Quando ero ragazzo avevo la passione dei vestiti da donna. Mi attiravano da morire. Mi piaceva indossarli. Soprattutto la biancheria intima mi eccitava molto.
A dire il vero questa passione non è mai scemata del tutto, pero per un po’ di tempo non l’ho sentita cosi forte. Mi sono fidanzato e poi sposato felicemente con una donna stupenda. Si chiama Paola ed io l’amo moltissimo. Subito dopo il matrimonio la voglia di indossare vestiti da donna è tornata ad essere forte. Spesso mi trovavo solo in casa. Il mio orario d’ufficio termina alle due mentre mia moglie lavora per una ditta privata e esce dall’ufficio alle cinque e mezza quando va bene.
Di solito sono io a rassettare la casa che la mattina lasciamo cosi com’è. Rifaccio il letto spolvero e metto in lavatrice la roba sporca e proprio trovandomi tra le mani la biancheria di mia moglie ho ricominciato a sentire forte il desiderio di indossare capi femminili.
Ho cominciato indossando i suoi slip, le sue calze e poi pian piano ho cominciato ad indossare altri capi fino a vestirmi di tutto punto. Fortunatamente ho la stessa taglia di Paola. Perfino di scarpe abbiamo lo stesso numero.
Dopo un po’ ho cominciato a prendere l’abitudine di vestirmi da donna appena tornato a casa e cosi vestito mi mettevo a fare le faccende. Mi eccitava moltissimo. Mi piaceva passare davanti agli specchi e vedermi donna.
Qualche mese fa ho convinto mia moglie a comperarsi una parrucca. Lei non la mette mai, io invece la metto tutti i giorni. Ho imparato a truccarmi. Sono diventato bravissimo. Ho un viso dai lineamenti molto delicati. Si presta moltissimo. Truccato sembro proprio una donna. Anche il fisico si presta abbastanza bene. Ho le gambe molto tornite. Per potermi depilare faccio finta di fare il ciclo amatore. Con la bicicletta esco raramente ma mi depilo sistematicamente le gambe. Nel resto del corpo non ho peli evidenti. Il sedere è una cosa che credo di avere molto bella. Rotondo con le natiche ben delineate. Mi eccita guardarlo incorniciato da un tanga.
Quando mia moglie deve comperarsi qualche cosa, l’accompagno sempre consigliandole cosa comperare. Mi elettrizza da morire perchè le consiglio le cose che piace indossare a me.
Tutto era tranquillo, quando un pomeriggio saranno state le tre e mezza. Avevo appena finito di vestirmi e stavo in camera a rimirarmi dopo essermi truccato quando girandomi vedo mia moglie sulla porta della camera. Avevo lo stereo acceso e non l’avevo sentita ne aprire la porta ne avevo sentito i suoi passi.
Ebbi un momento di panico. Mi sentii perso. Mia moglie mi guardava sbigottita. Non sapevo cosa dire ero raggelato. Cercavo una scusa per giustificarmi e l’unica cosa che mi venne da dire fu che stavo provando la maschera per carnevale. Eravamo ai primi di gennaio, non era del tutto fuori luogo pensare alla maschera per i prossimo carnevale. Non era certo una grande scusa, ma sembro che a mia moglie andasse bene. Il sangue comincio a scorrere nelle mie vene.
Lei con aria sincera esclamo: – Ci stai benissimo. è fantastico come ci stai bene. –
Io con la voce che ancora mi tremava un po’ le feci: – Credi che può andare come maschera? –
-Credo proprio di si. Sei irriconoscibile. Sai che per un attimo non ho capito che eri tu? Sono rimasta di stucco. Mi chiedevo chi era quella tizia in camera mia vestita con i miei vestiti. –
-Ma dai! Non ci credo. –
-Credimi! Certo è stato solo un attimo. Poi ho realizzato. –
Mi spiego che era tornata a casa prima perché in ufficio si erano rotti i riscaldamenti. Erano usciti prima perché si gelava ed anche per far lavorare i riparatori tranquillamente.
Per qualche giorno feci a meno di vestirmi da donna, ma la cosa mi dispiaceva tanto. Poi ricominciai prendendo la precauzione di telefonare a mia moglie in ufficio per accertarmi che non fosse uscita.
Ai primi di febbraio Paola mi propose di fare una vacanza a Venezia per il carnevale. Un suo collega originario di Venezia aveva un mini appartamento proprio nel centro di Venezia. Di solito a Carnevale ci andava sempre ma quast’anno proprio giorni conclusivi del carnevale sarebbe dovuto andare in missione all’estero.
Paola gli aveva chiesto se lo affittava a lei per una settimana e questi le aveva detto che poteva andarci quando voleva e senza pagare affitto. Lei aveva subito chiesto le ferie
Dal giovedì grasso al giovedì successivo.
-Facciamo un carnevale “Full immersion”. – Mi fece lei entusiasta. -Una settimana di completa evasione. Senza pensare a niente altro che a divertirci. –
Io le dissi che l’idea mi piaceva. Contenta disse che doveva pensare alla sua maschera.
-Si dobbiamo cercare delle maschere. – Faccio io
-Ma tu la maschera ce l’hai! Ti vesti da donna. – Era quello che volevo sentirle dire. Il cuore mi salto nel petto.
