Quell’invito

Nei giorni successivi all’incontro con i vigilantes, lessi sul giornale locale di quale successo avesse ottenuto l’attività di ronda che la polizia privata svolgeva all’interno del parco cittadino. Ovviamente, si diceva di come fosse stato notevolmente ridotto il fenomeno della prostituzione, si sottolineava il livello di professionalità del personale impiegato e si dava, quindi, estrema enfasi alla scelta della giunta che aveva preferito uno strumento così efficace rispetto al normale impiego della forza pubblica. I vigilantes avevano completato in tempi brevissimi la pulizia dell’area pubblica che tornava, così, ad essere uno spazio a completa disposizione dei cittadini.
La sera lessi l’articolo a mia moglie e le feci notare che non c’era alcun riferimento alla schedatura dei fermati. La paura che la nostra esperienza diventasse di dominio pubblico si affievolì e, dopo che per giorni avevamo evitato anche solo di accennare all’episodio, ci trovammo a rivivere nel racconto l’eccitazione di quei momenti.
– Devo dire che ho goduto come mai mi era successo. – disse Dora
– Soprattutto quando la vigilantes mi ha preparato al cazzo del suo collega. – E poi aggiunse
– è anche vero che, nel breve tempo in cui lui mi ha scopato con il suo coso enorme, ho avuto un orgasmo incredibile. Peccato che sia venuto subito.
– Era proprio diventata una porca. Ma l’avevo voluto io. Trasformando l’innocente che i suoi genitori avevano cresciuto con una rigida educazione in una vogliosa puttana. Ma mi piaceva. Tanto.
– Vieni qui, piccola troia. – le dissi
– Vieni qui e succhiami il cazzo. – Lei si mosse verso di me, ancheggiando e sorridendo. Mi sbottonò i pantaloni, mi infilò la mano negli slip e me lo tirò fuori. Cominciò a pomparmi come la più esperta delle puttane. Mi fece venire rapidamente, ingoiando tutto e leccandosi le labbra come se avesse gustato una crema prelibata.
– Sei stupenda. – le dissi. E lei, guardandomi con i suoi occhi da cerbiatta
– Merito tuo. Mi hai trasformata. – Ma io le feci notare
– No, mia cara. è vero che ho sempre insistito perché ti lasciassi andare. Ma sei tu, con la tua vera natura, la tua passione e la tua capacità di essere pronta alle nuove esperienze, che mi trascini e mi porti a superare i timori e le paure. – Lei, dopo aver riflettuto, mi disse
– Già…, devo ammettere che soprattutto al parco tu hai fatto ben poco per influenzarmi. è bastato che la vigilantes cominciasse a trattarmi con autorità e, in un misto di paura e di voglia, mi sono lasciata andare. Desiderando che mi facessero di tutto. Adesso, ripensandoci a mente fredda, provo ancora paura. Ma penso che lo rifarei. – Ero felice. Dora era la donna che avevo sempre desiderato. Bella, vogliosa e che, dietro l’apparenza della santarellina, celava la natura di una troia consumata.
Questo stato di benessere è durato fino all’altro giorno quando, tornando a casa dal lavoro, mi sono fermato a fare la spesa.
– Buonasera, piccolo uomo. Dove si trova la sua bella compagna? – La voce squillante di Manuela, la vigilantes del parco, mi colpì alle spalle come un pugno. Rimasi un momento di troppo senza rispondere e lei continuò
– Non si preoccupi. Non deve temere nulla. Sono di servizio qui al supermercato e, avendola notata, ho pensato di salutarla. – Il tono di voce pacato e per nulla somigliante al tono autoritario che aveva usato al parco, l’uso del lei e non del tu, il fatto di trovarmi in mezzo ad altre persone, mi permisero di riacquistare un minimo di equilibrio. Che mi permise di girarmi e di guardarla. Prorompente nella sua divisa verde che la conteneva a fatica, mi guardava sorridendo. Le risposi.
– Buonasera. Sono solo perché oggi mia moglie è andata al lavoro con la sua auto ed è tornata a casa da sola. Non sempre viaggiamo insieme. – Mi stavo giustificando. Mi sentivo così piccolo davanti a quella donna che custodiva un segreto in grado di rovinare la reputazione di mia moglie e la mia. Si avvicinò. Molto vicino.
– Non devi avere paura di me, piccolo uomo. – Era passata di nuovo al tu, come al parco. Sentii un brivido lungo la schiena.
– So a cosa stai pensando. Hai paura di me. Ma non devi. Quello che è successo è un episodio che non avrà conseguenze spiacevoli. Le foto che vi abbiamo fatto sono ben custodite. E non verranno usate se non per la nostra tutela. – E aggiunse, con tono vibrante
– Sai, dobbiamo evitare che qualcuno decida di rendere pubblico il metodo che abbiamo usato per ripulire il parco. O peggio ancora, decida di rivolgersi alle autorità. è solo una specie di polizza. – Si allontanò e mi chiese con il tono pacato iniziale.
