Non pensavo che fosse così difficile riuscire a fermarsi quando si corre così velocemente lungo le meravigliose spirali del piacere perverso.
Proprio no.
Mi sono sempre reputata una ragazza piuttosto distaccata dal sesso aperto e senza freni.
Mi è sempre piaciuto fare l’amore, certo, ma solo in certe occasioni, con la persona che amo e in situazioni in cui tutto deve essere perfetto.
Insomma, non sono quella che vede come un’ottimo programma per la serata tornare a casa e scopare con il mio uomo così, tanto per fare.
O almeno così pensavo.
Qualche mese fa sono stata invitata a casa di un mio amico fotografo, per una cena in cui avrei dovuto conoscere un regista pubblicitario ed un produttore che – a dire del mio amico – avrebbero potuto aiutarmi a lavorare come attrice.
Premetto che sono sempre stata in grado di fermare sul nascere le avances degli operatori del settore (spettacolo) che purtroppo sono all’ordine del giorno.
Ma quella sera, fin dall’inizio, tutto era diverso.
Appena entrata in casa (una splendida casa arredata in stile minimalista giapponese) sono stata invasa dal profumo di un incenso al muschio che mi rese immediatamente vulnerabile.
Quel profumo, infatti, era incredibilmente simile all’odore della pelle di un uomo quando accaldato, si sdraia sul letto al termine di una bella scopata.
Indescrivibile a parole.
Sentire quel profumo, quindi, mi catapultò immediatamente in una situazione di promiscuità con gli ospiti che mi dava continue forti emozioni.
Dopo le presentazioni, io e Marco ci sedemmo su un divano futon mentre Karl e Matteo si sedettero di fronte a noi su un tappeto di stuoia di cocco.
Tutti rigorosamente senza scarpe.
Fu questo particolare che destò in Karl attenzione nei miei confronti.
Dopo avermi accuratamente studiato, si complimentò con me per la perfezione delle mie caviglie e dei miei piedi (che effettivamente sono molto belli e sensuali) per poi propormi di massaggiarli secondo le antiche tecniche orientali che discendono dallo shiatsu.
Sinceramente penso che il tè che stavamo bevendo fosse un po’ afrodisiaco e che comunque mi aveva portato ad uno stato di ubriachezza strana.
Come se le parole degli altri mi arrivassero dritte allo stomaco, lì da dove solitamente nasce in me l’eccitazione e l’orgasmo.
Ogni loro discorso, anche se non riferito al sesso, mi faceva desiderare sempre più di potere essere quantomeno toccata.
Ed ora, ne avevo l’occasione.
Luigi (il mio ragazzo) non sarebbe stato geloso se avesse saputo che in sua assenza mi facevo massaggiare i piedi da un altro.
Mi fecero sdraiare sul futon, mi liberarono degli indumenti più stretti e Karl cominciò a massaggiarmi recitando un mantra che ancora di più agiva sui miei sensi.
Come un grimaldello.
Ero rimasta ormai in minigonna (peraltro alzata fino alla vita lasciandomi praticamente solo in mutandine) e canottiera, al centro di una stanza con tre uomini uniti in un canto ipnotico, e presto – ne ero convinta – anche gli altri avrebbero aiutato Karl a massaggiarmi i piedi.
Ero un po’ preoccupata nel vedermi così lasciva, ma allo stesso tempo ero convinta che – come sempre – avrei saputo dire di no nel momento in cui le cose avessero passato il segno.
Improvvisamente le mani di Matteo si unirono a quelle di Karl, non limitandosi alle caviglie ed ai piedi ma salendo dolcemente e sapientemente fino all’interno delle mie coscie a pochi centimetri dalla mia figa che – a quel punto – era particolarmente ricca di umori e piacere.
Incredibile, non volevo aprire gli occhi ed ero al limite del rapporto multiplo (Marco infatti stava già ripetutamente toccandomi i seni soffermandosi sui capezzoli stringendoli e piantandoci le unghie fino in fondo come gli avevo raccontato da tempo piacermi da morire; mentre Karl stava facendo strisciare le piante dei miei piedi sul suo glande eretto e veramente grosso) e non avevo ancora deciso di fermarmi.
Ma effettivamente era solo una tecnica giapponese… o no?
Comunque stavo provando un piacere che fino ad allora mi era sconosciuto: il tradimento, la sottomissione, tre uomini, i sensi alterati.
Tutto questo era trasgressione pura.
Ed era bello.
A questo punto i tre ‘massaggiatorì capirono dai movimenti delle mie anche, dalla mia lingua che spesso fuoriusciva dalle mie labbra carnose, nonché dalle mie mutande sempre più scure nella zona del pube che potevano spingersi anche più avanti.
In pochi secondi ero nuda.
Marco, un poco imbarazzato, prese la mia testa e la appoggiò tra le sue gambe cercando di indirizzarla verso il suo cazzo non molto lungo ma veramente molto largo.
Lo avevo peraltro già visto altre volte in vacanza in barca ma non pensavo che – eretto – diventasse così!
Comunque provai a prenderlo tutto in bocca senza resistenza e mi venne una gran voglia di sentirlo pulsare spruzzandomi in gola il suo sperma, mentre mi continuava a martoriare i capezzoli fino a farmene sanguinare uno e provare nello stesso istante il mio primo orgasmo.
Ecco, era il momento di smettere.
Neanche per sogno.
Il bello era che tra noi quattro non vi era nessun rapporto sessuale normale.
Karl, aiutato da quello che avevo prodotto venendo, dilatava la mia vagina inserendo con delicatezza ma decisione le dita della propria mano una dopo l’altra.
Mancava solo il pollice.
E io godevo, soffrendo sempre più.
Ma ripeto, come per i capezzoli, adoro sentire dolore/piacere nel rapporto sessuale.
Matteo sembrava un indemoniato spingendo una statuetta di avorio giapponese (molto simile ad un obelisco romano) nel mio ano sempre più aperto e dolorante.
Era fantastico pensare a cosa mi stavano facendo.
Ero assolutamente succube delle loro singole perversioni e mi stavano usando come una bambola di plastica.
Aprii per un secondo gli occhi e vidi Karl leccare lo sperma di Matteo che, nel frattempo era venuto sul mio buco del culo sventrato.
Adoravo sentirmi massacrata nel corpo e nella psiche.
Cosa mi stava succedendo?
Sentii la mano di Karl (ormai entrata completamente) e la statuetta incontrarsi dentro di me.
Urlai. Di piacere. E svenni.
Mi risvegliai nel mio letto a casa.
Le mie mutandine erano sporche di sangue, sperma ed umori della mia vagina.
Le mie mascelle doloranti.
La mia vagina non si era ancora riadattata alle forme normali ed il mio culo era slabbrato come non pensavo fosse possibile.
Me lo guardai allo specchio e mi eccitai a vederlo ridotto in quello stato.
La mia testa sembrava un treno a vapore da quanto pulsava.
E mi vergognavo.
Mi vergognavo da morire.
Per non avere mai avuto il coraggio prima di fare qualcosa del genere coinvolgendo anche il mio ragazzo.
P. S.
Ahh, dimenticavo: ora mi sono abituata a inserire nel mio corpo qualsiasi cosa.
Solitamente, quando lo faccio, Luigi guarda e due o tre persone mi immobilizzano e mi sfondano.
A pagamento.
Come cambia la vita. FINE