Senza limiti

Il locale era affollato da una miriade di persone tutte adulte, più o meno giovani: ragazze e ragazzi, uomini brizzolati e donne mature, persone anziane dai bianchi capelli o dall’incipiente calvizie. Stavano tutti insieme, l’uno accanto all’altro, raccolti attorno ad un ampio palcoscenico dalla curiosa forma ovale, tappezzato da tessuti multicolore, in un inseguirsi e mescersi di accese sfumature, il rosa, il turchino, il violetto, il rosso acceso, in un accavallarsi disordinato.
Carlo e Giovanna seduti in prima fila si scambiano uno sguardo d’intesa, sono d’accordo su tutto. Oggi è il gran giorno… il giorno in cui potranno realizzare le loro più perverse fantasie, senza alcun limite come avevano stabilito, una scelta meditata, della quale avevano discusso a lungo, rimovendo l’un l’altro le titubanze che di tanto in tanto reciprocamente si manifestavano nel chiuso della loro stanza matrimoniale, dopo aver fatto l’amore. Per loro questa era la prima volta ma erano ormai decisi, pronti a tutto, d’altronde ne hanno discusso a lungo in un susseguirsi di remore ed esaltazioni.
Quando lo speaker, un giovanotto di belle speranze con addosso solo leggeri indumenti intimi come chiunque altro in quel momento si tovasse nell’ampio salone, invitò una giovane volenterosa a salire sul proscenio fu Giovanna ad alzarsi e a risalire, ancheggiante, uno dopo l’altro, quei pochi scalini che la separavano dalla piattaforma poco distante.
Le gambe le tremavano mentre, spudoratamente, già umida di piacere, sculettava sotto lo sguardo d’approvazione delle persone tutte intorno, uomini e donne, impegnate in un fragoroso applauso. Tremendamente eccitata nell’avvertire le confuse urla d’approvazione del pubblico, si voltò ancora una volta alle sue spalle per lanciare un ultimo sguardo al marito seduto proprio di fronte a lei, rispondendo con un occhiata maliziosa al sorriso dell’uomo visibilmente eccitato come attestavano gli slip bagnati e tirati sotto la spinta del grosso membro in erezione.
La ragazza si ritrovò al centro della sala circondata dagli sguardi indiscreti della nutrita platea, si guardava intorno, quasi con circospezione, ad esplorare il soffice basamento, coperto di tappeti e cuscini.
Abbandonata ogni esitazione, la giovane donna prese a sfiorarsi e pizzicarsi i robusti capezzoli, che andavano rizzandosi rapidamente, spuntando inpudici da appositi forellini praticati sulle coppe tirate del reggiseno trasparente, rigorosamente scuro come le calze e il reggicalze, come le seriche mutandine, ruvide al tatto.
La lingua, eccitata ed eccitante, volteggiava libera ad umettare le labbra dischiuse.
Giovanna ammiccò con lo sguardo verso lo speaker che lentamente, sorridente, abbandonava il palco, quindi verso il pubblico estasiato, incrociando occhiate avide di desiderio. Fece scivolare verso il basso, sulle cosce tornite, le mutandine dalle ricercate merlature in pizzo, mostrando la superficie bombata del monte di Venere, perfettamente depilato.
Si distese supina, cominciando a voltarsi e rivoltarsi sul pavimento vellutato. Le cosce strette l’un l’altra si strofinavano attorno alle labbra carnose del sesso bagnato. Umori trasparenti rilucevano, traslucidi, quando appena accarezzati dalla soffusa luce della sala gremita di gente. Alcune dita scivolarono in direzione dell’inguine a premere il bottoncino fremente, svettante dal suo nido di piacere. Decisa allungò anche l’altro arto verso la sua intimità, per dischiudere, a piene mani, i lembi grinzosi di quelle carni pastose a rivelare la rosea fessura, palpitante nella corona delle piccole labbra.
La ragazza ancheggiava nell’aere ondeggiando avanti e indietro, con movimento ciclico la snella e flessuosa figura delle gambe dalla serica pelle. Lo slip scivolò, leggero, fin sulle caviglie.
Una coppia di transessuali si levò dal suo vellutato giaciglio.
Le giovani si diressero, decisi, verso il centro della sala, accostandosi alla femmina, fremente, e l’aiutarono, nervosamente, a denudarsi completamente, sfilandole i lievi indumenti.
