Mese di novembre, la nebbiolina riempiva l’aria della bassa padana. I contorni rimanevano sfuocati nell’apparenza dell’occhio distratto. Dei passi per la strada diretti verso un bar. Una mano che si appoggia alla maniglia per aprirla. Quasi freddo, quasi vita.
Andrea camminava verso il “Coniglio Bianco”, il solito bar; era soprappensiero, ripensava alla telefonata che aveva ricevuto nel pomeriggio, qualcuno aveva un disperato bisogno di parlargli. Arrivò alla porta e senza guardare all’interno del locale entrò, ricevendo una folata di fumo e di musica. Si fermò sulla soglia, quasi volesse assaporare meglio il venerdì sera che stava iniziando, si guardò intorno, le solite facce che gli sorridevano salutandolo, ruotò il collo, si sistemò il colletto della giacca di pelle, sorrise a se stesso e si diresse verso il bancone.
Il Coniglio era uno dei tanti bar che si trovano disseminati nei paesini della bassa padana, niente di speciale, quasi piccolo ma ben frequentato, musica ad un volume accettabile ed il barista amichevole, finché si pagava il conto, ovviamente.
Andrea andò direttamente verso Marco che lo aspettava da qualche minuto appoggiato al bancone. Sentì qualche voce salutarlo ma rispose appena con un cenno del capo, era preoccupato e si vedeva. Marco se ne accorse subito e appena fu a portata di battuta lo salutò:
* Ciao bello, cosa è successo? Hai una faccia… –
* Niente, poi ti racconto – troncò – Giò, un caffè, per favore – ordinò al barista.
Si accese una sigaretta guardandosi nuovamente intorno, conosceva tutti e tutti lo conoscevano. Quel posto era come una famiglia, e di quella famiglia facevano parte anche Andrea e Marco, anzi erano a tutti gli effetti i più legati del gruppo. Tutti li chiamavano “i gemelli”, si conobbero da piccoli e da quel momento iniziarono a fare quasi tutto insieme, le prime botte, le prime ragazze, i motorini e poi le auto e qualche guaio, tutto insomma.
* Mi vuoi spiegare cosa è successo? Non avrai mica ucciso qualcuno vendendo qui, vero? – buttò lì Marco per costringere Andrea a parlare.
* Non è morto nessuno, non ti preoccupare. È solo che ho ricevuto una telefonata da Martina questo pomeriggio, mi ha detto che mi deve parlare assolutamente. – spiegò Andrea sorseggiando il caffè caldo.
* Martina, Martina, fammi pensare. Non è quella che ti sei fatto due mesi fa? Ma si, quella del “Peter Pan”. Ho capito. – ricordò Marco.
* Bravo, proprio lei. Ci sono uscito tre o quattro volte, poi non ci siamo più sentiti. Dopo di lei è arrivata Monica e di lei non ho saputo più nulla. – spiegò all’amico.
* Beh, cosa vuole ora? –
* Non lo so. Ho cercato di farmelo dire al telefono, ma lei non ha voluto parlare. Ha preteso di vedermi questa sera e così devo andare al Blux. Vieni con me, vero? – propose.
* Certo, in quel posto si combina sempre qualcosa di divertente. E poi non avevo altri programmi per la serata. –
Andrea appoggiò la tazzina sul bancone, guardò una ragazza che lo fissava da quando era entrato e rispose al suo saluto. Niente male, pensò; in una serata normale uno sguardo del genere l’avrebbe smosso dall’apatia ed il suo orgoglio lo avrebbe spinto verso di lei.
* E con Monica come farai, non dovevi uscire con lei stasera? – Marco lo fece ritornare alla realtà.
* Vedo con piacere che ti fai i cazzi miei, complimenti. Si, hai ragione, infatti, ho dovuto dirle di venire al Blux. Prima parlo con quella pazza di Martina e poi starò con Monica. Contento? –
* Fai tu. Per me faresti meglio a trovartene un’altra. Monica mi sembra un po’ troppo apprensiva. Ti manda ancora venti messaggi al giorno? – chiese Marco con una punta di gelosia.
* No, adesso siamo a quota dieci. Sta migliorando. – e risero entrambi pensando alla povera ragazza innamorata di Andrea.
Monia, una loro amica, si avvicinò e ordinò un cuba libre al barista.
* Cosa fate stasera? Donne come al solito? – chiese ai gemelli.
