Mi sentivo molto solo.
Ero in una fase di solitudine feroce, quella che periodicamente mi porta a deviare dal solito modo di concepire e di vivere l’esistenza.
Questi periodi sono a volte utili poiché sono portato a vedere me stesso, gli altri, le esperienze vissute da varie angolazioni, anche se procurano pur sempre disagio e irrequietezza.
Mi sarei voluto soddisfare in qualsiasi modo.
Avevo ora più che mai la necessità di conoscere una ragazza nuova, non per sbracarle forzatamente il sedere, ma anche solo per il puro piacere di venire a contatto con lei, fosse solo per fare due chiacchiere o per ridere insieme.
Di lì a poco ci sarebbe stato il concerto di ***, il mio cantante preferito, nel quale mi rispecchio e che desidererei avere proprio come amico, a volte l’unica ancora di salvezza.
Ero partito da casa con il proposito di fare nuove conoscenze, seppur con la consapevolezza che sarei potuto benissimo tornare, come tante volte mi era successo, senza avere realizzato i miei propositi, ma quella volta non è stato così.
Decido di arrivare in Piazza *** molto prima dell’inizio del concerto: avrei potuto studiare meglio la situazione e poi le vere fans del cantante, quelle con le quali era quasi scontato che avrei avuto argomenti di conversazione, quelle sarebbero arrivate sicuramente in anticipo per occupare i posti migliori.
Ci sono.
A mio giudizio sono piazzato molto bene.
Mi siedo a distanza strategica da due ragazze, un poco più giovani di me, credo, ma carine e vestite con pantaloni attillati di color grigio chiaro e maglietta che fa vedere i “ferri” del reggiseno.
Chiacchierano tra loro ed io non me la sento di intervenire e rompere quell’incanto di due donne che chiacchierano spensieratamente.
Nelle altre direzioni niente di rilevante, una coppia sulla quarantina sulla destra, un gruppetto di ragazzi, presumo universitari da come parlano, alle mie spalle.
Inizia il concerto.
Sono veramente rapito dalla musica e dalla personalità di ***.
Canto tutte le sue canzoni a memoria, sono felice.
I suoi concerti consistono in una parte melodica, meditabonda, riflessiva, da “chansonnier”, ed una invece dove il ritmo si velocizza e la voglia di pensare lascia spazio alla componente bestiale che c’è in noi, senza mai perdere quella venatura di intelligenza.
Quando, verso la metà del concerto, partono le prime note di ***, uno dei pezzi che l’ha reso famoso, molto rockeggiante, tutti saltano in piedi compreso me, in preda all’adrenalina.
Noto all’improvviso attorno a me una ragazza dall’età stimata di 38/40 anni (non sono molto bravo ad attribuire l’età ad una donna), molto abbronzata, con capelli castani e ricci “ingellati”, vestita con un abitino di pelle marrone piccolo proporzionato alle sue forme: due tettone grandi, non molto in mostra, che in una visione di insieme “faccia-sguardo-corpo” facevano un gran “zozzo”.
Il culo era grosso ma non disgustoso e le gambe un po’ troppo muscolose ma pur sempre lineari.
Stranamente in quel momento mi passa per la testa il pensiero che a una così piaccia ***, ma mi rallegro di ciò, anzi, questo suo essere giovanile mi si ripercuote anche sull’uccello, che se era arrivato a metà erezione adesso è in tiro perfettamente.
Ci scambiamo pochi sguardi ed io subito sono stimolato ad approcciarla, non le resisto.
C’è feeling, oltre ad essere una maialona è anche simpatica (forse, per una strana associazione di idee, alle maialone non è consentito essere simpatiche).
Sono in uno stato confusionale, nel quale i piedi mi si staccano quasi da terra e stento a capire dove io sia e cosa stia facendo.
Addirittura i colori sono quasi alterati, i miei occhi sono molto sensibili alla luce intensa proveniente dal palco.
Mi sento già ampiamente bagnato e mi vergogno un po’ di questo: mi basta così poco?
L’atmosfera attorno a noi è surriscaldata: *** dà il meglio di sé sul palco riproponendo la sua produzione di 10 anni fa, i pezzi più tosti, che fanno andare in delirio i fan più accaniti.
Noi siamo abbracciati e da un po’ ci strisciamo abbondantemente.
Le passo una mano intimorita sul seno; lei mi fissa intensamente, sono paralizzato.
La stringo e la bacio, lei allarga la bocca e comincia a muovere la lingua, io eccitatissimo le schiaffo le mani nel culone mentre il mio bacino, quasi come guidato da una forza misteriosa, si appiccica al suo.
Le faccio sentire il mio uccello duro quasi con un gesto di generosità, per farle capire quanto mi eccita, che tutto sommato dovrebbe esserne fiera.
La folla attorno a noi sembra non interessarsi a quello che ci accade, presa dal giro di chitarra di ***.
Ha le sembianze di una vacca ma in realtà non credo che lo sia, è dolce con me.
Date le circostanze non è possibile fare nulla di più, anche perché il concerto è quasi finito.
Quando si accendono le luci bianche e la gente comincia a sciamare verso l’uscita io rimango lì, un po’ imbarazzato, a guardarla.
Lei si ricompone, i suoi pensieri sono tutti per il suo vestito un po’ sgualcito dalla foga di quei momenti.
A stento mi saluta e io rimango lì tra le persone e i bicchieri di plastica schiacciati, a pensare al momento transitorio di felicità che mi aveva preso e che mi aveva riconsegnato alla solitudine di sempre. FINE