La bellezza che ci salverà

“Accidenti, che caldo che fa”, pensò Enrico mentre si recava in ufficio. “Speriamo che questa estate finisca presto, sono stufo di sudare ad ogni passo”. Pensò che fortunatamente, tra qualche giorno sarebbe partito per Davos. Lì, tra le montagne svizzere, avrebbe trovato il fresco di cui avevano bisogno il suo corpo e la sua mente. Pensando a Davos, gli venne in mente Kirchner, anche lui aveva trovato un po’ di tranquillità, proprio tra quei monti. Tranquillità fittizia, tuttavia, se poi aveva deciso di suicidarsi. Era un qualche tempo che non si sentiva tranquillo, sempre più spesso si sorprendeva a considerare lo scorrere del tempo con fastidio, con apprensione, quasi. Come arrestarlo, trattenerlo, cosa poteva consolare dall’impossibilità di fermarlo?
Era proprio in previsione di quel Congresso, a Davos, che, quella mattina di agosto, si stava recando in laboratorio, per mettere a posto le ultime cose, prima di partire. Entrando nell’edificio, sentì la pelle rabbrividire piacevolmente al contatto con l’aria rinfrescata dal condizionamento. Salì le scale ed entrò nel corridoio che portava all’ufficio. La porta della stanza era aperta, chi c’erà?
Entrando, vide Sandra, che, seduta, gli dava le spalle.
A quei tempi, Sandra era una giovane ragazza, non bellissima, ma alta, con un bel corpo asciutto, un seno abbondante che si intuiva giovanile, da come reagivano i capezzoli svettando verso l’alto, quando si inturgidivano. Ben proporzionata, con un culetto tondo, aveva un viso particolare, che le conferiva un fascino un tantino torbido, con un’aria furbetta assai. I capelli castani chiari, portati a media lunghezza accomodavano i tratti del volto in una bella cornice. Insomma, era giovane ed attraente; ciò che aveva colpito Enrico, tuttavia, era il suo modo di fare, che dava l’impressione di un misto di timidezza e sfrontatezza. Enrico, spesso, aveva pensato che la ragazza doveva vivere la propria sessualità in piena consapevolezza.
A conferma di ciò, dopo che erano entrati in confidenza e ripensando ai suoi trascorsi giovanili, una volta, Sandra gli aveva confessato che “quei tempi erano finiti”, facendogli intuire che il periodo della giovinezza era stato “selvaggio” assai, arricchito da una molteplicità di avventure. Negli anni in cui Enrico e Sandra avevano fatto conoscenza, lei si accompagnava ad un individuo, che Enrico trovava francamente odioso, uno di quegli elementi che credono di avere infusa la virtù divina, arroganti e boriosi. In aggiunta, ed era questa la cosa che più dava fastidio ad Enrico, mancava completamente di stile; d’estate, portava in giro un paio di sandali malridotti, ammorbando l’aria intorno a sè con una puzzetta, che segnalava la scarsa consuetudine con l’acqua. Enrico non riusciva a capire come una ragazza bella ed intelligente come Sandra potesse trovare motivi di attrazione, in un elemento del genere.
Già, Sandra, un’altra perla che avrebbe aggiunto volentieri alla sua collana di bellezze che salvano l’esistenza, pensava Enrico. Lei, per parte sua, in quegli ultimi tempi gli aveva dato più di un segno di interessamento. Un giorno gli aveva detto di averlo sognato. Enrico l’aveva interrogata sul contenuto del sogno, ma Sandra, sorridendo, si era schernita, dicendo che no, era meglio di no. Enrico ne era stato contento, e ancora di più lo era stato quando, un giorno in cui i freni inibitori di Sandra, evidentemente, erano più lassi del solito, nel bel mezzo della stanza, lo aveva apostrofato con un cristallino “Amore”, davanti a tutti. In seguito, un giorno che si erano trovati soli, Sandra lo aveva decisamente colpito, prendendogli la mano destra, e portandosi il dito medio alla bocca. Lo aveva affondato dentro, e lo aveva avvolto con la lingua, guardandolo dritto negli occhi. Enrico, sorpreso com’era, non aveva saputo reagire adeguatamente. Ma aveva imparato la lezione e fu il suo turno di sorprendere Sandra, quando, una mattina, appena arrivato sul posto di lavoro, Enrico l’aveva trovata in corridoio. L’aveva presa per mano e l’aveva condotta in una stanza, dicendole: “Ti devo dire una cosa”. Lei, docile, l’aveva seguito. Nella stanza, ancora a luci spente, Enrico le aveva cinto la vita con la mano destra e aveva piegato il viso verso le sue labbra. Infine, l’aveva baciata, spingendo la lingua nella sua bocca. “Mmm, che bella cosa”, aveva mugolato Sandra, ed aveva risposto al bacio con la lingua, ed abbracciandolo. Poi, rapidamente e protestando qualche “no, no… ” si era sciolta dall’abbraccio e si era allontanata.