* E cos’altro dovremmo fare? Ammazzarci di televisione? – rispose Andrea scrutandola negli occhi.
* Non cambierete mai. Ma quando metterete la testa a posto? –
* Mai, finché ci saranno ragazze come te che ce la faranno girare. – Marco la sorprese con una frase tanto scontata.
In effetti, Monia non era per niente male. Le gonne costantemente corte e le magliettine che scoprivano l’ombelico la facevano sembrare più sbarazzina di quanto fosse realmente. Non aveva mai avuto storie serie, ma con qualcuno si era divertita, con Marco per esempio, una sera di due anni prima..
La ragazza prese il caffè e, sbuffando ironicamente ai gemelli, tornò al tavolo dalle sue amiche.
Finalmente era arrivato il fine settimana. Andrea e Marco si sentivano liberi come l’aria, non avevano nessuno con cui litigare, nessuno con cui discutere il posto dove passare la serata, ma speravano di trovare qualcuno da accompagnare a casa a fine serata. Erano molto diversi d’aspetto. Andrea era alto e biondo, un fisico abbastanza asciutto e un gusto particolare nel vestire, mentre Marco era il tipico mediterraneo, carnagione scura occhi e capelli neri e un sorriso accattivante, almeno così dicevano le donne. Erano la coppia più affiatata che conoscevano, uno non faceva mai niente senza il consenso anche tacito dell’altro. Non si erano mai traditi, forse perché erano abbastanza diversi da avere molti interessi non coincidenti, così nessuno rischiava di irrompere nella vita intima dell’altro. Erano diversi si, ma gemelli di pensiero, come dicevano loro. Avevano idee molto simili sulla vita e sulle donne. Su come condurre una relazione occasionale e su come non condurre mai una relazione duratura. In fondo erano immaturi, ma coscienti di questo, si divertivano e volevano continuare ad esserlo.
Marco, vedendo il suo amico troppo impegnato nei suoi pensieri, scambiò quattro chiacchiere con due ragazzi che si erano seduti vicino a loro.
* E così ti sei lasciato con Maria. Bravo, finalmente hai capito che non era fatta per te – sputò la sua sentenza direttamente in faccia al povero ragazzo che stava soffrendo le pene dell’inferno.
* Dai, io l’ho visto subito che non era la ragazza giusta. Mi è sembrata… come dire… un po’ troppo allegra. Scusa se te lo dico. Ma è la verità. –
Stefano, il povero sedotto e abbandonato, quasi piangeva sentendo quello che Marco aveva da dire sulla ragazza che lo aveva appena lasciato. Ma si trattenne, si alzò dallo sgabello e, fiondandosi verso un tavolino, cercò qualcuno che potesse lenire le sue pene.
* Io questi ragazzi non li capisco – tuonò Marco tra sé.
* Cosa? – chiese Andrea che non aveva seguito il discorso.
* Niente. Ma ci sono cose che non capisco. Uno cerca una ragazza per scopare. Gira mesi per trovarla, poi quando finalmente riesce a portarsela a letto, la lascia per paura che sia una puttana. Cose da matti. –
* Si, hai ragione. – Andrea rispose senza neanche aver capito il discorso dell’amico, la sua attenzione era stata attirata dalla ragazza che era appena entrata nel locale.
La porta si stava chiudendo dietro a Morgana. Era lei, uno dei sogni proibiti di Andrea. Morgana, stivali alti e gonne corte. Labbra rosse fatte per baciare, per parlare, per mentire. Capelli neri come una condanna, occhi grigi come la strada. Gambe sode come alberi, saldamente allacciate al corpo del suo amante. Andrea l’aveva assaggiata tempo prima, ma non si era mai scordato di quello che quella ragazza gli aveva fatto. Con un nome da fata si era rivelata una strega, l’aveva avvolto nel suo profumo per farlo soffrire. Lui che non aveva mai sofferto per nessuna.
Marco la vide e imprecò riconoscendola, si girò verso Andrea e, notando la direzione del suo sguardo, imprecò nuovamente e coprì la visuale all’amico.
* Cazzo, Andrea. La devi smettere. Non è per te, quella. Hai capito o ci devi sbattere ancora il muso? – le parole di Marco sembravano perdersi nell’aria.
* Giò, fammi una vodka sette, per favore. –
Il barista senza dire una parola versò una dose abbondante di vodka nel bicchiere, aggiungendoci poi qualche goccia di seven up. I baristi ti conoscono, purtroppo.