-E tu da cosa ti vesti? – Le faccio io
-Ci devo pensare. Potrei vestirmi da uomo. Non credi! –
-Si. Sono d’accordo. –
-Ci penserò. Mancano ancora venti giorni. –
Nei giorni appresso parlammo spesso della sua maschera poi alla fine decise che si sarebbe vestita da marinaio. Lo stesso collega che le aveva offerto la casa aveva fatto il militare in marina e aveva conservato la divisa. Con qualche correzione poteva andarle bene.
Qualche giorno dopo mia moglie mi chiamò dall’ufficio e con un entusiasmo da grande scoperta mi disse che vestendosi lei da marinaio il mio vestito da donna doveva essere provocante, da donna di vita.
Le risposi che ero d’accordo anche se non sapevo cosa mettermi per sembrare una prostituta. Le mi disse che ci avrebbe pensato lei. Tornata a casa mi disse che bastava una minigonna un po’ esagerata e la cosa era fatta. Decise di uscire subito a cercarla. Anche se lei portava solo minigonne non le aveva cosi corte.
Andammo in un grande magazzino, l’Oviesse e cercammo il tipo di gonna che volevamo. Ne trovammo diversi tipi. Paola non sapeva decidersi a me piacevano tutte. Ero eccitatissimo. Gia me le vedevo addosso. Quando Paola mi disse che per decidersi voleva vedere l’effetto che facevano addosso pensai che le voleva provare lei. Prese quattro tipi di gonna e si avvio verso gli stanzini di prova dicendomi di seguirla. Io la seguii volentieri. Andavo sempre con lei quando si provava i vestiti. Mi piaceva.
Entrati nello stanzino mi disse di togliermi i pantaloni. Io rimasi un attimo perplesso ma le ubbidii. Non le voleva provare lei. Le dovevo provare io. Ma poi vidi che anche lei si toglieva i jeans.
-Le debbo provare io o tu? – Le chiesi io appendendo i pantaloni.
-Le provi tu. – Fece lei mentre iniziava a sfilarsi anche i collant. – Ma per vedere l’effetto devi indossare anche le calze e le mie scarpe. Ho messo apposta queste con i tacchi a spillo. –
Ero sempre più eccitato. Buttai la un : – Sei proprio matta. Guarda che mi fai fare! – Ma intanto mi infilavo i collant che lei mi aveva dato.
Mi diede la prima gonna da provare. Io la indossai. Era la mia misura. Mi disse di infilare le scarpe. Mi vidi allo specchio. Debbo dire che mi piacqui. Quella mini cortissima aderente metteva in risalto le mie cosce.
-Hai proprio delle belle gambe. Ti sta bene. Ora prova questa. – Mi allungo una mini vistosissima, plissettata. Non mi stava male ma mi gonfiava sui fianchi. Poi mi infilai una gonna aderente sui fianchi con sotto una balsa a pieghe svolazzanti.
-Anche questa ti sta bene. Molto sbarazzina. La prima pero ti fa apparire più puttana. è più adatta. –
-Anche questa però è molto provocante. Non trovi? – Mi piaceva molto come mi stava quella gonnellina.
-Se ti piace le prendiamo tutte e due. Dobbiamo starci sei giorni. Due ci vogliono. – Io eccitatissimo dicevo si a tutto ciò che lei diceva.
Usciti dallo stanzino, stavamo andando alla cassa quando lei si blocco e mi disse: – Che stupida, potevamo andare alla Rinascente con il dopolavoro li ci fanno lo sconto. –
-Allora non le prendiamo. Domani andiamo alla Rinascente. Oggi non facciamo in tempo. –
-Certo! Facciamo cosi. Poi se non le troviamo li torniamo a prenderle qui. –
Il giorno dopo verso le quattro mi telefona dall’ufficio dicendomi che per guadagnare tempo e benzina, dato che la rinascente è a meta strada tra casa nostra e il suo ufficio, è stupido che lei venga prima a casa per poi tornare alla Rinascente. Tanto vale che ci incontriamo li. Rimaniamo d’accordo cosi.
Pochi minuti dopo mi telefona di nuovo:
-Debbo venire per forza a casa. Mi sono messa i mocassini. Non si vede l’effetto con i mocassini. –
-Le posso portare io da casa. Le metto in una busta. –
-Che stupida! Hai ragione. Allora mettici anche un paio di collant. Cosi non mi devo spogliare io. –
Verso le sei ero davanti alla Rinascente. Salimmo al reparto donna. Non c’era una grande scelta. Di adatta ne trovammo solo una. A tubino elasticizzata. Prendemmo solo quella con l’idea di tornare a prendere nell’altro magazzino quella con la balsa a piega.
Arrivati a casa la mi dice che il tocco finale per sembrare una battona me lo potevano dare le calze autoreggenti. Volle subito vedere l’effetto. Mi fece indossare la gonna con le autoreggenti. Il ricamo delle calze arrivava a filo con la gonna.
-Ti stanno benissimo. Sei uno schianto. –
Guardandomi allo specchio mi trovo d’accordo con lei. Mi piaccio. Mi giro davanti allo specchio a lungo, poi a malincuore mi cambio.
Il giorno dopo rimaniamo d’accordo che verso le sei ci vediamo Davanti alla Oviesse per comperare l’altra minigonna.
Nel pomeriggio lei mi telefona per ricordarmi l’appuntamento e mi ricorda di portare le scarpe e le autoreggenti.
