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Una notte in Sicilia

Il luogo era sicuramente molto bello, ma poco aveva a che vedere con l’agriturismo che ci eravamo prospettati: di rustico c’era veramente molto poco, se si escludono i campi coltivati a vite che si stagliavano attorno la costruzione principale.
Era, sostanzialmente, un bel albergo nell’entroterra siciliano, dotato di ogni comfort ma privo dell’atmosfera che ci attendavamo.
Io e la mia ragazza avevamo preso posto in un bel bungalow al di sopra del nucleo principale in cui si trovava anche il ristorante, proprio sulla bella collinetta a circa cento metri, luogo in cui si trovavano altri tre bungalow, dei quali solo uno era occupato.
Poco distante, si trovava una bella piscina modernamente attrezzata con servizi di lettini e tanto di spogliatoio molto curato, con docce e sauna.
La sera del nostro arrivo, ci precipitammo, dopo una rapida doccia, verso la sala ristorante, mentre la piscina brulicava ancora di voci e risate di ragazzi, tutti del luogo, che pagavano un biglietto per sguazzare tutta la giornata nell’acqua e per poi ritornare, a sera fatta, ai loro paesini di origine.
Al ristorante ci accorgemmo di essere gli unici ospiti insieme ad un’unica altra coppia di razzi di Milano, che occupavano, per l’appunto, il bungalow adiacente il nostro.
Ovviamente, facemmo una gradevole conversazione e cercammo di instaurare un rapporto di cortesia e simpatia, e devo dire che tutto fu estremamente semplice, poiché i due ragazzi erano molto socievoli e spigliati, per non dire assolutamente estroversi.
Lui si chiamava Martino, era un agente di commercio di ventinove anni che lavorava sulla piazza di Milano, lei, invece, si chiamava Angela, venticinque anni, e faceva l’impiegata part-time in un ufficio commerciale.
Erano una bellissima coppia: lei alta, formosa, con un grande seno e delle cosce invitanti, occhi chiari, capelli a caschetto, sorriso molto accattivante; lui era alto, magro, molto carino, con uno sguardo ambiguo ma intrigante ed un sorrisetto beffardo.
La serata continuo così, molto serenamente, tra una risata ed una battuta, fin quasi alla mezzanotte; dopo, decidemmo di andare nelle nostre camere per riposarci dal lungo viaggio.
Una volta in camera, la mia ragazza si addormentò a tempo di record, ancor prima potessi spegnere la luce e avvicinarmi a lei, così io rimasi un po’ di tempo a riflettere, nella semi oscurità della camera: avevo in mente i due ragazzi di Milano, in particolare Angela, veramente eccitante, che avrei voluto conoscere in un senso un po’ più biblico, perché davvero ne valeva la pena.
Un pensiero dopo l’altro mi ritrovai, così, all’una di notte a non avere più sonno e a soffrire il caldo infernale di quegli assolati giorni di agosto.
Così decisi di uscire, cercando un po’ di refrigerio sul terrazzo sottostante che guardava la grande piscina.
Mi infilai il costume ed uscii così, a torso nudo, sul terrazzo e lì rimasi un po’, appoggiato alla balaustra di legno che correva tutto intorno i bungalow.
C’era una leggera brezza calda, che non dava tregua, ma che allo stesso tempo era piacevole, poiché portava con sé l’odore degli eucalipti, e tutto ciò era molto stuzzicante!
Mentre ero lì a godermi quegli odori e quelle sensazioni, con la coda dell’occhio intravedo Martino che, probabilmente insonne, come me del resto, aveva avuto la mia stessa idea.
Si avvicinò a me, e incominciammo a parlare di noi, del lavoro, del caldo, la classica conversazione convenzionale, anche se lui sapeva dare ai suoi discorsi, anche se banali, una malizia strana che non avevo mai provato.
Ad un certo punto mi invitò ad andare a fare un bagno nella piscina, per cercare di vincere quella torrida canicola, ed io lo seguii volentieri, obiettando la possibilità di disturbare qualcuno a quell’ora.
Lui mi ricordò, giustamente, che altri ospiti non ce n’erano e che i gestori, la sera, andavano a dormire nel cottage di fianco l’albergo, distante mezzo chilometro da lì, non potendo quindi né vederci né sentirci.
Così , dopo avere preso l’accappatoio suo e della sua ragazza, che gentilmente mi imprestò, ci dirigemmo verso l’acqua della piscina.
La frescura dell’acqua era un vero toccasana: stemmo a mollo per quasi venti minuti, scherzando e ridendo, poi uscimmo e andammo a sederci sugli sdrai.
Decidemmo di toglierci il costume e infilarci l’accappatoio per asciugarci, perché l’aria si era fatta ora più forte e pungente.