E adesso eccola lì, quel sabato mattina, seduta al tavolino che fungeva da scrivania. “Ciao Sandra, che bello trovarti qui”, disse Enrico, ed era sincero. Entrò nello studio, tirandosi dietro la porta. “Ciao”, rispose lei, indirizzandogli uno sguardo dolce ed un sorriso, ampio e gratificante. Forse a causa della particolare predisposizione d’animo che Enrico aveva quella mattina, o forse perchè erano più dolci del solito, tuttavia quello sguardo e quel sorriso si mescolarono in una miscela combustibile, che accese in profondità l’animo di Enrico. Le si sedette a fianco, e dopo qualche frase di circostanza, scambiata guardandosi fisso negli occhi, Enrico decise di non volere più resistere a niente ed a nessuno, e si lasciò andare. Avvicinò le labbra a quelle di Sandra e la baciò.
“Non faccio resistenza”, mormorò Sandra. “Non devi fare resistenza”, rispose Enrico, prendendo sempre più possesso della sua bocca con la lingua. La lingua di Sandra non restava inerte, tuttavia, ma si spingeva determinata ad esplorare in profondità la bocca del suo maschio, suscitando in Enrico il ricordo della carnosa lingua di Franca. Mentre continuavano a baciarsi, così seduti, le mani di Enrico cominciarono ad esplorare il corpo di Sandra. Indossava un giacchettino turchese, che copriva assai poco, chiuso sul davanti da tre bottoncini. C’era tuttavia assai poco da coprire, perchè Sandra non indossava il reggiseno, di modo che le sue tettine si offrivano nude e impudiche alle mani di Enrico, che palpavano, carezzavano e soppesavano quelle rotondità carnose, e titillavano i capezzoli, pronti ad inturgidirsi.
Alle mani, presto, fece seguito la bocca, e non fù difficile per Enrico soddisfarla oralmente, giacchè il bolerino sembrava fatto apposta per scoprire, più che per coprire quei seni vogliosi. Con cura, Enrico baciò, e leccò, e succhiò prima la mammella destra, poi la sinistra.
Lasciando muovere le mani sui suoi fianchi, mentre si prendeva cura dei seni con la bocca, ad Enrico sembrò di non sentire le mutandine, sotto la corta gonnellina di panno. Eccitato dalla scoperta (era la prima volta che gli capitava una donna che non indossava biancheria intima), Enrico posò le mani sulle gambe di Sandra e, lentamente, le insinuò sotto la gonna. Era vero, Sandra non indossava biancheria intima, quel torrido giorno di agosto.
Enrico palpò culetto e fianchi, fino a che la mano decise, quasi autonomamente, di infilarsi tra le cosce di Sandra, e il dito medio iniziò a cercare tra la morbida peluria del pube, le labbra della seconda e più nascosta bocca di Sandra. Le trovò ben presto, e in mezzo ad esse trovò il vestibolo della vagina, bagnata, bagnatissima. Di nuovo ad Enrico venne in mente Franca, e la sua figa sempre pronta a riempirsi di umori. Sandra resistette poco ai tentativi di masturbazione di Enrico. Ad un tratto, schizzò in piedi, e lo guardò come allucinata.
