Anna si rivestì in fretta appena fuori dalla stanza, aveva racimolato gli indumenti sparsi qua e là sul pavimento davanti al letto, una calza, poi l’altra, mutandine, reggiseno, sandali aperti col tacco alto, gonna lunga fantasia, maglietta beige scollata a maniche lunghe ampiamente allargate sui polsi. Amava quella maglietta e amava la sensazione degli avambracci scoperti nei momenti in cui si ritrovava a pensare con le mani sotto al mento nelle giornate eterne di quell’autunno. Si era trovata in una discreta sistemazione in riviera, una bella casa in un grande parco di macchia mediterranea, un ricco guardaroba di cosine semplici che le piacevano per com’erano, raccattate indifferentemente nelle boutique e nei negozietti turistici lungo mare. Era sempre stata una donna semplice, nata così, l’amore per le cose belle, intime, sintonizzate con lei. Ogni capo parla di lei, una storia di lei, parla al mondo delle sue cose, della sua vita, dei suoi desideri, dei suoi sentimenti, di come vive. Sentiva le labbra accaldate dopo il gioco dell’amore di poco fa. Le immaginava arrossate come al solito, un po’ di rossetto avrebbe giovato ma quel pomeriggio l’aveva dimenticato in villa, rimediò passando la lingua sulle labbra ben sapendo che poi con la brezza del mare sarebbe stato peggio. Aprì la porta sulle scale, uscì, la rinchiuse piano per non destare l’uomo sdraiato sul letto di là anche se probabilmente fingeva di dormire, se ne stavo andando via un’altra volta da una storia ormai finita.
Ancora una volta quel senso di tristezza infinita nel cuore, ancora una volta la delusione, una lacrima asciugata col dorso della mano. I capelli neri lunghi e morbidi sistemati con un gesto, la testa alta, era pronta a ritornare a casa, alla sua vita, a suo marito. Egli era un uomo forte, tutto di un pezzo, un vero macho. Statura alta, moro di carnagione e di capelli, occhi scuri penetranti, sempre contornato dei suoi aiutanti. L’aveva scelto fra tante laggiù, nelle sue isole all’altro capo del mondo dove si era recato per affari. Lei non ha mai saputo cosa trattava di tanto importante, sapeva solo quello che le diceva ed era sempre poco, quasi niente. All’inizio ne era rimasta lusingata della sua scelta, si consideravo fortunata. Feste, ricevimenti e mondanità le fecero conoscere un mondo completamente diverso dal suo, alla sera, quando era finito tutto, si ritrovava stordita da tanta gente che arrivava in casa. Poi capì cosa significava per suo marito, la mostrava come si mostra un bel mobile, una cassapanca antica, una cassettiera della belle epoque. Non importava cosa provava, non importavano i suoi sentimenti, come non importava la sua laurea di arredatrice per interni conseguita col massimo dei voti a Venezia, un milione di anni prima, in un’altra vita. Pensava spesso che a modo suo l’amava, ma non nella maniera giusta per lei, nella sua semplicità di donna delle capanne voleva qualcosa di più mesto e semplice ma non meno meraviglioso di come l’immaginava, si mise a cercare fuori casa quello che non trovava dentro, quel che aveva perduto, quello che forse non aveva mai avuto. Quella sera sul terrazzo più alto, respirava ad occhi chiusi l’aria leggermente pungente di salsedine, le mani sotto al mento a liberare finalmente i polsi e le braccia fino al gomito. Nei suoi pensieri l’ennesimo vuoto lasciato dal pomeriggio appena trascorso; poi suo padre, una bambina accoccolata fra le sue braccia accanto al fuoco fuori la capanna, il suo odore protettivo, voci di storie antiche che sfumano in sussurri fino a confondersi col respiro del mare, poi il nulla pacato di felicità fino al sole del mattino per ricominciare di nuovo la felicità.
– Anna! Suo marito la stava chiamando avvicinandosi. Aprì gli occhi in un sobbalzo sprofondando nella realtà al suono di quella voce forte, possente, da baritono. Il cerpuscolo le disse che era quasi ora di cena, la tavola apparecchiata in sala da pranzo per più persone denotava la presenza di altri invitati.
