Aurora

Sabato sera: cena da Aurora.
Come da copione cocktail e bouffet sono impeccabili, così come il dopocena è di una noia mortale.
Come non bastasse ci sono pure poche ragazze carine.
Solo Bedelia è, come sempre, eccitata da tanta mondanità riunita nel salotto della sua migliore amica e soffre in modo evidente nel doversi dividere tra i diversi gruppetti che si sono formati: incerta tra l’inedito gruppo misto giornalisti-musicisti-modelle-fotografo, e quello dove tiene banco uno scrittore di tendenza che fa finta di aver letto, ma anche incuriosita dal capannello di facce a lei poco note che fumano con discrezione sigari pregiati nella saletta biblioteca.
Si muove come una trottola nel frenetico e vano tentativo di seguire nello stesso tempo tutte le conversazioni, temendo di perdersi un pettegolezzo, una malignità o di pizzicare una idea utile per il suo lavoro di autrice televisiva. Non di primo piano.
Come in un talk show in corto circuito le discussioni vanno dalla politica –
“io non voto più da almeno dieci anni” – alla medicina alternativa –
“ma i Fiori di Bach funzionano? ” -, dalla astrologia “mamma mia, è un segno che non sopporto” – al sesso – “ci credereste? è gay” -.
Io sorseggio un Calvados, seduto in veranda accanto a Rossie, che chiede lumi sul titolo da dare, ancora incerto, al suo nuovo album, che definisce
“decisamente etnico ma anche un po’ jazz”.
Mark, noto presentatore tv con il quale lavoro da un paio d’anni, si annoia anche più del sottoscritto e non teme di darlo a vedere.
Questa sera esibisce la sua nuova fiamma: una brunetta molto graziosa, snella, gli occhi dolci e un po’ tristi, che per inciso ha esattamente 21 anni meno di lui.
Più o meno come le altre ballerine del suo programma che si sta passando in rassegna, una dopo l’altra, con metodo. Anche se non ho capito quale possa il criterio progressivo delle scelte: segno zodiacale? colore dei capelli? o degli occhi?
Mi alzo e mi dirigo per un sostanzioso bis verso il tavolino dei liquori, area piuttosto affollata.
Oltre a un paio di bellezze stagionate che non aspettano altro che un invito a cena, vi stazionano Massimo e Fausto, che vaneggiano a proposito di investimenti nei vini da collezione, mentre Charlie e Raffert, decisamente su di giri a suon di grappe, sono impegnati in una delle loro caratteristiche discussioni su come far più soldi lavorando il meno possibile.
Sono entrambi medici con dichiarate ambizioni intellettuali, in particolare Raffert, chirurgo plastico che lavora da almeno due anni a un saggio “filosofico” che sogna di veder pubblicato da Adelphi.
Charlie è anch’egli chirurgo e matto quanto il collega, ma è più pratico: anziché scrivere un libro ha inventato e brevettato una macchinetta da sutura proctoplastica, spiritosamente battezzata dagli amici il “cuciculo del 2000”, che gli frutta un sacco di soldi.
Mi riempio il bicchiere e sorrido a Monroe, il padrone di casa, che incrocio mentre esce dalla cucina con un vassoio carico di biscotti e dolcetti.
Monroe è un uomo di poche parole, misurato, cordiale ma non troppo espansivo, parla solo quando serve e lo fa con misura e precisione. Il che me lo rende simpatico.
In questi giorni è felice per la cucciolata sfornata da Lara, il suo adorato Setter. Due femminucce e tre maschietti, cinque deliziosi batuffoli arruffati.
Che è felice lo dà appena a vedere ma non lo direbbe mai, non è il tipo da lasciar trasparire emozioni e sentimenti.
Monroe si è costruito un personale Nirvana terreno fatto di una brillante carriera come manager, una casa bellissima, una moglie adorabile, viaggi e vacanze nei posti più belli del mondo, il suo cane.
Ha forse trovato il suo karma, una specie di equilibrio ideale che non gli invidio, pur rispettandolo.
Sua moglie Aurora, invece, gliela invidio pur senza rispettarla. Forte della facile soddisfazione di essere, in questo, completamente corrisposto.
Non c’è una vera e propria relazione tra noi.
Aurora ama suo marito. Ma forse non le basta. Almeno a letto.
A letto forse sì, visto che Aurora ed io non abbiamo quasi mai scopato in un letto.

è iniziato tutto lo scorso settembre, durante un fine settimana a Lerici, nella villa di Fausto: ettari a terrazze di ulivi e piante da frutta, salone panoramico, quattro stanze, tre bagni, un bungalow, piscina e caletta personale.
Ecco cosa succede a fare i creativi pubblicitari di successo.
Sabato mattina mi alzo presto, scendo al mare, mi infilo la muta e mi butto in acqua per pescare qualcosa.
L’acqua è stupenda, tiepida e limpidissima. Va a finire che nuoto e basta per un’oretta, senza cercare polpi né triglie, in totale relax.