Quindi, con una rapidità sorprendente, Sandra si accosciò sui talloni, lasciando scivolare le mani sui fianchi di Enrico, di modo che il suo viso si trovasse all’altezza del ventre. Tenendolo stretto con le mani sui fianchi, avvicinò la bocca e prese tra i denti il fermo delle cerniera lampo dei pantaloni. Lentamente, muovendo il capo, la tirò verso il basso. Poi, nuovamente, la fece risalire, e staccò la bocca: Ripetè questo gesto, tre, quattro volte, con lentezza esasperante, Poi, lasciò la presa e guardò dritto negli occhi Enrico, per vedere l’effetto di quel suo lavoro. Enrico, appoggiato con le natiche al banco, ad occhi chiusi, si godeva quella imprevista situazione, il viso contratto dal piacere. Non parlava, ma la protuberanza che si poteva notare sul suo ventre, e che rifletteva il turgore del membro, non poteva lasciare dubbi sui risultati del lavoro della bocca di Sandra: quel cazzo stava per soffocare, così turgido e così costretto dentro i pantaloni, esigeva di essere liberato. Sandra abbozzò un sorriso a fior di labbra e poi, pietosamente e generosamente, riprese il gancio della lampo con le labbra e tirò in basso, questa volta decisamente fino in fondo. Poi, infilò il musetto dentro la patta aperta e cominciò a strofinare il viso contro il membro turgido, a morderlo, a baciarlo per tutta la sua lunghezza, sospirando e gemendo. “Oh, Enrico, da quanto tempo lo desideravo”. Sempre restando in quella posizione, un tantino oscenamente accosciata, slacciò il bottone che ancora teneva chiusi i pantaloni, e li fece scendere lungo le gambe. Si fermò ad osservare ciò che aveva scoperto, poi infilò le mani sotto la cinta degli slip e li abbassò.
Il desiderio che le stravolgeva i tratti del viso era enfatizzato dalla lentezza con cui eseguiva gli ultimi gesti, necessari a scoprire l’oggetto del suo desiderio, il membro di Enrico. In quella posizione, accosciata e scosciata, stravolta dal piacere, era bellissima, la sua femminilità era esaltata dallo spasimo dell’eccitazione, che si poteva cogliere da come guardava dritto, di fronte a sè, quel cazzo, nudo, e duro, e lungo com’era, mordichiandosi le labbra. Pareva combattuta, cedere o resistere, resistere a che prò, cosa bisognava difendere, in quell’ultima ridotta mentale? Con un guizzo, Sandra si non trattenne più, con voracità si affondo quel cazzo in bocca, per una buona metà.
Fu così che Enrico scoprì che Sandra poteva competere con le migliori bocchinare che avesse mai provato. Aiutata da una bocca naturalmente larga, Sandra poteva accogliervi dentro una abbondante porzione di cazzo, senza fare sentire minimamente i denti al suo uomo. Ma ciò che la rendeva superba in questo lavoro di bocca, era la voglia, tutta cerebrale, che aveva di godersi quel cazzo, di farlo suo più che poteva, tramutando in torbida eccitazione il contatto della sua mucosa orale con la pelle del membro. Quando cominciò a fare su e giù con il capo, ad ogni nuovo affondo immergeva nella bocca capiente sempre un po’ di più di cazzo, fino a che, ad un certo punto, il naso di Sandra premette contro il ventre di Enrico. Istintivamente Enrico portò una mano verso il basso ventre, e seguendo la rima della bocca con le dita, percepì tattilmente che le labbra di Sandra ed i suoi testicoli erano separati soltanto da due o tre centimetri di distanza. “Una vera gola profonda”, pensò, “ho trovato una vera gola profonda”. Sandra tratteneva il cazzo affondato in bocca in quella maniera per qualche istante, poi si tirava indietro, per rifiatare, iniziando a leccare con cura il glande, prima con la punta della lingua sul frenulo, poi tutto intorno, e mentre leccava, masturbava con la mano sinistra. Poi, sempre tenendo il cazzo in mano, scese con la lingua bocca a leccare i testicoli. Dapprima li leccava con la lingua, poi uno alla volta li prendeva tra le labbra e, delicatamente, li tirava. Sottoposti a questo trattamento, ben presto i testicoli diventarono duri come il marmo. Infine, con rapido affondo del capo, si riinfilò in bocca quanto più cazzo potè, spingendo forte e tenendolo dentro fino allo spasimo.