– è più tranquillo ora? – Mi dava nuovamente del lei. Ero sconcertato. Ma assunsi un tono il più possibile sereno e dissi.
– Si, si. Effettivamente siamo rimasti molto colpiti dalla sua frase. Quando ha detto che le foto sarebbero state utili. – Mi sorrise
– Ma sa, in quei momenti i pensieri non sono proprio limpidi. è vero, ho pensato che sarebbe stato bello rincontrarvi per divertirci ancora insieme. Ma devo anche capire che apparteniamo a due mondi così distanti… – Non so cosa mi prese. Ma sentivo dentro un’emozione fortissima. La interruppi
– Perché dice così? Non è vero. Siamo tutte persone che vivono del loro lavoro. E non devono esserci distanze… – Mi sembrava che qualcun altro parlasse al posto mio. Ma come? Avevo davanti un potenziale carnefice, che aveva già dimostrato di saper approfittare di noi usandoci come oggetti di piacere. E invece di prendere le distanze le davo l’opportunità di colpire.
– Lei è veramente un uomo interessante. – Si avvicinò.
– Mi piacerebbe conoscerla meglio. – Sentivo il suo odore. Acre, pungente. Nei suoi occhi una luce maligna, affascinante. Aggiunse
– Sa cosa potremmo fare? Vorrei invitare lei e sua moglie alla festa di sabato sera. è l’occasione in cui il sindaco consegnerà un riconoscimento al titolare della nostra società di servizi. Ci saranno le autorità, tutti i nostri colleghi liberi e un sacco di altra gente. Forse in un luogo e in un momento dove si incontrano persone così diverse sarà possibile che io e lei si possa parlare con tranquillità. E conoscersi meglio. Molto meglio. – Usò un tono così sensuale nell’ultima parte della frase, che mi trovai a correre con la fantasia. Le immagini più piccanti e eccitanti si susseguivano nella mia mente. Sentii la mia voce, lontana, dire.
– Si, volentieri. Verremo senz’altro. – Mentre si allontanava, per tornare al suo posto disse.
– Allora ci vediamo sabato. La festa si terrà nella villa del nostro titolare. Le farò recapitare l’invito a casa. D’altronde il suo indirizzo ce l’ho… E mi raccomando: abito da sera. La festa si svolgerà all’aperto. La villa è dotata di un grande parco… – Rise, ammiccando, dopo aver pronunciato l’ultima parola. Rimasi così, con un sorriso ebete sul viso mentre il cuore mi pulsava nelle tempie. Lasciai il carrello senza completare la spesa e raggiunsi la mia auto rapidamente. A casa mia moglie mi accolse con un caldo abbraccio. Era vestita in modo provocante. Sottoveste trasparente e intimo da capogiro. Musica di sottofondo e candele accese.
– Ho pensato di passare una serata un po’ particolare. – disse
– Cena leggera e poi sesso a volontà… – Ma non vedendo la mia solita reazione entusiasta mi chiese
– Che c’è? è successo qualcosa di grave al lavoro? – Mi lascia cadere in poltrona e le raccontai tutto di un fiato quanto era accaduto. Dora, dopo avermi ascoltato, si accoccolò ai miei piedi e dolcemente disse
– Non faremo nulla che non desideriamo fare davvero. E poi se non andiamo alla festa cosa vuoi che succeda? – Aveva ragione. Razionalmente capivo che aveva ragione. Ma qualcosa dentro di me già sapeva che avrei fatto di tutto per rincontrare di nuovo Manuela. E il mio cazzo reagì indurendosi. Dora fraintese il mio stato.
– Ecco, vedi. – mi guardò sorridendo e passandosi la lingua sulle labbra.
– Lui è dalla mia parte. Lasciati coccolare e vedrai che saprò cancellare i tuoi brutti pensieri, bambino mio. – Era davvero fantastica. Lasciammo da parte la cena e cominciammo a scopare senza tanti preamboli. La presi con foga, quasi con rabbia. Lei godeva diceva che ero il suo signore.
– Ti voglio inculare, bella troia – Le dissi duramente. E lei
– Siiii, prendimi mio padrone. Come vuoi tu… – Venni quasi subito dentro di lei. Rimanemmo un po’ abbracciati poi ci addormentammo sereni. Dopo aver sfogato la mia libidine mi sembrava di aver perfettamente ripreso il controllo. In fondo non sono obbligato ad accettare quell’invito, pensai.
Oggi, sabato. Mattina.
Mi sveglio al suono del campanello. Oggi non lavoriamo. Guardo l’ora. Sono le nove del mattino.
Vado ad aprire la porta. Prima ancora di capire, di guardare in faccia l’uomo bassetto che ho davanti, mi sorprende un brivido. La divisa. L’uomo indossa la divisa verde. è un vigilantes.
