L’intrapendenza della zia

Nella logica del mio primo racconto, desidero ricordare, a voce alta, quello che mi accadde circa vent’anni fa quando lavoravo ancora, come garzone, in una salumeria del centro di Napoli. Avevo circa vent’anni e vivevo sereno, senza nessun doppio fine ludico, né con grilli vari per la testa. Un giorno, dopo la chiusura, il principale mi chiese di consegnare la spesa ad una anziana signorina che doveva passare a ritirarla e che, facilmente, l’aveva dimenticata. Arrivo a casa della signora Letizia:

“La spesa, signora, l’ha dimenticata? ”

“Oh, che caro ragazzo, come avrei fatto stasera? Dai, vieni qui che fuori fa freddo: ti faccio un caffè, va bene? ” -io avevo mangiato già qualcosa e così accettai di buon grado. La signora era sulla cinquantina, l’aria malaticcia ma aveva una voce decisa, suadente e che ti dava un non so che di sereno ad ascoltarla. Mentre preparava il caffè mi fece sedere su una vecchia poltrona, comodissima. Mi sentivo un re che ascolta un giullare che tenta di farlo serenamente distrarre da tutti gli impegni di corte. La signora Letizia sembrava un’attrice sul palcoscenico: sembrava essersi dimenticata di me… raccontava, ricordava… e raccontava! Dopo l’incredibile incidente di mio fratello, mio nipote Mario venne ad abitare con me. Aveva appena diciassette anni: un età difficile… Nei primi mesi andò tutto bene, poi dovette accadere qualcosa per cui Mario non mi parlava più, evitava il mio sguardo, era come se non ci fossi… Un giorno me parlai con mia sorella piccola, Carla, che allora aveva circa trent’anni, io quaranta. Carla decise subito che forse era meglio se fosse venuta qualche giorno a stare a casa mia, così da prendere confidenza con Mario. Carla era, ed è, molto diversa da me: è alta, sempre con i capelli messi a posto, con un seno molto grosso, veste bene, comunque… tutto al posto giusto! Un pomeriggio, Mario, dopo una partita di pallone con gli amici, torna a casa tutto sudato e con evidenti ferite alle gambe. Carla mi chiede del disinfettante ed inizia a parlare con il nipote:

“Che cosa è successo? Almeno hai vinto la partita? Vieni qui che le zie ti mettono a nuovo! ” Io non capivo cosa avesse in mente. Toglie le scarpe al nipote, gli abbassa la tuta e gli sfila la canotta tutta sudata. Mario resta in mutande e lei, all’orecchio mi dice:

“Và di la, spogliati e metti quel piccolissimo camice che usi in cucina. Io veramente non capivo, però ubbidii. Al ritorno la vidi tutta piegata sulle gambe di Mario mentre con l’ovatta gli ripuliva alcune ferite: i suoi seni massaggiavano tutto ciò che toccavano ed il ragazzo aveva uno strano sorriso. Arrivata io, mi dice:

“Ma ti eri mai accorta di come è cresciuto nostro nipote? Guarda in mezzo alle gambe che bell’arnese che si ritrova. È stanco della giornata: facciamolo rilassare un po’! ” In men che non si dica, Carla aveva tolto anche le mutande a Mario e gli massaggiava un bel pene, scuro e deciso.

“Mario, per favore, allunga una mano sotto il camice della zia, vedi se reagisce al tuo massaggio. ” Così, il ragazzo, molto ubbidiente, mi mise subito un dito nella figa ed un altro nel culo: conosceva bene il corpo di una donna! Per un’ora e più non facemmo altro che succhiare, essere sfondate, bere sborra, baciarci con la lingua… non si capiva più nulla. E così, da qual giorno, fin quando Mario non partì per il militare, fu una continua lotta a chi godeva di più e a chi riusciva ad accapararsi una goccia di sperma o un centimetro di cazzo!

“Sai che tu assomigli molto al mio Mario? ” – mi disse. Mi offri così il caffè, mi ringraziò di nuovo e mi accompagnò alla porta. Nel quarto d’ora di strada che mi divideva da casa, mi sembrava di essere uno zombi: la circolazione sanguigna si era bloccata e non avevo pace. A casa mi poggiai in bagno e mi accorsi di avere il pene gonfio, una cappella paonazza come non l’avevo vista mai ed una bella quantità di sebo sotto ed intorno al glande. Non appena iniziai a massaggiarmelo usci tanto di quel seme, giallo e denso, e solo così mi rilassai. FINE

About A luci rosse

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