* Senti, non ho intenzione di ritornare sull’argomento. Morgana non è affar tuo. La devi dimenticare. Fai finta che non esista. –
* Smettila di rompere, Marco. La sto solo guardando. Quel cornuto del suo ragazzo non potrà mica pestarmi un’altra volta solo perché la guardo. – gli occhi di Andrea cercavano in continuazione quelli della ragazza.
* Ma cazzo, si chiama Morgana, poi. E con che cosa fa rima Morgana? Dimmelo un po’! –
* Smettila, ho detto. Sto solo guardando. – si giustificò Andrea torcendo il collo per guardarla meglio da sopra le spalle di Marco.
* Fai come vuoi. Ma se quello ti manda all’ospedale un’altra volta, non venirmi a chiedere di portarti le sigarette. Hai capito? –
* Per lei smetterei anche di fumare. – disse Andrea mentre Marco gli liberava finalmente la visuale.
Lo sguardo di Andrea era perso tra il bicchiere di vodka sette e Morgana, che gli lanciava delle occhiate fin troppo espressive. Marco decise di lasciar perdere, conosceva abbastanza bene l’amico per capire quando aveva deciso di fare di testa sua. Andrea si sollevò dal bancone vedendo Morgana avvicinarsi.
* Ecco, adesso facciamo la frittata – sospirò Marco tra sé.
La ragazza si avvicinò tanto da sfiorare il petto di Andrea con il suo. Lui rimase immobile guardandola negli occhi, lei sorrise.
Andrea sentì un tuono nella testa e per un attimo la rivide nel momento dell’amplesso di quella notte, quasi nuda, estremamente bella. Con le gambe fasciate dalle calze autoreggenti che gli stringevano la vita durante la penetrazione, lui ripassò mentalmente i colpi disperati di quella sera lontana mesi, oramai. Il corpo di lei in costante movimento, il suo disposto a morire piuttosto di lasciarla andare via. Sentì una fitta tra il cuore ed il cazzo, niente e nessuno li avrebbe separati, aveva pensato. Ma…
* Non mi saluti neanche? – fu lei a parlare per prima.
* E cosa dovrei dire? – fece lui laconico.
Morgana sorrise, scartò Andrea e si affacciò al bancone per ordinare da bere.
Marco tossì per far risvegliare dal torpore l’amico che era rimasto bloccato come se avesse ancora la ragazza davanti. Non riuscì e così gli diede una gomitata, Andrea si sbloccò e si girò verso l’amico con una strana luce cupa negli occhi.
* Non imparerai mai quello che ti fa male – sentenziò Marco.
* E tu non imparerai mai a farti i cazzi tuoi. –
Marco non rispose, aveva visto troppo di quella maledetta storia.
* A che ora ci muoviamo? – chiese
* Beh, sono le undici, aspettiamo ancora un poco. – rispose guardando l’immagine di Morgana riflessa nello specchio dietro al bancone.
* Ok. –
Ordinarono ancora da bere, un’altra vodka sette e un cuba libre. L’effetto dell’alcol era il migliore sedativo, per il momento. Si sistemarono ad un tavolino e chiacchierarono per circa mezz’ora, dopodiché si alzarono e salutarono tutti. Andrea prima di uscire dal Coniglio Bianco guardò Morgana un’ultima volta, lei rispose allo sguardo con un ciao che Andrea dovette leggerle sulle labbra rosse.
* Facciamo di questa serata un’avventura da raccontare ai nostri figli – propose Marco salendo in auto. I gemelli credevano nel gusto della notte, nelle forme confuse della mente, nei saliscendi dell’alcol e nelle avventure disperate degli amplessi.
Andrea fu d’accordo; aveva bisogno di distrarsi, non voleva pensare a Morgana e a tutto quello che la ragazza gli faceva ricordare. Storia chiusa, pensò. Cerchiamo di aprirne un’altra migliore.
Marco accese l’autoradio, il display lampeggiò per due secondi, dopodiché indicò l’inizio della prima traccia del cd. La musica si diffuse nell’abitacolo mentre entrambi si accesero una sigaretta. Il pianoforte intonò le prime battute di November Rain e Andrea cercò subito di cambiare canzone, ma fu bloccato da Marco.
* Una volta era la tua canzone preferita – gli ricordò.
* Si, ma adesso non più. – ma decise di ascoltarla ugualmente.