– Buongiorno. – mi dice
– Devo consegnarle questo invito per la festa di stasera. All’interno troverà l’indirizzo e tutte le informazioni necessarie per raggiungere la villa del nostro titolare. Arrivederci. – L’uomo se ne va. Rimango con la busta in mano a guardare la sua auto che si allontana. Dora mi chiama.
– Caro, dove sei? Chi c’è alla porta? – Rientro.
– Dora, scendi in salotto. – Mi siedo sulla poltrona. Ecco Dora. Scende sorridendo. Abbiamo appena trascorso momenti di sesso sfrenato e ci abbiamo dormito sopra. Entrambi riposati.
– Ma che faccia hai? Che Cosa succede? – Mi chiede. Le parlo con un tono opaco, senza emozione
– è arrivato. èa arrivato l’invito per la festa di stasera. Cosa facciamo? – E lei, sorprendendomi.
– Ci andiamo. Stanotte nel sonno non hai fatto altro che parlarne. è da tempo che parli nel sonno. E così non riesci ad avere segreti per me. è anche per questo che so sempre cosa desideri davvero. Anche quando non me ne parli durante il giorno. – E poi, rivelando ancora una volta la puttana che ormai adoro.
– Non sarà certo una festa come quella di stasera a farci paura. Vedrai. Mi vestirò come piace a te. E tutti mi guarderanno e ti invidieranno. Perché sei un uomo meraviglioso e io, che ti appartengo, voglio farti sentire un re. – Mi fa sentire davvero speciale la mia dolce Dora.
– è vero, perché dobbiamo avere timori? – Mi sentivo solido, pronto ad affrontare gli eventi. E le dissi.
– Hai ragione. Dobbiamo tornare padroni del gioco. E provocandoli li sorprenderemo. Bene, non vedo l’ora. – Ma mentre pronuncio l’ultima frase l’immagine di Manuela e della sua divisa sottoposta a sforzo dal suo fisico prorompente mi provocano un brivido e un’erezione immediata. Già, non vedo l’ora.

è giunta l’ora di andare.
– Dove sei Dora? Guarda che il rinfresco prima del discorso del sindaco viene servito per le nove. Dobbiamo andare.. – Il fiato mi manca, le parole mi muoiono in gola. Dora sta scendendo le scale. Ha i capelli raccolti così da lasciare il lungo collo in evidenza. Il trucco rende merito alle sue labbra e, soprattutto, ai suoi occhi da cerbiatta. Un misto di purezza e di troiaggine. E il vestito? Lungo, da sera. Morbido, che lascia evidenti le forme senza essere troppo aderente. Decoltè ampio, senza reggiseno. Dora se lo può permettere. Già il tessuto provoca sfregando l’indurimento dei capezzoli. Gli spacchi laterali e l’ampia scollatura posteriore sottolineano le lunghe gambe e la forma inarcata della schiena. Che io adoro. Ed infine le scarpe, con tacco a spillo. Il finimondo.
– Ma sei pazza? – Le chiedo.
– è vero che dobbiamo provocarli. Ma così se non provochi un malore a qualcuno è un miracolo. E potresti subire delle aggressioni, persino dal sindaco in persona. – Lei sorride, con malizia.
– Se avessimo un po’ di tempo ti farei un pompino. Sei in uno stato di evidente ammirazione… – Cerco di aggiustarmi il cazzo. Effettivamente i boxer e i pantaloni leggeri, estivi, non aiutano.
– Ci metterò del ghiaccio appena ci avviciniamo al buffet. – Mi sento superbo vicino a questa meravigliosa creatura. Non passeremo certo inosservati alla festa.

Seguendo le indicazioni presenti nell’invito giungiamo alla villa. All’ingresso due guardie che indossano la divisa verde fermano la nostra auto per controllare l’invito. L’uomo dalla parte di Dora le sorride ammiccando. Lei, maliziosamente, accavalla le gambe. Se non fosse che altri veicoli si accodano al nostro credo che ci terrebbero a lungo al cancello. Il capo, quello dalla mia parte, dice
– Andate pure. E divertitevi. E tu, Franco, riprenditi gli occhi. Ti sono caduti nella scollatura della signora. – Mentre ci proseguiamo verso il parcheggio guardo Dora. Ha un’espressione di trionfo in viso.