Entrammo nello spogliatoio e ci togliemmo il costume: ci infilammo l’accappatoio, e, mentre io mi asciugavo alla meno peggio i capelli davanti allo specchio, Martino si sedette sulle panche dello spogliatoio, e restò lì, chiacchierando, ad osservarmi.
Mentre mi sistemavo, dallo specchio vidi che si stava toccando dall’accappatoio i testicoli, ma non per asciugarli, sembrava che lo facesse per eccitarsi, ma non detti alla cosa grande importanza, visto che molta gente ha l’abitudine di toccarsi così, anche solo per vezzo od abitudine.
Notai però, osservando bene, un certo rigonfiamento sotto l’accappatoio, segno evidente di un eccitamento in atto.
Mi voltai verso di lui, e osservai l’accappatoio che si stava lentamente alzando, con una morbosa curiosità che non mi sapevo spiegare: avrei voluto vedere il suo pene duro!
“Questo bagno, a quest’ora, mi ha eccitato tantissimo! “, disse, mentre ormai il pene tendeva ad uscire tanto era eretto.
“Vedo! ” dissi rigirandomi verso lo specchio e continuando a far finta di sistemarmi i capelli, in realtà osservando minuziosamente con la coda dell’occhio i suoi movimenti.
Marino se ne era accorto, così si allentò la cintura dell’accappatoio fino a slacciarla e scostò lo stesso, facendo uscire un pene in erezione di tutto rispetto, che assomigliava ad una spada da guerriero.
Dallo specchio continuai ad osservarlo, allibito e stuzzicato allo stesso tempo: era un pene ben fatto, grande, di circa 20 centimetri, molto nodoso: le vene formavano sul glande quasi un delta di fiume, ed erano ben in evidenza; la parte superiore del pene aveva una colorazione rosso scura, quasi violacea, e potevo osservare il pulsare veloce del sangue che andava ad alimentare quell’imponente erezione.
Al di sotto, due grossi testicoli, leggermente piegati, che formavano alcune piccole grinze, stagliandosi bene in evidenza, come due grandi ciliegie: tutto attorno una peluria nera, non eccessiva, liscia, che dava idea di pulito, riempiva quella formidabile asta virile.
“Guarda che roba, ho una voglia di fottere!! ” disse, mentre io mi rigiravo verso di lui osservando il suo membro con aria stranita; lo osservai tra le gambe, ed improvvisamente cominciò anche il mio pene ad indurirsi: non mi era mai capitata una cosa del genere!
Avevo il cuore che batteva all’impazzata, lo sentivo fino in gola!
“Beh, perché mi guardi così, cos’hai Luca: : : ? ” mi chiese, ammiccando.
“Nulla” risposi,
“sono un po’ imbarazzato”.
Nel frattempo il pene era quasi completamente duro e il piccolo accappatoio della sua ragazza che indossavo non lasciava molto spazio all’immaginazione.
Accortomi di ciò, cercai velocemente di sedermi per nascondere con le mani quell’erezione di cui mi vergognavo, ma era troppo tardi: Martino se n’era accorto subito.
“Ehilà, cosa ti succede lì sotto Luca? Non ti starai mica eccitando, vero… ? “.
Arrossii, imbarazzatissimo ed emozionantissimo cercando, come potevo, di rimediare.
“Beh, si, non so perché, non mi è mai successo, poi, mah, non so, comunque io…. “.
“Ehi, non ti preoccupare, è normale, mi hai visto eccitato e ti è venuto duro; segno che non ti faccio schifo, no? “.
“No, ma, sai, si, cioè, non so cosa pensare!! ” tagliai corto!
“Io lo so cosa pensare: non ti è mai successo ed ora la cosa ti spaventa, è normale.
Ma, vedi, devi stare tranquillo e lasciarti andare con calma.
Perché non lo tiri fuori anche tu, così li facciamo conoscere, solo per due chiacchiere, dai! “.
Lo guardai senza dire nulla, ma anche senza dire di no!
Restai lì, a puntarlo con aria di esortazione: volevo che facesse tutto lui, che mi assecondasse in tutto: e lui capì al volo.
Con la mano destra mi slacciò l’accappatoio scostandomelo ai lati, e liberò il mio pene che era durissimo e pulsante.
Io guardavo il tutto tra l’eccitato e il disgustato.
“Ehi, cosa abbiamo qui! Molto carino! Molto carino!! “.
Il mio pene non era certo lungo come il suo, ma era ben fatto, pulito e.. invitante, e Martino aveva capito che ero un buon bocconcino fresco da non lasciarsi scappare!
Martino impugnò il glande dalla base, rendendolo ancor più grosso e turgido, poi, sorridendo, disse:
“perché ora non provi ad assaggiarlo?
è come succhiare un buon gelato!
è caldo e un bel ghiacciolo è quello che ci vuole!! “.
