Nelle storie è buona norma iniziare dal principio. Sarò prolisso.
Quasi dieci anni fa, una sera di giugno, io e mia moglie da soli in un ristorante passavamo la serata mangiando e conversando.
Mia moglie è una impicciona, è piuttosto brava a leggere i movimenti delle labbra, ha un acuto spirito di osservazione. Quasi alla fine della cena mi indica una coppia pochi tavoli distante e mi racconta cosa le era capitato di notare: «Ho seguito le loro mosse e letto le loro labbra. Lui le ha toccato a lungo le gambe sotto la tovaglia insinuandosi sempre di più, quando è arrivato *lì* ha avuto un sussulto. Lui l’ha guardata con aria stupita ed interrogativa e lei ha detto: no, non le ho ».
La ragazza aveva un vestito di maglia aderente sui toni del beige ed effettivamente, quando si alzò per uscire non mancai di verificare che il vestito non presentava alcun segno di biancheria sottostante. Io non avevo mai considerato una simile eventualità.
Mia moglie quella sera indossava un tailleur verde di fresco di lana con la giacca doppio petto ed una gonna appena sopra il ginocchio (sono e sarò sempre preciso sulle caratteristiche dell’abbigliamento perché, nelle nostre esperienze, si è rilevato fondamentale). Sotto un completino di seta con inserti in pizzo composto da top e culotte.
Il resto della serata al ristorante trascorse fra la mia insistenza e il suo negarsi, sempre meno convinto. Infine ha acconsentito e, prima di uscire dal locale, si è recata in bagno ed ha provveduto ad *alleggerirsi*. Il pensiero del compiere tale gesto ci aveva mandato su di giri ma la novità dell’averlo compiuto ci eccitò ulteriormente. Il ristorante era in un cascinale fuori città e le macchine erano posteggiate poco distanti. Lungo lo stradellino verso il parcheggio la bramosia della crescente eccitazione ci fece strusciare l’un con l’altro sempre più. Camminando abbracciati infilai una mano sotto la sua gonna e la strusciai sulle sue cosce nude fino a toccare le sue rotondità dei suoi glutei. I suoi spasmi si fecero più forti ed allora sollevai ancora quel poco di tessuto rimasto fino ad esporle significativamente il culo pizzicandoglielo con passione. In macchina continuammo a toccarci. La gonna ormai era diventata meno di un piccolo fazzoletto e la peluria era generosamente offerta al tatto ed allo sguardo. Anche lei nel frattempo aveva iniziato a procurarsi cose da toccare e da assaporare in un turbinare di movimenti reciproci che consentivano di lasciare poca attenzione alla guida. Non volevo avere l’orgasmo distratto dalla guida ma al contempo non volevo perdere l’occasione di far dimenare lei in un orgasmo senza interrompere la corsa dell’auto. Per questo la pregai di non toccarmi più, di mettersi comoda, di allargare le gambe e prosegui a stuzzicarla, a stimolarla, a penetrarla anche con più dita finché non raggiunse un orgasmo intenso. Ormai eravamo prossimi a casa e lì volevo concedermi allo sfogo della passione ma lei insistette, quasi sgarbatamente, per restituire subito la cortesia ricevuta. Ormai non potevo certo tirarmi indietro. Tutto del resto era partito con la sua rilevazione e la sua svestizione. Il suo modo di chiedere lasciava chiaramente intendere l’intensità della sua bramosia e sicuramente non sarei rimasto deluso.
Dovemmo pertanto fermarci, quasi arrivati nei pressi di casa, per l’urgenza del desiderio, in un anfratto laterale di una strada di periferia. In breve tempo, trovata una posizione compatibile, senza minimamente preoccuparsi di ricomporre la decenza dei suoi abiti, la sua bocca si attanagliò al mio pene già duramente provato dai momenti precedenti della serata. In ancor meno tempo raggiungi un intenso orgasmo. Avevo valutato bene l’intensità della sua eccitazione. Quella sera solo poche gocce di sperma non trovarono posto nella sua bocca e nella sua gola.
Quel piccolo anfratto in una strada di prima periferia nel tempo è diventato il luogo del suo aperitivo.
Questa è stata la nostra prima volta… FINE
