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Bukake per Cinzia

Achille scese dalla macchina e si diresse verso l’autorimessa, Cinzia lo seguiva un passo indietro. Per l’occasione aveva indossato una tunica di seta blu elettrico, abbastanza corta e scollata che le lasciava abbondantemente scoperte le cosce ed il seno. Aveva pensato a lungo su cosa mettere addosso.
Alla fine si era persuasa che un vestitino sarebbe stato più adatto alla serata. Vide Achille manovrare con dei pulsanti e, subito, la porta a bilanciere si sollevò senza sforzo su dei cardini ben oliati, rilevando due automobili che si trovavano all’interno e che la luce dei fari della Golf illuminava in pieno: una piccola utilitaria e una vecchia Fiat ricoperte ambedue da un leggero strato di polvere. Una volta dentro, dopo avere trovato l’interruttore della luce, Achille riabbassò la porta della rimessa e si girò intorno per osservare meglio il locale. Cinzia gli stava sempre accanto, silenziosa.
Aveva fantasticato su quella serata e, grazie al suo amico, stava per materializzare il più assurdo dei suoi desideri. Riteneva che l’avrebbe portata in un luogo più che affollato, invece quel garage sembrava abbandonato ed anche lui mostrava di essere perplesso. Lo vide dirigersi verso il fondo del locale, giungendo dinanzi una porta chiusa e pigiare un campanello. Nessuno venne ad aprirgli, né ci fu qualche rumore. Il ragazzo provò la maniglia. La porta si aprì. Rimasero ambedue fermi dov’erano, bloccati dalla sorpresa. La porta dava in un corridoio stretto e molto lungo che curvava sulla sinistra, impedendo loro di vederne la fine. Entrarono, lasciandosi la porta spalancata alle spalle. Esitando si incamminarono, lui davanti e lei, tenuta per mano, poco dietro.
Tutto era iniziato quasi per caso, come un gioco. Erano dinanzi al monitor, lei e Achille, matricole alla facoltà di lettere e filosofia, a rileggere il piano di studi scelto, quando il ragazzo aveva cliccato erroneamente sul mouse, accedendo in una pagina internet che non avrebbe dovuto aprire. Si erano conosciuti due giorni prima, durante la coda per le iscrizioni e si erano fatti subito simpatia. Così, lei aveva accettato l’invito a casa sua per decidere insieme il programma di studi, con l’intesa di seguire le lezioni insieme. In un attimo l’elenco delle materie, sino a quel momento visualizzato, era stato sostituito da una serie di foto apertamente hard.
“Scusa .. io.. ” Achille – imbarazzatissimo – aveva cercato di chiudere il sito, ma lei gli aveva bloccato la mano prima che potesse farlo.
“No! … non ti preoccupare. Sono maggiorenne. ” La stretta era diventata una carezza sul dorso della mano.
“Anzi! Fammi vedere qualcosa. Sono sempre stata curiosa e non ho mai avuto la possibilità. Facciamo una pausa. ”
Il ragazzo aveva indugiato, guardandola dubbioso. “ma davvero, vuoi .. ? ” Erano seguiti venti minuti abbondanti durante i quali l’atmosfera, da tesa, era diventata giuliva e intrigante (Achille sentiva premere l’erezione sotto i pantaloni e le battute scambiate con l’amica gli facevano auspicare un futuro più intimo). Avevano studiato nei minimi particolari immagini di sesso esplicito, commentando le performances degli interpreti, perlopiù attori professionisti. Cinzia era, però, rimasta particolarmente incuriosita dalle foto d’origine asiatica ed aveva insistito perché il collega cercasse un sito specifico a riguardo, e così era stato. Si era impossessata del mouse ed era rimasta a cliccare passando da un’immagine all’altra, quasi in stato di ipnosi.
“Ma cos’è? Cosa fanno? ”
“è un’usanza folcloristica tipicamente loro. Organizzano incontri speciali in cui una sola ragazza è al centro della serata. ” Il prurito tra le gambe di Achille era diventato insostenibile, quasi sperava che Cinzia la finisse lì, ma lei la pensava diversamente ed aveva continuato ad aprire e chiudere decine di foto, tutte aventi come oggetto le stesse scene. Finalmente si era sentita appagata, uscendo dal sito ed avevano ripreso a discutere sulle materie da studiare.
“Però che fortuna che hanno quelle giapponesi! ”
“Scusa? ” Il giovane aveva aggrottato la fronte, cercando di capire cosa volesse dire la sua nuova compagna, e lei si era spiegata meglio.
