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Incesto

La meravigliosa Sara era una donna sui quaranta, bionda, dagli occhi cerulei e dal fascino magnetico. Sin da giovane aveva nutrito il desiderio di raggiungere fama e ricchezza ed il suo sogno si avverò, allorquando, diciassettenne, sposò un grande petroliere. Adorava Sara, vivere nel lusso sfrenato: una vasca da bagno in marmo rosa era il suo luogo preferito dove, immersa nei più soavi profumi d’oriente, adorava fantasticare sulle avventure erotiche più spinte. Suo marito, grande ed eterno viaggiatore, la lasciava spesso sola a casa, ad accudire il piccolo figliolo che subito dopo il matrimonio, entrò quasi violento, nella loro vita. Crebbe in fretta il piccolo pargolo: studiò nei più grandi college inglesi e frequentò la facoltà di medicina all’università di Stanford, negli Stati Uniti, specializzandosi in breve tempo in ginecologia. Omar, questo il suo nome, era diventato uno splendido giovane: alto un metro e novanta come suo padre, aveva per altro ereditato tutte le migliori doti fisiche dalla madre: occhi di ghiaccio, labbra carnose e lunghe mani sottili, che gli avrebbero permesso anche di diventare un grande pianista se solo lo avesse voluto.

Sara adorava il figlio ed amava farsi desiderabile ogni volta che, in sua compagnia, si presentava ai banchetti dell’alta società, pavoneggiandosi di essere una delle sue numerose “fiamme”. Una sera, a casa dell’avvocato di famiglia, Sara si presentò a braccetto di suo figlio, indossando un vestito lungo, in tulle nero, con uno spacco talmente pronunciato che i camerieri facevano a gara per far cadere per terra qualunque oggetto vicino a lei, in modo di godere della visuale che i suoi tanga, che era solita usare, poco celavano. Le sue amiche erano gelosissime di Sara e Omar, poiché, ovunque andassero, tutti venivano catturati dalla tensione elettrica che insieme sprigionavano. Quarantatré anni lei, ventisei lui. Anche le numerose donne di Omar erano gelose di sua madre: spesso andavano a far l’amore a casa loro, nella camera di Omar, ma ogni volta venivano colpite dai baci teneri e dalle languide carezze, che Sara, in loro presenza , si divertiva a profondere al figlio. Non sapevano poi che Sara, all’oscuro anche di Omar, aveva fatto installare delle telecamere nascoste nella camera dal figlio, registrando così tutte le sue varie performance erotiche. Ella infatti amava rivedersele mentre, immersa nella vasca da bagno, amava immaginare di sostituirsi alle sue partner mentre facevano l’amore con lui. Si toccava e gemeva con dolcezza quando vedeva nel monitor Omar che lappava le grandi labbra di Manette, la sua allieva preferita o infilava da dietro Georgias, l’amica greca, sua antica compagna di università.

Sara era felice così: adorava il figlio e nonostante avesse raramente incontri sessuali col marito e con i pochi amanti, si appagava con i video del figlio.

Una calda estate Sara rimase sola sulla yatcht di famiglia e mancando anche Omar, si decise di andare a trovarlo nella sua clinica a Ginevra. In poche ore, con l’elicottero, atterrò nell’eliporto dell’ospedale e si fece ricevere da Omar. Era veramente eccitata: da mesi non lo rivedeva e gli mancavano quelle giornate di autoerotismo che solo lui le donava. Il marito era da tre mesi in Arabia e non voleva che lo raggiungesse per via della tensione politica che regnava in quel paese: per di più, era troppo pericoloso per una donna bella come lei andare da sola fin laggiù. Così Sara entrò nello stanzino del figlio e chiusolo a chiave, lo abbracciò con le lacrime al collo.

“Omar caro, quanto mi mancavi … ” le disse baciandolo dolcemente sulla guancia.

Omar la abbracciò e le chiese: “Come mai sei così triste, mamma ? “.

“Avevo voglia di te … ehm, di rivederti … figliolo caro”. “è da qualche giorno che soffro di dolori laggiù … da dove sei nato tu intendo … e volevo che tu mi controllassi”.

“Ma … mamma, il tuo ginecologo è ammalato ? Io … non so se è il caso che … ehm … ti controlli io … “.

“Figliolo mio … che hai ? Ti senti forse a disagio ? Non ho mica settant’anni … ma se proprio ti crea problemi … mi farai aspettare due settimane, perché il mio ginecologo è alle Bahamas e non credo voglia essere disturbato … “.

“Vabbè, se è così urgente, mamma, accomodati e fammi controllare”.

Sara era felice: un sorriso malizioso le apparve sul viso e le sue pupille si dilatarono come avesse raggiunto il suo obbiettivo. Si avvicinò al lettino e si accomodò seduta.. Omar indossò il guanto e le si avvicinò titubante.

“Ti dovresti … ehm … spogliare e stendere là sopra”, le disse indicandole il lettino con il poggia gambe.

“Caro mio … perché non mi aiuti tu ? “; lo fissò dritto negli occhi, gelandone il sangue.