Stavo per ribattere che non ce n’era bisogno l’avevo gia provata, ma mi astenni. Perché privarmi del piacere che mi dava provare quei capi in un luogo pubblico e davanti a mia moglie.
Quando arrivai all’Oviesse lei era già li. Avevo fatto un po’ tardi. Non mi ero reso conto del tempo che passava. Ad un certo punto me ne ero reso conto e avevo dovuto fare una corsa per struccarmi e cambiarmi. Quando fummo nello stanzino e mi levai i pantaloni con terrore mi accorsi che sulle cosce il segno dell’elastico delle autoreggenti non era ancora svanito e si vedeva chiaramente. Sperai che lei non ci facesse caso ma cosi no fu, ma non me lo fece notare. Non disse nulla . Riprovai tutte le gonne poi decidemmo quella con la balza pieghe.
Il giorno dopo mi telefonò dall’ufficio per dirmi che avrebbe fatto un po’ tardi perché doveva passare a casa di Marco, a prendere la divisa da marinaio.
A me venne spontaneo chiederle perché lui non l’avesse portata in ufficio. Lei mi spiegò che andando a casa del suo collega a prenderla se la poteva provare. Il suo collega aveva un vicino di casa sarto che eventualmente poteva aggiustargliela. Dopo avermi dato questa spiegazione mi chiese se stavo provando la mia maschera.
Io rimasi un attimo di stucco e balbettando le dissi:
-No! Perché me lo chiedi? –
-Perché ieri pomeriggio te le sei provata. –
-No! Cosa te lo fa credere? – Provai a ribattere io.
-Il segno delle autoreggenti sulle cosce. Si vedeva ancora quando hai fatto le prove all’Oviesse. –
-Si lo ammetto. Volevo provare…. – Provo a dire io ma lei mi interrompe dicendomi:
-Non ti sto mica rimproverando. Cosa volevi provare? –
-Gli accessori e cosa portarmi da mettere sopra la gonna. Ho provato delle camicette e dei maglioni. –
-E hai trovato gli abbinamenti? –
-Qualcosa ma sono molto indeciso. Non riesco a decidermi. –
-Stai provando anche adesso. Vero? –
-Si. –
-Fai una cernita delle cose che ti piacciono. Quando arrivo io me le fai vedere e decidiamo. –
-Vuoi che rimanga mascherato finché non arrivi tu?
-Certo.
Arrivò verso le otto. Mi disse che la divisa era dal sarto. Cominciai a sfilare con i capi che ho scelto. Provavo un piacere enorme a farlo. Mentre le camminavo davanti lei mi fece:
-è stupefacente come cammini con i tacchi alti. Sembra che l’hai portati sempre. –
Io cercai di cambiare discorso e le chiedo:
-Come sto cosi? –
-Sta benissimo. Sembri proprio una puttanella. –
Insieme a lei scelsi due camicette e due maglioncini. Poi mi lei mi fece: –
-Specialmente con la gonna a pieghe basta che ti pieghi un attimo e ti si vedono le mutandine, non puoi tenere le tue. Ti devi mettere qualcosa di femminile e un po’ contenitivo per non rischiare che si veda il coso davanti. –
-Si. L’ho notato anch’io che un po’ si nota. Come posso fare per nasconderlo. – Le chiesi io, fingendo spudoratamente. Io lo sapevo benissimo cosa fare. Mi piegavo il pisello tra le cosce e ve lo trattenevo usando delle mutandine elasticizzate contenitive. Lo stesso risultato lo raggiungevo con un body un po’ contenitivo che lei non metteva quasi mai.
L’effetto era stupendo, sembrava che non avessi nulla.
-Non lo so ma comunque le mutandine da maschio non vanno bene. –
-Ci vorrebbe qualcosa di contenitivo. Che mi schiacci un po’. –
-Si delle mutandine elasticizzate. Le possiamo comperare. –
-Tu non hai nulla del genere? –
-Non me lo ricordo. Ne ho tante bisognerebbe cercare. Pensaci tu domani. –
Il pomeriggio successivo mi telefonò dall’ufficio per avvertirmi che sarebbe tornata in ritardo perché il sarto le aveva preparato la divisa e doveva andare a fare una prova. Poi mi chiese:
-Hai trovato le mutandine? –
-Si ho trovato delle mutandine nere molto contenitive ma mi si vede il segno quando indosso la mini elasticizzata. Ci vorrebbe qualcosa di più sgambato. Sto per provarmi un body. Sembra più sgambato delle mutandine. –
-Ne ho uno nero molto sgambato. è quello? – Mi chiese lei.
-Si è nero. –
-Dovrebbe andare benissimo è molto contenitivo. Aspettami voglio vedere. Come ti sta? –
-Ma tu fra quanto torni? Debbo aspettare molto? –
-Non lo so di preciso. Ma che fastidio ti da. Fai un po’ di prove a camminare. Lo sai che se vuoi sembrare una puttanella devi esercitarti a camminare ancheggiando vistosamente. –
Quando arrivò a casa le aprii la porta, poi le camminai davanti ancheggiando.
-Mi sono esercitato abbastanza? – Le feci ridendo.