“Qui da noi, se una ragazza volesse provare la stessa esperienza sarebbe tacciata di infamia, marchiata a vita come la peggiore delle prostitute. ”
Ne nacque una conversazione in cui Cinzia aveva dichiarato apertamente che, se fosse nata in quei luoghi, non si sarebbe dispensata dal provare l’esperienza, sicura che quella gente l’avrebbe rispettata sia prima che dopo. “Invece, qui da noi sarei sulla bocca di tutti. ”
Avevano ripreso a parlare di Università per la terza volta. Poi, era stata la volta di Achille di sorprendere l’amica. “Se vuoi, ti posso organizzare la serata. ”
Toccava a Cinzia guardare senza capire e lui aveva incalzato, “Quell’esperienza…. Se vuoi .. forse … sono in condizione. ”
Le aveva raccontato di un amico – proprietario di un’autorimessa in un paese dell’entroterra, a circa 80 chilometri dalla loro città – capace di organizzare festini in un po’ particolari. “è vero, sai. Ad alcuni ho partecipato personalmente. ”
Lei lo aveva ascoltato nella convinzione che stesse vaneggiando, sicura che fosse tutto finalizzato a chiederle un po’ di sesso, ed era stata al gioco.
“Certo che mi piacerebbe provare!! Ma tu dici che posso stare tranquilla? ” Aveva visto gli occhi di Achille illuminarsi di un nuovo entusiasmo.
“Certo.. Si, sicuramente. Senti, però adesso… ” Le aveva chiesto quel che si aspettava di sentirgli dire e non aveva fatto chissà quale resistenza.
“Mi spiace, a saperlo mettevo una gonna. Così, con i jeans, se entra tua madre come faccio? Per oggi ti accontenteresti di un assaggino. Ok? ” Si abbracciarono e baciarono a lungo prima che lui si alzasse, sistemandosi in piedi davanti a lei. Gli aveva sfibbiato la cinghia, sbottonato la patta e calati pantaloni e boxer a metà cosce (mantenuti da Achille stesso, in maniera da potersi ricomporre velocemente, nel caso di emergenze). Per quel che vedeva, aveva un bel ventre, piatto, muscoloso, glabro se non ad eccezione della zona pubica, dal quale ergeva, in tutto il suo splendore, un cazzo di buone dimensioni, dall’odore gradevole di muschio.
Tenendolo stretto nella mano, aveva iniziato la sua esplorazione percorrendo con la punta della lingua tutta l’asta, poi – preoccupata della presenza della madre di Achille nell’appartamento – aveva poggiato le labbra sulla testa del pene, schiudendole immediatamente per consentire l’ingresso nella sua bocca di tutta la cappella.
Achille si era limitato ad accarezzarle i capelli mentre lei si dilettava a succhiarlo avidamente. Benché avesse fretta di finire, non aveva potuto fare a meno di deliziarlo con baci, leccate e succhiotti sparsi per tutta la superficie del membro, sacca compresa. Ed era stato allora che si era accorta di quanto al suo compagno piacesse essere leccato in basso, proprio in mezzo ai genitali, mentre si faceva masturbare. In quel momento decise che gli avrebbe fatto raggiungere l’orgasmo in quel modo. Chissà come avrebbe reagito? Achille l’aveva guardata mentre faceva sparire una buona parte del suo pene dentro la bocca. Avvertì chiaramente i giochi di lingua che si stavano svolgendo tra le guance della sua amica ed era pronto ad esplodere il suo orgasmo quando lei lo aveva sorpreso, interrompendo la poppata in corso per ricominciare a leccarlo, scendendo sempre più giù. Nel momento in cui il ragazzo capì le sue intenzioni era troppo tardi per impedire che le portasse a termine. Cinzia sentì una mano schiacciarle il viso contro la sacca dei coglioni. Ne imboccò subito, proseguendo a smanettare il pene sempre più velocemente sino a quando non sentì una sostanza appiccicosa iniziare ad imbrattarle le dita. Abbassò lo sguardo e vide gocce di sperma che schizzavano il pavimento tutto intorno a lei. A quel punto ritenne che il più era stato fatto. Riuscì a svincolarsi dalla presa di Achille e tornò ad imboccare la cappella, succhiando freneticamente le tracce residue di sperma. Aveva un sapore acre e troppo amaro per i suoi gusti, ma proseguì lo stesso in un’accurata pulizia, aiutandosi con la lingua, così come faceva sempre dai tempi del terzo liceo.
