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Elisir di giovinezza: io e la zia

Il giorno si apprestava a finire, un timido tramonto colorava il cielo con tinte arancioni.
Il lavoro mi stava uccidendo e non avevo distrazioni da tempo immemore oramai.
Stavo chiudendo l’ufficio, effettuando il consueto giro di ronda per controllare che tutto era spento ed in ordine.
Il cellulare squillò irritante come può esserlo solo lui.
Lo presi in mano e lessi sullo schermo azzurro illuminato il nome di chi mi stava chiamando.
Era la mia zia materna, Rita.
Premetti il tasto di risposta e iniziai a parlare.
“Pronto? ”
“Amore della zia… ti disturbo? ”
“Oh… ciao Zia… no no… non ti preoccupare… ”
“Stai lavorando? ”
“Veramente… stavo chiudendo.. ”
“Ah… senti… passi a casa a prendere il salame per tua madre? ”
“Il salame? ” sorrisi sarcasticamente “mmm… ok… vengo tra poco… ”
“Ciao tesoro… ti aspetto” e chiuse la chiamata.
Presi tutta la mia roba ed uscii dall’ufficio.
Era già buio… e tirava un freddo vento…
Montai in macchina trafelato ed accesi luci, radio e riscaldamenti.
Le strade erano vuote, sembrava una città fantasma… possibile che tutti erano a casa tranne me?
Giunsi in poco più di dieci minuti sotto casa della zia. Dalla strada scorgevo la finestra della cucina accesa.
Salii le scale in tutta fretta e suonai al campanello.
“Chi è? ” una voce sorda al di la della porta.
“Io… zia… ”
Tre mandate alla porta e si spalancò.
Lei. Mia zia.
Mi aprì la mia bella zia. Una donna di 54anni divorziata da quasi 20anni.
Lei. Una donna di un metro e settanta, corpo robusto, normale. Un caschetto corvino e un bel viso meridionale.
Lei. Mi è sempre piaciuta, da quando ero piccolo.
“Ciao Amore! ” mi salutò come al solito con un bel abbraccio e un bacio.
La strinsi forte a me.
Chiacchierammo cinque minuti del più e del meno… poi… non ricordo cosa mi saltò in mente…
“E insomma” dissi “… avevi voglia di salame? Sono venuto… sono tutto tuo!! ” e ridacchiai.
Lei mi guardò… sorrise e disse “eh eh… salame… una volta mi piaceva… ma oramai”
Rimasi in silenzio… sbigottito…
“Ehi? Che ho detto di male? “mi disse preoccupata”dai… era uno scherzo… che cosa pensi che una povera vecchia come me voglia ancora dalla vita? ”
“Ma che dici zia? Innanzitutto non mi sembri proprio una “povera vecchia”… anzi… ”
Sul mio “anzi” mi interruppe.
“che cosa vorresti dire? ” si avvicinò un poco a me.
“n-niente… era così per dire… ”
“ah… credevo… ci avevo sperato… ” e si intristì.
“No zia… intendevo… vedi… che sei ancora una bellissima donna”
Le si illuminarono gli occhi.
“Davvero? ”
“Si zia… sei bellissima… molto bella… ed affascinante… ”
“Dici che potrei fare colpo ancora su qualche bel giovanotto? ”
“s-si… si… zia… ”
“Anche con questo corpo sfatto? ”
Si aprì la camicetta di raso bianco mostrandomi i seni, intrappolati in un reggiseno color carne, effettivamente un po’ retrò.
Ma all’interno di quella biancheria antiquata vi erano due seni bianchi, gonfi.
Si avvicinò a me… cercava una mia risposta… e colsi l’occasione.
“Dovrei… bhe… dovrei vedere meglio… ”
Alle mie parole il reggiseno si slacciò e volò via a terra lasciando le sue tette alla mia bella vista… ad un metro e mezzo da me.
Ora le potevo vedere meglio.
Erano bianche, grandi, una terza buona. Leggermente calanti con due grandi grandi capezzoli marrone scuro. Uno di essi era inturgidito dal freddo.
“Oh… hanno freddo? ” dissi.
“Si… ”
Mi avvicinai… mi abbassai ed accolsi il capezzolo della sua tetta sinistra tra le mie labbra.
La zia sospirò… a lungo…
Iniziai a leccarle il seno sinistro mentre con la mano le massaggiavo il seno destro.
