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Teresa

Accesi una candela e l’atmosfera fu subito più invitante.
Chiesi a Teresa se voleva fare un bagno con me.
Rispose di si, che si poteva fare.
Ci spogliammo dentro quella penombra, con la candela galleggiante nel bidet, che creava e smorzava ombre su ombre.
Teresa per prima entrò nel bagno e si tolse l’abito bianco, ancora fresco.
Il suo fondoschiena era curvato deliziosamente, come un violino pronto all’uso.
I seni turgidi avrebbero riempito a malapena una scodella, la conoscevo solo da due ore e già ero lì, ad inizio intimità.
L’acqua iniziava a scendere copiosa nella vasca, a giusta temperatura.
Ne troppo calda, ne troppo fredda.
Dentro l’appartamento, il condizionatore era guasto, fuori, l’afa era insopportabile per due corpi congiunti, appiccicosi.
Si versò l’acqua sul capo, distendendola sul collo e sui capelli finto biondi e via via scese sino a bagnarne le labbra.
Ci baciammo, così, ognuno immerso nella propria parte di vasca.
La toccavo, le spiegavo dove toccarmi, per sentire il mio coso che si ingrossava man mano che la sua parte d’acqua si avvicinava alla mia.
Era gradevole, sin troppo.
Una ventina di minuti così, a scoprire la pelle dell’altro.
Poi uscimmo dalla vasca, fuori il caldo era ancora insostenibile, Teresa prese un asciugamano e cinse i seni compatti e pronti ad essere palpeggiati.
Si buttò come un sacco vuoto sul divano e finì di asciugarsi.
Lo feci d’istinto.
Mi inginocchiai di fronte a lei e iniziai a baciarla da ogni parte, nel bel mezzo delle gambe umide.
La schiena di Teresa s’inarcò all’indietro, capelli compresi, mai in cinque anni di matrimonio aveva provato il piacere di una lingua tra le cosce.
Teresa, ignara di tanto piacere, sviolinò complimenti sul sesso orale, tanto da produrre due effetti distinti.
Un rossore dovuto allo spasimo della mia faccia premuta contro il roseo clitoride e una sacrosanta erezione.
Ci prendemmo per un ora almeno.
La sua carne era tenera, tenerissima.
La infilzai ed ella si impenetrò in me.
Il ritmo era lento, quasi ossessivo, dolce, faceva troppo caldo.
Iniziammo a sudare e Teresa mi montò sopra portandosi i capelli indietro, muovendosi ora più veloce, dalla figa le usciva ogni ben di dio e mi sentivo bagnare tutto e lei tutto bagnava.
Mi sporcò tutte le lenzuola, copri materasso incluso.
E mi prese quel che restava di duro e lo agitò fintanto che il muscolo non esplose in aria.
Invischiandosi le mani, come cera calda.
E la mia candela di carne s’ammorbidì sino a diventare pozzanghera.
Con fazzoletti di carta a recuperare l’umore fuoriuscito che la ricopriva, a far da sindone, per raccogliere l’impronta attaccaticcia.
E i figlioli sperperati gettati nel WC, per disperderne le tracce.
Erano solo tre ore che ci conoscevamo, e non sarebbero state le ultime… FINE

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