L’iniziazione ai piaceri del sesso.
Avevo appena compiuto i diciotto anni, quando mi trovai un’estate in vacanza presso gli zii, Lucy e Alberto, che abitavano in campagna, in un tranquillo paese dove smog e traffico erano parole quasi sconosciute. Mi ci avevano mandato i miei, per ritemprare le forze durante le vacanze, in vista delle fatiche dell’ultimo anno delle scuole superiori, in cui avrei dovuto affrontare l’esame di maturità. Ero partito contento: gli zii erano giovani e simpatici, sempre buoni con me. Lo zio Alberto era il fratello della mamma, un tipo non troppo sveglio e con un carattere affabile, che in famiglia lasciava le redini di comando alla moglie Lucy, una bella mora di 40 anni, con un fisico ben in carne, due tette quinta misura splendide e due cosce scultoree, grosse e polpose, che la bella zia non si curava affatto di nascondere, né d’inverno né d’estate, amando indossare sempre delle gonne sopra il ginocchio. Era diventata subito, nei miei primi anni adolescenziali, una delle mie fantasie preferite nelle masturbazioni solitarie, e non potevo più contare le innumerevoli volte che con i potenti mezzi del pensiero l’avevo posseduta in tutti i buchi, inondata di sperma dappertutto ma soprattutto in bocca. Ma tant’è: erano solo fantasie, e la mano doveva scorrere da sola a donarmi piacere, lasciandomi, alla fine del sesso consumato in solitudine, insoddisfatto, e con di più con il rimorso di aver tradito nella fiducia lo zio Alberto.
Partii con il treno in una mattina, verso la fine di giugno. Faceva già molto caldo, nonostante si fosse all’inizio dell’estate, e alla stazione trovai la zia Lucy in uno splendido prendisole, che sembrava fatto apposta per risaltarne le forme e mettere in evidenza le sue straordinarie poppe. Mi salutò baciandomi sulle guance, tre volte – come fanno i francesi mi disse – , ed io pensai subito che avrei preferito un bacio alla francese di un altro tipo. La zia aveva parcheggiato la sua A112 rossa appena fuori dalla stazione. Durante il tragitto non potei fare a meno di notare che l’orlo del prendisole era risalito ben oltre il ginocchio, e la coscia, priva di calze come piaceva a lei, si offriva opulenta ai miei occhi voraci, nuda tutta quanta fino al piede. La zia guidava scalza, perché indossava ai piedi un paio di zoccoli col tacco alto, che le impedivano la giusta sensibilità nel premere le pedaliere dell’auto. Non riuscivo a staccare gli occhi da quel bendiddio, sperando con tutto me stesso che la fortuna mi desse una mano, e un colpo di vento benigno alzasse quella sottile stoffa che mi separava con la vista dalla meta dei miei desideri. Dovevo essere proprio assorto nella contemplazione, perché non m’accorsi che la zia aveva distolto per un attimo il capo dalla strada, e m’aveva sorpreso nell’adorazione delle sue gambe.
“Cosa fai, furbetto, mi guardi le gambe? ” mi chiese con una voce dolce, mentre sorrideva guardando davanti. Io arrossii violentemente e tentai di balbettare qualche scusa arrabattata alla meglio. La zia non ci fece molto caso, continuando a non guardarmi, forse per consentirmi di riprendermi un po’ dall’imbarazzo, poi mi chiese, come fosse la più innocente domanda di questo mondo:
“Non ce l’hai la ragazza? ”
“N.. Nno…Ce l’avevo…. adesso no…non più”
“Beh, e cosa fai? Guardi le vecchione come me? Figurati…”
“No…zia…cosa dici…io non ti guardavo…cioè, sei bella, ma non …”