Dopo due-tre minuti buoni mi staccai… ci fissammo e ci baciammo.
L’atto del bacio avvicinò i nostri ventri e lei potè sentire chiaramente la pressione del mio pene su di lei.
Mi fissò… scuotendo la testa disse “non… non possiamo… non dobbiamo farlo… ”
La baciai.
“Si… zia… possiamo… ”
La portai nella sua camera da letto, dove concepì i miei tre cugini, dove oramai da troppo tempo dormiva da sola.
La adagiai sul letto e mi sdraiai accanto a lei… stavo accarezzandola quando mi disse “posso fare… fare una cosa? è tanto tempo che non la faccio… ”
Annuii.
Si spostò verso di me ed aprì la zip dei pantaloni. Scostò le mutande e fece capolino il mio cazzo in tiro.
Lo osservò a lungo accarezzandolo. Iniziò un timida sega con la mano destra… lentamente… ma era piacevole. Sentii un calore. Un enorme calore, inaspettato.
Feci forza sugli addominali ed osservai la cappella già gonfia sparire nella bocca della zia. Mia zia. Mi stava facendo un bocchino. La sorella di mia madre. Sarà una cosa genetica?
Non so se era vero che era tanto tempo che non lo faceva… ma era brava. Più di mia madre. Certo la mamma era la mamma… era come avere una troia sempre a disposizione a casa…
Si tirò su. “Voglio fare l’amore”
La stesi sul letto… le alzai leggermente la gonna lunga che portava… le sfilai le mutande nere.
Eravamo così. Lei distesa, con la gonna semi tirata su, a gambe aperte, con la fregna pelosa e inusata.
Io sopra di lei, con il cazzo giovane e umido della sua saliva.
Mi accostai, la cappella appoggiata all’ingresso della vagina. Entrai. Delicatamente.
La vidi strizzare gli occhi in una smorfia di dolore ma nel contempo sospirava.
La cappella si faceva strada con lentezza nella vagina ultracinquantenne in disuso, dopotutto doveva farle un po’ male.
Per un minuto buono lei mi stringeva a se mentre ancheggiavo lentamente.
Poi prendemmo il ritmo, il dolore era svanito, la mia umidità contribuiva a far scorrere il mio glande dalle piccole labbra al fondo della vagina, a toccarlo il fondo.
Le piaceva. Lo vedevo nei suoi occhi, in come mi baciava, in come si mordeva le labbra.
Le tette disegnavano cerchi in aria sotto i miei colpi… e la mia zia ansimava.
Tutte quelle emozioni insieme non mi fecero durare più di tanto, ma forse, per una vecchia fregna in pensione, era meglio farlo breve per le prime volte.
Stavo per venire… interruppi il ritmo e tirai fuori il cazzo da lei. Lo appoggiai sul monte di venere per venirle sulla pancia quando mi sorprese…
Mise una mano sotto il cazzo alzandolo, “puntandolo” più in alto.
Il mio primo getto è sempre il più potente. Difatti anche quella volta fu così.
La sborra partì con violenza ed “atterrò” sul suo mento… o meglio tra il mento e il collo dato che guardava verso il basso. Era un densissimo filo di sperma bianco che sorvolò il suo ombelico, passò tra le sue tette e si adagiò con uno “splock! ” sordo.
Mentre i successivi quattro schizzi riempivano il suo ombelico avevo l’immagine di mia zia, seminuda con le tette all’aria, col mio sperma che tentava di scivolare dal mento a favore del collo.
La vidi portarsi la mano al mento, convinto che fosse per pulirsi. Mi fissò.
Passò la mano sullo sperma… e lo leccò.
Assaggiò il mio sperma. Lo sperma del nipote.
“Era tanto… troppo tempo… ” mi disse ancora stravolta.
“Io non ho sensi di colpa zia… ”
“Neanche io amore mio… ”
“Ti amo… zia… ”
“Saprò ripagare il tuo amore… lo giuro… ” mi disse.
Mi tirai su… rimisi il cazzo umido dentro le mutande e tirai su la zip.
Era ora di andare. Andare via. Lasciai dopo un bacio la zia sul letto, con la gonna riabbassata, intenta a tirar via dall’ombelico il mio denso, caldo e giovane seme che lei ribattezzò “elisir di giovinezza”. FINE

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