Dopo qualche minuto di quel lavoro, Enrico disse: “Sandra, farei l’amore, subito”. “Non è così difficile”, rispose lei. Si alzò, e sfilò la Lacoste rossa ad Enrico. Passò le mani sulle sue spalle larghe e su quel petto che pareva poter contenere il mondo, poi si soffermò con la punta della lingua sui capezzoli delle tettine, che Enrico aveva pronunciate e sensibili. Sandra se ne accorse, e alternò leccatine a mordicchiate, mentre continuava a tenere in mano il cazzo pulsante. Poi, si sedette sulla scrivania, poggiò i piedini calzati con una paio di scarpette Superga rosse sul piano del mobile e si puntellò con le due mani dietro. In quella posizione, la corta gonnellina non poteva coprire nulla, e la sua fighetta era offerta agli sguardi di Enrico, senza difese. Le piccole labbra erano aperte, e il vestibolo della vagina riluceva di umori. Evidentemente Sandra curava il suo corpo, poichè la peluria pubica era lasciata crescere sul monte di Venere, ma dal clitoride in giù era tagliata corta. Enrico avvicinò il ventre a quella figa offerta senza pudori, puntò la punta del cazzo sull’orifizio della vagina di Sandra e, lentamente, la penetrò, senza alcuna difficoltà. La fighetta di Sandra era così lubrificata che il grosso cazzo di Enrico prese possesso in profondità di quella vagina, senza trovare ostacoli. In quella posizione, era sufficiente ad Enrico piegarsi lievemente in avanti, per raggiungere la bocca di Sandra, e possederle la bocca con la lingua, mentre possedeva la fighetta con il proprio membro. Sandra aiutava la penetrazione, slittando il culetto in avanti, e muovendo il bacino al ritmo che era imposto da quello di Enrico. Enrico gemeva, Sandra mugolava, per fortuna quel sabato mattina, il piano era deserto.
Ad un tratto, Sandra si svincolò dall’ennesimo bacio di Enrico e, mentre il cazzo affondato dentro di lei continuava a sbatterla con metodo, si rivolse ad Enrico: “Come è che non mi hai ancora inculato? ” Enrico rimase sorpreso. Come faceva a sapere della particolare predilezione che aveva per i culetti femminili? Aveva tirato ad indovinare, oppure aveva semplicemente espresso un proprio desiderio? “Non ti preoccupare, lo faccio subito”, rispose Enrico. Senza cambiare posizione, fu sufficiente appoggiare le gambe di Sandra sulle proprie spalle, mentre lei poggiava la schiena sul piano della scrivania. Enrico estrasse il cazzo fradico di umori dalla figa di Sandra, e lo poggiò sull’orifizio anale. Davvero, nessuno degli orifizi di Sandra, bocca, figa, culo, poteva dirsi meno che collaborativo. Il culetto di Sandra ricevette quel cazzo, accomodandolo con facilità all’interno del retto. Non c’era stato bisogno di leccarlo, nè di dilatarlo con le dita. Una lunga abitudine alla pratica dell’inculata aveva reso quel buchetto ricettivo al massimo. Ma ciò che la facilitava a sopportare la penetrazione anale era il desiderio di Sandra di sentirsi oggetto, usata per il piacere di un maschio. Lo espresse senza remore, “Siii, sbattimi, fottimi, usami, dai, incula… , inculami più che puoi”. Così incitato, Enrico la inculava con forza e con metodo, gustandosi la facilità di quella penetrazione, e coinvolto dal piacere aggressivo di Sandra. Sudava abbondantemente, il condizionamento non riusciva a diminuire la temperatura di quei corpi bollenti. Intanto, Sandra approfittava di quella posizione per masturbarsi, Con la sinistra allargava le labbra della vulva, mentre con la destra si accarezzava i clitoride. “Fantastico”, ripeteva, “mi fai morire, non fermarti”. Enrico continuò ad incularla, fino a che si rese conto che stava per sborrare nel culo di Sandra. “Sandra, sto per venire”.
