Eravamo seduti ad un tavolino del bar, tra la gente che stava riacquistando il pallore della vita reale, dopo una estate calda e assolata. Davanti a noi la piazza, il duomo, la torre. Ottanta metri dai quali puoi guardare la città, sentirla vivere e respirare. Una città fredda, monotona, razionale. Una città che può dare molto ma che ti chiede in cambio l’anima, il tempo e la vita. Dopo la licenza estiva stava riappropriandosi dei propri figli. Ignari molti, indifferenti gli altri. La sentivo attorno a me, la sua vocina che suggeriva “è ora, è ora di tornare a casa… ”
No, non ancora, pensai.
“Hai voglia di giocare? ” chiesi a Maurizio alzandomi di scatto
“E a cosa? ”
“Non so… fammi pensare… ” guardai la torre e di nuovo Maurizio
“Mi lasci condurre il gioco? ”
“Come potrei risponderti di no…. ” rispose sorridendo
Passammo davanti all’ingresso della torre per vedere se si poteva andare su. Ebbene apriva solo due giorni alla settimana, dalle dieci a mezzogiorno. Casualmente era uno di quei giorni.
Io vestivo una gonna larga e lunga, una camicetta e una giacca. Gli scalini erano tantissimi e i piani avevano alternativamente una finestra che li illuminava o erano bui. Feci un piccolo scatto lasciando Maurizio dietro e chiedendogli di aspettare un minuto. Non riusciva proprio a capire, comunque accettò di buon grado. Al piano successivo mi sono sfilata i collant e le mutandine e le ho messe nella borsa.
L’ho quindi chiamato mentre ricominciavo a salire. Poco dopo mi raggiunge un po’ ansimante come del resto lo ero io (forse più per l’eccitazione che per la fatica). Arrivata ad un piano con la finestra mi sono girata piroettando su me stessa, alzando così la gonna larga. Dovevi vedere la faccia di Maurizio quando si è reso conto che sotto non portavo niente. Ha cercato di prendermi ma sono ripartita e l’ho lasciato un po’ indietro. Al piano buio mi sono seduta e l’ho aspettato così con le gambe aperte e la gonna a metà coscia. Quando mi ha visto si è buttato in ginocchio davanti a me e ha cercato di toccarmi. Non so se hai presente come sono strette le scale di queste torri ma mi è bastato allungare le gambe verso il suo petto per buttarlo contro la parete, con le spalle al muro, in piedi. Gli vedevo l’eccitazione nei pantaloni e gli ho detto, sottovoce, di tirarselo fuori e toccarselo lì davanti a me. Lo ha fatto e, proibendogli di avvicinarsi, ho cominciato ad accarezzarmi. Eravamo lì al buio quando sentiamo dei rumori di persone che salgono. Per essere presentabile mi era stato sufficiente alzarmi in piedi mentre Maurizio, impacciato, faticava a rimettere il sesso nei pantaloni. Mi sono buttata verso di lui, gliel’ho preso in mano e inginocchiandomi me lo sono portata alla bocca. I rumori si avvicinavano e sentivo la sua nervosa impazienza tra le labbra. Ho continuato appena un po’ e poi l’ho lasciato, riprendendo la mia corsa verso la cima. Lui mi ha rincorso affannosamente con il sesso fuori, eccitato e con le mani che disperatamente cercavano di rimetterselo dentro. Al piano con la finestra mi sono fermata e Maurizio mi ha raggiunta subito. Si è messo al mio fianco cercando di riprendere fiato. Intanto le persone che stavano salendo erano quasi arrivate e poco dopo ho cominciato a vederle. Erano quattro ragazzi, due coppie, sembravano tedeschi o olandesi. Quando stavano ad una decina di scalini da noi ho messo la mano sul sesso di Maurizio, era ancora eccitato e lo sentivo bene attraverso il tessuto. Lui era rivolto con lo sguardo verso la finestra, io appoggiata con le spalle al muro. Eravamo vicini, fianco a fianco e ho cominciato a aprirgli i pantaloni Sai con i jeans basta un tocco. Maurizio era impietrito, i turisti ci stavano passando accanto e uno dopo l’altro ho fatto saltare tutti i bottoni dalle asole. I turisti passarono oltre. Lo stavo masturbando piano piano con la mia mano destra quando con la sinistra mi sono slacciata i bottoni della camicia e ho cominciato a toccarmi i seni e ad accarezzarmeli. Poi mi sono mossa verso gli scalini successivi portandomi Maurizio dietro, tenendolo per il sesso. Era difficile salire per quelle strette scale in quel modo; l’ ho mollato e sono salita di nuovo di corsa fino a raggiungere l’ultimo piano dove c’erano i turisti. Mi sono messa a guardare la città dall’alto cercando di respirare. Sudavo Dopo poco è arrivato anche lui. Aveva la faccia stravolta, stava ansimando ed era veramente adorabile lo sguardo che mi lanciava. Mi stava chiedendo con gli occhi cosa gli sarebbe successo, dopo. Non ti ho detto quanta eccitazione mi aveva preso in tutta questa storia. Mi sentivo bagnata ed avevo l’impressione che i miei umori stessero scendendo lungo le cosce. Mi resi conto di essere in piedi con le gambe incrociate. Le tenevo strette. Siamo stati a guardare la città dall’alto fino a che i tedeschi (o olandesi? ) non hanno preso la via del ritorno. Allora ci siamo ritrovati da soli, gli ho preso la mano e dopo essermi tirata su la gonna me la sono portata tra le gambe. Ci siamo abbracciati, baciandoci a lungo. La sua mano continuava muoversi dentro e fuori di me, gli ho tirato fuori il sesso e facendo presa con un mio braccio attorno al collo mi sono sollevata su di lui e me lo sono messa dentro. Forse era per l’eccitazione accumulata o che so io, ma ho raggiunto un orgasmo istantaneo, fulminante. Siamo rimasti avvinghiati, io avevo la schiena che appoggiava alla parete e le braccia attorno alle sue spalle e alla sua testa. Mi baciava sul collo e intanto lo sentivo dentro di me. Mi possedeva alternando momenti di forte intensità ad altri di dolcezza. Lo sentivo fermo per poi riprendere con forza per poi di nuovo rallentare. Gli ho stretto le gambe fortemente, attorno alla vita. Poi mi sono sollevata e lui è uscito da me. L’ho baciato a lungo sulla bocca. Mi sono chinata e glielo ho preso in bocca. Mi piace sentire il gusto dei miei orgasmi e ho cominciato a leccarlo e succhiarlo. Sentivo che stava per esplodere, mi spingeva il sesso in bocca come volesse scoparmi in quel modo e il ritmo si stava facendo frenetico; con le mani mi teneva la testa attaccata al sesso e me lo spingeva dentro. Ho fatto fatica a resistergli ma non volevo che si concludesse così. L’ho morsicato appena appena in modo da bloccarlo un attimo, poi mi sono tolta da lui.
Mi sono rialzata in piedi e l’ho visto piuttosto contrariato. Dopo avergli fatto capire che ero io a decidere, gli ho chiesto di finire da solo. Non ne era molto contento e così ho appoggiato la mia mano sulla sua seguendone i movimenti..
Lo guardavo negli occhi mentre con le dita lo solleticavo sulla punta, sulle zone più delicate e sensibili. Si è lasciato andare all’indietro socchiudendo gli occhi e schizzando il seme sulla mia mano e sulle tavole di legno della antica torre.
La città continuava ad essere là, sotto di noi. Respirava senza sforzo, allegra di aver ritrovato i propri figli. Credo non si sia accorta di nulla. FINE