– Hai visto? – mi dice
– Gli uomini sono tutti uguali. Noi donne possiamo farli sentire degli dei o degli idioti. Basta così poco. Vedrai che stasera usciremo vincitori da qui. E tu sarai il vero re di questa festa. – Le rispondo ammirato per la sua sicurezza
– E tu la mia regina. Hai ragione. Ce ne andremo da qui dopo aver dimostrato a chiunque che non abbiamo alcun timore. Così chiuderemo definitavene questa faccenda. – Lasciamo l’auto e raggiungiamo gli altri invitati in prossimità dei banchi che servono piccole portate di cibo, vino rosso e champagne a volontà. Scorgo il sindaco che è attorniato dal solito codazzo di falsi ammiratori. Sta parlando amabilmente con un uomo di mezza età, non molto alto, dal fisico pesante e tarchiato. Noto che occasionalmente l’uomo dà ordini al personale che sta servendo ai tavoli distribuiti nel giardino. Intuisco che si tratta del padrone di casa, nonché titolare della società di polizia privata. è lui che riceverà dal sindaco il riconoscimento per l’operato dei suoi vigilantes. E lui deve essere l’obiettivo principale della nostra provocazione. Se Dora lo conquista e, come dice lei, gli fa fare la figura dello stupido siamo già a buon punto. Faccio un cenno a mia moglie che, nel frattempo, si era allontanata per andare a prendere due coppe di champagne. Ritorna e me ne porge una.
– Sai cosa mi è successo al buffet? – mi racconta.
– Mentre il cameriere al di là del tavolo mi proponeva di aspettarlo alla fine dal turno senza preoccuparsi di mantenere un minimo di rispetto e professionalità, quel signore che avrà almeno una settantina di anni. – E mi indica un signore molto magro segnato e piegato dagli anni.
– Mi ha infilato una mano nello spacco laterale del vestito e ha cominciato ad accarezzarmi la gamba risalendo fino agli slip. Al momento sono rimasta sorpresa e la cosa mi ha fatto eccitare, ma quando ha cercato di spostare il perizoma dietro per cercare di infilarmi un dito nel culo mi sono allontanata e lui è rimasto con la mano tesa e il dito in posa evidente. Sono scoppiati tutti a ridere intuendo cosa fosse successo. Vedi che basta poco per essere padroni. Fai come me. – E mi baciò. Le feci notare.
– Beh, ti avevo avvisato. Dal cameriere al povero vecchio sono i primi evidenti segni del tuo fascino assassino. Cerca di misurarti. O alla fine si mettono d’accordo tutti per fare a te la festa. – Ridiamo di gusto. Insieme. Indico a Dora il proprietario di casa. Le propongo di presentarci. E di cominciare a giocare con lui. Accetta di buon grado. Andiamo a raggiungerlo, mentre il sindaco e il suo personale sciame di lacchè lo lasciano solo per raggiungere il piccolo palco al centro del giardino. è lui che ci saluta per primo.
– Buonasera signori. – Da vicino mi accorgo che è abbastanza piccolo con la pancia molto prominente. Mi arriva alle spalle e, avendo la linea degli occhi proprio all’altezza del decolté di mia moglie, rimane subito ipnotizzato. Senza distogliere lo sguardo dalle tette di Dora dice.
– Manuela e Giò mi hanno detto che sei una stupenda vacca. – E aggiunge.
– La foto, poi, non ti rende merito. Sei bellissima. Una bellissima troia. Dammi il tempo di ritirare il premio e poi vengo a sistemarti. – Restiamo senza parole. Nessun altro ha sentito oltre a noi due. Ha usato un tono di voce basso, freddo e autoritario. Ci lascia senza parole. Ci guardiamo. Siamo venuti per vincere e al primo scontro siamo già stati sorpresi.

– Eccomi, sono arrivata. Mi aspettavi piccolo uomo? – Ancora una volta la voce di Manuela mi sorprende alle spalle. Incalza.
– Hai sentito la mia mancanza o no? – Balbetto.
– Ma veramente… – Lei si avvicina. Naturalmente veste la divisa. Spicca tra tutti i presenti che sono in abito da sera. Sento il suo odore acre e pungente. Mi parla con il tono pacato, quello suadente.
– Ho visto che avete parlato con Aldo, il mio capo. Cosa vi siete detti? O meglio, cosa vi ha detto? Già, perché con lui è difficile riuscire a avere la meglio. – Mentre Dora e io siamo ancora gelati dal precedente incontro con il suo capo, Manuela ce lo indica sul palco. Vicino al sindaco che sta ancora parlando, Aldo sembra un uomo poco significante. Ma il tono, l’atteggiamento e le frasi taglienti di poco fa evidenziano l’abitudine all’esercizio del comando, del potere. Mi volto e guardo Dora. Sta tremando. Ma non sembra avere paura. Le chiedo
– Cosa c’è mia cara? – Lei si volta e immediatamente vedo nel suo sguardo il desiderio. Ecco, si sta già trasformando. Subisce il fascino della situazione. Mi sento perso, anche se il mio cazzo comincia ad agitarsi. Le dico
– Andiamo. Andiamo via. – Ma già si è avvicinato Franco, la guardia del cancello. E Manuela ordina.
– Accompagna la signora all’interno della villa. Non sta bene. E occupati di lei fino a che non arriva il capo. – Rabbrividisco. Ma, mentre mi accarezza i capelli, Manuela mi avvisa.