La malinconia li prese, erano sulla via per il Blux ma non pensavano alla loro destinazione. Andrea cercava di indovinare cosa Martina avesse da dirgli, mentre Marco sperava di rivedere una sua vecchia fiamma, sicuro che la ragazza passasse i suo venerdì sera in quel posto.
Furono davanti al locale in venti minuti, parcheggiarono nello spiazzo e scesero. Si sentivano belli come il sole e forse questo era il loro segreto. Non importava a nessuno dei due cosa la gente diceva di loro: immaturi, ciarlatani, venditori di emozioni. Loro erano i gemelli, gemelli di pensiero.
Il personale alla porta li fece entrare subito, il locale non era ancora pieno e così non fecero storie.
La musica tuonava già dalle casse sparse per le sale, i bar non erano ancora affollati e la gente si doveva ancora scaldare. Andrea e Marco fecero un rapido giro per gli angoli del Blux per cercare Martina, ma sembrava che non fosse ancora arrivata. Guardarono l’orologio, la serata era ancora lunga e decisero di bere ancora qualche cosa. Al bancone del bar più piccolo incontrarono due ragazzi che per un periodo di tempo erano usciti con loro, si scambiarono le loro novità e altre idiozie di circostanza, si salutarono quando le bevande furono pronte. Andarono verso la pista principale; in quella posizione appena Martina sarebbe arrivata li avrebbe visti sicuramente. Aspettarono qualche minuto sorseggiando i cocktail lentamente, assaporando il profumo delle persone tirate a lucido per il venerdì sera. Sembravano tutti uguali, i ragazzi vestiti come damerini sembravano non avere nulla di maschio, le donne, invece, erano tutte tirate da gara, copiando le modelle delle pagine delle riviste. Max e Marie Clair erano le nuove bibbie. Obbligo di apparire, non d’essere. Una risatina leggera si fece strada nella mente di Andrea scrutando il suo mondo. Si sentiva l’unica persona reale in mezzo ai manichini, era abituato a quella sensazione strana. Poteva scoprire da un momento all’altro di essere circondato da automi che recitavano la loro parte, e lui da spettatore, si sarebbe scoperto protagonista della vita di tutti. Elucubrazioni dettate dall’alcol, pensò buttando giù l’ultimo sorso di vodka sette, e si gustò le gambe di una ragazza che gli era passata sotto agli occhi.
* Guarda un po’ chi è arrivata. – annunciò Marco
Andrea diede uno sguardo verso l’ingresso e scorse subito Martina. La aspettò mentre posava il cappotto al guardaroba e fece cenno a Marco di farsi un giro.
Nell’attesa sentì un trillo provenire dal suo cellulare, guardò il display che gli annunciò l’arrivo di un messaggio: “Stasera nn posso venire cmq ti amo da matti. Monica”.
Un problema in meno, pensò immaginandosi l’arrivo dell’amica mentre lui parlava con Martina, avrebbe sicuramente fatto una scenata, Monica sapeva che era una sua ex e la sua gelosia era a volte eccessiva.
Ripose il cellulare nella tasca senza neanche rispondere al messaggio e vide Martina avvicinarsi.
* Ciao Andrea – salutò con lo sguardo scuro.
* Ciao Martina, come stai? –
* Male, ed è proprio di questo che di devo parlare. Non ho tempo, non starò qui molto. Devo tornare a casa presto, domani lavoro. – annunciò ad Andrea che la guardava incuriosito.
* Spara, allora. –
* Non qui. Vieni, sediamoci nel giardino. –
Martina davanti e Andrea dietro, camminarono fino al giardino coperto, trovarono un divanetto ancora libero e si sedettero. Andrea notò che la ragazza non era vestita con il suo solito gusto. Indossava solo un paio di jeans ed un maglioncino anonimo. Era veramente venuta solo per parlargli.
Appena furono seduti Andrea la guardò ancora con un’espressione interrogativa. Agli occhi della gente che passava vicino a loro potevano sembrare una coppietta felice, ma negli occhi di Martina si poteva leggere una tristezza latente e contagiosa.
* Allora, vuoi spiegarti? – chiese Andrea sempre più curioso.
* Si, sarò il più breve possibile – iniziò la ragazza – Di quel mese in cui siamo usciti insieme, purtroppo non conservo solo il ricordo. –
Un dubbio atroce esplose nella mente di Andrea che, inconsciamente, si allontanò un poco dalla ragazza strabuzzando gli occhi.
* C.. c.. cosa vuoi dire? – farfugliò.