“Sicuro non vuoi che pensi a te? ”
“Sei gentile, ma ho paura di spogliarmi. ” Il giovane si era ricomposto da qualche minuto, ma non riusciva a capacitarsi di non potere approdare subito tra le gambe della sua amica. Alla fine lei aveva ceduto, ma aveva sbottonato appena i jeans per permettergli un ditalino veloce. Fu scomodo e non troppo bello, ma servì in ogni caso a farle scaricare l’eccitazione che aveva addosso.
“No. Non andare via. Telefoniamo a Giacomo. ” Stava prendendo il giubbotto e lo zainetto quando Achille l’aveva bloccata. Lo vide avvicinarsi al mobile dov’era il telefono. Prendere un quadernetto lì poggiato, studiarlo per un attimo e digitare un numero. Poco dopo lo sentì parlare con qualcuno. Le gambe iniziarono a tremarle tanto da doversi sedere.
“Giacomo, sono Achille, ciao. Ascolta… ” Lo sentì riferire di avere accanto una ragazza che desiderava togliersi una curiosità. Lo ascoltò mentre la descriveva nei minimi particolari. “diciannove anni, alta e snella, castano chiaro, corti sulle spalle, terza di seno, a pera, culetto a mandolino. Un bocconcino, se mi posso permettere. ” Era incapace di reagire. Lo udì spiegare all’interlocutore di cosa avevano bisogno.
“Allora posso dirle che si farà. Mi raccomando la discrezione. A presto, ciao. ” Solo allora si rese conto che Achille non aveva scherzato quando le aveva detto dell’amico garagista.

Il giorno prima Achille l’aveva informata che era tutto organizzato per l’indomani alle 18. 30. “Siamo sempre in tempo per rinunciare, se vuoi? ” Lei gli aveva fatto mille domande prima di ribattergli, ma lui non aveva saputo o voluto rispondere nemmeno una volta. Alla fine non si era tirata indietro.
Ed ormai erano lì. Avevano percorso cinque o sei metri del corridoio, superando il punto dove curvava bruscamente sulla sinistra.
“Finalmente siete arrivati, eravamo impazienti. Signorina che piacere vederla.. ” Dietro l’angolo era ad attenderli un uomo sui trenta/trentacinque anni, con indosso una tuta di lavoro. Cinzia pensò che si trattasse di Giacomo, il proprietario dell’autorimessa; non si sbagliava. Dopo rapide presentazioni, l’uomo le illustrò il programma della serata, “…. in un paio d’ore avremo terminato. Molti devono tornare alle loro case rispettando i tempi di sempre per non creare casini. “, aveva concluso.
Le era sembrato volutamente evasivo. Aveva parlato della necessità di riscaldare l’ambiente per stimolare i presenti e di un sorteggio per evitare scene caotiche, aggiungendo che aveva installato in gran fretta delle docce nel locale, per garantire l’igiene. A quel punto, le chiese di firmare delle carte. Lei si voltò verso Achille domandandogli con gli occhi cosa volesse quell’individuo. “è una liberatoria. Firmando, dichiari che sei consenziente e concedi ai presenti di filmarti e fotografarti.. ” non le diede il tempo di protestare. Alzando le mani all’altezza del petto, come per difendersi aveva proseguito, “ma solo per uso personale. Non devi preoccuparti. Sono stati selezionati tutti e se si viene a sapere di questa serata hanno da perdere quanto te. Sono tutti sposati. ”
Oramai aspettava il momento di trovarsi in mezzo a quella gente e nulla le avrebbe fatto cambiare idea. Prese la penna che il garagista le porgeva e firmò tutti i fogli senza nemmeno leggere il contenuto. A quel punto mancava solo una manciata di secondi perché tutto avesse inizio. Se la sarebbe cavata? Sarebbe stato come lo immaginava? Avrebbe avuto paura, vergogna? E l’indomani? Cosa avrebbe pensato di se stessa? Le domande le si accavallavano in testa, le gambe divennero molli per l’insicurezza che la stava invadendo. Si aggrappò al braccio di Achille, tirò un lungo sospiro poi si rivolse a Giacomo, “sono pronta, andiamo. ” Il garagista la guardò ancora una volta in viso, lanciandole un sorriso, poi si girò percorrendo i tre metri che lo separavano da una porticina posta in fondo all’ultimo tratto del corridoio, l’aprì, oltrepassandola e svanendo in un ambiente buio come una notte senza luna. FINE

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