– Non credo che vi convenga reagire. Uno scandalo non ci permetterebbe di tenere nascoste le foto. Quindi, signora troia, segui docilmente il mio collega. E tu, piccolo uomo, siediti che come promesso ci conosciamo un po’. – Franco prende per un braccio mia moglie, come per sostenerla. Chiunque si stia accorgendo di quanto accade, non avendo sentito il contenuto dei dialoghi, pensa che la signora un po’ barcollante e sostenuta dal gentile vigilantes abbia un po’ esagerato con il vino. E, quindi, viene accompagnata all’interno per potersi rinfrescare. Dora, prima di allontanarsi, combattuta tra la paura e l’eccitazione, mi dice.
– Aiutami… – Approfittando della mia esitazione Franco risponde.
– Non ti preoccupare, vacca. Ti aiuto io. Così impari a farmi fare la figura dello stupido davanti ai colleghi. – Mi siedo pesantemente sulla sedia indicatami da Manuela e comincio a pensare come poter uscire da questa trappola. Ma Manuela interrompe i miei pensieri.
– Non preoccuparti. Franco non le farà niente di male. Aldo da quando ha visto arrivare tua moglie ha fatto passare ordine di non sciuparla. Vuole essere lui il primo. Poi si vedrà. Già, perché mi sono dimenticata di dirti l’altro giorno che finito il discorso e consegnato il premio, il sindaco e tutto il suo codazzo se ne andranno. Hanno altri impegni per la serata. Poi se ne andranno gli ospiti ufficiali. Per ultimi le colleghe e i colleghi che non fanno parte della cerchia ristretta e che sono moralmente integerrimi. E resteremo solo noi. Il capo e i suoi più fidati. Se guardi bene le signore che accompagnano alcuni colleghi ti accorgerai che sono abbastanza giovani e mediamente procaci. Tutte vestite in modo alquanto provocante. Beh, non sono certo le loro mogli o le loro compagne ufficiali. Sono le troie che abbiamo schedato durante le nostre ronde. Ogni collega della cerchia ristretta, che noi chiamiamo famiglia, ne ha scelta una per la serata. Tu sei l’unico uomo presente, tra i fermati. Gli altri uomini schedati erano clienti delle puttane che vedi. E non li abbiamo certo invitati. Tu sei l’unico ad avere questo onore. Perché io ti ho scelto e perché il capo vuole tua moglie. Come ti dicevo, quando resteremo solo noi della famiglia, inizierà la vera festa. Tra l’altro sono l’unica donna tra le colleghe a far parte della famiglia. Quindi stai tranquillo. Il nostro capo vieta assolutamente i rapporti sessuali tra noi colleghi. E, quindi, non avrai concorrenza. Però devi meritarmi. – Dopo questo lungo discorso di Manuela, pacato come se parlasse del più o del meno, mi sento provato. Mi ha fatto capire che non abbiamo via di uscita. Mentre osservo gli invitati che cominciano ad avviarsi al parcheggio penso di provare a fuggire. Ma non posso abbandonare Dora. Manuela interpretando i miei pensieri mi ordina.
– Adesso alzati. Vieni con me. Ti farò vedere cosa succede a tua moglie. Così vedrai che non la obbligheranno più di tanto. Conosco bene le vacche come lei. Infatti tra quelle che hanno provato ad avere la mia mano dentro alla figa, lei è quella che ha avuto più orgasmi. Non starei in pensiero per lei. – Mi alzai. Se da un lato sono preoccupato per come si evolveranno le cose, le immagini più eccitanti di mia moglie usata da Aldo e dai suoi cominciano a scorrere nella mia mente. E il mio cazzo si indurisce all’istante. Ecco sono già schiavo di Manuela, che mi trascina ormai consenziente, palpandomi il culo come farebbe un qualunque uomo brutale con la troia di sua proprietà. Entrati nella villa saliamo una scala che porta a un corridoio. Manuela apre una porta e mi spinge all’interno. Dopo aver chiuso a chiave da dentro mi dice.
– Adesso nudo. Completamente. E se ci metti troppo ti insegno una delle punizioni che infliggo ai miei quando sbagliano. – Non ho certo intenzione di conoscere i metodi educativi della vigilantes e, quindi, mi spoglio rapidamente.
– Bene. – Mi dice. Poi posizionandosi dietro di me, dice
– E adesso dammi le mani. – E mentre mi imprigiona i polsi con le manette bloccandomi le braccia dietro la schiena, aggiunge.
