Quando alzai il ricevitore del telefono rimasi sorpreso che lei mi chiamasse. Era molto tempo che non la sentivo od avevo l’occasione di vederla, da quando era corsa voce che si fosse trasferita in un’altra città per il suo lavoro. Mi chiese come stessi, quasi rapidamente come se la cosa non la interessasse minimamente e si trattasse solo di una formula standard, rituale. Passò subito a chiedermi se avevo tempo da dedicarle, perchè aveva bisogno di un’informazione, che, secondo lei, potevo senz’altro darle. Consultai l’agenda, verificando che non avevo moltissimo tempo. Mi propose di riceverla anche dopo l’orario, così le proposi di raggiungermi quella sera stessa, considerando che potevo anche permettermi di uscire più tardi, visto che quella sera non avevo nessuno a casa. Tra l’altro, proprio per questo mi ero programmato di cenare in trattoria, tornando a casa subito dopo.
In altre parole, quella sera non avevo orari particolari. Arrivò all’appuntamento che le avevo fissato con qualche minuto di anticipo. La feci entrare subito, ascoltandola per la questione che l’aveva indotta a venire da me. Indossava un abito con giacca e gonna del medesimo tessuto. La gonna era appena sopra il ginocchio, ma aveva un profondo spacco sulla coscia sinistra. La camicetta era di cotone bianco, con pochi bottoni, chiusi appena all’altezza del seno. Portava calze velate il cui colore richiamava quello dell’abito, pur essendo leggermente più chiare. Sedette accavallando la gamba sinistra sulla destra, quasi a mettere in evidenza la coscia soda, grazie anche allo spacco della gonna. Ammirai, in silenzio, quelle gambe, lasciandomi indurre al desiderio, ma senza palesarmi. Mi espose il suo problema e le suggerii le soluzioni che mi sembravano adatte. Alla fine, l’invitai a cenare assieme, sembrò pensarci un momento, poi accondiscese quasi in termini di concessione.
Andammo in un ristorante che conoscevo, al tavolo parlammo dei tempi passati, di come era la sua vita oggi, le solite cose tra chi non si vede da lungo tempo. Le proposi di accompagnarla ed accettò, questa volta con maggiore decisione dell’invito a cena. Mi disse che alloggiava in un albergo, nei pressi della stazione, il primo che aveva trovato, disse. Quando arrivammo, mi chiese se volessi salire, magari per prendere qualcosa. Accettai e la seguii. Sul letto vi era una valigia aperta, con vestiti e biancheria, le solite cose. La richiuse, riponendola nell’armadio. Aprì il frigobar e mi chiese cosa preferissi, pur se la scelta non era particolarmente ampia. Mi sedetti sulla poltrona in angolo, lei prese posto sul bordo del letto. Assaggiò appena, poi guardandomi diritto negli occhi, chiese:
“.. .. E adesso ? Magari, penserai di scoparmi? “. La domanda, posta così decisa e senza perifrasi, mi lasciò interdetto. Non sapevo cosa rispondere e stavo cercando una frase decente, quando lei proseguì:
“.. . In fondo, farebbe piacere anche a me .. . dopo tanto tempo .. . le amicizie devono pur servire a qualche cosa, no? “. Ancora una volta non sapevo cosa rispondere, l’idea mi allettava, ma non mi aspettavo la sua iniziativa, o, almeno in quei termini. Probabilmente si rese conto del mio disagio, così mi propose di fare una doccia assieme. Non attese risposta, si alzò, andò in bagno, lasciò scorrere l’acqua con il pretesto che occorreva del tempo per l’acqua calda. Ritorno, e cominciò a togliersi la gonna, lasciandomi intravedere ben poco, avendo ancora la giacca. Tolse la giacca, sistemandola su una gruccia nell’armadio, si volse verso di me e cominciò a sbottonare la camicetta. Il suo seno era notevole, racchiuso in un reggiseno azzurro, parure con gli slip, come potei constatare. Sfilo il collant, sganciò il reggiseno. Si accorse che ero rimasto immobile. Mi si avvicinò, facendomi alzare e mi aiutò a levare la giacca, poi sfece la cravatta. Sentivo la pressione del suo seno contro il mio petto, attraverso la camicia. Lentamente, mi liberò della camicia, poi le sue mani arrivarono ai pantaloni, aprirono la cintura, sganciarono il gancio superiore di chiusura ed abbassò la zip. A quel punto, mi invitò a spogliarmi per la doccia e si avviò verso il bagno. Da dietro, il suo culo avvolto appena nello slip azzurro era affascinante. Mi spogliai, salvo che per i calzini e lo slip, ma il mio cazzo era già duro e premeva contro il tessuto, lasciando una traccia evidente di umidità che disegnava una chiazza che rendeva assolutamente non nascondibile la mia eccitazione. Lei era già sotto il getto d’acqua della doccia, mi vide entrare e, forse, attraverso il grande specchio colse la mia erezione:
“.. . Wow, sei già eccitato .. . , dai vieni, .. . è bella calda .. . ” Mi levai anche lo slip, lasciando il cazzo proiettarsi in avanti, duro, rigido, orizzontale. Tolsi i calzini, entrai nel box doccia. Lei aveva già cominciato ad insaponarsi, mi porse il flacone del bagnoschiuma, ma subito disse che ci avrebbe pensato lei. Me ne versò sulle spalle e sul petto, cominciò a provocarne la schiuma, scese lungo il corpo, prese un po’ di sapone liquido nel palmo della mano, insaponò ben bene il pube, i coglioni, poi passò al cazzo, scivolando con le mani lungo l’asta, avanti ed indietro per far crescere la schiuma, lo scappellò, si inchinò ed insaponò le gambe, infilando una mano insaponata nel mezzo, a raggiungere il solco delle mie chiappe.