Torno alla villa e mentre sciacquo l’attrezzatura da sub vicino alla piscina vedo avvicinarsi Aurora.
è avvolta in un accappatoio bianco, troppo grande per lei, con un disegno di Topolino prima maniera, in calzoncini corti, ricamato sulla schiena.
Non è molto alta, ma ha mani e piedi perfetti.
I capelli rosso Tiziano tagliati a caschetto non li ho mai visti fuori posto.
Bocca e labbra sono come quelle di una pinup a fumetti, ma un po’ imbronciate.
Gli occhi, verde scuro, invece ridono sempre.

– Ciao.
– Ciao.

Mi è piaciuta dal primo momento che l’ho conosciuta, la scorsa primavera. Fin troppo. E per questo ho fatto di tutto per non prestarle attenzione, facendo quasi finta che non esistesse.
Al punto che un giorno Bedelia mi ha domandato se mi stava antipatica.
In realtà la stavo scopando a distanza, a base di occhiate furtive e frasi smozzicate le poche volte che ci siamo incontrati in società.
A giugno, saputo che Monroe era via per lavoro per quasi tutto il mese, stavo per chiamarla. La voglia era fortissima ma ci ho rinunciato.
La rivedo a metà luglio, mi si smuovono le budella e decido di provarci.

– Ti piacerebbe vedere la mostra di Sisley? So che gli Impressionisti sono la tua passione.

– Lo farei volentieri, ma a siamo in partenza. Monroe deve andare due settimane in Giordania e mi ha chiesto di seguirlo. Ho così voglia di rivedere Petra.
Il tempo di tornare per rifare le valigie e poi via, la vera vacanza. Sai, quest’anno facciamo un lungo giro in barca.

In agosto faccio anch’io un lungo giro in barca ma non la incontro. Antille (lei) e Grecia (io) sono distanti.

Ci rivediamo la prima settimana di settembre a casa di Mark. Ci contavo ma è comunque una sorpresa.
Cazzo, come è bella così abbronzata.

– Ciao.
– Ciao.

Un’occhiata, uno scambio di sorrisi. E poi le sue mani a palme aperte appoggiate sul mio petto. Aurora sulle punte dei piedi, gli occhi che ridono e le sue labbra che sfiorano le mie.
Un bacio velocissimo, appena accennato, senza lingua, senza pressione, ma a bocca aperta, per farmi sentire il suo respiro profumato.
Un attimo di imbarazzo, una mezza erezione imprevista. Mi sento osservato, mi volto e incrocio lo sguardo miope di Bedelia.
Dico una cazzata qualsiasi, la prima che mi viene in mente.

– Pescato qualcosa?
– No. Avevo solo voglia di nuotare.
– Ti faccio un caffè?
– Grazie.

Forse me la prendo comoda sotto la doccia, oppure Aurora è velocissima a fare il caffè, fatto sta che mi sorprende ancora tutto insaponato mentre mi sciacquo.
Mi guarda con una espressione divertita, quasi ironica, la tazza fumante in mano.
Non diciamo una parola e ci limitiamo a fissarci negli occhi.

Aurora posa la tazzina, si sfila l’accappatoio, sotto il quale è tutta nuda, lo butta per terra e ci si sdraia sopra.
Osservo deliziato lo spettacolo. è quasi completamente depilata, con l’esclusione di un ciuffettino rossiccio, disegnato alla perfezione, curato come una siepe bonsai.
Apre le gambe e inizia a masturbarsi con disinvoltura, lentamente, continuando a fissarmi.

– Toccati – ordina.

Ce l’ho duro da morire ma non me ne sono quasi accorto. Prima finisco di sciacquarmi, meccanicamente, senza distogliere lo sguardo da Aurora, poi inizio a menarmelo.
La guardo incantato mentre si tocca, sfiorandosi delicatamente il punto più sensibile e aprendosi piano piano le labbra.
Ha i capezzoli molto scuri, pronunciati, durissimi.
Se li pizzica con la sinistra, uno dopo l’altro, come a saggiare la consistenza dell’inturgidimento. Sospira con grazia, poi si passa la mano dietro la schiena e inarcandosi leggermente si infila il medio nel culo, continuando a menarsi la figa con la destra, un po’ più in fretta.

Solo ora noto lo smalto color lilla alle unghie.

Esco dalla doccia con una specie di obice in mezzo alle gambe. Sono così preso dallo spettacolo che non me lo tocco nemmeno. Mi avvicino e indirizzo l’uccello verso la sua bocca, fermandomi a pochi centimetri dalle labbra che ora sta leggermente mordendo.

Lo prende in bocca con una lentezza esasperante, infilandoselo fino in gola e rimanendo così per diversi secondi. Poi deglutisce e inizia a succhiare, piano piano, aprendo e chiudendo gli occhi, sempre continuando a masturbarsi.