– E conosco anche i maiali come te. Con le sole fantasie il cazzo ti è diventato duro come il marmo. Se cominci a spiare tua moglie e vedi cosa le fanno non esiteresti a farti una sega. E io non voglio permetterlo. Voglio usarti a mio piacimento. Da adesso fino a che lo vorrò devi essere obbediente. Altrimenti sperimenterai le mie punizioni. – Mi sento uno schiavo davanti alla sua padrona. Pronto ad obbedire. Lei si spoglia. Sotto alla divisa è vestita come mi aspetto. Non indossa slip e reggiseno. Bensì una guepiere che le sostiene le tette e il reggicalze con relative calze a rete. Senza scarpe. Forse è un abbigliamento scontato, ma le contrazioni del mio cazzo manifestano il mio apprezzamento. Mi dice.
– Vedo che ti piaccio. Sono contenta. Cominciamo bene. E adesso vieni qui. – Si siede su una sedia di fronte ad uno specchio. Aggiunge.
– Inginocchiati qui vicino a me e non fiatare. Fai soltanto quello che ti dico. – Obbedisco. Poi la vedo premere un interruttore che spegne la luce della stanza in cui ci troviamo. Bussa leggermente e qualcuno, dall’altra parte accende la luce. Lo specchio che abbiamo davanti diventa quasi trasparente e, potendo così guardare, vedo Dora seduta su una sedia al centro della stanza.
– Lei non ci vede. – Mi spiega Manuela.
– Di là è un vero specchio. Mi piace osservare il capo quando incontra delle troie. Per me è un vero spettacolo. Credo che possa piacere anche a te. Per questo ti ho invitato. Ce la godremo. – Ha appena finito di parlare che si apre la porta dell’altra stanza e entra Aldo. è ancora vestito con lo smoking. Prende una sedia e si siede davanti a Dora a circa un paio di metri. Osservo il resto del locale. C’è un’altra porta oltre a quella da cui è entrato Aldo. Poi in un angolo un letto ordinario. Infine una finestra molto piccola e molto in alto. Se non fosse per Franco in divisa, Aldo e Dora sembrerebbero due stanchi invitati di una festa qualsiasi.
– Ciao, vacca. – La voce di Aldo è dura, decisa. Mi arriva talmente chiara e netta che sembra trovarsi al di qua dello specchio. Le dice – Alza subito la testa e guardami. Lo so cosa ti piace. Ti conosco. E adesso mi conoscerai. Mi hanno raccontato della tua impresa al buffet. Vedrai saprai chiedere scusa a mio zio quando ne avrai l’occasione. Eh si. Quel vecchio a cui hai fatto fare la figura dello scemo è mio zio. Ma non ti preoccupare. Non sono vendicativo. Farò un’eccezione nel caso di Franco perché è un ottimo vigilantes e non dovevi trattarlo così davanti ai colleghi. è una questione di prestigio. Dargli la divisa della mia società vuole anche dire dargli la garanzia che venga rispettato. E tu non lo hai fatto. Mi senti, troia? – Dora aveva alzato il capo all’inizio del discorso ma adesso, temendo di subire dolorose violenze, si era rannicchiata sulla sedia abbracciando le ginocchia con le braccia e appoggiandovi la fronte. Penso che cerchi di proteggersi, povera piccola. Vorrei aiutarla. Poi la svolta improvvisa.
– Non rispondi, puttana? Credo che tu abbia paura del dolore. Allora ti spiego come funziona qui dentro. Se ti comporti bene, come una brava bambina troia, ti tengo qui con me. Ma se non vuoi essere ubbidiente mi costringi a darti in pasto ai brutti tipi di sotto. – Mi accorgo che dal locale sottostante giunge il suono di una musica a tutto volume. Aldo spiega.
– La musica serve a non far sapere al vicinato cosa succede davvero. Da fuori sembra una normale festa dove si tiene il volume della musica un po’ alto. In realtà è una vera e propria orgia dove i ragazzi usano le puttane che li hanno accompagnati a loro piacimento, protetti dal sottoscritto e dalla mia villa. E a volte, sai, qualcuno beve un po’ di più o qualche ragazza si rifiuta di partecipare a uno dei giochi e allora ci scappa qualche botta di troppo. D’altronde pretendo da loro la massima disciplina e il massimo rigore durante il servizio. Qui li lascio un po’ liberi. – I suoi racconti provocano in me immagini e fantasie tra le più porche che abbia mai immaginato. Voglio masturbarmi. Ma le manette me lo impediscono.
– Ti piacerebbe toccarti, vero? – Mi dice Manuela.
– Dai, vieni qui e leccami, così ti distrai un po’. Tanto per il momento basta ascoltare. Quando comincia lo spettacolo ti avviso. Forza. – Mentre lecco la figa della mia padrona, il suo capo continua.
– Adesso, se non vuoi che perda la pazienza, rilassati. Torna a sederti composta. E guardami! – Questa volta il tono non lascia a Dora alcuna alternativa. Manuela mi avvisa.