Lo osservai senza dire nulla, annichilito da quello che stavo pensando, e fu in quei pochi attimi di silenzio che compresi che l’avrei fatto, gli avrei succhiato il pene!
Martino si alzò per chiudere a chiave la porta dello spogliatoio, poi allungò la mano sinistra e mi accarezzò la nuca; quindi, con decisione, portò la mia testa verso il suo pene.
Io mi lascia condurre e mi inginocchiai davanti a lui, posizionandomi a pochi centimetri dal suo membro, tanto eccitato e pulsante che pareva poter esplodere da un momento all’altro.
Martino si tolse l’accappatoio e me lo sistemò a terra, sotto le ginocchia, così avrei potuto lavorare più comodamente.
La mia bocca si trovava a pochissimi centimetri dalla sua spada, e sapevo che avrei fatto una cosa fino a mezz’ora prima nemmeno concepibile, e non avrei più potuto tornare indietro dopo; ma non mi importava: ero deciso ad assaggiare quel glande enorme: in quel momento era la cosa che desideravo di più al mondo, come Martino del resto non voleva che piazzarmi il suo uccello in bocca!
Era giunto il momento: Martino prese la mia nuca e con l’altra mano il suo fallo: io aprii la bocca, tirai fuori la lingua, e accolsi il suo pene nella mia bocca, avviluppandolo tutto come un predatore rapace: mi gustavo ogni centimetro di quel pene fresco, ancora un po’ bagnato, saporito di cloro: mi piaceva un sacco succhiarglielo, era davvero succulento ed invitante.
Ogni tanto staccavo la bocca e cercavo di lavorare solo con la lingua: cercavo di imitare le tante attrici dei tanti film a luce rossa che avevo visto, e, osservando le reazioni di Martino, l’imitazione era davvero riuscita: gemeva e mugolava come un gattino, mi dava indicazioni e suggerimenti da me prontamente seguiti, si contorceva nervosamente sulla panca: insomma, sembrava davvero gradire il lavoro!
“Ti piace Luca succhiarmelo, eh? ” mi disse eccitato e famelico;
“si, tantissimo” dissi, staccando la bocca e andando a succhiargli e a leccargli i testicoli.
Nel contempo lo masturbavo con la mia saliva, stringendogli al massimo il pene e muovendomi velocemente dal basso verso l’alto, insistendo ostinatamente sulla parte superiore del glande, che è quella, quando mi masturbo, maggiormente sensibile e porta rapidamente all’orgasmo. Infatti, Martino ebbe un rapido sussulto, rendendosi conto che, se avessi continuato così, sarebbe venuto dopo pochi secondi; io, dal canto mio, mi ero già preparato per farlo venire sul mio petto, ma non era quello che Martino aveva in mente: io non lo sapevo, ma aveva ben altri progetti per me.
“No, piano Luca, così mi fai venire subito, aspetta, rallenta! ” mi disse. Io non capivo, pensavo volesse godere, schizzandomi tutto il suo sperma addosso, comunque obbedii: rallentai e glielo ripresi in bocca, lentamente. Martino mi staccò la bocca con le mani, e mi prese per i fianchi.
“Adesso girati, voglio incularti! ” mi disse.
“No Martino, ti prego, non voglio, mi sembra un po’ troppo, non sono pronto”.
“Stai tranquillo, è bellissimo, non sentirai male, e poi non preoccuparti per le malattie: sono anni, ormai che lo faccio solo con Angela, saranno dieci anni che non sto con un uomo: sono pulito, io! “.
“Ho capito, ma non so se sia il caso, se arriva qualcuno, poi non credo che….. ”
Mentre dicevo così Martino non parlava più: mi aveva già preso per i fianchi e mi stava girando a quattro zampe, appoggiandomi con le mani e i gomiti sulla panca: voleva assolutamente sodomizzarmi, ma la penetrazione anale mi spaventava: decisi comunque che avrei provato, anche perché difficilmente Martino avrebbe rinunziato ad infilarmelo nell’ano.
Si bagnò abbondantemente di saliva la punta del pene, poi lo appoggiò al mio sfintere: restò qualche secondo lì, come per caricare il fucile e dare la fuggevole consapevolezza alla preda che sta per essere colpita, quindi sparò!
Fece entrare prima pochi centimetri del suo glande, per abituare il mio ano al suo pene enorme, poi cominciò lentamente ad infilare centimetri, uno sull’altro, ed io, per i primi attimi, li sentii tutti penetrarmi nelle visceri, uno alla volta.
Poco dopo il dolore si tramutò in piacevole sensazione, in benessere, in eccitamento di essere completamente posseduto da un animale che ormai stantuffava regolarmente: mi stava penetrando ormai completamente, fino allo scroto, e posso garantire che per uno che non l’ha mai fatto, ricevere nell’ano un pene di 20 centimetri così grosso è impresa non da poco, e difficilmente cancellabile!