Gli splendidi volti di donna dai delicati ed eleganti lineamenti, la candida pelle, appena vellutata da una lieve peluria bionda, le lunghe chiome dorate, cascanti sulle esili spalle, i seni penduli, generosi, accoccolati contro il busto con i capezzoli eretti, contrastavano decisamente con i membri pendenti, ancora cascanti e asciutti che, timidamente, facevano capolino fra le loro cosce appena sopra le grinze pelose dei testicoli rigonfi con il loro tesoro mieloso.
Giovanna afferrò quelle serpi di carne che, abbandonate alle sue carezze, si inturgidirono subitaneamente, trasformandosi i pochi attimi in verghe sontuose, leste ad immergersi, flessibili, fra le sue labbra.
La donna prese a pomparle voluttuosamente. Di tanto in tanto le liberava dalla sua morsa, per prender fiato, approfittandone per percorrere, l’un l’altra alternativamente, le aste protese in tutta la loro lunghezza, scivolando, centimetro dopo centimetro sulla pelle tirata, scendendo ancor più in basso a soppesare con la lingua flessuosa i gonfi testicoli carichi di succo per raccoglierne la rotondeggiante consistenza fra le sue guance con fare delicato.
Risalì dolcemente quelle membra eccitate, umettandole di trasparente saliva, nuovamente arrampicandosi, in preda ad una furiosa eccitazione, verso le cappelle rigonfie, a titillarne i frenuli distesi allo spasimo, per alfine aspirare dai generosi meati le secrezioni dolciastre. Si divertiva a tenderle filamentose per dipingere nell’aere rugiadose tele di piacere.
Accostati l’un l’altro i glandi arrossati, prese a strusciarne le tumide superfici, l’una contro l’altra, osservando estasiata la danza eccitante dei rivoli collosi, riversarsi e mescersi sulle pelli delicate e sensibili, mescolando a quel liquido di piacere corposi getti di saliva, estasiata dai robusti membri irrigiditisi e ingrossatisi a dismisura segno di un’eccitazione crescente.
Non riuscendo più a trattenersi una delle giovani, si lasciò finalmente andare, abbandonandosi ad un furioso orgasmo, riversando corpose gocce di densa sborra sul cazzo offerto della compagna.
Giovanna, sotto lo sguardo sconvolto del marito, via via più arrapato nell’osservare la famelica moglie tanto spudoratamente e generosamente offerta, non perse tempo e passò ad aspirare quella calda pietanza, quasi fosse panna su un cono gelato.
Lo sperma scivolò, vischioso, fra le sue dita mentre lei, non riuscendo a trangugiarlo tutto, lasciava fuoriuscire rivoli di seme biancastro dalle sue labbra chiazzate d’appiccicosa semenza, consentendo che le rigassero le guance, scivolandole lungo il mento per precipitare sui seni penduli dalle ampie areole attorno ai voluminosi capezzoli.
Anche l’altra verga sussultò irrigidendosi e, ben presto, schizzi potenti le si schiaffarono contro il volto e le impregnarono i lunghi capelli. Giovanna accolse tremante quel liquido tepore, rimanendo immobile, ansimante, come coperta da una maschera lattiginosa, provvedendo a spalmarsi ben bene, sulla candida pelle, le copiose sborrate a tingerne, come vischioso inchiostro su tela, i dolci lineamenti con armonie di pastoso piacere.
Un altro maschio si alzò dalla sua poltroncina, accompagnato dalla sua rossa compagna con addosso solo un attillatissimo body in pizzo nero impreziosito da curiose merlettature.
Scostati i due transex, ormai pienamente soddisfatti, la donna ne prese con decisione il posto, aprendo con movimenti frenetici le graffette che fastidiosamente le cingevano il basso ventre, rivelando la sua vulva pelosa, costellata di folti riccioli turchini.
Senza alcuna esitazione, scostate l’una dall’altra le grandi labbra che provvide a tenere ben distanziate, si inginocchiò, oscenamente scosciata, contro l’affannato ansimare della donna, impiastricciata di secrezioni, ben disposta ad accoglierne sulla sua lingua il sesso voglioso.
Sotto lo sguardo fremente di Carlo, l’uomo liberò il suo grosso arnese, lasciandosi cadere più in basso a leccare la vagina dilatata di Giovanna, sempre più fradicia e desiderosa d’esser posseduta.
Giovanna non si ritrasse al colloso abbraccio della vulva sulla quale riversò copiosi grumi di sperma che serbava, ancora caldo, fra le sue guance. Lo sperma impiastricciò le pareti grinzose della fica spalancata, liberamente offertale, impastando la lunga clitoride e, scorrendo fra le grinze delle grandi labbra, si raggrumò attorno all’invitante fessura della vagina, dentro la quale venne sospinta dai decisi colpi di lingua della sua amante.