* Voglio dire che questa settimana ho fatto l’esame. – Martina parlava guardando il pavimento.
* Che esame? – il dubbio di Andrea si faceva sempre più opprimente, gli mancava l’aria. Avrebbe voluto scappare. Ma una strana forza lo teneva incollato al divanetto.
* Il test di gravidanza, Andrea. Sono incinta. – annunciò Martina mentre una lacrima si faceva strada sul suo viso pulito.
Andrea rimase immobile, non sapeva come reagire. Non sapeva cosa dire. Non riusciva a pensare a nulla. La parola “incinta” gli martellava la testa. Incinta, incinta, incita, incinta. Cazzo! Non era possibile, non poteva succedere. Era in preda ad una crisi nervosa. Sicuramente Martina stava mentendo, sapeva che non si era mai rassegnata a perderlo e aveva continuato a tempestarlo di telefonate fino a qualche settimana prima. Ma si erano lasciati da buoni amici e ora gli diceva di aspettare un figlio da lui. Cosa stava succedendo?
Stettero in silenzio entrambi. Un tempo indefinibile passò e Andrea ricordò quella sera in cui fecero l’amore senza precauzioni. Aveva finito i preservativi e l’alcol gli aveva fatto passare ogni paura, era venuto dentro senza che lei dicesse niente. Il dubbio si trasformò lentamente in certezza. Era successo sicuramente quella sera. Maledizione a lui e a quando decise di farlo ugualmente.
Si ripresero entrambi dallo shock e si guardarono per la prima volta negli occhi. Ognuno dei due avrebbe voluto dire qualcosa all’altra, ma le parole non uscivano, solo una sensazione di irrealtà li univa.
* Porca puttana. Ma sei sicura che sono stato io? – chiese sperando in un improbabile risposta.
* Faccio finta di non aver sentito. Cosa credi, che sia una puttana? Non vado a letto con il primo che capita. E tu sei stato l’ultimo con cui l’ho fatto. Sono arcisicura che sei tu il padre. Non ci sono dubbi. – Martina si era incazzata a quella domanda. Era sempre stata una ragazza piena di valori e quel dubbio l’aveva offesa molto.
* Scusa, non volevo… ma non riesco a crederci… – disse Andrea con la testa tra le mani.
* Anche io non volevo crederci, ho rifatto il test tre volte. Tutti positivi. Mi dispiace ma è così, purtroppo. –
Andrea si alzò dal divanetto, aveva bisogno di muoversi, gli mancava realmente l’aria. Non riusciva a stare fermo. Non sapeva cosa fare o cosa dire. Tentò di proporre l’unica soluzione possibile.
* Devi abortire, nessuno saprà mai nulla. Pagherò io l’intervento. Non ti preoccupare. – era disperato.
* Non ci penso nemmeno. Non sono i soldi per l’intervento che mi preoccupano. Non mi interessano i tuoi ideali, ma io non ucciderò il bambino che mi porto dentro. Per nessuna ragione, mai! – sembrava la persona più decisa del mondo e Andrea la conosceva abbastanza bene da capire che non stava scherzando.
Martina lo guardava per carpire i suoi pensieri, ma il cervello di Andrea era in preda alla confusione più totale. Non sapeva come reagire, non aveva mai pensato seriamente ad una eventualità del genere. Martina, spazientita dalla stasi di Andrea si alzò in piedi e fece per andarsene.
* Dove vai ora? – riuscì a chiedere il ragazzo
* A casa. Sono venuta solo per dirti questo. Devi prenderti le tue responsabilità. Pensaci. Ora vado, ma domani voglio una tua telefonata. –
Se ne andò senza guardarlo, Andrea la vide mentre ritirava il cappotto e camminava verso l’uscita. Gli parve di guardare una persona diversa da quella con cui era uscito tempo prima, una ragazza più matura di tutte quelle che lo circondavano. Quando fu fuori dalla sua vista, girò lo sguardo verso il vetro che dava sul cortile e vide la sua immagine riflessa. Vide un ragazzo a cui era appena stata comunicata una condanna, vide la sua espressione ebete che lo fissava. Un peso indicibile sovrastava la sua figura e sentiva le forze venirgli a mancare.
Arrivò Marco, avendolo visto solo si avvicinò e domandò notizie.
* Allora, cosa aveva di così importante da dirti? –
Andrea non rispose, continuava a guardare la sua immagine riflessa.
* Ehi, ritorna tra noi. Ti senti bene? – chiese iniziando a preoccuparsi realmente.