“Vabbè, lascia stare. Comunque senza una ragazza non ci puoi stare. A quell’età lì siete sempre pieni di voglia. Com’è che ti arrangi, sempre da solo? ” Arrossii violentemente, di nuovo. Era strano, perché con la zia, pur desiderandola intensamente, non ero mai riuscito ad andare aldilà dei semplici rapporti superficiali che si tengono con i parenti, anzi, forse il fatto di esserne sessualmente attratto, mi costringeva, nella mia timidezza, a dimostrarmi con lei più freddo di quanto fosse necessario. La mia imprudenza, però, e zia Lucy soprattutto, mi avevano di colpo calato, all’inizio delle nuove vacanze estive, in un’atmosfera che lasciava presagire interessanti sviluppi per il futuro. Eravamo arrivati alla casa degli zii e – per fortuna? – il discorso cadde da solo. Entrando salutai lo zio e mia cugina Luisella. Notai che la ragazzina si era alquanto sviluppata dall’ultima volta che ci eravamo visti, e il calzoni corti che indossava quella mattina mettevano in risalto un sederone pieno, forse anche troppo, mentre la maglietta aderente premeva sui seni già ben sviluppati, che promettevano di raggiungere le dimensioni importanti delle tette della madre. Scoprii che fra un paio di giorni avrebbe compiuto anche lei i diciotto anni; sapevo che eravamo coetanei, ma non avevo mai potuto partecipare ai suoi compleanni, né lei ai miei, del resto, data la distanza fra le rispettive abitazioni. Lo zio non era ancora andato al lavoro, essendosi trattenuto apposta per salutare il mio arrivo. Fu molto cordiale nel ricevermi, mi diede il benvenuto nella sua casa dicendomi che dovevo comportarmi come se fossi a casa mia, usufruendo di tutto quello che c’era senza il bisogno di chiedere nulla a nessuno. Lo zio uscì poi per recarsi al lavoro ed io mi sistemai nella camera a me destinata, che era proprio in cima alle scale che portavano al piano superiore, accanto a quella di Luisella. Mezzogiorno non era molto lontano e così mi trovai presto seduto a tavola con le due parenti, impegnato in una discussione sulla scuola appena terminata, che mi aveva visto promosso con lusinghieri risultati. Luisella era stata invece rimandata in matematica e, visto che in quella materia me la cavavo discretamente bene, promisi di darle una mano nella preparazione all’esame di settembre, per far risparmiare alla famiglia i soldi delle ripetizioni. Zia Lucy mi ringraziò di questo interessamento, dicendomi che ero molto carino a prendermi a cuore i problemi della cugina, e che anche loro, per ricambiare, erano disposte a fare qualcosa che potesse essermi particolarmente gradita.
Che cosa voleva dire con questo? Pensai di non aver compreso bene, ma alzando lo sguardo a incontrare quello della zia m’accorsi che sorrideva in modo provocante, ed arrossii di nuovo. Luisella non aveva compreso l’allusione e questo mi tranquillizzò abbastanza.
Nel pomeriggio la ragazza uscì per un appuntamento dal parrucchiere ed io rimasi da solo in casa con la zia. Sapevo che qualcosa sarebbe successa, senz’altro mi aspettavo che la discussione riprendesse dal punto in cui era stata interrotta con l’arrivo dell’auto alla casa degli zii, ed infatti queste mie previsioni trovarono conferma con la comparsa nella mia camera della zia Lucy.
“Allora Nicola, come ti trovi da noi? ”
“Bene, grazie, siete tutti gentili”
“E Luisella, hai visto com’è diventata grande? è ormai una donna…”
“Sì”
“E anche tu sei un ometto. Ma veramente non hai la ragazza? ”
“Sì”
“è bella, vero, Luisella. Chissà come la penserai, nei tuoi sogni…e cosa le farai, povera piccola…”
“Ma zia.. ” provai a protestare.
“Nicola io ti capisco. So quanto sia difficile trattenere il desiderio, alla vostra età. Comunque se hai qualche problema, ti puoi rivolgere a me. Io e lo zio siamo molto aperti, come mentalità, e per me non è un grosso problema dare una mano a mio nipote, se posso farlo. Anzi è una cosa che mi ha sempre eccitata, posso confessartela, l’idea di svezzare un ragazzo ai piaceri del sesso”
“Oh zia…” balbettai. Non sapevo più nemmeno dove mi trovavo, né osavo dire qualcosa o tentare un approccio che desse seguito alle parole della zia.