La passera dilatata si aprì a quella penetrazione delicata, lasciando fluire dentro di se quel liquido mieloso, ben presto intriso dai suoi umori speziati. La lingua si ritrasse per nuovo sospingere ad un ritmo sempre più frenetico, alternandosi fra la fregna dischiusa e lo stretto forello che provvide ad umettare copiosamente, farcendolo di bava collosa.
Imperterrita, come attingendo ad energie inesauribili, scivolò carezzevole lungo l’interno coscia, laddove le carni son più tenere, per accogliere alternativamente fra le sue guancia le grandi labbra, suggendone la polpa cremosa come frutto maturo.
Ma è alla clitoride, incredibilmente sviluppata, che riservò le più decise attenzioni, succhiandola appassionatamente quasi fosse un cazzo in miniatura, mordicchiandola delicatamente attenta a non ferire la sua compagna o tirandola talvolta con furia quasi a volergliela strappare.
La ragazza mugolava, ansimava, in un susseguirsi di gridolini striduli e confusi gemiti, di parole soffocate o bisbigli appena pronunciati. Le cosce si contrassero e si stesero nervosamente attorno al volto di quella schiava d’amore, le cui labbra rimanevano saldamente e indissolubilmente incollate alla sua fica spalancata e rorida di rugiada.
La schiena flessuosa si tese all’indietro, eccitante, per spingere con ancora più vigore il bacino contro la sua abile amante che, appassionatamente le carezzava i piccoli seni con i bottoncini protesi, che, stuzzicati dalle sue abili dita, rivelarono la loro forma perfetta.
L’eccitazione divenne tale che la giovane, fuori di se, paonazza in volto, in preda ad un orgasmo esplosivo, protesa, la schiena flessa su se stessa nella cerca di un sempre più intenso piacere, lasciò sgorgare dalla vulva arrossata un copioso fiotto d’odorosa urina che investì in pieno volto la sua compagna, per niente sorpresa ne scandalizzata da tanto ardore.
Il getto dorato ricadde a catinelle contro le sue labbra offerte, gorgogliando fra le sue guance, prima di scivolarle bollente nella gola, salmastro e bruciante, tanto copioso da arrivare quasi a soffocarla.
Giovanna tossì convulsamente, alternando rochi risucchi a sordi gorgoglii, sprizzando tutto intorno il liquido giallognolo che andava allargandosi in ampie chiazze oleose sopra i morbidi tessuti del pavimento ad intridere i capelli riversi, qual tappeto di fili dorati, al di sotto delle esili spalle.
La donna boccheggiava e farfugliava un qualcosa di incomprensibile mentre la piscia, traboccante, le scivolava lungo il mento pronunciato, frammentandosi per, subitaneamente, riunirsi in sottili e ramificati rivoli, precipiti ad orlare, carezzevoli, le candide mammelle, rivestendone d’una patina oleaginosa la pelle profumata.
Finalmente anche Giovanna si abbandonò al piacere sborrando, anch’essa al colmo dell’eccitazione, contro la bocca dell’uomo ai suoi piedi. Le sue cosce si strinsero attorno al capo del maschio che, imperterrito, continuava a penetrarla con una, due, quindi tre dita. La donna esplose di un piacere incontenibile, offrendo alla platea i sussulti incontrollabili e scomposti del suo bacino e del suo ventre.
L’uomo, anch’egli desideroso di godere, scostata la sua compagna dal volto paonazzo della loro amante, costrinse quest’ultima a sollevarsi e a sdraiarvisi sopra, come cavallerizza su indomito puledro. Giovanna obbedì, sollevandosi a fatica tanto le tremavano le gambe. I capelli umidi ricaddero disordinatamente attorno al profilo del suo volto tirato, le guance rosso fuoco, rese ancor più ardenti dall’acida carezza dell’urina che continuava a cadere in piccole gocce dorate, quale cascata di pregnante sudore, sui seni ondeggianti.
La ragazza non esitò a dischiudere le sue cosce attorno all’asta carnosa del maschio, mentre questi si inebriava nel ripulirla meticolosamente del liquido dorato, che, qual patina indelebile, le impregnava le prorompenti mammelle.
La vagina si strinse attorno al membro proteso ad arco e guidato dalle mani esperte della sua compagna nella passera allagata. Vi affondò dolcemente, quasi con timore reverenziale, prima di prender sempre più confidenza ed animarsi di sempre maggior ardore nel caldo abbraccio del suo ventre.
