Agosto, pomeriggio: un caldo afoso e appiccicoso mi toglie il respiro e con lui ogni iniziativa. Dovrei studiare, preparare quel dannato esame che mi ha costretto a passare l’estate in città, chiuso in camera, mentre gli amici se la spassano al mare… E invece me ne sto disteso sul letto, nudo, grondando sudore, le persiane abbassate per tenere lontano il sole e la luce accecante. Mi tocco il cazzo, scoprendolo piacevolmente in tiro: non proprio duro ma barzotto, come spesso mi accade quando sono nervoso e frustrato. Lo stuzzico, masturbandolo lentamente a 3 dita (pollice, indice, medio), in cima, scappellandolo e riavvolgendolo, su e giù, gli occhi socchiusi rievocando piacevoli ricordi erotici.
Non ho bisogno di fantasticare, grazie al mio vizio coltivato sin dalla precoce adolescenza ho “messo su” un archivio sufficiente per una serie completa di film porno! Star indiscussa sarebbe naturalmente lei, zia Grazia, moglie ninfomane del fratello di mio padre, un grassone amante del buon vino e delle barzellette che fanno ridere solo lui: commerciante ambulante abile e facoltoso (lo consideriamo un po’ il “ricco” di famiglia, anche perché noialtri non è che la si passi tanto bene…), gran lavoratore all’antica, di quelli che escono di casa all’alba e tornano la sera convinti che le mogli debbano fare solo le casalinghe e le madri di famiglia, non ha mai realizzato, il povero coglione, che la sua vogliosa mogliettina spesso e volentieri tralascia le faccende domestiche per farsi sfondare dai vigorosi cazzoni dei suoi giovani e superdotati amanti. Già, zia Grazia: oggi è sulla soglia dei 50 anni, i figli ormai cresciuti (Simone è più grande di me e lavora col padre, Francesco, più piccolo, quest’anno ha dato la maturità! ), qualche ruga di troppo intorno agli occhi dallo sguardo torbido, il grosso seno un po’ appesantito, qualche etto di cellulite sui fianchi e sul bel culone sodo, macchiette scure sul dorso delle mani ingioiellate che gesticolano mentre fuma l’immancabile sigaretta… Nonostante l’età è ancora desiderabile e, sia pure con discrezione, continua a soddisfare di gusto le insane esuberanze ormonali dei giovani e fortunati stalloni (amici dei figli, figli di vicini, bagnini, giostrai…), ben lieti di sfogarsi affondando i loro grossi cazzi duri nei buchi accoglienti e spanati della matura ed esperta troia.
L’ultima volta l’ho sorpresa… vediamo… qualche mese fa… il compleanno dello zione, a settembre: però, quasi un anno fa, come passa il tempo! Si festeggiava a casa loro, con parenti e vicini di casa: lo zio come al solito era ubriaco ma a dire il vero non sembrava il solo e l’atmosfera era quel che si dice allegra, con schiamazzi e musica alta…
La mia scoperta fu casuale quanto piacevole e inaspettata: mi serviva una chiave per stringere la catena del motorino con cui ero arrivato, così imboccai lo stretto corridoio buio che portava al garage seminterrato, dove sapevo esserci gli attrezzi. Nel silenzio mi arrivavano i rumori chiassosi della festa dall’alto, ma avvicinandomi alla porta che dava sul garage ne udii degli altri, più soffocati ma decisamente più interessanti. Con cautela, socchiusi la porta, sbirciando dentro: lì per lì pensai di avere una tenda nera davanti agli occhi, poi realizzai che si trattava del tubino corto e generosamente scollato (che come al solito aveva suscitato i brontolii di disapprovazione di mia madre e delle altre signore presenti, nonché le occhiate di cupidigia di mio padre e degli altri maschi presenti! ) indossato dalla zia alla festa, che ora penzolava con la biancheria intima – un perizoma di pizzo nero e un audace reggiseno a balconcino dello stesso colore – dall’appendiabiti agganciato al soffitto che di solito ospitava la tuta da lavoro lercia e sbrindellata dello zio, sbrigativamente sfrattata e ammucchiata in terra senza tanti complimenti, “tanto, più zozza di così…” aveva certamente commentato la sua porca consorte nel far posto sulla stampella.
Sorrisi a questo pensiero (ormai conoscevo mia zia assai meglio di quanto lei neppure lontanamente immaginasse! ), scostando delicatamente i lembi del tubino per godermi la scena di cui finora avevo percepito solo l’audio. Completamente nuda, zia Grazia era in piedi, a gambe divaricate, china in avanti con le braccia tese e le mani strette intorno alla sbarra di ferro dov’erano agganciati gli attrezzi.