– Cosa fai ancora qui? Si prospettava una serata stupida, sprecata come tante altre. Camminando abbassò gli occhi, lo sguardo incontrò il marron lucido delle scarpe di suo marito, poi la graniglia variegata del pavimento del terrazzo… In camera sua si buttò sotto la doccia, l’acqua calda le fece dimenticare un attimo i suoi crucci d’amore, una carezza alla pelle che arrivava dentro, fino al cuore. Buttò indietro la testa per assaporare la sensazione di benessere dell’acqua sulla pelle, i capezzoli s’inturgidirono per il caldo…era la seconda volta quel giorno per motivi ben diversi, un’ombra comparve lontana nei suoi pensieri. In accappatoio scelse un vestito da sera normalissimo, uno dei tanti che facevano risaltare le fattezze fini del suo corpo, l’abbronzatura sulla pelle esotica. Ne prese uno lungo fino a un po’ sopra la caviglia per far risaltare una rispettabile statura, senza maniche per illuminare le braccia lunghe e sottili che scaturivano dal corpo per accarezzare l’aria, stupire di grazia i movimenti. Scese di sotto che erano già tutti a tavola: suo marito, i suoi due aiutanti fedeli, i due illustri ospiti attesi per quella sera. Le due cameriere finivano di servire gli aperitivi, una sedia vuota, la sua. Sbirciò i due ospiti, maschi, eleganti, l’occhiata che le rivolsero addosso era di quelle fatte da chi, già avanti negli anni, certe bellezze erano ormai inaccessibili salvo nei loro sogni. Tutti e due le baciarono le mani con occhi avidi suini, Anna sorrise nella cortesia della padrona di casa…Si accomodò a tavola scoprendo di proposito una coscia che fulmineamente i due accalappiarono con gli occhiate vivaci: il suo solito gioco del gatto col topo, non le restava molto altro nella vita. Stava giocando con un’oliva sulle labbra, tanto per passare il tempo, i cinque uomini ormai s’erano avviati in discussioni alquanto sterili, almeno per lei, sull’andamento delle borse nei mercati internazionali, l’azione che sale, i future che scendono, i bond sudamericani, i vari crak Parmalat, Cirio e così via, previsioni politiche, economiche di mezzo mondo… La sua mente vagava lontano da li, tornava in quella stanza, in quel letto dove nel pomeriggio il suo corpo era stato ricoperto di attenzioni….
– Solo sesso – si diceva – sai farlo bene, è normale ripensarci. Sentiva ancora la lingua del ragazzo che le scorreva lungo tutto il corpo, era partito dalle estremità più distanti dei piedi per procedere verso l’intimità sempre più vicina senza peraltro mai raggiungerla. Risentiva il montare dei sensi, i tendini delle cosce tendersi nello spasmo dell’attesa, la sua barba piacevolmente pungente fra i riccioli neri e finalmente il caldo tepore delle sue labbra quando con la mano gli spostò leggermente il capo, il bagnato della saliva confuso negli umori del piacere che stava esplodendo in lei. Odorava sotto il vestito il sapore dell’oblio dei sensi appiccicato, ormai per quel giorno, alla sua pelle, impercettibilmente allargò le gambe spostando il sedere più avanti sulla sedia. Si scosse un attimo dai suoi pensieri, la faccia probabilmente arrossata ma non preoccupata, il trucco avrebbe servito egregiamente a mascherare l’emozione. Una mano calda sollevava la sua distesa sulla tovaglia bianca, era come per farmi alzare ma non vedeva nessuno.