– Guarda. – Mi gira la testa tenendola tra le sue gambe, a contatto con la figa. Continua a masturbarsi usando la mia testa che tiene con entrambe le mani. Le mie gambe non sono proprio comode. Ma le minacce, la sensazione di calore che provo alla nuca e, soprattutto, quello che vedo mi fanno stare in quella posizione senza alcun lamento. Dora ha obbedito al primo ordine perentorio. Aldo continua.
– Non voglio più essere costretto ad alzare il tono di voce. Non è il mio stile. Non succederà più. Ti ricordo che oltre al rischio di finire in pasto agli assatanati di sotto, ho anche la tua foto. E non vorrai che i tuoi genitori e le tue sorelle la vedano. O peggio ancora le tue nipotine. Se la trovassero appesa a mò di manifesto la mattina quando vanno a scuola non ti chiamerebbero più “dolce zia Dora”…- Incredibile! Come può conoscere questi dettagli? Mentre ansima, usando la mia testa, Manuela mi racconta.
– Abbiamo messo qualche microfono in casa vostra e dei vostri parenti. – Dora comincia a piangere, lentamente.
– Non piangere, stupida puttana. Non è il caso. E soprattutto non te lo permetto. Se sei una vacca e se ti sei comportata come una troia consumata con Manuela e Giò non ti devi vergognare. è la tua natura. E adesso datti da fare. Fammi vedere quelle grosse tette che il vestito nasconde a malapena. Ho fatto proprio fatica quando mi sei venuta vicino con il tuo maritino. Volevo cavartele fuori davanti a tutti. Ma ho resistito. E adesso, mostramele e toccati i capezzoli. – Aldo non alza più la voce. Non ne ha bisogno. Dora smette di piangere. Ma non è il pensiero dello sputtanamento e delle foto ad avere il sopravvento. è l’idea che quell’uomo brutto e grasso, così autoritario, abbia bisogno di vederla. è lusingata. E si eccita. Abbassa il vestito e scopre i suoi seni. Vederla al di là del vetro in quelle condizioni mi provoca delle fitte al cazzo che si contrae. E Manuela, dice.
– Ok, ti sei guadagnato qualcosa. Avanti alzati e siediti al mio posto. Voglio assaggiare la tua sborra. Ma stai attento: se vieni troppo presto te lo mordo. Quando è il momento ti metto un dito nel culo. Fino ad allora devi saper aspettare. Capito? – Annuisco. Mi siedo. La mia padrona si inginocchia lasciandomi spazio per guardare Dora. Che nel frattempo si sta toccando i capezzoli. E si vede che, come al solito è combattuta tra paura e piacere.
– Bene. – Le dice Aldo.
– Si vede che comincia a piacerti. E adesso, comincia stringere e a stropicciare di più i tuoi capezzoli. E allarga le gambe. Così, brava. Franco, abbassale gli slip fino ai polpacci. E tu troia, continua a toccarti le tette e i capezzoli. Brava. Adesso, Franco, tira fuori il cazzo. E tu, vacca, apri la bocca e succhiaglielo. Fatti perdonare per la brutta figura che gli hai fatto fare. – Franco, dopo aver eseguito il primo ordine, tira fuori un arnese di modeste proporzioni che la bocca di Dora non ha difficoltà a ospitare. La mia piccola puttana. Si vede ormai che sta godendo.
– Aldo si alza dalla sedia e si avvicina a lei e, mentre con una mano le tiene la nuca e le dà il ritmo per il pompino, le infila due dita dentro alla figa che già sta colando.
– Ecco, è così che devono comportarsi le brave bambine troie. Succhialo e alla fine ingoia tutto. Non devi perderne neanche una goccia. Si sente che ti piace. Sei un lago. Ma non ti preoccupare. Appena Franco ha finito e se ne va, la tua figa te la sistemo io. – Improvvisamente, la guardia schizza in gola a mia moglie il suo seme dicendole.
– Bevi, troia. Ingoiala tutta. – Manuela mi mette un dito in culo. è il segnale. Non capisco più nulla. Da troppo mi sto trattenendo. E vengo, vengo, vengo. Non so quanta sborra scarico in gola alla mia padrona. Che però è pienamente soddisfatta. Mi dice.
– Sei buono. Hai un buon sapore. E quanta me ne hai data. Bravo. Adesso lasciami la sedia e riaccucciati. Sai cosa voglio non appena ce l’hai di nuovo duro. E guarda quella puttana di tua moglie che adesso riceve il cazzo di un vero uomo. Peccato che per rispettare le regole non possa gustarlo anch’io. Ma mi consolerò con il tuo. Però sbrigati. Non voglio aspettare in eterno. – Nel frattempo Franco è uscito. Aldo prende mia moglie per i capelli e, essendo più piccolo di lei, la costringe a camminare con difficoltà, piegata e con le mutande abbassate fino al letto. La guida, sempre tenendola per i capelli, facendola inginocchiare a terra e facendole appoggiare solo il busto sopra al letto.
– Adesso tieni la testa incollata al letto. – Le ordina.