* Si… scusa. Non è niente. Mi gira solo un poco la testa. –
* Ci credo. Hai già bevuto tre vodka sette. – gli ricordò l’amico.
* Si, ma ora ne ho bisogno di un altro. – e si incamminò verso il bar più vicino.
Marco lo seguì silenzioso, c’era qualcosa che non andava. Non aveva mai visto Andrea così scosso, e non vedendo più Martina, non riusciva a capire cosa stesse accadendo.
* Mi vuoi spiegare cosa succede? – chiese ancora.
* Niente, ti ho detto niente. Va tutto bene. Doveva solo dirmi le solite cazzate. Che le manco, che mi ama ancora. Le solite cazzate, ti ho detto. – non riuscì a guardare l’amico negli occhi.
* Come vuoi tu. Ma quando ti sarai ripreso fammelo sapere. C’è una persona che ha chiesto di te. E Dio solo sa quanto mi girano le palle a dirtelo. – confidò.
* E chi sarebbe? – si informò Andrea ordinando un altro vodka sette al barista.
Marco scosse la testa e, rassegnato, disse:
* La tua amica Morgana, è nella sala revival con Silvia, la sua amica. Appena mi ha visto ha chiesto che fine avevi fatto. Gli ho detto che eri in bagno e che mi avresti raggiunto. –
* Ok, adesso bevo questo e poi le raggiungiamo. –
* E no cazzo! Casomai ce ne andiamo da qualche altra parte. Non mi sembra una buona idea che vi vediate qui in mezzo alla gente. Le persone parlano, e le voci arrivano sempre dove non devono arrivare. – e lo prese per un braccio quasi volesse trascinarlo fuori dal locale.
Andrea scrollò la presa dell’amico e, con il cervello offuscato ancora dalla notizia di Martina, andò verso la sala dove Morgana e la sua amica stavano ballando.
Marco sbuffò e lo seguì maledicendo il giorno in cui i due amanti si erano conosciuti.
Arrivarono alla pista e Andrea scrutò nella folla per vedere Morgana. Non sapeva perché la stesse cercando, forse aveva solo bisogno di distrarsi, di cambiare aria al cervello e parlare con Morgana sarebbe servito, pensava. Ma l’alcol accresceva le preoccupazioni, non riusciva a pensare ad altro che a Martina. Il resto era solo contorno. La parola “incinta” continuava a martellare come una goccia di un rubinetto che perde.
Ad un tratto si sentì toccato sopra ad una spalla, si girò tranquillo pensando che fosse Marco, ma si ritrovò Morgana davanti che gli sorrideva. Fu preso da un giramento di testa. Il viso di Morgana si mischiò a quello di Martina, i lineamenti si fusero insieme e dal suo cuore un urlo stava salendo verso la gola. Si trattenne. Si contenne. Sapeva di dover fare come se niente fosse e si sforzò di salutarla.
* Ciao Morgana. Come mai qui? – riuscì a dire con un’espressione assente.
* Potrei dirti che sono venuta per la musica, ma ti mentirei. Mi sono informata al Coniglio su dove eravate diretti e così ho quasi costretto Silvia ad accompagnarmi. –
* E perché? Mi devi parlare? – Andrea pregò che almeno lei non avesse niente di tragico da dirgli.
* Più o meno. – rispose la bella ragazza mora.
* Cioè? –
* Ti volevo chiedere scusa. Ti ho illuso, lo so. Ti ho promesso che avrei lasciato il mio ragazzo e non l’ho fatto. Sono stata una stupida. –
Ad Andrea venne in mente un altro epiteto, ma decise di soprassedere. Aveva voglia di stare con lei, più per far del bene a sé stesso che per il reale bisogno della sua compagnia.
Marco, intanto, aveva iniziato a chiacchierare con Silvia poco distante da loro, ma il suo sguardo seguiva ogni loro movimento e sembrava che cercasse di ascoltare i loro discorsi.
* Ti va di parlare un poco? – chiese Morgana tendendogli la mano.
* Certo. Questa sera non mi sento molto in forma. Andiamo a sederci. – propose Andrea incamminandosi, subito seguito dalla ragazza.
