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Il turno di chiusura delle piscine

Quella sera avevamo programmato di andare in pizzeria. Ci ritrovammo sul piazzale antistante. lei era già arrivata ed entrammo subito. Non c’erano ancora moltissime persone, così potemmo prendere un tavolo con buona possibilità di scelta e ci sistemammo in un box, zona fumatori. Ordinammo quasi subito e ci portarono le birre con una certa velocità.
Mangiammo di gusto, la pizza era buona, la birra finì velocemente e dovemmo ordinanarne dell’altra. Parlavamo del più e del meno, gran parte dei nostri discorsi riguardavano i colleghi di lavoro, con piccole confidenze e pettegolezzi, che mi facevano sempre pensare a come lei ne fosse a conoscenza. Come quando mi confidò che la collega della contabilità si vedeva regolarmente con il ragioniere, ma sempre fuori dall’azienda, anzi qui tenevano un comportamento quasi da estranei, tale magari da lasciare trasparire una certa ostilità, al di là di quelli che erano necessariamente i rapporti di lavoro che, per forza di cose, dovevano tenere. Ma quando erano in ufficio, la porta era sempre aperta, in modo che nessuno potesse pensare ad alcunchè.
Personalmente, non avevo mai notato nulla, neppure questi particolari e ciò mi stupiva. Confidò che i due si trovavano a casa di lui, che abitava in un’altra città e passavano interi fine settimana senza uscire. Mi confidò anche che, a volte, frequentavano un club privato, abbastanza lontano. Poi l’informazione passò agli acquisti, con quella ragazzina, assunta da pochi mesi, che si lasciava mettere le mani sul culo, anche sotto la minigonna che portava sempre cortissima. Questa l’avevo notata anch’io, cioè avevo notato la minigonna e la sua portatrice, ma nulla mi faceva pensare che lasciasse ai maschi tali iniziative, anzi la mia impressione era che proprio lo evitasse, al di là dell’abbigliamento. Mi raccontò che la moglie del titolare entrava spesso nel magazzino, specie quando il marito era fuori per qualche fiera o altro, evidentemente attratta dal magazziniere, che trovavo antipatico con la sua testa rasata e le arie che si dava con la motocicletta.
Tra un boccone e l’altro, tra un sorso di birra e l’altro, mi aveva raccontato un’infinità di particolari sulla vita dei colleghi, specie su quella privata, disegnando un mondo ricco ed articolato, che non mi aspettavo. O, comunque, che non conoscevo. Ma, soprattutto, restava per me un mistero sul modo con cui potesse avere tutte quelle informazioni, specie quelle più delicate e che, probabilmente, gli interessati avevano ben cura di tenere nascoste. Uscimmo e mi chiese di accompagnarla perchè non aveva la macchina, dicendomi che l’aveva accompagnata la sorella, andando in palestra. Lungo la strada mi chiese se volessi andare in piscina. Le feci presente che non avevo nulla di adatto perchè non pensavo a questo. Non feci cenno al fatto che evidentemente neppure lei aveva costume o altro con sè. Si limitò a dire: “Andiamoci lo stesso … ” Quando giungemmo, vidi che era evidentemente giorno di chiusura. Le luci erano spente, non c’era una macchina, erano spenti anche i fari del piazzale esterno. Le feci notare questo e lei:
“Fermati lì … “, disse, indicando il punto più estremo del piazzale. Probabilmente, sapeva benissimo che quello era il giorno in cui le piscine erano chiuse per il riposo settimanale.
Fermai e spensi il motore ed i fari. Intravedevo appena il suo volto nel buio. La sua mano toccò la mia coscia, vidi che si protendeva lungo il sedile appoggiandosi con la testa sullo schienale. Non sapevo bene come fare, o almeno i tempi da seguire. Prese una delle mie mani e la guidò verso di sè, su una coscia. Ruotando il busto, porsi l’altro braccio verso di lei, all’altezza del seno, fino alla maglia che lo ricopriva. Il suo seno era morbido e corposo allo stesso tempo.
Reagì in modo da facilitarmi ogni movimento. Scesi in modo da giungere al ventre, dove finiva la maglia, intrufolai la mano sotto, prendendo contatto con la pelle, risalendo verso il seno, fino alle coppe rinforzate del reggiseno. Il suo corpo spinse in avanti il bacino. Si spostò quel tanto che bastava per raggiungere il meccanismo per inclinare all’indietro lo schienale, continuò fino a chè lo schienale non fu del tutto abbassato. Con l’altra mano cercai di raggiungere la coscia, sollevarle la gonna, accorgendomi che non portava le calze. Il contatto con la pelle fresca delle sue gambe mi eccitò ancora di più. In breve, giunsi agli slip, infilandoci un dito sotto, lungo l’elastico.
Intanto, avevo liberato un seno dalla stoffa del reggiseno e solleticavo il capezzolo, massaggiando delicatamente il tutto, capezzolo e seno. Mi dedicai all’altro, abbassando anche questa seconda coppa. Muovendosi con le braccia, fece in modo di permettermi di alzare la maglia al di sopra dei seni. La mano infilata negli slip si spostò verso il pube, fino a toccare i primi peli morbidi. Giunsi alla fica, sentii che stava allargando le cosce per lasciar passare la mia mano. Con le dita mi infilai nella fessura, in verticale, muovendole lentamente, soffermandomi sul clitoride per scendere nuovamente lungo la fessura.