Per un attimo pensai divertito che la chiave che mi serviva era a pochi centimetri dalla lingua con cui la sporcacciona si leccava le labbra, gemendo a occhi socchiusi sotto i poderosi colpi di reni del suo stallone che, da dietro, la fotteva stringendola per i fianchi, grugnendo di piacere ad ogni affondo. Allungai il collo per vederlo meglio, alla luce fioca dell’unica lampadina che penzolava dal soffitto: non mi stupii nel riconoscere Cristian, figlio dei vicini di casa degli zii e fratello minore di Carlo, oggi felicemente sposato e trasferitosi in un’altra città dopo essere stato a lungo lo stallone preferito di mia zia.
Evidentemente aveva passato il testimone al suo acerbo ma vigoroso fratellino, per la gioia di zia Grazia che, dopo averlo sverginato, offriva da insegnante entusiasta il suo corpo un po’ sfatto ma ancora appetibile alle voglie scatenate dell’incredulo pischello. Cristian pompava con foga, le brache calate sulle cosce glabre e le chiappe bianche contratte e distese ritmicamente: nel silenzio irreale – interrotto solo dai suoi grugniti di piacere, dai gemiti soffocati della troia e dall’osceno schiocco dei coglioni gonfi che sbattevano sul culone tremolante e sudato di lei – ne osservavo il viso imberbe, con i capelli biondi appiccicati sulla fronte grondante e lo sguardo assorto, fisso sulla schiena lucida di mia zia che si inarcava fremente sotto i suoi colpi di stantuffo.
Ogni tanto allentava la presa su un fianco e si piegava leggermente in avanti, allungando la mano a palpare goloso una delle tettone ballonzolanti e abbronzate della sua matura amante, strizzandone nervosamente il grosso capezzolo a ciuccio. Mentre mi masturbavo, godendomi l’inatteso e piacevole spettacolo, fui colpito dall’incredibile somiglianza dei due fratelli: fisicamente piuttosto diversi (muscoloso, bruno e riccioluto Carlo; più esile, biondi capelli lisci Cristian), fottevano mia zia in modo quasi identico!
Come in un flashback, rividi Carlo e zia Grazia il giorno della mia prima sega da guardone, un pomeriggio d’estate di tanti anni fa: li avevo sorpresi nel giardino sul retro della casa degli zii, a scopare di gusto sotto il solleone mentre il povero zio pescava felice e cornuto e i pargoli giocavano spensierati sulla spiaggia.
Scoprire immutata la stessa troiaggine e l’identica voglia di cazzo in mia zia non mi stupiva affatto, mi meravigliava invece ritrovare la medesima gestualità di Carlo – insieme alla sua inesauribile vigorìa – nel suo giovane fratello: possibile, mi chiedevo, che l’affinità genetica possa rendere identici perfino una mungitura di tetta, o il ritmo di una chiavata? Mentre – sempre impegnato a gustarmi lo spettacolo, sparandomi una fantastica sega – mi dicevo che in fondo i termini di paragone erano un po’ scarsini, Cristian mi stupì ancora: godutosi a piene mani le poppe e i capezzoloni della troia, si drizzò sulla schiena e prese a schiaffeggiarle con cattiveria le chiappe sode, il cui triangolo bianco – residuo del topless con cui la zietta era ancora solita abbronzarsi – non tardò a mostrare le rosse impronte dei suoi violenti ceffoni.
“Proprio come suo fratello…” pensai affascinato, riandando ancora con la mente a quel fatidico pomeriggio e constatando come anche stavolta zia Grazia si lasciasse umiliare senza reagire, anzi, mostrando di goderne proprio come allora: donna autoritaria e arrogante con il marito e i figli, si mostrava sottomessa e remissiva davanti ai suoi giovani ed esigenti stalloni!
