La consulensa

Nel mio lavoro di consulente, si conoscono molte persone.
Con alcune è un rapporto saltuario, con altre diventa col tempo più approfondito e si instaura una reciproca confidenza che porta ad avere grande complicità.
L’episodio che voglio raccontare è capitato proprio con una di queste persone.
Una mattina squilla il cellulare:
“Ciao, sono D… , come stai? ”
“Bene, anche se vado un po’ di fretta”, le rispondo. D… è una bella signora di 40 anni di un paese vicino Roma, sposata e con due figli ormai grandi.
Sempre ben curata, è una di quelle donne che dopo poco che le conosci ti fanno rimescolare il sangue.
“Avrei bisogno del tuo aiuto per certi documenti dell’azienda agricola, potremmo vederci oggi pomeriggio in paese?
Lì potremo stare tranquilli, tanto marito e figli non ci vengono mai e potremo lavorare in pace”.
“Va bene”, le rispondo,
“ci vediamo alle 16. 00 da te”.
Puntuale alle quattro suono al citofono del palazzetto antico dove ha il suo ufficio, la porta si apre e salgo le scale.
“Vieni, entra. Ho un problema: entro domani devo consegnare questi moduli, ma non capisco come vanno compilati”.
Mi siedo e comincio ad esaminare le carte.
Noto subito che la cosa è estremamente elementare e contemporaneamente D… si siede accanto a me.
Mentre le spiego le cose la sento appoggiarsi sempre di più con la sua tetta contro il mio braccio.
Con la coda dell’occhio sbircio verso di lei e noto che sotto la giacca porta un body traforato che lascia ben poco all’immaginazione.
A questo punto mi dico:
“o adesso o mai più! “, e lentamente comincio a spostare la mia mano verso la sua coscia.
La appoggio sulla calza nera e non c’è reazione; incoraggiato vado avanti e risalgo lentamente fino all’orlo delle autoreggenti, proprio là dove comincia la pelle calda della coscia.
In quel momento sento la sua mano che sfiora i miei pantaloni sotto i quali già si sente prorompente l’erezione.
Beh, è fatta, mi dico, e rotto ogni indugio spingo la mano fino alle mutandine che sento già completamente bagnate, cominciando a massaggiarle le labbra gonfie di voglia.
D… non resiste e con un gemito a stento soffocato si tuffa verso la lampo dei miei pantaloni, la apre, ci infila una mano, me lo tira fuori durissimo e completamente scappellato e con un sospiro di soddisfazione se lo ingoia fino in gola.
Mi sento una scarica partire dal ventre fino al cervello mentre la sua lingua frulla senza sosta e dopo un po’ la fermo:
“Non voglio sborrarti in bocca, almeno per ora! “, le dico alzandola e ficcandole un palmo di lingua in bocca.
Le levo la giacca, la gonna e il body di pizzo mentre lei fa la stessa cosa coi miei vestiti.
Resto nudo, mentre lei conserva ancora lo slip e le autoreggenti.
La sollevo e la faccio sedere sul bordo del tavolo e lentamente comincio a leccarle il collo, e poi le tette ancora alte e sode, i capezzoli duri ed eretti, giù fino al bordo degli slip; la faccio stendere sul tavolo e se spalanco le cosce cominciando a leccarla dapprima da sopra le mutandine, poi scostandole con un dito.
A quel punto non resisto: gliele strappo via e affondo la lingua tra le grandi labbra ormai grondanti che colano umori giù fino al buco del culo.
All’improvviso le infilo un dito nell’ano e lei per tutta risposta geme di goduria e si apre ancora di più.
Il cazzo ormai esplode: mi alzo e lentamente comincio a farle scivolare la cappella sulle grandi labbra, e poi sempre più giù fino a sentirmi la metà del cazzo avvolto falla sua fica rovente.
Di colpo affondo con forza strappandole un grido di godimento.
“Dai, fottimi più forte”, rantola D…
Senza darle il tempo di finire le assesto alcuni colpi da sfondarle l’utero e poi d’improvviso mi fermo.
Lei mi guarda con gli occhi torbidi quasi senza capire, e comincio a sfilarlo lentamente.
Intanto le alzo le gambe fino a farle toccare la pancia con le cosce.
Un attimo dopo realizza cosa sto architettando: la voglio inculare.
Nel momento in cui appoggio la cappella al buchino mi fa:
” Piano, ti prego, fai piano, lì non l’ho mai preso, al massimo ci ho infilato un dito per godere di più”.
Lentamente comincio a spingere e ancor più lentamente il buco cede, si apre fino a che la cappella è dentro.
“Il tuo culo non aspettava altro, hai visto come lo ha ingoiato bene? ” le dico e lei di rimando:
“Vai. continua, ma fai piano”.
Io però avevo ormai troppa voglia e di colpo gliel’ho schiantato tutto dentro fino alla radice.
Soffoca un urlo di dolore a stento ma un attimo dopo mi incita a incularla più forte.
Ormai la sborra è alle porte.
Anche lei lo capisce.
Di colpo mi sfilo dal culo e girandole intorno le schiaffo il cazzo in bocca.
Lei senza farsi pregare comincia a pompare con foga fino a che dopo alcuni colpi comincio a sborrare come una fontana.
Lei beve fino a che ce la fa, poi comincia a uscirle la sborra dalla bocca che dopo un po’ raccoglie diligentemente: mai sprecare tanta buona sborra.
Non è più capitata una occasione così con lei, anche se quando ci incontriamo ha sempre lo sguardo ammiccante e torbido. FINE

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