Tom si faceva la doccia tutte le sere, prima di uscire a realizzare il suo scopo quotidiano: farsi ciucciare il cazzo da un maschio eccitato.
Gli piaceva starci molto, sotto la pioggia calda di zampilli, respirare il vapore denso e profumato che si raccoglieva nel box trasparente.
Ripassava più volte la spugna sul petto e sull’addome, con gesti lenti e circolari.
Lasciava che i muscoli si rilassassero e restava fermo, ad occhi chiusi, a godersi quel getto caldo sulla testa, sulla schiena, sulle natiche, sul cazzo.
Quando si rivestiva, aveva cura che il suo grosso membro tornasse a occupare sempre lo stesso posto, nei jeans.
Questo posto (Tom non indossava mai le mutande) era ormai perfettamente adattato alla forma e al peso che doveva portare ogni sera e ogni notte.
Lì il suo pacco aveva la dimensione e il volume giusti per attrarre l’attenzione, ed era inoltre ormai ben predisposto, dall’uso prolungato, ad accogliere l’erezione.
Quei jeans facevano sì che Tom non poetesse passare inosservato, perlomeno di fronte a occhi smaliziati, esperti, o semplicemente vogliosi.
Per ottenere il suo scopo quotidiano, Tom aveva regole ben precise.
Usciva tardi, la sera, portando a spasso il suo corpo e mostrandolo, con grande rilassatezza.
Si recava in centro con la metropolitana, e già lì cominciava la sua caccia.
Aveva sviluppato una capacità straordinaria di captare gli sguardi diretti verso il suo volto e soprattutto verso il suo pacco.
Quella sera, nel metrò, si era seduto a gambe larghe, mettendo bene in mostra la sua attrezzatura.
Si trovava già in erezione, perché era uscito di casa con una gran voglia e la testa piena di fantasie.
Le sue condizioni erano al limite della decenza, tanto evidente era il suo stato, ma “legalmente” era a posto: era pur sempre vestito e fermo, senza fare nulla.
Entrò un ragazzo sulla ventina, il cui sguardo fu subito catturato da rigonfio oblungo prorompente fra le gambe di Tom.
Si sedete di fronte a Tom, ma quattro posti più a sinistra.
Tom lo squadrò senza pudore, soffermandosi sulle cosce, sul pacco (piccolo ma ben tondo), sulle spalle e, a lungo, sulla bocca.
Quando incrociava lo sguardo del ragazzo, Tom lo fissava e intanto faceva leggeri movimenti con le gambe, aprendole e chiudendole appena, con un’oscillazione che faceva muovere il suo fallo sotto la stoffa e lo eccitava ancora di più.
Il giovanotto era certamente incuriosito e attratto da Tom, ma non osava spingersi più di tanto nel guardare, né immaginava neanche lontanamente quello che Tom avrebbe voluto da lui.
Ma a questo punto Tom aveva deciso che sarebbe stato lui il ciucciatore della giornata.
Cercava di agganciare il suo sguardo nuovamente.
Quando ci riuscì, lo fissò per qualche istante e poi repentinamente abbassò le palpebre guardandosi la patta, e inducendo così il ragazzo a fare altrettanto.
Poi, quando ebbero rialzato lo sguardo, Tom prese a fissargli la bocca passandosi intanto lentamente la lingua fra le labbra socchiuse.
Riuscì a compiere questa operazione più volte, fin quando le sue intenzioni furono inequivocabili.
A questo punto il giovanotto, che nel frattempo aveva opposto solo qualche puntatina degli occhi verso altri punti dello spazio, quasi a voler dire che si stavano guardando per caso, arrossì violentemente e lasciò che i suoi occhi azzurri si posassero a lungo sulla patta turgida di Tom: sembrava quasi ipnotizzato, e incurante degli altri presenti nel treno in corsa.
Il respiro gli si fece pesante.
Inaspettatamente, però, arrivati a una fermata guardò fuori e scese rapidamente.
Doveva veramente scendere o voleva scappare?
Tom lo seguì per il corridoio deserto. Il giovane camminava lentamente ma regolarmente, senza osare voltarsi.
Aveva capito perfettamente cosa voleva Tom, ma evidentemente la cosa, oltre ad attrarlo,
lo spaventava.
Ma Tom sapeva ormai di averlo in pugno, preda del suo stesso desiderio.
Accelerò il passo e lo raggiunse.
Continuando a camminare gli si accostò e gli bisbigliò a un orecchio:
“Lo so che hai voglia di cazzo. Seguimi e ne avrai in abbondanza.”
Gli passò davanti. Il giovane era avvampato.
Si sentiva sciogliere le gambe e indurire il cazzo.
Un calore gli invadeva il petto. Saliti in superficie, Tom entrò in una cabina e chiamò un radiotaxi.
Il giovane rimaneva in attesa fuori.
Uscito fuori dalla cabina, nell’attesa del taxi, Tom si accese una sigaretta.
Vide che il giovane era in difficoltà perché non sapeva dove guardare e cosa fare, ormai in completa sottomissione al suo stesso desiderio e alla volontà di Tom.
Tom gli si avvicinò e gli porse un libretto che portava sempre in tasca, dall’aspetto esterno di un’agendina, pieno zeppo di foto porno accuratamente selezionate e incollate, tutte sul tema di patte e mutande piene di cazzi in tiro, pompini e sborrate.
Il giovane prese a sfogliarlo, sempre più infoiato, con gli occhi spalancati. Tom notò che il pacco del giovane era notevolmente cresciuto, e sembrava quasi che gli mancasse il fiato.
Quando arrivò il taxi, Tom salì per primo e lasciò la portiera aperta.
Dopo un secondo il giovane era balzato dentro, imbarazzato ma eccitatissimo.
Tom diede l’indirizzo di casa sua, e durante il viaggio non guardò lo sconosciuto e non disse una parola, limitandosi a piazzarsi con le gambe ben larghe, in modo che lui potesse continuare a bearsi della visione del suo pacco.
Arrivati a destinazione, Tom imboccò le scale velocemente, con il tipo dietro. Aprì la porta di casa, fece entrare l’altro, richiuse a chiave.
Si avviò nella stanza speciale che aveva insonorizzato e arredato a dovere.
Al centro c’era un materasso rivestito di pelle nera.
Tom si mise in piedi davanti al materasso, a gambe larghe.
Disse al giovane di salirvi sopra dopo essersi tolto le scarpe. Il giovane obbedì.
Ora erano in piedi uno di fronte all’altro.
Tom stava per dirgli “inginocchiati”, ma prima ancora di aver aperto bocca se lo vide crollare letteralmente davanti, come se le ginocchia non lo reggessero più, e appoggiare la testa contro la sua pancia.
Tom gli prese la testa fra le mani e la spinse delicatamente verso il basso, facendo strusciare le labbra socchiuse del giovane sul bozzo rigido e lungo che gli riempiva i jeans.
Assaporò a lungo quel momento.
Il giovane ansimava e andava aprendo sempre più la bocca sulla stoffa calda, annusando e sbavando.
“Ecco” pensò Tom
“ci sto riuscendo anche oggi.
Ogni giorno riesco ad attirare un maschio, a farlo eccitare con la sola vista del mio cazzo sotto i jeans…”
Poi si abbandonò alle iniziative del giovane, che si faceva sempre più irruente e stava realizzando finalmente le fantasie di cui la sua mente era affollata.
FINE