– Che sta succedendo? – Il cuore che già batteva forte accelerò ancora di più, non c’era nessun’altro nella stanza, gli uomini chiacchieravano tranquillamente, erano già ai sigari del dopo-cena. La sua mano era sempre li distesa sulla tavola ma la sentiva sollevarsi dolcemente guidata dal calore dell’altra mano. Il panico si stava impadronendo di lei, chiuse gli occhi per riprendere il controllo e subito vide chi la stava gentilmente aiutandomi ad alzarsi da tavola. Era un giovanotto alto, con capelli color castagna piuttosto lunghi e lisci, la barba di 3 giorni, era a petto nudo, jeans e piedi nudi, le stava sorridendo come mi conoscesse da sempre, col suo braccio muscoloso e deciso ma incredibilmente gentile le teneva la mano in alto sollevando il braccio nudo per aiutarla ad alzarsi dalla sedia. Riaprì gli occhi, nessuno sembrava accorgersi di niente, il fumo di sigaro invadeva ormai la stanza, era sempre nella stessa posizione seduta sulla sedia di prima, nulla era cambiato. Chiuse gli occhi, ormai si era alzata, guardava il viso del ragazzo sorridente, sentiva una piena fiducia in lui, una sensazione mai provata prima con uno sconosciuto ed a pensarci bene neanche con altri più vicini in questa vita.
– Ciao Anna, sei incredibilmente bella. Non potè far altro che sorridergli, mosse la testa per spostare il ciuffo di capelli davanti agli occhi.
– Chi sei?
– Sono il tuo angelo tesoro, sono qui per te… Il gelo interiore, suo compagno ormai di vita, si stava dissolvendo davanti a quel calore che entrava inevitabilmente nel suo corpo, almeno questa era la sensazione che provava. Un calore di legna, di sterpi bruciati sulla sabbia, si imprigionò piacevolmente in lei, sentì il suo corpo leggero, rinato in un’altra meravigliosa dimensione, camminava a piedi nudi anche lei con lui, lo guardava negli occhi, ed il senso di panico si attenuava per poi aumentare quando per necessità distoglieva lo sguardo camminando verso la porta. Così guardava i suoi occhi, il suo sorriso, la mano tesa avanti con la sua, il suo vestito diventato magicamente bianco e leggero liberava le braccia e le gambe nude. Prima di uscire girò la testa verso di lei, era sempre seduta li, al tavolo, la faccia annoiata, prendeva il bicchiere e lo portava alla bocca, rispondeva gentilmente alle domande che le venivano rivolte, se ne stava ormai uscendo da quella stanza e anche da quella vita. Scesero le scale tenendosi per mano, la sensazione di volare sopra gli scalini a qualche centimetro dal suolo, arrivarono sulla spiaggia sassosa della riviera, la notte era illuminata dalla luna e dalle stelle in alto. Guardava il suo volto sorriderle e si rassicurava, la sensazione di pace, di esser arrivata finalmente. Il ragazzo si sedette sui sassi senza lasciarle la mano, si accovacciò fra le sue gambe aperte che rinchiuse in un abbraccio contro le sue ginocchia alzate, ascoltarono il respiro del mare… Il ragazzo parlò.
– Anna, tesoro, il tuo peregrinare in questa vita non è ancora finito, per te sono destinate ancora numerose vicende…. amerai ancora, soffrirai ancora tesoro, la tua vita è destinata a proseguire… Si sentivo in pace con lui, ma ora le sue parole mi riportarono alla dura realtà che rifiutavo, volevo fosse finita, volevo stare in quella magica dimensione con il mio angelo per sempre… Lo volevo con tutte le mie forze.
– Ti prego, dimmi di più, perché devo ancora stare qui? Se mi vuoi bene portami via di qui… fammi fuggire. Il ragazzo non smise di sorridere.
– Amore, questa è una pausa che ti è stata destinata dall’alto, un regalo che ogni tanto capita a qualche anima disperata. Oggi è capitata a te…. Vivila per quella che è….
