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Il cannocchiale

Per il mio 28 compleanno i colleghi d’ufficio mi avevano regalato un bellissimo cannocchiale, sapevano infatti che mi diletto di astronomia.
Il momento migliore per osservare le stelle è la notte tarda, quando le luci delle case e delle macchine sono spente.
Una notte caldissima, alla metà di agosto, dopo aver osservato a lungo lo spettacolo delle stelle cadenti, decisi di smettere, infatti erano quasi le tre.
Staccai l’occhio dal cannocchiale e fui attratto da una luce in lontananza, a quell’ora é infatti insolito vedere un appartamento illuminato.
Quasi senza accorgermene abbassai il cannocchiale e lo puntai in quella direzione, era una cosa che non avevo mai fatto prima, non era mia abitudine fare il guardone.
Si trattava della finestra di una camera da letto ben arredata; si poteva vedere benissimo perché, stranamente, le tende erano aperte.
Stavo quasi per lasciar perdere quando vidi la porta del bagno aprirsi, ne uscì un giovanotto che poteva avere al massimo 25 anni molto muscoloso e seminudo.
Indossava solo un paio di boxer bianchi a pois neri, ma ciò che attirò la mia attenzione non furono certo i boxer, ma quello che contenevano, infatti mi sembrava che dalla sgambatura uscisse un pezzo di carne di dimensioni enormi.
“Cazzo! – pensai- se a riposo l’uccello gli esce dai boxer, duro deve essere uno spettacolo. ”
Quello, andò alla finestra tirò le tende e spense la luce.
Me ne andai a letto anche io, ma non potei prendere sonno, continuavo a pensare a quell’Adone dal cazzo taurino.
Lo immaginavo, mentre si spogliava e me lo dava in bocca.
Erano anni che non mi masturbavo, ma non potei trattenermi, abbassai le mutande e presi il mio uccello in mano e rimasi per una attimo a guardarlo, fino a quella sera lo avevo considerato un membro di ottime dimensioni, e i tizi con cui ero stato, la pensavano come me. Ma dopo quello che avevo visto fui costretto a ricredermi.
Da allora, per molte notti, sperai che la scena si ripetesse, ma il ragazzo non dimenticò più di tirare le pesanti tende della camera da letto e quindi non potei più vedere nulla.
Smisi a fatica di pensarci, fino a quando un martedì di settembre, seduto su una panchina del parco, vidi due ragazze che guardavano con insistenza sempre nella stessa direzione.
Mi voltai anche io da quella parte e rimasi folgorato, a poca distanza c’era un operaio del comune che stava potando le rose.
Si trattava proprio di quello stesso ragazzo, che ora indossava un paio di jeans strettissimi e logori all’inguine, a causa del pacco più grande che si possa immaginare.
Si distingueva chiaramente la forma di due palle enormi e di un cazzo lunghissimo.
Rimasi per almeno un’ora ad ammirarlo in silenzio, fino a quando non raccolse i suoi attrezzi e se ne andò a piedi.
Lo seguii a lungo da lontano, credendo di non essere visto, finché non entrò in una vecchia palazzina disabitata.
Avrei voluto tirar dritto, ma in quel momento pensavo con il cazzo e non con il cervello ed entrai.
Allora una grande mano mi afferrò alla gola e con forza mi spinse contro il muro.
“Perché mi stai seguendo, cosa cazzo vuoi da me? ” mi disse lui. Io faticavo a respirare e non riuscivo a parlare, allora lui mi lasciò prendere fiato e io gli dissi che lo avevo scambiato per un mio amico, ma intanto non potevo fare a meno di lanciargli delle occhiate in mezzo alle gambe.
Lui se ne accorse e disse:
“Credo di aver capito cosa vuoi da me”, quindi si sbottonò i pantaloni e se li tolse, si sfilò anche il resto degli abiti restando davanti a mè completamente nudo.
Io ero in uno stato di shock e mi chinai, quasi automaticamente davanti al suo enorme uccello, lo presi in mano e lo accarezzai come se fosse stato un cagnolino.
Al contatto delle mie mani il cazzo che stavo palpando, iniziò a crescere e si trasformò in un randello che doveva misurare almeno trenta centimetri di lunghezza e otto di diametro.
Allora lui che fino ad allora era rimasto in silenzio, disse:
“Dai troia, sparami un pompino! “, io non me lo feci ripetere e cercai di prendere in bocca quell’affare ma riuscii a far entrare la cappella e poco più, quindi iniziai a succhiare, anche se faticavo a respirare e cercai di farlo godere, come godevo io in quel momento.
Dopo un po’ venne e mi spruzzò in gola una quantità di sborra proporzionata alla misura delle sue palle.
Gli dissi che era il mio turno di venirgli in bocca ma lui rispose che il mio uccello non era all’altezza, quindi si rivestì e prima di uscire mi disse che la prossima volta che mi avesse incontrato, mi avrebbe squarciato il culo con il suo bestione. FINE

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