Lei si tirò all’insù in modo che il tutto mi fosse più facile e completò il movimento allargando le cosce per quanto fosse possibile. Intensificai il mio lavoro con le dita sulla sua fica, scostando il bordo degli slip. Dopo un po’, lei mi allontanò e si sfilò, alzando le reni, lo slip, infilandolo nella tasca della portiera. Si alzò a sedere e protese le mani verso di me, accompagnandomi ad appoggiarmi allo schienale. Poi prese la mia cintura, ne sganciò la fibbia, l’aperse. Aperse i pantaloni, abbassò la cerniera, frugò con ardore, scostando gli indumenti e infilando una mano nell’elastico dei miei slip. Toccò il cazzo, l’afferrò subito, con decisione, lo portò all’esterno. Muoveva la mano in un accenno di sega, poi con un dito saggiò se la cappella avesse già preso ad inumidirsi.
Armeggiò con la borsetta, traendone un preservativo, me lo infilò, srotolandolo lungo l’asta, fino alla base. Protese il suo viso verso di me, prendendolo in bocca. Con un braccio raggiunsi le sue chiappe, toccandogliele, cercando il solco, infilandoci una umano. Seppure con difficoltà riuscii a raggiungerle la fica con la mano, ebbi la sensazione che protendesse il culo in modo da facilitare il contatto della mia mano con la sua fica. Evidentemente non aveva intenzione di farmi finire con un pompino, per chè si distese abbandonando il cazzo con la bocca. Feci per mettermi sopra di lei, ma prima feci in modo di abbassare i pantaloni alle caviglie. Feci lo stesso con gli slip. Non lasciò che mi mettessi su di lei, aveva evidentemente cambiato idea, e mi scostò. Fu lei a prendere una diversa posizione. Si alzò, si girò, mettendosi alla pecorina, spostandosi in avanti in modo che avessi spazio per poterla prendere da dietro.
Mi posi quindi dietro di lei e diressi il cazzo, con la mano, verso di lei. Una sua mano era pronta a prenderlo in consegna e dirigerlo esattamente dentro la fica. Entrò senza fatica, la fica era già particolarmente bagnata, pronta ad accogliere il cazzo, e anche il preservativo era inumidito dopo il suo lavoro con la bocca. Non ostante l’angustia dello spazio, mi muovevo bene avanti ed indietro dentro di lei. Mi chinai per toccarle i seni, continuando a muovermi lentamente dentro la sua fica. I suoi capezzoli erano duri, avrei voluto leccarglieli. Ripiegai sul baciarle la schiena, facendo in modo di insalivarla quanto più possibile. Continuai a scoparla, avanti ed indietro, accelerando. Decisi di insistere fino a che non avessi raggiunto l’apice. Venni convulsamente, con forti fremiti, spingendo con colpi decisi. Lei, a sua volta, spingeva il culo all’indietro aderendo ai miei movimenti. Mi ritrassi lentamente, con il cazzo che si stava ammosciando e il preservativo che risultava sempre più abbondante rispetto al “contenuto”. Non potei fare altro che toglierlo, poggiandolo nel posacenere aperto. Lei cambiò posizione e mi porse un fazzoletto di carta per ripulirmi. Mi appoggiai allo schienale e vidi che sorrideva (oramai gli occhi si erano abituati all’oscurità).
Tentai di baciarla, ma mi fu difficoltoso, sia perchè aveva lo schienale abbassato, sia perchè si scostò, così che la baciai sul collo. Ma non si sottrasse del tutto, dal momento che con la mano cercò il mio cazzo, molle, cercando di ravvivarlo, inizialmente senza esiti. Mi dedicai ai sui seni, avvicinai la bocca, slinguai un capezzolo, poi passai all’altro. Con la mano ripresi a toccarle la fica, passando un dito nel solco della fessura, attardandomi sul clitoride, tornando lungo la fessura e dentro di essa. Infilai un dito nella fica, lo ruotai delicatamente, lo spinsi a fondo, lo ritrassi girandolo. Lei mugolava, continuai. Poi, all’improvviso, quasi cambiando idea, mi allontanò da sè, prese un fazzoletto di carta e si ripulì la fica. Armeggiò con il reggiseno, si risistemò abbassandosi la maglia. Prese lo slip dalla tasca della portiera e lo reindossò, alzando le reni e sistemandosi la gonna. Rialzò lo schienale del sedile e sussurrò:
“… andiamo, adesso …. “. Mi sistemai a mia volta, allacciai la cintura e avviai la macchina. Lei si sistemava i capelli, non parlava. Mi diressi verso casa sua e, quando fui quasi arrivato, mi chiese di lasciarla scendere prima perchè voleva arrivare a piedi. L’accontentai, rimanendo in macchina e seguendola con lo sguardo fino a chè non la vidi entrare. Venne ad aprirle il marito, lei lo baciò e, mi sembrò, sulla bocca. Senza dare nell’occhio, si girò nella mia direzione ed entrò a casa. Quando la porta fu chiusa e vidi che si accendeva una luce al piano superiore, mi allontanai. Tornando a casa, mi fermai in un bar per prendere un’altra birra. FINE

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