Un altro maschio, dalla robusta corporatura, si accostò ai globi carnosi delle natiche, facendo scivolare l’enorme cappella sulla loro candida superficie. Liquidi umori fluirono dal glande dilatato ad umettare quelle carni tenere. Il membro congestionato si insinuò fra le tondeggianti natiche, impastandone il solco allungato per poi stringersele tutte attorno alla verga pulsante. Il piacere liquido continuò a fluire abbondante dalla verga sovreccitata intridendo di crema il forello bruno, dapprima contratto e apparentemente restio ad ogni sorta di attenzioni, quindi, finalmente, disteso e dischiuso.
Dapprima una, quindi due dita si insinuano fra i muscoli contratti, fra le vergini grinze del retto, esplorandolo ben a fondo in un agitarsi convulso. Giovanna, percossa da convulsi fremiti, si accanì contro il suo amante, baciandolo appassionatamente sulle labbra, come a voler soffocare urla incontenibili, unendo la sua lingua a quella di lui in un abbraccio vellutato. Il maschio, titubante alle sue spalle, finalmente si decise ad osare ma non appena il glande ancor più si accosto all’angusto pertugio, con la donna all’apice del godimento, la cappella esplose in una cascata di sperma che andò ad impastarne le carni delicate, inondandole il solco arrossato e intridendone, quale bignè farcito di cremoso liquore, l’ano dischiuso.
Il giovane si scostò alla chetichella, visibilmente contrariato, tornando a sedersi sulla sua poltroncina in fondo al salone. Non passarono che pochi attimi quando un altro maschio ne prese il posto, la verga meno robusta ma decisamente più lunga e flessuosa, minacciosamente protesa contro quelle carni roventi. Il glande sparse la pasta mielosa che ricopriva la ragazza, su tutta la superficie grinzosa dell’invitante pertugio per, infine, insinuarvisi con estrema delicatezza, prestando la massima attenzione a non torturare oltremodo la focosa compagna.
Giovanna, visibilmente sconvolta, cominciò ad urlare, sofferente ed eccitata al contempo, mentre l’uomo con decisione la strinse ancor più strettamente a se, in una morsa d’acciaio dalla quale, anche volendolo, non avrebbe mai potuto liberarsi. In preda a fitte lancinanti fece per ritrarsi, ma gli uomini la tennero ben ferma fino a che il piacere gradatamente non divenne di gran lunga superiore al dolore ed ella torno a torcersi per un nuovo, fino ad allora inesperito, godimento.
Carlo, per niente preoccupato, insensibile agli striduli lamenti della sua compagna, rimase boccheggiante, inebetito, ad osservare la moglie offrire ad altri quel che a lui, anche nei momenti più caldi del loro rapporto, aveva sempre negato. Tanto era affascinato da quel che accadeva davanti ai suoi occhi, che quasi non avvertì la mano furtiva che, di li a poco, gli cinse la verga, cominciando a spremerla avidamente, per mungerne la crema abbondante fra le labbra carnose.
Si volse solo per un attimo e solo per rendersi conto che al suo fianco, riverso contro il suo basso ventre, sotto un groviglio di folti riccioli scuri, impegnato con tanto ardore ad aspirarne l’intima essenza, stava un maschio e non una femmina come avrebbe auspicato. La situazione lo eccitava moltissimo al punto che non si ritrasse a quel trattamento, a quella che per lui si presentava come una nuova, stimolante, esperienza, abbandonandosi, al contrario, all’umido abbraccio delle labbra polpose del suo occasionale amante, ora contratte, ora rilassate nell’incedere della suzione.
L’uomo, abilissimo, continuava, instancabile, a stuzzicargli con gran colpi di lingua, il filetto, percotendolo lateralmente, prima a destra, poi a sinistra, o mordicchiandolo lievemente. Con moto incessante lo portava, con studiata lentezza, a sciogliersi, a bagnarsi sempre più, per poi scivolare, a brevi intervalli, su quella patina traslucida, facendo sussultare le mucose sensibili. Passava, infine, a circoscrivere, con movimenti orari e antiorari, secondo una sequenza improvvisata, il perimetro dell’intera cappella, soffermandosi in particolare laddove le carni delicate ripiegavano su se stesse a saldarsi con la rigida verga, in un nugolo di sensibili recettori in rilievo. Carlo si lasciava fare, perso fra sensazioni intense, fino a quel momento sconosciute. Spesso, nel discutere con la moglie, avevano parlato di un’esperienza omosessuale, tuttavia non avevano mai pensato di poter passare dalla fantasia ad un’esperienza concreta, dall’immaginazione ad un vissuto che superava, per il piacere procuratogli, qualsivoglia macchinazione cerebrale. Si abbandonò, quindi, alle abili carezze del maschio, andando incontro al suo umido e caldo abbraccio con gran colpi di bacino distraendosi solo qualora il suo sguardo assente ricadeva, davanti a se, sulla nudità offerta e straziata di Giovanna.