-Sei uno schianto. Se fossi un uomo ti salterei addosso. –
-Addirittura! – Le feci io. –Sono cosi carino? –
-Carina. Tesoro. Quando sei vestito da donna devi abituarti a parlare al femminile. Fra due giorni partiamo e per una settimana devi fare la donna. –
-Ma mica ventiquattro ore su ventiquattro. –
-Tesoro eravamo d’accordo che sarebbe stata una full immersion carnevalesca. Dobbiamo vivere sei giorni spersonalizzati. Dobbiamo essere il contrario di quello che siamo. E nessuno deve sapere cosa siamo veramente. –
-Per me è un’idea folle ma sono curioso, oh scusa curiosa di vedere cosa succede. Per non farci scoprire dovremo arrivare a Venezia senza farci vedere da nessuno. –
-Non basta che arriviamo io come marinaio e tu come donna. –
-Vuoi dire che partiremo da qui mascherati? Sei pazza! ? –
-No. Ci cambieremo in treno. Prima di arrivare a Venezia. Ho prenotato in vagone letto. –
-Sei diabolica. Hai pensato a tutto. –
-Ti faro vivere una settimana indimenticabile. Pero devi fare tutto quello che ti dico io. –
-Sarò la tua schiava. – Le feci io ironicamente.
Finalmente arrivò il giorno della partenza. Partimmo da Roma alle dieci di sera. Saremmo arrivate a Venezia verso le sette. Ci mettemmo a dormire rimettendo la sveglia per le sei. Avremmo avuto quasi un’ora per prepararci.
Quando ci svegliammo tirai fuori gli indumenti da mettermi. Per arrivare non mis le minigonne che avevamo comperato, ma una delle sue, molto meno osè. Vado in bagno a truccarmi. Quando uscii trovai Paola che stava cercando qualcosa nella valigia. Le chiesi cosa cercava e lei mi disse che non riusciva a trovare i pantaloni della divisa. L’aiutai un po’ anch’io ma non li trovammo.
-E adesso? – Feci io
-Non so proprio come rimediare. Non posso mascherarmi. –
-Ed io? –
-Tu ti mascheri tranquillamente. Modifichiamo un po’ il copione. Potremmo fare le due puttane. –
-Ma tu non saresti mascherata! –
-Vuoi dire che io nella realtà sono una puttana? –
-No! Che c’entra! –
-Evadere vuol dire essere il contrario di ciò che si è nel quotidiano. Tu sei un uomo ed evadi fingendo di essere una donna. Io che sono una donna seria evado facendo finta di essere una battona. –
-Vuoi aver ragione sempre tu. –
-Ho sempre ragione, io. Ricordati che, anche se non sarò più un rude marinaio tu sei sempre la mia schiava e devi fare ciò che ti dico. Ora sbrigati a prepararti hai solo quaranta minuti per farti bella. –
Quando scendemmo dal treno a Venezia mi tremavano le gambe per l’emozione. Con piacere mi accorsi che nessuno mi guardava con stupore. Mi Notai che molti uomini mi guardano con interesse.
Prendemmo un motoscafo per arrivare al nostro appartamentino. Mentre svuotavamo le valige lei mi fece:
-Che effetto ti ha fatto farti vedere in pubblico vestita da dona? –
-Ancora mi devo riprendere. Mi tremavano le gambe. All’inizio ho avuto una paura folle. Ero terrorizzato che qualcuno si accorgesse che ero un uomo vestito da donna. Poi ho visto che nessuno si stupiva guardandomi e allora mi sono un po’ rilassato. –
-Tesoro devi smettere di parlare al maschile quando parli di te. Il gioco di questa settimana è ben chiaro. Tu sei una donna e anche tra noi devi interpretare il ruolo. Questa è l’unica regola del gioco. Non sei mio marito, sei una mia amica. –
-Si. Si. Mi è scappato. Ci starò più attenta. –
-Hai visto che avevo ragione io a dirti che nessuno poteva riconoscerti e sospettare che fossi un maschio? –
-Avevi ragione. Mi sembra incredibile. Non prendermi in giro se ti dico questa cosa. Ho avuto l’impressione che gli uomini mi guardassero in un certo modo. –
-Si tesoro. Me ne sono accorta. Però guardavano cosi anche me. –
-Oh si. Ti si mangiavano con gli occhi. Ma tu ci sei abituata. –
-Che effetto ti a fatto essere guardata cosi? –
-Mi ha fatto piacere perché era la prova che mi prendevano per una vera donna. –
-Solo questo? –
-Mi ha anche divertito pensare che ero io che suscitavo delle emozioni in loro. –
-Si! è quello che speravo mi dicessi, questo gioco ti deve divertire. Ne ero sicura che ti avrebbe divertito. Pensa quando uscirai con le minigonne che abbiamo comperato. Agli uomini usciranno le orbite dagli occhi e tu ti divertirai ancora di più. –
Paola andò a comperare qualcosa in rosticceria per pranzo.
Dopo aver mangiato ci riposammo poi passammo il resto del pomeriggio a prepararci. Lei mi aiutò a mettere le unghia finte. Mi provò anche le ciglia finte ma preferii non metterle. Le ho belle lunghe e con un po’ di rimmel vanno benissimo. Quando fummo completamente vestite ci complimentammo a vicenda. Paola indossava la mini elasticizzata mentre io quella a pieghe.
-Sei uno schianto. – Mi fece lei aggiustandomi la parrucca.