“Vieni qui, Nicola, ti piacerebbe se ti facessi una sega? ”
Nel dire questo si era avvicinata lei a me, e aveva appoggiato una mano sopra la patta dei miei pantaloni. Ero già bello carico, e la zia sentì la consistenza del mio cazzo attraverso la leggera stoffa dei pantaloni:
“Caspiterina Nicola… che duro ce l’hai già… spogliati che vediamo se possiamo fargli qualcosa”
Non vedevo l’ora di ubbidirle, e seppure ancora leggermente imbarazzato nel denudarmi per la prima volta davanti a lei, non mi feci pregare ulteriormente, e in men che non si dica il mio uccello svettava verso il cielo, caldo e pulsante, desideroso di ricevere attenzioni. La zia Lucy mi fece distendere sul letto, mentre lei si sedette sul bordo. Con la mano tastò la consistenza dei testicoli, sorridendo al trovarli così grossi e pieni di voglia. Impugnò l’uccello con la sua bella mano cicciottella, dove portava soltanto un anello sottile all’anulare, e cominciò un lento movimento di va e vieni che mi portò ben presto vicino all’orgasmo. La zia si fermò e si staccò da me. Con rapidi gesti si tolse la leggera maglietta di cotone che indossava e la gonna corta con cui m’aveva accolto la mattina, e rimase davanti ai miei occhi con il solo reggiseno bianco dal quale le sue enormi tettone trasbordavano minacciose, e con le mutandine dello stesso colore, che non celavano alla vista il ciuffetto di pelo nero che vi era nascosto sotto. La zia si avvicinò a me ed io appoggiai subito le mani sopra le tette, palpandole con voluttà e desiderio. Le abbassai il reggiseno e comparvero due bellissime aureole color rosso carne, con le punte erte come due piccoli cazzi. Mi avvicinai con la bocca e ciucciai quei capezzoli, la cui erezione testimoniava l’eccitazione della zia.
“Ti piacciono, eh Nicola? ” chiese la zia. Non le risposi, continuando a baciarla sulle tette e intrufolando una mano sotto le mutandine a sfiorare il vello che la zia portava in mezzo alle gambe. Mugolò al contatto con la mia mano, ma mi disse di fare piano quando, in modo maldestro, data la mia inesperienza, tentai di infilarle un dito dentro.
“Aspetta Nicola…lascia che mi spogli”. Si tolse il reggiseno e le mutandine, che ormai erano solo d’impaccio, e si sdraiò sul letto, spalancando le coscie e dischiudendo il fiore della sua fica.
“Vieni giù, Nicola, leccamela…” implorò, e io mi ci buttai con la testa in mezzo a quelle gambe, cominciando a baciarla e leccarla come meglio sapevo. Ero abbastanza scomposto nei movimenti, ma la zia mostrò di apprezzare le mie attenzioni, e ben presto la sentii gemere e mugolare di godimento. Soprattutto quando insistevo sul clitoride, la sentivo contrarsi e inarcare la schiena.
“Prendimelo in bocca…Nicola…il cicciolo…” pregava, ed io l’accontentavo, mordicchiando quel piccolo pezzo di carne che sorgeva in mezzo alla sua dolce peluria. La sentii gemere più intensamente ed aumentai i movimenti agitandomi a destra e a sinistra, con la lingua infilata nella sua fica. Urlò di godimento, mentre una colata di liquidi mi sbrodolava le labbra e il mento, con l’orgasmo che scuoteva la zia come in preda a convulsioni. Mi fece rialzare e mi disse di distendermi sopra il letto. Era tutta sudata, e si posizionò sopra di me, impugnando il mio uccello e puntando la cappella all’ingresso della sua vagina. Lo guidò con dolcezza dentro di sé, impalandosi con dei leggeri mugolii tutti i miei diciotto centimetri di giovane cazzo. Quando l’ebbe tutto dentro, cominciò una furiosa cavalcata, le tette ballonzolanti davanti a me come in una visione, la fronte imperlata di sudore, e la lingua che lascivamente si passava fra le labbra, mentre gemeva ad ogni affondo del mio cazzo dentro di lei. Non riuscii, però, a farla venire di nuovo, perché ben presto fui io pronto per una favolosa sborrata. Avvisai la zia, che smontò da me e si calò con la bocca sul mio cazzo. Imboccò l’uccello, solleticandone con la lingua la cappella, mentre in un frenetico va e vieni con la testa mi portava rapidamente all’orgasmo. Venni con copiosi schizzi nella bocca di zia Lucy, e la porca ingoiò il mio sperma con ingordigia, non smettendo di spompinarmi finchè non m’ebbe prosciugato l’ultima goccia di liquido seminale. Era la realizzazione del mio sogno d’adolescente, e lo dissi alla zia, confidandole che da tempo la desideravo e m’ero fatto un numero inenarrabile di seghe pensando a lei.
“E così volevi farti la zietta e non ne avevi il coraggio…beh adesso ne avrai, di che soddisfarti, per tutta l’estate e anche oltre”. Mi fece l’occhiolino, e mi invitò a leccarla di nuovo per non lasciare a metà quanto avevo iniziato. Con la bocca e con le dita la feci venire di nuovo, dopo di che decidemmo, per quel giorno, di ricomporci affinchè Luisella e lo zio non avessero a insospettirsi di qualcosa.
