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Adriana

Adriana la scorsi per la prima volta alla caffetteria del centro. Bruna, scura di pelle, occhi da cerbiatta, corpo sottile ma pieno e sensuale nei punti giusti, specie nel seno piuttosto grosso che forzava la maglietta aderente. Portava normalmente gonne lunghe che, però, avevano tutte una particolarità, e cioè un lungo spacco che partiva molto al disopra del ginocchio e si apriva a estuario all’orlo inferiore. Cosa che, quando si sedeva, permetteva la vista di una piacevole coscia appena velata dai collant.
Per la verità non l’avevo notata prima di allora perché in aula se ne stava nelle file posteriori e quel giorno attaccai discorso perché mostrava un gonfiore alle labbra e le chiesi cosa avesse.
Non ricordo cosa mi rispose, ma fu l’inizio di un lungo rapporto che da quell’incontro fortuito portò prima alla solita visita nella mia stanza dove fui deliziato da quella spaccatura nella gonna che, quando si sedeva si apriva totalmente e scopriva molto più della coscia, quando essa prese l’abitudine di sedersi sul bracciolo della mia poltroncina. Allora lo sguardo poteva spaziare sotto la gonna mentre lei apriva le cosce e si faceva ammirare uno slippino nero che risaltava sotto la leggera velatura dei collant.
Accettò subito le mie avances, tutto sommato in un primo tempo molto innocenti, si fa per dire, come carezze e palpeggiamenti che, tuttavia, mi davano piacere quanto bastava. Fino a che non l’invitai a venire nel mio studio professionale, dove, in certi orari, nessuno poteva darci fastidio.
Qui, seduta, come ormai d’abitudine, sul bracciolo della mia poltrona, potei, per prima cosa, esplorare con comodo il seno che, liberato da lei stessa dal reggipetto con seducente grazia, esplose, è il caso di dire, tra le mie mani che se ne impadronirono subito palpandolo con immenso godimento e pizzicandone i grossi capezzoli. Al vedermelo così vicino, morbido, grandioso, pieno, mi tolsi la voglia che mi venne subito di baciarlo, leccarlo, affondarvi il volto che si perse tra i due globi possenti di carne, mentre lei li prendeva con le mani e li spingeva sulle mie gote calde di piacere.
In tutte queste mie manovre lei sembrava starsene buona buona prima mugolando come una gattina in calore, poi, preso coraggio, abbassando le mani verso
la patta dei miei pantaloni dove il gonfiore del mio sesso era ormai evidente e, tirando giù la lampo, facendo sgusciare fuori il mio gran cazzo in tutta la sua erezione. Lo guardò con sorpresa e ammirazione, confessandomi che, sì ne aveva sentito parlare dalla amiche, ma che era il primo che vedeva, poi lo strinse fra le mani e ve le fece scorrere in su e in giù. Alla domanda che le feci come mai fosse così brava, rispose che gliene avevano parlato sempre le amiche. Al che le osservai che in quel modo mi faceva venire subito, per cui era meglio se agiva con più calma, anche per darmi modo di scaldare meglio lei.
Acconsentì come una buona allieva facendosi sfilare i collant e offrendo la pelle nuda e morbidissima delle cosce alle mie carezze che si avvicinarono sempre più all’orlo dello slippino, fino a quando glielo abbassai scoprendo la peluria fittissima e tutta ondulata del pube.
Era rimasta sempre seduta sul bracciolo mentre a poco a poco la spogliavo tutta. Così ora se ne stava a cavalcioni sul bracciolo con le cosce tutte aperte tra le quali faceva gran mostra la fessura rosata del sesso che sbucava con prepotenza dal folto triangolo di pelo nerissimo che la contornava, mentre le poppe, tonde e abbondanti, si ergevano sul busto eretto.
Non mi ero mai trovato in una situazione così piacevole: vista e tatto avevano tutta la soddisfazione possibile alla quale, questo è il punto, corrispondeva la piena accondiscendenza della ragazza.