-Un po’ troppo vistosa. Non credi. Mi guarderanno tutti. –
-E allora? Non hai detto che ti diverte essere guardata? –
-Anche tu sei una favola.. –
-Però devi fare la voce più femminile. –
-Ma siamo sole! –
-Anche quando siamo sole. Ti deve diventare naturale. –
-Cosi va bene? –
-Si va bene. Sei pronta? Si va. –
Uscite da casa ci avviammo verso piazza San Marco. Percorrendo le viuzze strette che portavano alla piazza incontrammo parecchie persone. Eravamo notate da tutti e gli uomini ci guardavano con ostentata ammirazione.
-Hai visto come ci guardano. –
-Mi sento spogliata. Mero è elettrizzante. Pensi che ci prendano veramente per delle puttane? –
-Credo proprio di si. Ti dirò che la cosa elettrizza anche me. Guarda come ci guardano questi due che arrivano! Scommetto che stanno facendo dei commenti su noi due. –
-Probabilmente ora gli starà chiedendo chi di noi due si farebbe. –
-Se tu dovessi rispondere alla stessa domanda chi sceglieresti? –
-A quale domanda? –
-Se ti chiedessi quale di quei due ti piace di più. Quale sceglieresti? –
-Ma che domanda è? Sono due uomini. –
-Tesoro fa parte del gioco. Sei dalla parte delle donne. Cerca di pensare come una donna. -. Intanto i due uomini ci passarono accanto senza toglierci lo sguardo da dosso.
-Non so. Quello più robusto. –
-Anch’io avrei detto quello. Vedi che non è difficile. –
Arrivate in Piazza San Marco trovammo una stupenda bolgia. Una cosa veramente coinvolgente. Attraversiamo la piazza godendoci lo spettacolo. Cenammo in un ristorante molto carino.
Ci serviva un cameriere che ci si mangiava con gli occhi. Ebbi bisogno di andare al bagno e naturalmente sono andata in quello delle donne. La cosa mi ha eccitato moltissimo.
Tornata al tavolo Paola mi fece sottovoce:
-Si sono girati tutti a guardarti. –
-Sono ridicola? – Le feci io preoccupata.
-Tutt’altro. Ti guardavano perché sei carina e anche perché cammini in un modo! Ancheggi con una naturalezza fantastica. In pochi giorni hai imparato a camminare sui tacchi in maniera favolosa. – Mi parve che c’era un filo di ironia nel modo in cui mi disse quest’ultima cosa. Cominciai a pensare che lei dubitasse qualcosa.
Finito di cenare tornammo a casa presto riattraversando Piazza San Marco. Eravamo stanche per il viaggio.
Mentre ci preparavamo per andare a letto chiacchierammo scambiandoci le impressioni e le sensazioni che avevamo provato nella serata.
Il giorno dopo ci svegliammo tardissimo. Facemmo colazione verso le undici e Paola mi disse che quel giorno in rosticceria a comperare il pranzo ci sarei andata io. Io provai a dire di no ma lei fu irremovibile. Mi preparai con cura ed uscii per andare in rosticceria. All’inizio mi tremavano le gambe poi pian piano l’eccitazione superò la paura.
Nel pomeriggio, uscimmo insieme per negozi, Eravamo entrambe vestite in modo sobrio ed elegante.
Io mi eccitai molto a provare vestiti in parecchie boutique. La serata la passammo passeggiando a Piazza San marco. Ci fermammo a guardare tutti gli artisti di strada che davano spettacolo. Mentre guardavamo un uomo che spezzava le catene con il torace e camminava sui vetri rotti lei mi fece:
-Niente male quel tipo. Ti piace? –
-è molto bravo. –
-Intendevo come uomo. –
-A te piace? –
-Te l’ho chiesto prima io. –
-Si è un bel tipo. –
-Io puro lo trovo attraente, non è bello ma è molto maschio. –
-Sembra che ne parli con l’acquolina in bocca. – Le feci io ridendo.
-Si. Mi eccita quel tipo. –
-Ma tesoro! Me lo dici cosi apertamente. –
-Certo. A chi lo devo dire se non a te che sei la mia amica del cuore. –
-Ma sono anche…-
-No tesoro ricorda la promessa. Chi sei tu? –
-Hai ragione. Sono la tua amica del cuore. –
-L’amica del cuore con la quale posso confidarmi sinceramente e anche lei mi dice tutto senza ipocrisie. –
A casa mentre ci struccavamo le chiesi:
-Tu lo tradiresti tuo marito? –
-No. tra noi c’è un rapporto bellissimo. Non lo tradirei mai. –
-Anche se incontrassi uno che ti facesse perdere la testa? –
-No. Forse ci andrei a letto. Ma non sarebbe un tradimento. –
-Perché non sarebbe un tradimento? –
-Perché lo farei solo per sfogare le necessita sessuali ma non ci sarebbe coinvolgimento affettivo. –
-Quindi glielo diresti tranquillamente a tuo marito che ti sei fatta scopare da un altro. –
-Potrei anche non dirglielo. Tu che conosci mio marito pensi che lui mi tradirebbe. –
-Credo di no. Per lui tu sei l’unica donna al mondo. –
Il giorno dopo ci svegliammo sempre tardissimo pranzammo con un panino poi di nuovo in giro per negozi. Ne visitammo tantissimi. Poi tornammo a casa, prendendo in rosticceria la cena.
Avevamo deciso di andare ad una festa in un locale dove si ballava musica anni sessanta. Mangiammo presto poi ci preparammo con cura. Il momento del trucco era un momento molto eccitante. Mi sentivo molto femmina in quel momento.