A quelle parole, Sandra si alzò subito, si sfilò il cazzo dal culo e si inginocchiò davanti ad Enrico, la cui verga era lunga e tesa all’inverosimile. Il cazzo era ricoperto di ogni tipo di umore che la fighetta ed il culetto di Sandra avessero potuto produrre, ma lei non se ne fece un problema. Così imbrattato com’era, prese quel membro in mano e lo affondò di nuovo in bocca, con la stessa determinazione che aveva già palesato in precedenza. Enrico poteva distintamente percepire che, ad ogni succhiata della bocca di Sandra, corrispondeva uno spostamento dello sperma, dai testicoli verso il glande. E Sandra succhiava e succhiava, con una voglia irrefrenabile, e lo sperma viaggiava, viaggiava, come avesse consapevolezza che il suo viaggio, tra poco, sarebbe terminato nella bocca di quella donna in amore. Ma Sandra era brava, e sapeva che più faceva durare il bocchino, maggiore sarebbe stata la ricompensa, cioè la quantità di sperma, che avrebbe ricevuto. Cambiando metodo, sfilò gran parte del cazzo dalla bocca, trattenendovi solo il glande. Muovendo il capo con piccoli e brevi movimenti, accompagnava il lavoro della bocca a piccoli e precisi movimenti del polso, che esitavano in una leggera masturbazione dell’asta. Tutto questo mentre, ancora accosciata davanti ad Enrico, guardava verso l’alto, cercando i suoi occhi. Enrico, guardando verso il basso, vedeva il bel volto di Sandra accalorato, la bocca di lei che tratteneva tra le labbra la punta del cazzo, ed i suoi occhi, vivi, grandi che lo guardavano dritti, non per sfida, ma per comunicargli tutto il piacere che quella situazione le stava donando. Poi iniziò a titillare i testicoli con i polpastrelli della mano destra, mentre con la sinistra masturbava. Poi fu la volta delle unghiette che iniziarono a stimolare lo scroto di Enrico. Quel lavorio intenso non era meno eccitante per Enrico del bocchino precedente. “Sandra, ti prego, fammi venire, non ne posso più”, implorò Enrico. Sandra lo fissò, poi lasciando per un attimo il cazzo, si sbottonò il giacchettino e lo fece scivolare dalle spalle, a terra. Impugnò il cazzo con fermezza e sporse la linguetta, indurita e colpì il frenulo una, due, tre volte. Poi riaffondò il membro in bocca e riprese il golino che aveva interrotto in precedenza. Bastò un’ultima succhiata della bocca di Sandra, accompagnata da un deciso colpo della mano, ed il viaggio dello sperma ebbe termine.
Enrico non si trattenne più ed iniziò a eiaculare in quella bocca generosa. In un vertice di parossismo infrenabile, Sandra ricevette i primi schizzi di sperma direttamente in gola, tanto quel cazzo era ficcato in profondità nella sua bocca, ma poi cominciò a fare su e giù con il capo, e mentre il cazzo usciva ed entrava dalla sua bocca, Sandra incitava Enrico: “Dai, vieni, molla tutto, sborrami tutto quello che hai nelle palle”; e così parlando, lo sperma le schizzava in bocca e sulle labbra, e quando spingeva il membro in profondità tra le labbra, lo sperma già depositato sulla lingua e nell’interno della bocca era spinto fuori, e colava dai lati delle sue labbra. Gli ultimi schizzi di sperma li ricevette direttamente sul viso, mentre si passava il cazzo sborrante sulle guance, sulla fronte e su ogni centimetro disponibile di pelle. L’orgasmo di Enrico era stato imponente, l’eccitazione e la bravura di Sandra avevano fatto produrre una quantità di seme spesso e caldo ai testicoli del maschio, e così, quando ebbe terminato di eiaculare, il viso e la bocca di Sandra erano letteralmente ricoperti di sperma. In parte, era anche colato lungo il collo e tra i seni, ed Enrico capì che Sandra era stata previdente a togliersi il bolerino. Su quel colore turchese, la macchie di sperma sarebbero state troppo evidenti. Con un ultimo spasimo di voluttà, ad occhi chiusi, Sandra si affondò per un’ultima volta il glande in bocca, poi con la punta della lingua raccolse le ultime goccie di sperma dalla punta del cazzo. Lentamente si alzò, avvicinò il suo volto a quello di Enrico e sporse la punta della linguetta. La infilò tra le labbra socchiuse di Enrico, che, ancora obnubilato dall’incontrollabile ondata di piacere che lo aveva travolto, percepì il gusto del proprio sperma sulla punta della lingua di Sandra.