– Quanto ancora? Quanto dovrò restare ancora? I suoi occhi brillavano nella luce della luna:
– Questo non mi è dato di dirtelo tesoro, sono qui per consolarti dalle tue fatiche del vivere. Parlando mi accarezzava dolcemente le gambe nude che uscivano dal vestito leggero
– Vedrai, da ora in avanti il tuo sguardo si solleverà verso il cielo, i tuoi occhi conosceranno la luce dell’immensità che ci circonda, tutto si sistemerà piano piano nella tua vita. Io sono venuto per questo, per indicarti la strada da percorrere, io sarò sempre vicino a te, in ogni momento… Sentimenti contrastanti di pianto e riso, felicità e paura, rassicurazione e sbandamento si imprigionarono nel suo cuore riempiendolo da farlo scoppiare, all’esterno si notò solo una lacrima negli occhi, ma era buio e lui non la vide, almeno così pensava Anna. Piegò la faccia di lato accarezzandogli la spalla con i riccioli neri… quando abbassando la testa appoggiò la guancia alla sua, sentì il bagnato delle lacrime contro la sua pelle. Gesti semplici, aprì la bocca e attirò con la mano sulla nuca la sua in un bacio bagnato, si sentì protetta fra le sue braccia forti… provò il desiderio di fare all’amore con lui, sentirlo in sè, ma lui era già dentro di sè, le loro anime erano già un tutt’uno dall’inizio della creazione, solo non lo sapevano ancora. Il bacio non cessava di esistere, sembrava essere eterno, il respiro dell’universo fra loro. Ad ogni minuto che passava Anna sentiva nascere in sè nuove sensazioni, nuove emozioni che cambiavano, si snodavano in altre sfaccettature per rivelarle nuovi aspetti della vita sconosciuta e di se stessa. Si riscoprii donna, amante, madre, femminile all’inverosimile… e nella sua femminilità lo abbracciò lì, sulla spiaggia, guardando verso il mare, in bocca il suo sapore, il loro amore… Con infinita dolcezza il ragazzo scostò di lato il vestito scoprendo prima il seno e poi giù la pancia, il pube quindi le gambe bianche sotto la luna… Anna gli sbottonò i jeans e lo aiutò a sfilarli mentre con i capelli cercava di fargli il solletico sulla zona dell’ombellico. Lui rideva, il suo membro era già duro come un macigno e la punta lucida quasi bagnata. Aveva gambe lunghe e robuste, non un filo di grasso sulla pancia, un odore di buono. Lui scivolò con le labbra dalla bocca arrivando dolcemente al collo, stette a lungo dietro l’orecchio per poi scendere ancora nuovamente lungo la curva del collo, delle spalle e sull’accenno del seno… Anna attendeva sciogliendosi che arrivasse li sulla punta del seno… un bambino che piange di fame … quando prese in bocca il capezzolo duro e ormai rigido la ragazza sollevò le braccia sopra la testa scoprendogli le ascelle profumate, aprendosi completamente a lui, sollevò le ginocchia nude divaricando le gambe li sui sassi che d’improvviso divennero morbidi ed accoglienti. Lui scendeva ancora con la bocca… la guardava in viso, poi, rassicurato, chiudeva gli occhi assaporando il suo corpo centimetro dopo centimetro… passò dall’attaccatura del seno inferiore per scendere ancora…. era ormai all’ombellico e lì deviava ora di lato verso il fianco morbido della giovane…
La ragazza non resisteva più a questa tortura ma si obbligò a stare ferma, solo le unghie graffiavano la pelle sulle sue spalle… scese di lato al monticello baciandole l’interno delle cosce sull’attaccatura al tronco. Quando le mordicchiò il nervetto della coscia lei non resistette più… prese la testa con le unghie delle mani e la girò di lato porgendola davanti alla peluria. Lui prese a leccarle la fessura umida e a succhiarla, la penetrò poi a fondo con la lingua turgida, i suoi sensi stavano per venir meno dal sapore inebriante in bocca… continuava instancabile, lei sentiva l’orgasmo montare sempre più…. gli staccò la faccia bagnata di lei da li sotto sollevandola con le mani verso la sua bocca… mentre lo baciava a bocca aperta sentì che entrava in lei scivolosa con un membro enorme e caldo. Alzò i piedi nudi sulle spalle di lui mentre una pace assurda invadeva il suo intimo assieme al membro del ragazzo, poi li fece scivolare dietro la sua schiena incrociando le caviglie nude… L’universo intero era dentro di lei e si muoveva con movimenti lenti, ritmici, infiniti scivolando nel bagnato di lei… Anna scoppiò nell’orgasmo mentre anche lui veniva in lei… lunghissimo, infinito, il pulsare del cielo stellato in pochi metri quadrati lì sulla spiaggia di Ponente. FINE