Il locale era molto grande e affollatissimo. Trovammo a stento un tavolo. Ero elettrizzata all’idea di ballare muovendomi come una donna. Andammo in pista quando l’orchestra suonò un Cha cha cha. Ero eccitatissima. All’inizio ero un po’ legata, poi pian piano mi sciolsi sempre di più.
Quando tornammo al tavolo Paola mi fece i complimenti per come mi aveva visto ballare.
-Balli meglio di me. Voglio dire che sei più sensuale di me. Riesci a ballare sui tacchi come se ci avessi sempre ballato. –
Disse l’ultima frase con un tono che mi fece dubitare ancora di più, che lei forse non l’aveva bevuta la scusa che avevo messo, quando mi aveva trovata vestita da donna la prima volta. Probabilmente lei ormai sospettava che io mi mettevo i vestiti da donna per il piacere di farlo e che lo facevo da molto tempo.
Io continuai a far finta di nulla. Comunque l’idea che Paola sapesse che a me piaceva vestirmi da donna e non mi disapprovasse, mi piaceva.
Stavamo bevendo un drink quando l’orchestra attaccò un lento. Si avvicinarono al nostro tavolo due uomini. Avranno avuto una quarantina di anni. Uno era alto e stello, con capelli biondi molto stempiato, L’altro della stessa un po’ più robusto era moro anche se aveva pochi capelli.
Il biondo si rivolse a Paola chiedendole di ballare. Io ebbi un attimo di panico, soprattutto quando lei accetto e si alzo per andare a ballare. Il moro chiese a me di ballare. A me tremavano le gambe mentre mi alzavo. Ero sconvolta, non dal fatto che non mi andasse di ballare con lui, ma dalla paura che si accorgesse che non ero una vera donna. Ballammo in silenzio, mi chiese solo il nome. Lui si chiamava Gino. Ero tesissima, specialmente all’inizio. Nello stesso tempo ero elettrizzata. Era la prima volta che stavo tra le braccia di un uomo. Mi piaceva sentirmi guidata.
Quando mi ritrovai al tavolo con Paola, lei mi chiese come com’era andata.
-Ho ancora il cuore in gola. –
-Che è successo? –
-Ti rendi conto che sono stata tra le braccia di un uomo! ? –
-Ti ha dato tanto fastidio? –
-Non è che mi ha dato fastidio, è che ero terrorizzata che lui si accorgesse che non sono una vera donna. Soprattutto sentendo il seno finto. –
-Ti ha stretto tanto? –
-No. Però avevo paura che lo facesse. –
-Stai tranquilla quella protesi in lattice è cosi perfetta che a meno che non ti tasti con le mani non se ne accorge. Che sensazione hai provato? –
-Non te lo so dire, ero cosi agitata, –
-Però non ti ha dato fastidio? –
-No. Solo paura che lui si accorgesse di qualche cosa. Specialmente all’inizio. Poi quando ho visto che non si meravigliava, ho cominciato a rilassarmi. Si chiama Gino. –
-Quello che ha ballato con me di chiama Franco. Balla molto bene. Non è male come tipo. Anche Gino non è male. Vero? –
-Anche Gino balla bene. –
-Ti ha detto qualcosa? –
-No mi ha chiesto solo il nome. –
-A me Franco ha chiesto se può invitarmi ancora. –
-Be a me Gino quando mi ha riaccompagnato al tavolo mi ha detto: “Al prossimo”-
-è la stessa cosa. Quando ci balli di nuovo non essere preoccupata, se non ti spogli nuda non se ne accorgerà mai che sei una donna. –
-Ma tesoro, perché ci dobbiamo ballare, quelli vogliono rimorchiare, non possiamo farli illudere. –
-A noi che importa, ci dobbiamo divertire noi, mica loro. Possiamo dire basta quando vogliamo. Il fatto di ballare fa parte del nostro gioco. Siamo due donne in una sala da ballo e normalmente in una sala da ballo ci si va per ballare. –
Appena attaccò un lento invece che Gino mi trovai d’avanti un altro tizio. Diedi un occhiata a Paola che con lo sguardo mi invitava ad accettare. Il mio cavaliere era sui trentacinque anni, non molto alto, moro con capello gelatinato. Io ero più rilassata e quando lui mi prese tra le braccia mi abbandonai, lasciandomi guidare . All’inizio ballammo staccati poi lui cominciò a stringermi leggermente. Io facevo finta di nulla. Più lui stringeva più io mi eccitavo ma cercavo di non farlo capire. Alla fine del ballo lui mi premeva leggermente il suo coso ingrossato contro la mia pancia.
Paola aveva ballato ancora con Franco. Quando ci ritrovammo al tavolo mi fa:
-Ti ha stretto parecchio questo. Vero? –
-Lui ci ha provato ma io lo tenevo a bada. – Le risposi io
-Però cosi non ti cali nella parte. –
-Perché? –
-Perché siamo mascherate da puttanelle e una puttanella non si sottrae alle attenzione del cliente. –
-Tu a Franco lo fai stringere come vuole? –
-Si. Questa volta mi ha stretto un po’ di più, ma niente di esagerato. Con chi ti sei trovata meglio con Gino o con quest’altro. –
-Non so. Con il secondo stavo meglio ma perché ero un po’ più tranquilla. –
-Non ti diverte essere contesa tra due uomini. –
-Non ci avevo neanche pensato. –
-E ora che ci pensi cosa provi. –
-Non lo so. Si è divertente. –
-Tu quale preferisci? –
-Da che punto di vista. –
-Dal punto di vista di una donna. –
-Gino. Non lo so perché ma preferisco lui. –
L’orchestra attaccò un lento. Questa volta Gino arrivò quasi prima dell’attacco.