Tornarono nel giardino, proprio vicino al divanetto dove Andrea aveva ricevuto la maledetta notizia. Stettero qualche istante a guardarsi negli occhi e poi Morgana iniziò a raccontare le ultime sue novità. Andrea non era per niente interessato ai discorsi della ragazza, rivedeva il viso umido di lacrime di Martina, sentiva ancora le sue parole, curvava la testa verso il vetro e rivedeva la sua patetica immagine. La ragazza parlava come un fiume in piena, continuava a scusarsi per tutto quello che era accaduto, le menzogne, i pugni del suo ragazzo, le risa della gente. Chiese scusa di tutto quello che aveva fatto.
* Ma ora mi sono resa conto di amarti veramente… – furono le ultime parole che uscirono dalle rosse labbra carnose.
Andrea le percepì appena, ancora perso nei suoi pensieri. Aveva aspettato mesi quella frase, si era disperato per averla persa, senza mai tradire all’esterno il suo stato d’animo. L’aveva desiderata molto, soprattutto quando si era reso conto di non poterla avere. Era nel suo carattere e conosceva benissimo i suoi difetti, ma ora non gli importava niente del suo presunto amore. Avrebbe voluto portarla subito in macchina a scopare. L’avrebbe scopata anche lì, sul divanetto, davanti a tutti. Sentiva di dover smorzare i suoi pensieri con il desiderio della carne. Le guardò le gambe, le ricordò nude. Si immaginò di scendere ancora verso la sua fica depilata per leccarne il succo. La sentiva ancora mentre lo incitava a pompare più forte. Si stava facendo male ed una erezione risvegliava il suo cazzo. Prima che lei potesse dire qualche altra cosa, la fissò negli occhi grigi e la fece alzare trascinandola per la mano.
Arrivarono quasi correndo dove Marco e Silvia stavano ancora parlando. Ridevano e si divertivano. Marco ci sapeva fare con le parole e forse un’altra preda stava facendo scattare la tagliola.
* Noi usciamo un attimo. Marco, ci vediamo all’ingresso tra un’ora. Va bene? – chiese concitato.
Marco lo guardò sconsolato, annuì con la testa e rispose con un ok quasi bisbigliato. Ognuno aveva la sua debolezza. Morgana era quella di Andrea. Lo avrebbe portato verso il baratro. Marco se lo sentiva.
Andrea, senza aspettare la risposta dell’amico, condusse Morgana fuori dal Blux, pagò le consumazioni ad entrambi e in un minuto furono nel parcheggio. Salirono in auto mentre Morgana aveva ricominciato a parlare, ma Andrea non aveva assolutamente bisogno di sentire le sue parole, voleva il suo corpo, solo quello. Era fuori di sé. Mise in moto e partì guidando nervosamente verso uno spiazzo vicino alla discoteca, dove aveva condotto qualche altra ragazza tempo addietro.
Arrivarono vicino al campo coperto dagli alberi. Un luogo fatto apposta, sembrava. Le chiome dei pini coprivano la visuale dalla strada e non potevano essere disturbati.
Appena spense la macchina il desiderio prese il sopravvento su entrambi. Morgana gli palpò l’erezione, mentre lui la baciava appassionatamente su tutto il viso. Sembrava in preda ad un desiderio mai avuto prima. La mente voleva essere spenta e tutto il corpo chiedeva di essere teso. Gli sfilò la maglietta prima che lei potesse frenare le sue voglie, si abbandonò al desiderio di succhiare i capezzoli ritti della ragazza. Lei si sfilò le scarpe per poter salire sul di lui, gli accarezzò i capelli e lo fece rialzare dal suo seno. Slacciò i pantaloni di Andrea, che lui prontamente abbassò alle caviglie insieme agli slip. Le rosse labbra carnose imboccarono il cazzo duro, per un pompino che mandò in estasi Andrea. In quel momento riuscì a non pensare a niente. Sentendo la lingua della ragazza fare su e giù per la sua asta dimenticò tutto e tutti. Morgana aveva fame di quel cazzo e lo dimostrò prolungando il pompino fino quasi a farlo venire. Andrea, al culmine del piacere, le fece capire di smettere. Lei tornò seduta e lui le alzò la minigonna. Tolse le calze lasciando libere le belle gambe, e si tuffò tra le cosce della ragazza. Notò che la fica era stata depilata da poco e la pelle appariva in tutta la sua lucentezza ai bordi della fessura scura. Leccò il clitoride facendo sospirare Morgana di piacere. Si rialzò solo quando gli umori iniziarono a colare copiosi tra le gambe. Abbassò il suo sedile e la fece salire su di lui.