La donna continuava ad agitarsi convulsamente, gridando, allorché riusciva a scostare il volto dai baci appassionati del suo amante, a piena voce il suo strazio e il suo piacere. Gli uomini, privi di qualsivoglia ritegno, non avevano smesso un attimo di giocare col suo corpo, abbandonandosi alla più sfrenata delle passioni. Le tenere mucose del retto, fino ad allora vergini, lentamente si dilatarono e l’uomo alle sue spalle, nel penetrarle, poté certamente avvertire, attorno alla pelle tirata del suo membro nodoso, il palpitio delle carni verrucate, che al suo passaggio si distendevano per poi nuovamente contrarsi, si stiravano per alfine lacerarsi alla maggiore veemenza dell’assalto maschile.
Apertosi il passaggio nello stretto pertugio, finalmente violato, l’uomo si dimenò freneticamente avanti e indietro, ripulendo lo stretto budello della lieve patina d’escrementi che ne rivestiva le elastiche pareti, strappando alla stridula voce della donna, assolutamente persa in un oblio di piacere, oscenità d’ogni sorta.
La penetrazione, inarrestabile, procedeva senza sosta, e l’uomo, nell’affondare fra le pareti intestinali, poté avvertire il membro dell’altro che poco più in basso si divertiva a scavare il ventre di quella donna assatanata e smaniosa di sempre nuovo piacere.
L’uno si ritraeva allorché l’altro affondava in quel corpo lussurioso, per poi penetrarlo ancora più a fondo, allorché l’altro allentava la sua morsa, in un altalena di “mordi e fuggi” che struggeva la femmina ansimante che attendeva, esausta, l’orgasmo liberatorio.
Lo spettacolo era talmente eccitante che un nugolo di maschi si avvicinò ancor più a quel groviglio di corpi per meglio poterne osservare le evoluzioni e contorsioni, coprendo la vista agli altri che cominciarono a schiamazzare e fischiare.
I membri, di varia taglia e fattezza, si ergevano eburnei sopra i ventri, ora lisci e muscolosi, ora arrotondati e grinzosi, di quel pubblico variegato, via via che il nugolo dei corpi si avvicinava alle carni frementi e sudate di quegli amanti insaziabili, per poter godere più da vicino di quell’inconsueto spettacolo.
Finalmente i maschi si lasciarono andare scaricando la loro semenza fra le membra arrossate di quella femmina in calore, in preda a furiosi orgasmi, l’uno consecutivo all’altro, l’uno più intenso dell’altro in una catena che pareva inesauribile.
Gli uomini soddisfatti si ritrassero da quel corpo in calore, mentre la giovane si lasciava cullare dal piacere che gli esplodeva nelle viscere, contorcendosi e rotolandosi sul pavimento, senza una meta, stringendosi il basso ventre, letteralmente in fiamme, laddove lo sperma fuoriusciva a gran gocce e senza posa dalle fessure dilatate.
Gli umori vaginali uniti alla semenza maschile si mescolavano alla pasta sanguinolenta che fuoriusciva dabbasso dal forello torturato, a formare una chiazza rossastra e giallognola sul morbido basamento. Alcune donne accorsero carponi, a quattro zampe, sull’altare di tanto piacere e, scostata la giovane, fino ad allora al centro dell’attenzione generale, si contesero fameliche, a gran colpi di lingua la gustosa pietanza.
Le loro mani si affannarono a cercarsi e carezzarsi reciprocamente le une ad incrociare le altre, ora masturbandosi vicendevolmente ora incollandosi in baci appassionati a mescere con la loro saliva, l’una nella bocca dell’altra, corposi bocconi di quel lauto banchetto.
