazzo che, sia pur molle, era di rispettabili dimensioni. Adriana ed io avevamo spesso parlato di far l’amore in tre con un transex, ma tutto era rimasto confinato nelle fantasie.
Ero senza parole, mentre Silvia aveva ripreso a piangere sconsolata. Le posi un braccio attorno alle spalle e l’avvicinai, le alzai il viso e posai le mie labbra sulle sue. Lei si avvinse a me.
-Non mi lascerai vero?-
-No, tesoro, anche se ora sono un po’ frastornato. Naturalmente questo cambia un po’ le cose, ma, a pensarci bene, non poi così tanto. Anzi, sai che ti dico, ora la cosa mi stuzzica. Però tu mi piaci anche oltre il sesso-.
Lei si sentì rinfrancata, e m’invitò ad andare a casa sua.
Arrivammo in pochi minuti.
Abitava all’attico di un bel palazzo; mi fece strada ed io la seguii. Era un bellissimo appartamento, arredato con gusto, anche se forse un po’ troppo lezioso.
Mi offrì subito un bicchiere di vino bianco, che accettai volentieri. Ne bevemmo un sorso, poi lei mi prese per mano e mi condusse nella sua camera. Lì si spogliò subito e m’invitò a fare altrettanto. Quando la vidi nuda rimasi senza fiato: era bellissima! Un corpo sinuoso, morbido; due piccoli seni appuntiti, delle gambe solide ma snelle e, meraviglia, un sedere rotondo alto e sodo. I soli particolari che rivelavano la mascolinità erano le mani grandi, il pomo d’Adamo appena appena pronunciato, e un bellissimo membro che pendeva floscio fra le gambe. Mi piaceva tanto che mi sentii crescere il membro. Lei vide la mia erezione ed esclamò contenta:
-Ti sei eccitato per me? Oh, amore, allora ti piaccio proprio-.
Mi mise le braccia al collo, mi baciò e mi trascinò sul letto. Si abbassò a prendermi il cazzo in bocca e, dopo pochi minuti, mi chiese:
-Vuoi prendermi?-
-Si!- risposi.
Lei si mise supina, alzò le gambe in alto e mi offrì il suo buchetto.
-Mettici molta saliva, per favore-, sussurrò.
Io feci di più, le alzai le gambe un po’ di più, e le leccai il buchetto, facendo penetrare la punta della lingua. Silvia cominciò a mugolare di piacere e, meraviglia delle meraviglie, il cazzo le s’indurì raggiungendo dimensioni più che notevoli. Non potei resistere e glielo presi in bocca.
-Oh, sì amore, così mi fai morire, però ora voglio che tu mi prenda, ti prego, mettimelo dentro-.
La penetrai dolcemente, le presi in mano il cazzo e, mentre mi muovevo nel suo culetto, la masturbavo. Godette prima lei, con un piccolo grido e con un getto di sperma che m’inondò la mano, per poi scendere sul suo ventre. Subito dopo godetti io dentro di lei.

Appena a casa raccontai tutto ad Adriana e lei:
-Lo sai che l’avevo sospettato?-
-Cosa te l’aveva fatto pensare? Te n’avevo parlato così poco!-
-Non so, forse era solo intuito. Però ora sono curiosa: mi piacerebbe conoscerla-.
-Vedremo-, risposi, -Non vorrei farle del male, è così indifesa. E poi non so come dirglielo-.
La sera dopo, quando fui nel parco con Silvia affrontai subito l’argomento. Le dissi del rapporto libero con Adriana e di come Adriana non fosse affatto gelosa, ma anzi fosse desiderosa di conoscerla.
-Vuoi dire che le hai detto di me?-
-Si! E ci piacerebbe che tu venissi da noi-.
Dopo qualche istante di titubanza Silvia acconsentì. Concordammo che sarebbe venuta l’indomani sera a cena.