Fin dall’inizio del ballo mi strinse abbastanza, poi pian piano accentuò la stretta. Io ormai mi ero lasciata andare. Mi lasciavo stringere senza reagire. Per un po’ ci trovammo a ballare vicino a Paola e Franco. Lui la stringeva in modo scandaloso. Con il viso poggiato sul collo. Incrociai lo sguardo con Paola, che mi sorrise.
-Ho visto come ballavi con Franco. Non è il caso di smetter? –
-Tesoro. Ricordi i patti? Una cosa cosi me la poteva dire mio marito non la mia compagna di avventure. –
-Si. Pero hai detto che tu non tradiresti mai tuo marito. –
-Infatti. Non sto tradendo mio marito, sto solo dando sfogo ad un desiderio sessuale. –
-OK. Ma ci vado di mezzo io. Se tu continui a ballare con Franco Io dovrò ballare con Gino. –
-E ti da tanto fastidio? –
-No. Ma quello mi stringe sempre di più. –
-E ti da fastidio? –
-Ti ho detto di no, ma lui si fa delle illusioni. Tu mi hai detto che non devo neanche rifiutarmi! –
Ci interruppero i due uomini che ci invitano a ballare.
Gino mi strinse subito facendomi sentire il suo coso duro sulla pancia. Io dovetti frenarmi per non strusciarmi su quel bastone duro. Sentii il suo alito sul mo collo. Vidi Franco e Paola avvinghiati che si baciavano. Mi strinsi a Gino.
Al tavolo feci a Paola:
-Tesoro stiamo perdendo il controllo del gioco. –
-Perché? –
-Non riesco più a reggere Gino. Mi sta pomiciando in maniera evidente si è fatto l’idea che ci sto. –
-Per questo anche Franco si sta dando da fare. –
-E da quello che ho visto la cosa a te piace più che a lui. –
-Dalla tua faccia mentre balli non mi è sembrato che a te dispiacesse. –
-Io sto recitando una parte, la parte che tu mi hai detto di interpretare. –
-E ti da fastidio? –
-No. Ma mi spaventa il momento che lui scoprirà che non sono una donna. –
I due uomini ci vennero ad invitare di nuovo. Quando Gino mi prese fra le braccia mi strinsi a lui. Sentii subito il suo viso sul mio collo , mi premeva il cazzo sulla pancia. Mi bacio sul collo. Io momenti svenivo dall’eccitazione. Lui sicuramente lo sentiva che io ero in deliquio. Mi bacio sulla bocca. Io dovetti trattenermi per non rispondere al suo bacio, ma neanche lo respinsi. Lui ora oltre a premermi i suo uccello duro contro il mio ventre, ve lo strusciava anche. Prima che finisse il ballo mi bacio ancora.
Tornata al tavolo Paola mi fa subito:
-Non devi più preoccuparti di come può reagire lui quando scoprirà che non sei una vera donna. Ora abbiamo Franco dalla nostra parte. –
-Cosa! ? –
-Si. Gli ho detto che sei mascherata. A lui la cosa l’ha divertito moltissimo. Mi ha chiesto di continuare il gioco per fare lo scherzo a Gino. –
-Faremo finta di starci. Accettiamo il loro invito a casa di Gino. E li ci facciamo un sacco di risate quando Gino scoprirà che non sei una donna. –
-A franco va bene che finisca tutto in una risata. Lui sperava di portarti a letto. –
-Tra noi non finirà in una risata. –
-Vuoi dire che ci andrai a letto? –
-Tesoro mi ha eccitato da morire. Non tradisco mio marito è solo una scopata. A mio marito gli racconterò tutto. Sono sicura che no gli dispiacerà. Non credi? –
-Penso di si. –
-Credo che addirittura si ecciterà sentendomi raccontare cosa ho fatto. –
-Gli hai detto chi sono io in realtà? –
-No. –
-Dopo che abbiamo fatto lo scherzo a Gino cosa succede? –
-Tu dirai che vuoi tornare a casa perché si è fatto tardi. Io invece accetterò l’invito di Franco a casa sua. Ha messo la scusa che ha una collezione di maschere da farmi vedere. –
-Ci passerai tutta la notte? –
-Ti dispiace? Hai paura a stare sola? –
-Volevo solo saperlo. –
Tornammo in pista per un altro ballo. Il discorso di Paola mi aveva eccitato ancora di più. Mi strinsi a Gino che mi baciò subito. Risposi al bacio con passione. Stavo impazzendo di piacere. Mi comportavo come una gatta in calore. Sarebbe stato difficile dare una spiegazione a quel mio comportamento quando avremmo rivelato lo scherzo. Si, non ero una donna vera ma il piacere che avevo provato era vero. Questo a Gino sarebbe stato chiaro, e ne avrebbe dedotto che a me piaceva fare la femmina. Che mi piacevano le cose che piacciono alle femmine. Per un attimo questo lo pensai ma ero cosi eccitata che non me ne importava nulla.