La deflorazione della cuginetta
I timori che qualcuno scoprisse qualcosa del fatto che mi ero chiavato la zia, appartenevano soltanto a me, che ancora non sapevo bene in quale famiglia fossi capitato. In realtà la zia, a cena, se ne uscì raccontando allo zio e a Luisella di come avevamo fatto l’amore nel pomeriggio, e di quanto io lo avessi in precedenza desiderato, visto che proprio lei, zia Lucy, era stato l’oggetto preferito delle mie voluttuose masturbazioni. Non vi dico i colori assunti dalla mia faccia nello sentire quello che credevo il nostro segreto, spiattellato in faccia proprio a chi non avrebbe dovuto saperne nulla. Feci l’atto di alzarmi e scappare, ma lo zio con parole rassicuranti mi trattenne, dicendomi che per lui non c’erano problemi.
“Siamo di mentalità aperta sul sesso, Nicola. Tua zia ha già scopato con altri uomini, anche in mia presenza, e se non ti fai troppi problemi tu, potete farlo quando vi va…”
Luisella sorrideva, evidentemente non era la prima volta che in quella casa venivano fuori discorsi di quel genere. La zia guardò la figlia, quasi incerta se continuare a parlare con me, poi si decise, guardandomi dritto negli occhi:
“Senti, Nicola, avevamo pensato che saresti stato tu la persona adatta per introdurre Luisella ai piaceri del sesso. Siete cugini, e dunque non c’è alcun coinvolgimento sentimentale, e il tutto si riduce ad un puro fatto di attrazione fisica. Luisella ci ha visti fare l’amore, ma per nostra scelta l’abbiamo sempre tenuta fuori dai nostri giochi, consentendole solo di masturbarsi alla vista di quel che noi facevamo. Fra tre giorni, però, è il suo compleanno, e come regalo vorremmo farle perdere la verginità. E avevamo pensato a te, per questo…”
“Ma zia…”
“Già che ci siamo, mettiamo le carte in tavola Nicola…” continuò lo zio Alberto “…non è un caso se tua zia è venuta a prenderti tutta scosciata, ed ha intavolato con te un tipo di conversazione diciamo inusuale. Doveva sondare il terreno, vedere se eri disponibile e voglioso. Siccome ti ha trovato bello carico, sarebbe un peccato rinunciare a piaceri intensi soltanto per delle stupide remore morali. Sai, dev’essere stupendo deflorare una vergine: non vedi che culetto ha tua cugina…me la farei volentieri io, se non fossi suo padre e non ce l’avessi un po’ troppo grosso per una prima volta”
Tutto quel nugolo di parole pronunciate dagli zii mi lasciarono esterrefatto. Non sapevo cosa rispondere, la situazione andava ben aldilà delle mie più rosee aspettative, forse un po’ troppo rispetto a quanto ero pronto ad assimilare in così breve tempo. Comunque acconsentii senza farmi molto pregare, e Luisella battè le mani dalla felicità:
“Che bello mamma, non vedo l’ora! ”
Passarono lenti i due giorni che dovevano trascorrere fino al compleanno di Luisella, ma passarono. Quella mattina mi svegliai presto e scesi per la colazione. La famiglia si trovava già tutta in cucina, intenta a consumare il primo pasto della giornata. Feci gli auguri a mia cugina, dandole due bacetti sulle guance, poi feci scaldare il tè mentre mi preparavo due fette biscottate con burro e marmellata. La zia mi sorrise, facendomi l’occhiolino, e mi disse di sbrigarmi, perché volevano scartare subito il regalo per Luisella. Lo zio rise in modo sguaiato alla battuta, e anch’egli comunque mi sollecitò, uscendo assieme alla moglie dalla cucina. Luisella li raggiunse quasi subito, ed io mi sedetti cominciando a mangiare di fretta seppure con non molto appetito. Consumai velocemente la colazione, era altro quello che desideravo gustare, e l’avevo atteso per due lunghissimi giorni.
Tutto però m’aspettavo, uscendo dalla cucina ed entrando nel salotto, fuorchè quella scena da “Sodoma e Gomorra” che si presentò ai miei occhi stupefatti. La famigliola era completamente nuda, Gisella era sdraiata sul basso tavolinetto di cristallo che stava fra i divani e a gambe spalancate veniva leccata dalla madre, che affondava la sua lingua dentro al fiore dischiuso della figlia. Lo zio Alberto si era inginocchiato presso il tavolino e aveva fatto imboccare un grosso cazzo di notevoli dimensioni alla sua piccola figlia, e la stava chiavando in bocca tenendola per la testa, con un ritmo lento e regolare. I mugolii della ragazza venivano soffocati dall’uccello dello zio, che andava infilando sempre più centimetri di quella sua mazza pulsante dentro la boccuccia della sua bambina. I tre continuarono l’orgetta familiare indisturbati, mentre io mi spogliavo e li raggiungevo, non sapendo bene cosa fare in quel frangente per me tanto insolito. Lo zio mi tolse le castagne dal fuoco, perché al grido di “vengo, vengo”, cominciò ad eruttare lo sperma nella bocca di Luisella, impedendole con la mano dietro alla nuca di sottrarsi alla prima bevuta di sborra della sua vita.
