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Vacca dentro

La donna messa a pecorina sopra l’altalena nei pressi delle campagne di Monserrat, si chiamava esattamente Madame Corinne: 40 anni, bella, bionda, con due figli maschi maggiorenni, e che le somigliavano molto nei tratti: della bocca anzitutto, poi del naso e anche del viso. Dunque, la donna a pecorina sopra l’altalena, nelle campagne di Monserrat, era completamente bagnata, tanto che rivoli di bava cadevano dalla sua fica umida, sgocciolando qua e là sulla rugiada fresca del mattino. E non solo, con l’umore che emanava la sua fica, lasciava anche l’impronta sul legno dell’altalena, mentre dondolava. E questo succedeva proprio mentre il cacciatore scuro in viso, la sculacciava sonoramente sulle chiappe, fino a che divennero tutte rosse un fuoco. Da lontano si poteva udire distintamente gli uccelli cantare, i rintocchi severi delle sculacciate, e il ritmo ansante ripetere:

”Puttana, puttana, sei una puttana. ” Allora si fece avanti l’altro cacciatore, si avvicinò e disse calmo lisciandosi i baffi:

“Basta, tocca un poco a me adesso”… E la sculacciò di santa ragione, senza pietà quasi, col calcio del fucile, e infine le infilò in quel culo mezzo bollente la stessa canna del fucile… Madame Corinne, aveva ancora le mutandine scostate, una gonna a quadri completamente sporca di terra, sollevata disordinatamente senza rispettare l’ordine delle pieghe, e dondolava lenta sull’altalena: anche le tette ballonzolavano così, a ritmo lento, uguale; ballavano fuori la camicetta sporca di terra. Il cane di tanto in tanto si faceva sotto per morderle i capezzoli che spuntavano, in modo tale che lei ululava come una vacca in completa goduria.

”Oh sono proprio una gran troia” ansimò lei, trattenendo il respiro,

”dai, per favore fottetemi, fottetemi vi prego, voglio tutti vostri cazzoni grossi nella mia fica, subito! ” La fecero scendere dall’altalena, e la buttarono di nuovo sulla terra bagnata: uno la prese da dietro per i capelli e cominciò a incularla senza pietà, tanto da farla urlare forte. Nel frattempo, il giardiniere piantò il suo bel cazzo ritto in bocca alla signora che l’accolse con grande piacere. Quando le sborrò in bocca, un rivolo scivolò indisciplinato sulla guancia, ma lei avida con la mano lo ricacciò dentro la bocca per ingoiare ogni goccia. A questo punto si avvicinò incredulo il marito, che l’aveva perduta di vista un’ora prima nel bosco, durante la passeggiata a cavallo mattutina, e le disse piangendo:

”Ma cara, cosa fai? Cosa fai… Ma niente, lei non lo riconosceva neanche, aveva perso completamente la memoria, cadendo da cavallo nel bosco quel mattino; poi il marito l’aveva perduta di vista, poichè era troppo avanti, e li troppo indietreggiata, dunque l’avevano raccolta due cacciatore e un giardiniere, chiedendole gentilmente:

”madame, sta bene? Come si sente… ha bisogno di un medico? ” Eppure lei non ricordava nulla di se stessa, la memoria era come scomparsa, completamente annullata: disse soltanto ai tre:

”Mi sento la testa girare, e mi sento soltanto una vacca, una grande vaccona, per favore datemi molto cazzi da succhiare e li succhierò infilatemi qualsiasi cosa nella sorca e la sopporterò. ”’ E subito i tre l’avevano messa a lavoro. L’avevano persino portato nella sua villa, dove si era messa a pecora sull’altalena sotto gli occhi divertiti delle domestici, imprecando chiunque a scoparla dappertutto e senza pietà.. Adesso il marito la guardava sorpreso. ”Mi riconosci? ” diceva.

”Mi riconosci mia cara, ” ripeteva. ‘

‘Sai chi sono io? ” Niente. Silenzio.

”Tu sei mia moglie, Corinne… ti ricordi? ”

”Io sono soltanto una vacca, ” disse lei,

”sono solo una vacca avida di cazzoni duri e basta… Avanti fammi vedere il tuo! ” E sempre dimenandosi seduta su due domestici che la infilzavano su entrambe i buchi, allentò le prese dal nerbo del giardiniere, continuandolo pur sempre a masturbare con più lentezza, e poi cominciò a succhiare quello del marito. Era evidente che non lo riconosceva: giungeva l’aria fine del bosco, l’alba quasi finiva, e un sole debole spuntava dietro l’orizzonte degli alberi. Ma lei era ancora completamente sporca di terra, di fogliame, di melma, dappertutto: il viso, le braccia, i vestiti dove si fece pisciare addosso dal giardiniere; e poi cominciò a strofinare la fica contro un albero di ciliegio, imprecando il giardiniere di ficcarle il manico di un rastrello in su per il culo. Detto fatto. Il manico fu nel culo di madame in un attimo. I servi impeccabili obbedivano. Il marito invece, ancora la fissava incredulo. Giunsero i due figli dalla caccia, il padre provò a coprirgli gli occhi, ma niente, lei con finimenti del cavallo, e con una forza quasi soprannaturale, li legò entrambi all’albero, e cominciò a sbocchianrli a dovere. Poi disse al figlio più grande: ‘

‘Ehi bel giovanotto, ora io mi giro, e tu mi riempi il culo di sborra, va bene? Il marito piangeva lacrime amarissime, la vergogna di un evento inconfessabile, sgorgavano lente le lecrime dal viso, mentre il giardiniere e i cacciatori, ogni tanto si avvicinavano, e lei glielo prendeva volentieri in bocca, oppure in mezzo alle tette. Certe volte, anche nel didietro. Ma alla fine cadde riversa sul fogliame, sfinita. Era proprio svenuta. All’improvviso sul sentiero apparve una carrozza con un cerusico dentro, che la condusse nella camera da letto della villa, dove lei riposò lunghi e lunghi giorni, sotto le cure del famoso luminare dottor Kraus. Il dottor Kraus, passato un mese, la ritenne completamente guarita, e dunque la famiglia potè entrare finalmente nella stanza. Le era ritornata la memoria del tutto: abbracciò i due figli inconsapevole di quanto fosse accaduto, poi lanciò un bacio casto al maritino, secondo l’etichetta del loro rango. E allora entrò la sua migliore amica nella stanza per renderle visita. Era nientemeno che la contessa Blandini Aviti delle Balze, che aveva un fratello vescovo, e uno zio cardinale a Venezia. E subito cominciarono a parlare della dote del figlio maggiore, che sarebbe andato presto in sposo a una donna che gli si addiceva molto come stato sociale.

”Oh, spero tanto che il Signore Dio lo illumini in questo grande passo” disse la contessa.

”Lei mi sembra così una ragazza a modo e timorata del Signore” replicò Madame.

”Spero proprio che conducano una pacifia esistenza insieme, ” concluse. E qui si asciugò gli occhi per la commozione. FINE

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Nessun commento

  1. Il racconto è bello e intenso, ma quanti errori ortografici!

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