Poi, senza curarsi minimamente dello sperma che, fluidificandosi, le rigava il volto, così com’era, Sandra si sedette nuovamente sulla scrivania, di fronte ad Enrico, di nuovo con i piedi puntati sul pianale e le gambe larghe. Puntandosi dietro con la mano sinistra, con la destra artigliò i capelli di Enrico e con forza, con violenza quasi, tirò il capo di lui giù, tra le sue coscie. Enrico si sedette di fronte a lei, guardò il clitoride gonfio e pulsante che gli si offriva, prese per i fianchi Sandra e cominciò a succhiare, baciare, leccare quel clitoride, e ad affondare la lingua in quella vagina ricolma di liquidi, prima lentamente ma poi con una passione incontrollabile, che lo spingeva a moltiplicare i gesti, nel tentativo di placare la sua eccitazione, ancor prima di quella di Sandra. Lei, ad occhi chiusi, con i muscoli del collo gonfi, subiva quello che sembrava diventato un martirio, anzichè un piacere. Ad ogni colpo sul clitoride corrispondeva un gemito, una contrazione del ventre. Poi, il respiro iniziò a farsi più affannoso, “Si, continua, non fermarti, così, cosiiiiì”, il ventre prese a contrarsi ritmicamente, sempre più rapido, quindi approfittando di un momento in cui Enrico aveva riempito con la lingua la vagina, Sandra prese a masturbarsi freneticamente il clitoride con la mano destra. “Si, Enrico, si, siii, siiiiiiii”.
All’improvviso, Enrico sentì un fiotto di muco spesso colpirlo sulle labbra, staccò il viso dalla vulva per un momento, quanto bastava per capire che Sandra stava eiaculando sulla sua bocca, una vera e propria eiaculazione al femminile, fatta di muco spesso, e abbondante, e bianco. Enrico, emozionalmente drenato dalla situazione che stava vivendo, guardò ciò che stava avvenendo a pochi centimetri dai suoi occhi, poi affondò il viso tra quelle coscie, che lo strinsero all’inverosimile, e lasciò scorrere sul suo viso quel piacere femminile che non aveva mai provato prima in vita sua. Poi, in coincidenza con un sospiro liberatorio di Sandra, sentì scorrere sul viso un liquido diverso, altrettanto caldo, ma più fluido. Al culmine dell’orgasmo, Sandra non si era più trattenuta, e aveva inondato il volto di Enrico con un fiotto di urina. Enrico aveva vissuto quel momento con gioia pura, come una testimonianza della fuggente felicità che si era stabilita, per un attimo, tra lui ed Sandra. Passò e ripassò il volto, la bocca, la lingua su quella figa, fradicia di umori.
Quando lei ebbe terminato di sussultare, Enrico si alzò. Sandra era squassata dall’orgasmo provato, ancora seduta sulla scrivania, si passava una mano sulla fronte, madida di sudore in quel torrido agosto. Guardò Enrico, come per chiedere scusa di ciò che aveva combinato durante quel folle orgasmo. Enrico la guardò dritta negli occhi, poi avvicinò la sua bocca a quella di Sandra; percepì, intenso, l’odore del proprio sperma sul viso di lei. La baciò a fior di labbra, poi più in profondità, infine le prese il volto tra le mani e la baciò con furia, con passione estrema, sulla bocca, sulle guancie, sulla fronte, ovunque potesse trovare il sapore del proprio seme, ed unirlo a quello degli umori con cui Sandra, al culmine del piacere, gli aveva irrorato il viso e che Enrico portava con gioia ed orgoglio. E così, come quegli umori, sperma, muco, urina, si mescolavano sui volti felici ed eccitati dei due amanti, altrettanto Sandra ed Enrico si strinsero in un abbraccio. Non si erano mai sentiti così uniti, a qualcosa o a qualcuno. La vita pulsava dentro di loro. Si tennero stretti a lungo, in un abbraccio dal quale fu difficile sciogliersi. Ma lo fecero, tentarono di ricomporsi per quanto potevano, con poche parole e, forse, qualche imbarazzo da parte di lei. Quando scese un’amica a cercarla, Sandra era pronta per andare, e lo fece. Enrico rimase a guardarla, mentre si allontanava.
Da allora, non è successo più niente, nè mai più succederà. Sandra ha lasciato il suo fetido compagno, per sposarsi e prolificare, more uxorio. Una soporifera quotidianità fatta di doveri materni e di routine di lavoro, ha spento, per sua stessa ammissione, qualsiasi timida fiammella di fantasia, dentro di lei.
Enrico continua a tenere dentro di sè il ricordo di quella mattina, delicatamente. Quando la incontra, la guarda, come allora, e la vede allontanarsi con le spalle curve, sempre un po’ di più. FINE

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