La cosa, in altri termini, le piaceva immensamente, come, peraltro, piaceva anche a me. E tutto questo era spontaneo in tutti e due, con un comune desiderio di godere giocando.
Quel giorno ci fermammo ai toccamenti, ma in seguito andammo ben oltre. La portai, infatti, nella casa di campagna di un amico dove, dopo averla denudata, le feci stendere su un letto.
Facendo scorrere il mio sguardo voglioso sul suo corpo nudo e accogliente, mi spogliai anch’io, a partire dalla camicia e proseguendo quindi con i pantaloni. Venne quindi la volta delle mutande che abbassai molto lentamente, in modo da far fare, prima, capolino alla punta turgida del mio cazzo in completa erezione e poi, scendendole lungo le cosce, esponendolo tutto alla vista di lei che se lo mangiava con gli occhi.
Intanto essa aveva allargato le cosce piegandole leggermente, pronta ad accogliermi nel suo grembo favoloso. Me ne stetti un po’ ritto davanti a lei per godere del piacevolissimo spettacolo che si offriva ai miei occhi. Poi mi avvicinai e, prese le sue gambe dai polpacci, le tirai verso di me in modo da avere a portata di mano le cosce, dove feci scivolare le mani prendendole dal di sotto e palpeggiandole lungamente prima di portare le mani ancora più indietro fino a prenderle il culetto, che per la verità, finora non avevo ammirato bene. Glielo dissi e lei, prontamente, tirate le gambe, si girò a pancia in giù e mi offrì le terga.
Mostrò un culetto delizioso, dalle natiche tonde come emisferi separati da un profondo solco che si perdeva nell’inforcatura posteriore della cosce dove, prominente, appariva tra la peluria una deliziosa passerina semiaperta che chiedeva solo di essere posseduta.
Il mio cazzo, a quella vista, vibrò tutto come investito da un vento poderoso dove calore e sensualità si mescolavano dandogli vigore e forza.
Mi avvicinai al culo di lei e vi poggiai con determinazione l’asta del cazzo che, al tocco della carne nuda, fremette nel distendersi lungo il solco delle natiche dove affondò fino quasi a scomparire cercando, prima, con la sua punta la fessura del sesso che al tocco del cazzo si era visibilmente aperta e, poi, infilandosi prepotentemente con uno scatto delle reni.
Lei gridò di piacere e agitò furiosamente il culo per facilitare l’introduzione dell’atteso ospite nel suo sesso. Quando sentii prepotente lo scoppio del mio orgasmo, prudentemente estrassi subito l’organo e sborrai abbondantemente sulle sue chiappe, che sentii vibrare per il contemporaneo orgasmo che era sopraggiunto anche per lei.
Esausto mi distesi sul suo corpo riverso prendendole dal di sotto le poppe dei seni, mentre le sue cosce si chiudevano sulle mie e le sue mani portate all’indietro si poggiavano ancora frementi sul mio culo.
Poi mi rialzai, mentre lei si rigirava, e mi distesi accanto a lei abbracciandola stretta stretta. Eravamo soddisfatti e felici per i giochi nei quali ci eravamo veramente deliziati e che, vista la riuscita, ci ripromettemmo di rifare, con l’accordo che, quando solo uno di noi l’avesse voluto, l’altro ci sarebbe stato. Questo sì, rispondeva alla mia ricerca di compagne di giochi disponibili. Almeno finché la cosa avesse durato.
E la cosa durò un bel pezzo, fino a quando, finito il corso, lei non se ne partì dalla città, ma non prima di aver dato spettacolo in una manifestazione al rettorato dell’Università, dove, addetta al ricevimento degli ospiti, si presentò vestita con una tunica bianca su un paio di pantaloni dello stesso colore, ambedue di una stoffa sottile che faceva trasparire reggiseno e mutandine nere, con un effetto che tutti i presenti gradirono moltissimo.
Era un po’ matta, non c’è che dire. Ma con essa avevo realizzato quanto desideravo e cioè la disponibilità reciproca………. non è poco. FINE

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