“Forza, mignotta, muovi ‘sto culo da vacca, dài!! Ti piace il cazzo, eh, vecchia troia rotta in culo? !! ? ” Musica per le mie orecchie, pensavo, ritrovando in Cristian – ormai non mi sorprendeva più – lo stesso tono insolente e le stesse scurrilità del Carlo ammirato in passato a fottersi mia zia. Lei, dal canto suo, in ossequio alla par condicio incitava il suo ganzo con oscenità che non ti aspetteresti da una matura madre di famiglia e che in passato aveva riservato per il fratello maggiore:
“Sì che mi piace, bello cazzuto mio, tutto lo voglio ‘sto super cazzo!!!! Oh che bello!! Che gusto!!! Sei proprio tozzo, amore, sfondami tutta… alla faccia di quel cornuto impotente di mio marito!!!! ”
Masturbandomi come un pazzo, cercavo di convincermi che tutte quelle analogie avessero, tutto sommato, un’unica e plausibile spiegazione: come ben sapevo per esserne stato più d’una volta spettatore di nascosto, la mia viziosa zietta non disdegnava le ammucchiate con 2 e anche 3 cazzi purché giovani e ben dotati, spesso amici di Carlo che, magari, prima di sposarsi e trasferirsi altrove aveva coinvolto il fratellino in un “corso accelerato” con zia Grazia come nave-scuola, durante il quale lo smidollato aveva avuto l’opportunità di fare teoria (guardando il fratello) e pratica (affondando il cazzo acerbo nelle carni stagionate ma ancora appetitose della vacca). Chissà…
Prossimo ormai al godimento, mi sorpresi a pensare che, per chiudere il cerchio e unire i due fratelli in un indissolubile legame di continuità nel godersi quella ninfomane di mia zia, mancava un solo particolare… Fu ancora Cristian a dare una risposta, chiara e definitiva, al mio ultimo dubbio: sbrodolandosi nell’orgasmo e intuendo dallo scemare della pompata che anche lui stava per venire, zia Grazia lo supplicò di sborrarle in fica, essendo ormai in menopausa e potendo quindi fare il pieno di sborra senza alcun problema.
“Sììì, ti piacerebbe, eh, brutta zoccola? ! ? Invece devi vedere mentre ti sborro addosso, così lo racconti a quel ciccione pipparolo di tuo marito!!! ”
Detto fatto, il ragazzino estrasse il cazzo dalle chiappe infocate della zietta, poggiandolo lungo disteso sullo spacco, proprio in mezzo alle due graziose fossette che sovrastavano il culo. Per qualche secondo smisi di segarmi, ammirandolo a bocca aperta: non ho mai avuto tendenze gay, ma per il cazzo di Carlo – enorme, quasi 30 cm e sempre in tiro per la gioia di mia zia – avevo sempre provato un misto di invidia e ammirazione, pensavo fosse unico (e sì che di cazzi, spiando zia Grazia, ne avevo visti! ) e invece… La mazza di Cristian era forse leggermente più piccola (per modo di dire, visto che faceva almeno 25 cm! ) ma altrettanto massiccia, gonfia e nerboruta: la debole luce dall’alto creava suggestivi effetti di chiaro-scuro sulle prominenti venuzze bluastre che la intarsiavano, scappellato e osceno il voluminoso glande pulsava, turgido e congestionato, mentre i grossi coglioni gonfi cosparsi qua e là da una peluria bionda appena accennata premevano sul culo arrossato sembrando sul punto di scoppiare… Con studiata brutalità (imitata dal fratello o da qualche film porno, pensai), afferrò mia zia per i capelli costringendola a voltarsi e guardarsi il fondo schiena. Restammo tutti e 3 immobili per qualche secondo, in assoluto silenzio, mentre in sottofondo si udivano, più lontani ed irreali che mai, i rumori dell’allegra festicciola che continuava a svolgersi al piano di sopra: avevo occhi solo per quel cazzo pazzesco, duro come il marmo, vibrante e ondeggiante sulle carni morbide della mia porca zietta. Poi, Cristian esplose!
“Guarda, troiaaaaa!!!!!! ” lo sentii mugolare mentre godevo insieme a lui, entrambi scossi dai sussulti dell’orgasmo, ma con una sostanziale differenza tra noi: io sborravo con discrezione nel mio inseparabile kleenex, Cristian spruzzava a fiotti il succo dei suoi giovani e inesauribili coglioni sulla schiena imperlata di sudore di mia zia, che assisteva incredula ed estasiata a quella pioggia calda ed appiccicosa. Mentre mi ricomponevo, appagato e ormai senza alcun interesse per la chiave che ero sceso a cercare, diedi un’ultima occhiata prima di richiudere la porta: seduta sui talloni, zia Grazia leccava di gusto il cazzo gocciolante del suo giovane ma già cazzutissimo torello, che la incitava dolcemente a pulirglielo bene impugnandolo con una mano e tenendole l’altra poggiata sulla nuca. Mi allontanai in silenzio, felice: Carlo aveva lasciato mia zia in buone mani, pardon, in buone palle!!! FINE