Paola si era accorta benissimo di quanto ero eccitata e che in quelle condizioni avrei accettato tutto, per cui quando tornai al tavolo mi disse:
-Franco mi ha detto che vuole scoparmi. Io gli ho detto che ne ho voglia anch’io. Alla fine del ballo mi ha chiesto se avevo scopato mai con due uomini insieme. Io gli ho detto di no e lui mi ha chiesto se ne avevo mai avuto voglia. –
-E tu che gli hai risposto. –
-Niente. Ho fatto finta di non capire, è finita la canzone e sono tornata al tavolo. Credo che voglia scoparmi insieme a Gino. –
-Ti piacerebbe farlo? –
-Quando sono molto eccitata spesso ne sento la voglia. –
-Allora adesso ne hai voglia. Sprizzi libidine da tutti i pori ti conosco bene. –
-Si ne ho voglia. Avrei anche voglia che mi vedesse mio marito quando lo faccio. Sono sicura che a lui piacerebbe. –
Io non le risposi, invece le chiesi:
-A che punto e in che modo mi devo rivelare a Gino. –
– A casa di Gino Franco metterà della musica e ricominceremo a ballare. Franco comincerà a spogliarmi. La stessa cosa sicuramente farà Gino con te. Quando ti leverà la camicetta ti leverai il reggiseno e gli farai la sorpresa. –
Gino mi porta a ballare prima che possa rispondere. Mi stringe mi bacia e mi dice che ha voglia di me. Io come d’accordo con Paola gli dico che anch’io ne ho voglia.
Alla fine del ballo ci incontrammo tutti e quattro pronti per uscire dal locale. Arrivati a casa di Gino misero la musica e ci mettemmo a ballare. Gino mi baciò con passione, io risposi con trasporto. Ero in estasi. Avrei voluto che quei momenti non finissero mai. Mi dispiaceva che di li a poco tutto sarebbe finito.
Franco e Paola erano quasi nudi ormai. Gino non aveva ancora tentato di spogliarmi. Lui si era slacciato i pantaloni. Ora sentivo ancora meglio il suo coso rigido puntare contro la mia pancia. Franca ora era completamente nuda. Franco si stava sfilando gli slip. Aveva il cazzo già completamente eretto. Spinse Paola contro la spalliera di una poltrona. Lei con una mano gli aveva preso l’uccello. Se lo strusciava sulla figa.
Gino intanto si sfilò anche le mutande. Mi guidò una mano sul suo uccello rigido. Era stupendo sentire quel tronco di ciccia tra le mie dita. Lo strinsi e cominciai a carezzarlo.
Sperai che Gino non cominciasse a spogliarmi. Non volevo che quel momento magico terminasse. Vidi Franco infilare l’uccello nella figa di Paola. Io carezzavo l’uccello mentre ci baciavamo con passione. Incrociai lo sguardo con Paola era stravolta, stava godendo e io ero li a guardarla.
Gino mi prendse la testa tra le mani e smettendo di baciami mi spinse la testa in basso. Mi trovai con il viso davanti al suo uccello turgido. Mi spinse verso il suo uccello e mi trovai con le labbra sulla sua cappella.
Sentii Paola incitare Franco a spingere più forte, di sfondarla. Socchiusi le labbra sulla cappella. Lui spinse e mi trova il glande turgido tra le labbra. Mi piaceva e me lo feci entrare ancora di più dentro la bocca. Cominciai a spompinarlo.
Sento Paola e franco urlare di piacere.
Succhiavo sempre con più vigore, mentre gli carezzavo le palle. Mi piaceva da morire succhiare quell’uccello. Avevo perso ogni controllo pensavo solo a succhiare e a leccare quell’uccello meraviglioso.
Non mi diede fastidio sentire Gino che tra rantoli di piacere mi incitava a succhiare più forte dicendomi:
-Succhia bocchinaro. Succhia più forte frocetto. –
Mi resi conto che sapeva che non ero una vera donna. La cosa in un certo senso mi eccito ancora di più. Mi aveva corteggiato sapendo cosa ero.
Dopo un po’ mi ritrovai accanto Paola che si accuccio accanto a me e all’orecchio mi fece:
-Ti piace tesoro? Ti piace l’uccello. Vero? – Io continuavo a succhiare come in estasi.
Intanto si era avvicinato anche Franco e Paola preso in mano l’uccello di Franco grosso ma moscio, me lo strusciò sulla guancia dicendomi:
-Assaggia anche questo tesoro. Fallo tornare duro. –
Gino mi sfilò il suo dalla bocca e Paola guidò quello di Franco tra le mie labbra. Era una sensazione diversa ma in un certo senso anche più eccitante, quel salsicciotto riuscivo a farlo entrare tutto in bocca, fino ad affondare il viso tra i suoi peli.
Ben presto però torno duro, intanto con la coda dell’occhio potei vedere che Gino stava scopando furiosamente con Paola. La cosa mi eccitava da morire. Ero in trance.
Franco mi teneva stretta la testa con le sue mani e la guidava su e giù per la sua verga. Sentivo che se ne stava per venire. Provai a ritrarmi ma lui non me lo permise. Bi sborrò in gola. Per un attimo mi manco l’aria. Ingoiai tutto . Mi piaceva. Mi piaceva da morire. Mi sentivo femmina. FINE