“Brava! ” esclamò zia Lucy, vedendo che il marito era venuto in bocca alla figlia e che questa si era bevuta la sborra del padre.
“Adesso però è tempo di far passare qualcosa, dentro questa buchetta tutta bagnata”
Zia Lucy fece allontanare lo zio, che sprofondò in una poltrona, posizionata in un luogo adatto a gustarsi quanto stava accadendo sopra il tavolino. Poi fece girare Luisella, costringendola a sdraiarsi bocconi sopra il tavolino. Lei sedette a gambe larghe sopra la schiena della figlia, con il pelo della fica lubricamente spalancato e le labbra della fica a contatto con la pelle della ragazza. Sporse, da sopra le chiappe della figlia, la testa e con entrambe le mani le allargò le labbra della micetta, schiudendo alla mia vista il roseo fiore di quella giovane fica velata di una leggera peluria.
“Vieni Nicola, dammi quel cazzo”. La zia impugnò l’uccello e lo guidò all’ingresso della vagina di sua figlia.
“Spingi piano…così”. La cappella entrò nell’anfratto e la zia mi incitò a proseguire piano. Trovai la resistenza dell’imene e non sapevo bene cosa fare e con quanta energia forzare la situazione. La zia mi tolse d’impaccio afferrandomi da dietro, con entrambe le mani, le chiappe, e spingendo il mio cazzo dentro la caverna d’amore della figlia. La piccola urlò di dolore alla lacerazione dell’imene, e la madre mi impose di cominciare subito a montarla con delicatezza, uscendo lentamente e lentamente ripartendo incontro all’utero di Luisella. Lo zio Alberto si stava segando in poltrona ed era già ritornato bello tosto, mentre Luisella cominciava a gustarsi la sua prima chiavata, manifestando la sua approvazione a suon di gemiti rilasciati ogni volta che la punta del mio cazzo toccava il punto di massima penetrazione.
Intanto la zia s’era accorta della rinata efficienza del marito, ed accorse presso lui sedendosi anche lei in poltrona, dopo essersi impalata i venticinque centimetri della mazza del baldo zio Alberto. Lo montava con foga, come una vacca, con un ritmo assai più frenetico di quello con il quale io mi stavo scopando Luisella. Zia Lucy raggiunse presto l’orgasmo urlando come una zoccola, lasciandosi andare alla lascivia del pronunciare frasi irripetibili dirette agli attributi dello zio e ai miei. Non uscì dallo zio, ma rimase sopra di lui, lasciandosi cullare dalle spinte che questi dava da sotto, alla ricerca di un nuovo orgasmo dopo il precedente scaricato nella bocca della figlia. Venne finalmente, spruzzando il suo seme nella fica della moglie, che prendeva la pillola e dunque era al riparo da qualunque problema. Luisella invece no, non era al riparo da possibili gravidanze, e in questo ero stato lungamente edotto da zia Lucy, che d’altra parte voleva far sperimentare alla figlia un coito pelle a pelle, mentre con il preservativo, diceva, si perdeva una parte di godimento che invece lei voleva la figlia si gustasse per intero.
Quando mi sentii pronto per sborrare – Luisella era già venuta due volte – uscii dalla sua fica, e le chiesi di farmi venire con la bocca. La giovane cugina si inginocchiò accanto a me e mi prese l’uccello in bocca, cominciando un fantastico pompino. A lei si aggiunse zia Lucy, che, inginocchiatalesi accanto, si diede a contenderle il mio cazzo, che spariva alternativamente nella bocca delle due donne. Le avvisai che stavo per sborrare, e le due porche lo impugnarono e si diedero con le lingue a leccarlo sulla cappella finchè mi fecero venire in una maniera fantastica. Schizzai il seme sulle loro bocche, sulle loro guance e sui colli e loro si leccarono a vicenda gustandosi il caldo del seme che avevo appena eruttato.
Passai quell’anno un’estate fantastica, lo si può immaginare. FINE