Mi passò il getto sul corpo fino a lavarmi via tutta la schiuma, poi mi invito a risciacquarla. Ci avvolgemmo negli accappatoi, uscendo dal box. Lei asciugò leggermente i capelli con il fon. Mi prese la mano riconducendomi nella camera. Era bellissima. In piedi, avanti di me, mi guardava diritta negli occhi. Senza parlare, si distese sul letto, invitandomi con un cenno a seguirla. Feci per aprirle l’accappatoio, ma mi scostò, sussurrandomi che toccava a lei .. . Aprì il mio accappatoio partendo dal basso, scostandone i lembi, il mio cazzo riprese la sua posizione rigida, diritta, lo accarezzò quasi con tenerezza, come un oggetto caro. Poi salì lungo il mio corpo, aprendo del tutto l’accappatoio. Fino a farmelo scivolare dalle spalle. Lo gettò sul pavimento. Portò la testa all’altezza del mio bacino, con le labbra contorno la punta del cazzo, lo baciò. Poi, le sue labbra lo contornarono, scendendo lungo l’asta, anche se non moltissimo. Sentivo la sua lingua muoversi sull’asta. Lentamente, ma progressivamente si muoveva con la bocca sul cazzo, succhiandolo, slinguandolo, accompagnandosi con una mano sui coglioni in una carezza intensa.
Senza lasciare la presa con la bocca, spostò il suo corpo in modo che potessi ricambiarla, che mi fosse possibile leccarle la fica. Anche se aveva ancora l’accappatoio, non fu difficile scostarlo e infilare la mia bocca verso la fica. Mi venne sopra, aprendo del tutto l’accappatoio e il nostro sessantanove proseguì per molto. Quando smise, fece in modo di liberarsi completamente dell’indumento: era bellissima nuda, i suoi occhi sembravano velati, grandi. Si distese su di un fianco, la raggiunsi, accarezzandola. Le mie dita le fregavano la fica, aperta, calda, umida, con i peli bagnati anche dalla mia saliva. La sentivo fremere sotto alle mie dita. Feci per avvicinare il cazzo alla sua fica, ma lei si girò su di un fianco, voleva che la prendessi arrivando da dietro. Il mio cazzo si infilò in mezzo alle gambe, lei con una mano lo diresse verso la fica, ne percepii le labbra, spinsi, lo sentii entrare. Lei muoveva il bacino, quasi che fosse lei a guidare la scopata. Le stringevo i seni, mi sembravano perfino più grandi a quel contatto. Ad un certo punto, si scostò, chiedendo di venirmi sopra. Mi distesi sulla schiena, lei si mise a cavalcioni, abbassò lentamente il bacino, io reggevo il cazzo verso l’alto. Appoggiò appena la fica sul cazzo, poi, con un colpo deciso, si calò sul cazzo, facendolo entrare quanto più fosse possibile. Si fermò, poi prese a muoversi su e giù. Sempre più velocemente. Mi sembrava ormai venuto il momento di sborrare e glielo dissi. Si tolse dalla posizione, pregandomi di incularla, perchè voleva che le sborrassi nel culo. Si mise carponi, mi spostai dietro di lei e puntai il cazzo verso il culo. Inumidii un dito di saliva, bagnai l’ano quanto più potessi, ripetei l’operazione più volte, quindi avvicinai la cappella all’ano palpitante.
Sentii un’iniziale resistenza, quasi una chiusura di auto protezione. Spinsi ancora, quasi contemporaneamente alla sua spinta all’indietro. Notai che si era portata una mano sulla fica. Spinsi ed entrò. Aveva un culo stretto e caldo, mi mossi spingendo ancora, lei muoveva il bacino corrispondendo ai miei movimenti. Quando mi sembrò di essere arrivato al fondo, lo ritrassi, senza estrarlo, per riaffondarlo ed iniziare un movimento avanti ed indietro. Le pareti mi stringevano il cazzo, calde. Sentivo sempre di più la sborra salirmi lungo il canale dell’asta, fino a chè non venni con un getto che mi parve abbondante, lasciando lo sperma nel suo culo, mentre lei mugolava partecipe. Lentamente, il cazzo mi si stava afflosciando, tanto che dovetti estrarlo, trascinandosi dietro una bava di sperma. Lei si girò verso di me, sorrise e mi ringraziò. Vide il cazzo rimpicciolito, lo accarezzò quasi coccolandolo e scusandosi di averlo ridotto di quelle dimensioni. Lo baciò, teneramente. Mi si avvicinò ancora di più accarezzandomi tutto, solleticando i miei capezzoli con le unghie. Infine, mi abbracciò, stringendomi forte, schiacciandomi i seni contro il petto.
Infilò la lingua nella mia bocca, ci scambiammo un bacio intenso, profondo, quasi capace di farmi resuscitare il cazzo. Che, infatti, diede qualche segnale di vita, seppure debole. Le mie mani giocavano con i suoi capelli, accarezzavo i suoi seni ampi e sodi. Restammo così per molto, ad accarezzarci, a sentire i nostri corpi vicini. Quando mi rivestii, lei mi diede un biglietto da visita, augurandosi che non fosse rimasto un episodio e che l’andassi a trovare, quando avessi l’occasione di andare nella sua città. Assicurai che l’avrei fatto. Fuori l’aria era fresca, mi sentivo bene, rilassato, in pace, non avevo sonno. Decisi di fare un giro con la macchina. Stavo veramente bene. FINE