Per la cena Adriana preparò tutto in anticipo, in modo da essere libera quando fosse arrivata Silvia, poi si vestì in modo molto provocante. Quando la vidi esclamai:
-Caspita, vuoi fare colpo?-
-Si! Visto che lei ti piace così tanto non vorrei sfigurare-.
-Ma saremo solo noi- dissi io.
-Che importa? Anche se è una trans, è pur sempre mezzo maschio, e voglio vedere se riesco ad eccitarlo-.
-Eccitarla, vuoi dire; bada di trattarla sempre da donna, è molto sensibile e ci tiene alla sua femminilità-.
Silvia arrivò puntuale. Indossava un abito semplice ma molto elegante: aveva un gusto straordinario nel vestire e Adriana lo disse. Silvia ne fu lusingata e subito, vinto un primo momento d’imbarazzo, si creò un’atmosfera di amicizia e complicità.
Dopo un aperitivo, ci sedemmo a tavola. La cenetta era semplice e leggera, ma gustosa; il vino eccellente e ne bevemmo in abbondanza. Durante la cena parlammo del lavoro di Silvia, del mio lavoro, del quartiere dove vivevamo, eccetera; di cose abbastanza banali insomma.
Fu solo quando ci sedemmo in soggiorno per il caffè che la conversazione si fece gradualmente più intima.
Fu Adriana a rompere il ghiaccio. Si sedette sul divano, vicina a Silvia e senza preamboli disse:
-Filippo mi ha detto che avete…ehm… fatto dei giochini-.
Silvia arrossì ed abbassò lo sguardo. Allora Adriana aggiunse:
-Non devi essere imbarazzata, noi siamo molto liberi ed io non sono gelosa, anzi, tu mi piaci molto ed io sono anche un po’ bisex, perciò mi piacerebbe partecipare-.
A queste parole Silvia mi lanciò uno sguardo interrogativo. Io, che ero seduto in una poltrona di fronte a loro, andai a sedermi al suo fianco, le presi la mano e la rassicurai.
Intanto, complice l’alcol, l’atmosfera si era surriscaldata e le inibizioni molto attenuate; le presi una mano e le diedi un bacio sul collo, poi dissi:
-Mi piacerebbe vedere una bella lesbicata fra voi due-. Così dicendo le infilai una mano sotto il vestito, raggiunsi le mutandine, le scostai e presi in mano il suo cazzo. Intanto anche Adriana si era avvicinata e la baciò sulla bocca, poi le infilò la mano nella scollatura per accarezzarle il seno, quindi esclamò:
-Qui siamo scomodi, perché non andiamo in camera?-
Andammo sul letto e Adriana si spogliò subito, rimanendo nuda, imitata da me. Silvia, invece, rimase vestita: non aveva ancora vinto l’imbarazzo! Allora Adriana corse in suo aiuto, e le tolse il vestito, che appoggiò sulla sedia ai piedi del letto.
-Sei bellissima-, esclamò Adriana vedendo Silvia, che non portava reggiseno ed era rimasta con le sole mutandine. Il cazzo si vedeva appena perché le mutandine erano strette e lo nascondevano. Adriana le accarezzò il seno, poi si chinò a leccarglielo, mentre io le tolsi le mutandine. Il cazzo cominciava ad indurirsi e Adriana si abbassò e glielo prese in bocca. Vedere mia moglie che faceva un pompino ad una donna era eccitante al punto che ebbi un’erezione quasi dolorosa. Silvia se n’accorse e me lo prese in mano accarezzandomelo dolcemente. Anche Adriana doveva essere molto eccitata, perché si voltò supina e attirò Silvia su di sé dicendo:
-Scopami, scopami forte-.
Appena Silvia fu dentro di lei, Adriana cominciò a godere e ad urlare di piacere. Io temetti di dovermi accontentare di una semplice sega, ma Adriana era di diverso avviso: appena l’orgasmo si placò, scostò dolcemente Silvia dicendo:
-Non godere, aspetta, pensiamo anche a lui-.
Venne da me, mi fece mettere alla pecorina, mi face allargare le gambe, prese il tubetto della crema lubrificante che tenevamo sempre nel comodino, mi lubrificò il buchino posteriore e me lo allargò un po’ con le dita, come facevo io con lei quando doveva essere sodomizzata; poi fece avanzare Silvia, le prese il cazzo in mano e lo indirizzò verso il mio ano. Io fremevo in attesa di sentirmi penetrare; lo volevo, volevo sentirmi pieno di Silvia. Silvia spinse leggermente, quasi temendo di farmi male, allora io spinsi indietro, allargando i glutei con le mani, finché non fu tutta dentro di me. Non ci fu dolore se non un po’ all’inizio, superato presto dal piacere. Ariana era evidentemente eccitata dalla scena, perché si masturbava mentre ci guardava; poi venne sotto di me e mi prese il cazzo in bocca.
Godemmo tutti quasi contemporaneamente: la prima fu Silvia che scaricò il suo seme dentro di me, poi godetti io, scaricando il mio nella bocca di mia moglie, infine godette ancora una volta Adriana, che si masturbava furiosamente.

FINE

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