– Alzati il vestito e allargati per bene la figa con le mani. Tieni bene aperte le labbra. La voglio bene aperta. Bagnata com’è non farò fatica ad entrare. Ma voglio farlo con un colpo solo. Mi piace così. Sei pronta? – Intanto si è spogliato. è veramente osceno. Piccolo, grasso, con la pancia prominente. Ma il suo cazzo è imponente. E fuoriesce dall’ingombro della pancia di quasi una spanna. Non riesco a vedere bene. Ma è Manuela che mi aiuta.
– Il cazzo di Aldo arriva quasi a trenta centimetri. Non è come quello di Giò, ma è il secondo della famiglia per lunghezza. Però è più grosso. E poi a giudicare dalle reazioni delle puttane che si scopa deve saperlo usare proprio bene. Peccato che sia il capo. – Dora non lo vede. Ma quando, con un sol colpo come annunciato, Aldo glielo pianta nella figa ha un sussulto. E appena lui inizia a muoversi lei comincia a mugolare come una bestia e a venire. Più volte. Lui le dice
– Ti piace, cagna? Lo senti fino in gola, vero? Non ti aspettavi che un uomo come me potesse avere un randello simile, eh? Goditelo, vaccina! Sei la solita donnina perbene che nasconde un istinto da grande troia. Da come ti comporti mi sa che ti hanno già lavorato. Chi è stato? Quel porco di tuo marito? Beh, vedrai, se con lui hai fatto le elementari e le medie, con me farai le scuole superiori e l’università. Ti ho agganciata e non ti mollo. Avanti, adesso vieni per bene che poi ho una sorpresa per te. – E, come se funzionasse a comando, Dora inizia a godere dicendo.
– Sei un brutto maiale. Ma mi fai godere davvero come una cagna. Si, è vero, sono una vacca, sono una troia, sfondami per bene con il tuo grosso cazzo. Non vedo l’ora di sentirlo nel culo. Voglio che mi riempi l’intestino con la tua sborra. Siiiii… – A questo punto Aldo si sfila e si sdraia sul letto a pancia in su. Così il suo coso è ancora più impressionante. Ma Dora ha lo sguardo affascinato. Aldo le dice.
– Togliti il vestito e sali sul letto. Voglio che mi scopi mentre mordo le tue grosse tette da vacca. – Dora obbedisce. E mentre inizia a cavalcarlo lui preme un tasto sul comodino. A quel comando si apre una porta scorrevole e entrano un ragazzo che abita nel nostro quartiere. Io rabbrividisco. Ma Manuela mi avverte.
– Anche lui è schedato. Naturalmente per altri motivi. E, quindi, deve obbedienza a Aldo. Non può rischiare di sputtanarvi. Però l’idea perversa di Aldo è veramente divertente: adesso tu sai che il ragazzo è nostro schiavo, lui sa di tua moglie… potrebbero esserci dei risvolti interessanti. – Guardo Dora che, invece, è ormai nel pieno godimento e poco le importa di chi è il cazzo che le si infila nel culo. Sa solo che lo vuole…
– Ecco la sorpresa, troiona. – Le dice Aldo.
– un giovane e vigoroso cazzo per il tuo culo. Così ti riempiremo per bene con la nostra sborra e andrai a casa soddisfatta. So che avresti preferito il mio, ma è ancora troppo presto. Non potresti ospitare nel tuo culo un oggetto di queste dimensioni senza rischiare incidenti. Ma vedrai, verrà il giorno. Te lo prometto. Adesso muoviti, perché quando sarò pronto ordinerò al ragazzo di venire contemporaneamente insieme a me. E se vuoi avere un vero orgasmo questa è un’occasione da non perdere. – A questo punto Manuela mi ordina.
– Sdraiati a terra. Conosci già le mie regole. Se sarai bravo come quel giorno al parco non ci saranno conseguenze. Altrimenti… – Mi libera, finalmente, dalle manette e poi non appena sono pronto si cala di colpo sul mio cazzo infilandoselo nel culo. Mentre si masturba la figa con foga e mi pompa muovendo il culo mi descrive quello che accade nell’altro locale che io, sdraiato, non riesco più a vedere.
– La tua troia sta godendo come una vera vacca. Sbatte la testa a destra e a sinistra. – E alla sua voce si sovrappone proprio quella di mia moglie.
– Siiii, sbattetemi. Sono la vostra troia, spaccatemi per bene. Me lo merito. I vostri cazzi sono dei veri martelli. E riempitemi, presto… – E all’improvviso la voce di Aldo
– Ora! – Quella di Manuela.
– Ora! – E così sborro nel culo di Manuela mentre sento mia moglie urlare di piacere. E ancora una volta la voce di Aldo, imperiosa.
– Ti riempio, figona. Sei una puttana meravigliosa. Ti do tutta la mia sborra. Te la meriti. Godi, Porcona. – FINE

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