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La comare

Il protagonista di questa storia sono io, Andrea, un ragazzo di venti anni appena compiuti. Il mio sogno erotico, fin da bambino è stata la mia comare di battesimo Angela.
Il mio sogno rimase tale fino a pochi giorni fa.
Infatti, il destino ha voluto che lei si offrisse di farmi alcune ripetizioni di matematica vista la sua ampia conoscenza della materia.
Così il giorno prestabilito andai a casa sua per la lezione.
Venne ad aprirmi lei stessa; lei era una donna sulla trentina, non troppo alta, capelli neri ed un fisico da capogiro.
Quel giorno indossava un completo bianco che lasciava intravedere il perizoma bianco e le sue abbondanti tette.
Io a quella magnifica vista rimasi un po’ stordito però mi ripresi subito e sbrigati i convenevoli ci recammo nel suo studio per iniziare la noiosa lezione.
Nei primi quindici minuti della lezione cercai di stare il più attento possibile però inevitabilmente pensavo a lei e cominciavo a farmi strani sogni erotici che vedevano i nostri due corpi uniti in mille amplessi.
Questo splendido sogno fu interrotto dal brusco rumore prodotto dalla matita che precipitò a terra; io ancora un po’ frastornato esitai nel raccoglierla e Angela non vedendomi prenderla, si chinò lei e andò sotto la scrivania.
Una volta recuperata la matita sentii la sua mano sulla patta dei miei pantaloni; da quel momento non capii più niente!
Lei prese in mano il gioco ed estrasse il mio pene dolorante per la forte eccitazione e comincio a farmi un pompino “divino”!
Passato il primo momento di smarrimento, ritornai in me e presi le redini del gioco; infatti, la feci rialzare e sdraiare sulla scrivania.
Dopo averla spogliata gli leccai intensamente la fica fino a farla gemere, dopodiché inizia a scoparla alternando la fica con il suo buco di culo indubbiamente non vergine.
Dopo circa dieci minuti di mugolii di piacere sentivo che stavo per venire, così la feci girare posizionando il mio cazzo in mezzo alle sue tette, iniziando così una breve ma intensa spagnola che finì con il mio orgasmo che inevitabilmente imbratto le sue tette e la sua faccia.
Dopo avergli schizzato tutto il mio seme mi ripulì accuratamente il mio pene e in seguito ovviamente mi rivestii.
Sulla porta dell’ingresso mi disse che per oggi poteva bastare e che altri approfondimenti ci sarebbero stai nel domani. FINE

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