Omar tacque e allungò le sue mani sfiorandole le gambe. Sara emise un lungo respiro e si inarcò all’indietro: Omar le sfilò la giacca del grigio tailleur e la appoggiò alla sedia vicina. Le slacciò la camicia bianca e gliela aprì rivelando i suoi eburnei seni materni. La fece alzare e le sfilò la gonna, lasciandola in tanga e guêpiere neri. Un brivido scorse la schiena di Omar e per la prima volta nella sua vita, sentì di desiderare sua madre.

Le consegnò un camice bianco per coprirsi e la pregò di sfilarsi i tanga sedendosi sul lettino con le caviglie appoggiate ai morsetti divaricanti. Sara non si tolse le scarpe coi tacchi e fece come le chiese lui. Si levò i profumati tanga, e si abbottonò il camice sdraiandosi sul lettino a gambe aperte. Omar si tranquillizzò un attimo e le si avvicinò indossando i guanti. Sara non si era sdraiata del tutto: voleva osservarlo mentre eseguiva la sua visita. Omar sbottonò un poco il suo camice e scoprì il caldo antro materno, la cui peluria era stata diligentemente rasata a forma di freccia, con la punta rivolta verso il clitoride. Omar sorrise a quella vista, prima che la madre, con un rapido gesto delle cosce, non gli si mostrasse interamente: “Da lì provieni Omar e qui vorrei che tornassi … “, gli disse indicandogli la sua tenera valle profonda.

Omar non si smosse ed iniziò imperterrito la sua visita: le solleticò le grandi labbra e individuò in un secondo il punto indicato dalla freccia, toccandolo con calma e dolcezza. Sara si bagnò subito. Aahhh … non riuscì a soffocare il suo piacere. Omar continuò nella sua intima carezza accorgendosi per la prima volta della bellezza di sua madre: i suoi lunghi capelli biondi si posavano soavi sui suoi torniti seni e le lunghe ciglia accompagnavano ritmicamente il roteare goloso dei suoi occhi azzurri. Il ventre era piatto e le lunghe unghie curate affondavano nel caldo bianco lettino. Notò le sue lunghe gambe perfette e le caviglie che, risaltate dalle scarpe che sempre indossava, si alzavano ad ogni suo colpo al clitoride materno. Si divertiva Omar all’idea di far godere sua madre. E lei adorava questa situazione. Tutti i suoi sogni erotici si stavano materializzando. Omar abbandonò per un attimo la stimolazione clitoride per penetrarla in profondità con tre dita. Sua madre si contorse per il piacere. Quattro dita e Sara esplose nelle sue calde mani. Il pugno intero e lei scattò con un colpo di reni togliendosi il camice aperto di dosso. Omar entrava ed usciva con la mano ed il suo pene si induriva alla massima potenza nel vedere sua madre così lussuriosa. Continuarono all’unisono finché Omar, ritraendosi, non si slacciò i pantaloni e spruzzò addosso a sua madre il suo liquido seminale. Sara si alzò dal lettino e si inginocchiò ai suoi piedi ingoiando quanto più poté del dolce nettare prodotto dal figlio. Si alzò con il viso bollente e sporco e prese dolcemente quello di Omar tra le sue mani.

“Ti amo figlio mio e ti voglio … voglio essere la madre del figlio di mio figlio e non sua nonna”. Vienimi dentro, Omar, fammi il più bel regalo che mi si possa fare”.

Omar la stese sul lettino e la penetrò con fredda semplicità: settanta volte entrò ed uscì da sua madre. Eruttò sei volte in lei, mentre esausta, Sara si attorcigliava il più possibile al suo corpo.

Tre ore rimasero lì a fare l’amore … Si rivestirono e si salutarono gelosamente.

Squillò il telefono e Sara trasalì nel suo letto: era Omar che la chiamava da Ginevra, nello yatcht di famiglia.

“Sì … chi è chiese lei ? “.

“Ciao mamma, sono io, Omar: quand’è che vieni a trovarmi, mi manchi ! “.

Sara gelò nel sangue e si svegliò di colpo: si guardò in giro e riconobbe i verdi drappeggi della sua camera da letto, il copriletto dorato, la bottiglia di vino francese sul comodino. Saltò giù dal letto con il telefonino in mano e guardò fuori dall’oblò: era una splendida giornata estiva …

“Mamma ? ” in lontananza, dal telefonino.

“Ehm .. Omar … da quand’è è che non ci vediamo ? ” chiese lei un po’ attonita e speranzosa.

“Da tre mesi, mamma, ma perché me lo chiedi: stai bene ? “.

Sara sorrise dentro a sé e si sedette divaricando le gambe sulla poltrona vicino a lei … un altro sogno pensò … e si toccò guardandosi la freccia disegnata col pelo del suo pube, mentre Omar al telefono le chiedeva: “Mamma, ti ho telefonato per dirti che nella mia borsa ho ritrovato un tuo tanga, mi dici come ci è entrato ? “. FINE

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