La giovane, frattanto, tremante sui tappeti accostati alla bene e meglio, offrì la sua esile figura, impregnata dell’intenso odore del sesso in calore, alle copiose schizzate dei tanti maschi tutti attorno. Gli uomini, eccitati da tanto ardore, la innaffiarono generosamente, l’uno a seguire l’altro, in una successione interminabile di schizzi biancastri. Il liquido denso impastava quel corpo tanto spudoratamente offerto, abbandonato, come svuotato di volontà propria, a spasmi convulsi, prima di rimanere, anche solo per qualche attimo, immobile, quasi esanime, come a meditare della sconvolgente esperienza appena vissuta.
La sborra ricopriva, generosa, ogni angolo di quel corpo ebbro di piacere, in un abbraccio liquido e rovente al contempo. Giovanna ammiccava, gli occhi infossati, stremata da quella scopata senza freni, si divertiva a passarsi quel liquore pastoso ora liquido ora più consistente, su tutto il corpo per poi portarsi di tanto in tanto le agili dita, intrise di succo, fra le labbra e suggerle voluttuosamente.
La donna si rialzò esausta, sudicia e sudata, guardandosi intorno ad incrociare nuovamente lo sguardo del marito. Non trovandolo subito, si guardò meglio attorno, spostando, nervosamente, lo sguardo nella direzione della platea agitata, raccolta in piccoli gruppi, impegnata in ogni sorta di sconcezze, un intrico di membra che stavano disordinatamente l’una sull’altra, l’una accanto all’altra, l’una nell’altra.
Contrariata fece per dirigersi, con passo incerto, verso i servizi, poco distanti, confidando di trovarvi il marito. Fu allora che lo vide, quasi sepolto sotto una selva di corpi. Il membro, completamente svuotato, esausto, stretto fra le mani di un biondino dalle gote arrossate, che continuava a spremerlo e suggerlo nonostante non avesse più alcunché da offrirgli, per lasciarlo andare di tanto in tanto, ora pendulo fra le cosce aperte, ora accoccolato contro il ventre, immerso in un bagno di sperma.
Le gambe, muscolose, stavano annodate contro il busto di un maschio robusto, statuario con la sua pronunciata muscolatura in bella mostra. Sollevate dalle sue possenti braccia, rimanevano ben scostate l’una dall’altra, per consentire al membro rigonfio del suo amante di spaccargli lo sfintere nell’andirivieni continuo dei fianchi tondeggianti, stretti attorno al continuo ondeggiare del bacino.
L’uomo d’improvviso vivacizzò il suo incedere per, in conclusione, arrestarsi senza preavviso. Il membro, oltremodo irrigiditosi, riversò, con rapidi sussulti, mielosi fiotti di succo zuccherino fra le budella contratte ad intriderne le vischiose secrezioni.
Ritiratosi, con l’enorme membro cascante sopra i grossi testicoli, finalmente svuotati, l’uomo abbandonò la sua postazione, cedendo il suo posto al biondino al suo fianco, il quale nel liberare dalla sua morsa il piccolo pene imberbe di Carlo, passò a ripulìre per bene quella broda appiccicosa d’umori ed escrementi che si riversava copiosa da quel corpo martoriato.
Sollevato lo sguardo, in preda a nuova eccitazione, Giovanna si spinse ad osservare il volto del marito, laddove la lingua, guizzante, passava alternativamente sul sesso fradicio di uomini e donne ad accoglierne, voracemente le deliziose secrezioni: lo sperma e la ciprigna lo coprivano a tal punto che, qualora distratta, avrebbe stentato a riconoscerlo impiastricciato com’era.
Un sorriso perverso le si stampigliò sul volto mentre, con andatura nuovamente sicura, si avvicinò, passo dopo passo, al marito osservandolo da vicino. Questi ebbe appena il tempo di riconoscerla che lei, tenendo ben aperte le cosce, lentamente, come serico panno su superficie delicata, prese a strusciare la vulva scarlatta su quella cascata di profumati umori mescolandovi i suoi. L’uomo cominciò a leccarla e la sua bocca era tutta attorno alla clitoride protesa quando, incapace di resistere ancora, la donna si lasciò andare liberando assieme al piacere, la vescica rigonfia d’urina, scaricandosi contro il suo uomo, aspergendolo con copiosi getti di liquido giallognolo che nello scivolargli lungo le gote paonazze lo ripulirono dalle abbondanti secrezioni.
Rimasero a lungo immobili prima di recarsi sotto la doccia, prima di rivestirsi e ricomporsi, prima di ridiscutere insieme dell’incredibile esperienza che avevano vissuto, prima di decidere, sempre insieme, a quale nuova, inebriante, perversione abbandonarsi in futuro. FINE

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