A Martino piaceva toccarmi il pene mentre mi sodomizzava profondamente, e, quando il ritmo aveva preso una cadenza infernale, i suoi colpi più potenti coincidevano con l’urto tra i nostri testicoli, talmente forte da fare decisamente male.
Mentre mi penetrava, si alzava con le gambe, per potermi montare proprio come una animale, incollando il suo corpo al mio, seguendo il profilo della gambe, delle natiche della schiena: di tanto in tanto mi lasciava un po’ di saliva sulla spalla sinistra, leccandomi avidamente, quasi per lasciare un segno indelebile sulla sua preda.
Avvertivo il suo sudore che si univa alla mia pelle, e le sue gocce che colavano sulla nuca, scivolando davanti sul mio petto: c’era un’unione di pelle e di umori pressoché totale.
Improvvisamente si fermò, estrasse il suo fucile dalla mia fondina, si sedette sulla panca e disse:
“Vieni qui, girati di schiena a me, siediti sopra il mio cazzo”.
Non ci pensai più di tanto, preso com’ero da quel rapporto animalesco, intontito dal piacere e dal dolore.
Salii con i piedi sulla panca e, dandogli le spalle, presi con la mano destra il suo fallo, lo puntai sul mio ano, e mi sedetti fino alle sue palle!
Fu una sensazione davvero incredibile, sentivo nella pancia un qualcosa di estraneo che curiosava tra le visceri e pulsava furiosamente, avvertivo quel pezzo di carne bollente che irradiava nella pancia calore, piacere, senso, commistione; una emozione unica ed indescrivibile!
Cominciai a muovermi su e giù in maniera indiavolata; Martino mi prese le caviglie e mise i miei piedi sulle sue cosce, quasi a volermi unire ancor di più al suo amplesso animalesco.
In quella posizione, appoggiandomi con le mani alle sue spalle, stendendomi tutto verso di lui, guidai io l’accoppiamento, prendendo le redini del gioco.
Lui impugnò il mio pene e inizio a masturbarmi velocemente. “Voglio farti venire, adesso, dai! “.
Ed in effetti è quello che successe!
Schizzai corposamente la mia crema mentre mi agitavo sul suo membro, inondando le sue mani, i suoi testicoli e le sue cosce: in particolare una bella goccia densa era rimasta sulla sua gamba destra, in mezzo a qualche pelo, ed io volli spalmagliela, fin quasi a farla assorbire completamente, come a voler lasciare un segno su quel corpo del mio passaggio.
Il piacere fu enorme, ed anche la sensazione di venire, contraendo lo sfintere con 20 centimetri dentro, fu sensazionale: ad ogni schizzata una contrazione anale, che mi procurava dolore ma anche senso di possedimento assoluto!
Dopo qualche minuto di furibonda penetrazione, avvertii che Martino era
pronto per eiaculare, ed in pochi secondi maturai l’idea di farlo venire in bocca, di bere il suo sperma caldo, di farlo restare dentro di me!
I suoi gemiti erano più pesanti, i muscoli si stavano contraendo e, senza dire nulla, repentinamente, mi divincolai e mi buttai in ginocchio: un secondo dopo l’avevo già in bocca e stavo succhiando animalmente quel pene che stava per esplodere come una bomba.
Lo succhiai furiosamente, famelicamente, forsennatamente, lavorandolo
contemporaneamente con le mani e, all’interno della bocca, con la lingua, che muovevo sulla punta del glande, fin quando non lo condussi al piacere e lo feci venire!
Nel momento in cui schizzo, aprii la bocca staccandomi dal pene, e tirai fuori la lingua, appoggiandola sotto la punta, e mi preparai a succhiare tutto quello che poteva darmi!
Non spruzzò molto copiosamente, ma le prime due schizzate le feci uscire liberamente, ricevendole in parte sulla lingua e in parte negli occhi e sotto il naso, il resto lo succhiai attaccandomi al suo enorme pene e mandandolo direttamente in gola, bevendo il suo sperma caldo, che avvertivo con la lingua che continuava a lavorare incessantemente.
Raccolsi avidamente un po’ di sperma che era caduto sui suoi testicoli, fermatosi in bilico sui suoi peli, forse mischiato al mio di prima, e ci ricomponemmo, asciugandoci dei nostri umori.
Ci dirigemmo furtivamente verso i nostri bungalow e andammo a dormire, salutandoci con indifferenza.
L’indomani, quando mi alzai, Martino era già partito.
Il cacciatore aveva ucciso la sua preda, ed era tornato al suo casolare.
La preda era colpita, ferita, ma il suo sapore lo manterrà per sempre! FINE

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