* È questo quello che voglio. Scopami ti prego. Non ti farò soffrire mai più. – la ragazza si stava abbandonando ai discorsi caldi che tanto erano piaciuti ad Andrea. Ma quella volta non fecero altro che scombussolarlo maggiormente. Gli ritornarono alla mente le parole di Martina e si sentì nuovamente perso.
Andrea non disse una parola, si limitò a mettersi il preservativo e a continuare a pomparla con più energia, quasi che la forza messa nell’amplesso servisse a cancellare l’accaduto. Si ricordò delle ultime scopate con Martina. Belle da perderci la testa. Riusciva a capire quando una ragazza lo faceva per amore, e Martina lo aveva sempre fatto con tutta sé stessa. Il ricordo di quelle sere si confondeva con il presente e Andrea non riusciva ad uscire da quel limbo di ricordi e realtà.
* Si, così! Mi stai facendo godere! – Morgana non tratteneva una sola parola, sicura dell’effetto che aveva sempre prodotto in Andrea.
Ma lui non riusciva a rispondere, vedeva il corpo quasi nudo che si muoveva sopra di lui e la sua mente elaborava strane immagini. Martina che lo prendeva per la mano. Martina che gli abbassava i calzoni e si chinava a succhiare. Era nella confusione.
Morgana stava per venire, la sentiva muovere i muscoli vaginali per tenersi sempre più stretto il cazzo che non accennava a raggiungere l’orgasmo.
Ad un tratto Andrea sentì il piacere sgorgare prima dal suo cervello e poi dai suoi testicoli. Era al culmine, stava per venire. In quel momento vide Martina sopra di lui che si chinava a baciarlo sulle labbra. Venne urlando:
* Martina! –
Un silenzio tombale avvolse i due amanti. Morgana si fermò di scatto. Guardò negli occhi il ragazzo che volse lo sguardo altrove. Si alzò lentamente, facendo uscire dalla sua fica bagnata il cazzo di Andrea. Senza dire niente si rivestì in fretta. L’aria si era fatta pesante ed Andrea si tolse subito il preservativo. Si alzò i pantaloni sistemò il sedile e buttò il fagotto umido di sperma fuori dal finestrino.
Morgana finalmente diede libero sfogo alla sua rabbia.
* Senti, ho capito di averti fatto soffrire, ma non vuol dire che ora io sia diventata un passatempo. –
* Scusa – riuscì a spiccicare Andrea mentre rimetteva in moto l’auto.
* Scusa un cazzo! Chi è Martina? L’ultima fortunata della tua serie? Ed io che ero pronta a lasciare Mario per te! Che cretina. – si sfogò.
* Scusa – ripeté Andrea mentre stavano raggiungendo il parcheggio del Blux.
* Questa volta è finita veramente. Hai capito, bastardo? – la rabbia le arrossava il volto teso.
* Non mi interessa niente, vai dove ti pare – l’orgoglio di Andrea era stato risvegliato da quelle parole, tanto che l’interesse verso quella ragazza si affievoliva sempre più.
In un istante si rese conto che Morgana rappresentava solamente un altro obiettivo, un’altra meta a cui aspirare. Era bella, bellissima si è vero, ma vuota come le sue parole. Non aveva intenzione di rivederla. Adesso aveva altro a cui pensare.
Appena l’auto si fermò, la ragazza scese sbattendo la portiera quasi volesse romperla, e corse di nuovo dentro al Blux.
Andrea chiuse a chiave l’auto e si incamminò lentamente verso l’ingresso, sperando di non doverla più incontrare, almeno per quella sera. Sulla porta vide Marco che lo aspettava. Sorrise. Non parlarono fino a che furono in auto.
* Beh, come è andata? Ha fatto i suoi soliti numeri? – chiese curioso.
* Non male. E tu con Silvia? –
* Ho il numero. Domani la chiamo. –
L’auto partì dirigendosi verso casa. Andrea guardò l’amico perso nei suoi pensieri che fissava la strada. Pensò a Martina, ai suoi occhi pieni di lacrime. Aveva una ragazza che aspettava un figlio da lui.
Accese la radio, ancora il pianoforte di Axel.
… When I look into your eyes I can see the love is great…
* Domani sera cosa facciamo? – chiese Marco.
* Non lo so – rispose Andrea girandosi verso di lui.
Sorrise. Ancora.
* Cosa hai da ridere? – chiese l’amico.
Se è un maschio lo chiamerò Marco, pensò ridendo. FINE