Non faccio in tempo a godermela che vengo, cercando di non urlare.
Mentre schizzo le stringo i capezzoli e lei geme. Mi sembra che anche lei stia venendo ma riesco solo a concentrarmi sul mio di orgasmo.
Inghiotte tutto, continuando a succhiare e a lavorare di lingua.
Poi la sento tremare ed è a qual punto che gode, con brevi scatti, quattro, cinque, forse di più.
Fa degli strani versi di piacere, cercando di prendere fiato senza togliere l’uccello di bocca. Gli occhi sembrano sorridere anche quando sono chiusi.

Mi sfilo dalla sua bocca delicatamente e non so che dire.
Lei si mette in ginocchio e mi abbraccia con tenerezza.

– Sei dolcissimo – sussurra e mi bacia, profondamente, facendomi sentire il sapore del mio piacere.
Poi si alza e scappa via.

Per tutta la giornata facciamo finta che non sia successo nulla, anche se ho l’impressione che lei sia molto più brava di me a recitare la parte.
Oppure non gliene frega nulla?
Cerco di non pensarci, di evitare il più possibile Monroe e soprattutto di non cedere alla tentazione di cercare un po’ di complicità con Aurora.
Anche se è dura, durissima, soprattutto quando, nel pomeriggio, mentre prendiamo il sole in piscina, lei si toglie con studiata nonchalanche reggiseno e mutandine e, girata sulla pancia, mi chiede di spalmarle un po’ di crema sulla schiena.
Meno male che per cena arrivano certi amici di Fausto e mi distraggo.
La buonanotte ce la diamo in veranda, con un gesto di saluto della mano e un timido sorriso. Il mio tiratissimo.

La mattina dopo mi sveglio come al solito presto e scendo ancora alla caletta.
Pesco due polpi, uno molto grosso, sui tre chili. Dopo averli sbattuti e puliti sul molo torno alla villa.
Sento profumo di caffè appena fatto e provo un’eccitazione incredibile.
In cucina non trovo però Aurora bensì Monroe, stravolto e ciondolante. Mi saluta e si preme le tempie con gli indici.

– Mi scoppia la testa. Accidenti a Fausto alla sua tequila del cazzo.

Mi porge una tazza di caffè nerissimo, beve la sua accompagnandola con una manciata di aspirine e mi comunica che torna a letto, per rimanerci almeno fino a mezzogiorno.

Mi infilo sotto la doccia pensando ad Aurora. Vorrei che entrasse come il giorno prima e inizio a menarmelo. Sono così eccitato che non riesco a venire e mi incazzo.
Salgo al bungalow dove sono alloggiato, in cima al sentiero dei mandarini cinesi. Ne colgo una manciata e li mangio senza sbucciarli.

Apro la porta e me la trovo distesa sul letto, nuda.

– Togliti il costume – ordina.

Obbedisco e faccio per avvicinarmi.

– Calma, tesoro, non c’è fretta. Prima fammi vedere ancora come te lo menavi sotto la doccia.

Inizio a masturbarmi, con lentezza. Sono eccitatissimo e non vorrei venire in un attimo come un ragazzino.

– Piano, bene, così. Ecco, sì… scappellalo per bene. Bravo… sì, così.

Aurora guarda e basta, senza toccarsi. Il che è ancora più eccitante.
– Lo sai che hai un uccello molto bello? e anche le palle, belle grosse.

Si alza e mi si avvicina.

Mi bacia senza toccarmi con le mani, strusciando il suo corpo sul mio, lentamente.
Mi fa sentire le tette, i capezzoli come tappi di sughero, scendendo fin sull’uccello.
Poi si inginocchia sulla poltrona sotto la finestra che dà sulla caletta e inizia a dimenare il culo.

– Leccami.

Eseguo con piacere, applicandomi con metodo e dimenticando la mia eccitazione.
La lavoro bene di piatto e in punta di lingua, che le infilo tutta nel culo. Ha un sapore particolare, piccante, piuttosto forte ma gradevole.
Si bagna parecchio e la schiena abbronzatissima le si impela di sudore.
Ha un culo da favola e un buchetto delizioso, sensibile, ricettivo, che si apre e contrae ritmicamente.
La penetro dietro con un dito, poi con due. Entrano che è un piacere e ne aggiungo un terzo, mentre le pizzico il punto più sensibile con l’altra mano.
Le piace, eccome. E prima ancora che mi sia deciso se infilarglielo così, senza preservativo, o aspettare, viene che è una bellezza.

Non urla a squarciagola ma fa abbastanza versi da farmi temere che ci sentano fin giù alla villa.
Si riprende subito, fradicia di sudore da capo a piedi.

– Hai un palloncino? – domanda.
– Certo.
– Tiralo fuori, dai.

Fa tutto lei, con mano esperta. Mi stringe l’uccello alla base, tirandomi le palle, poi infila il preservativo, srotolandolo in fretta.
Mi fa cadere sul letto e si mette sopra, a cavalcioni.
Un minuto, forse due. Quasi non faccio in tempo a prendere il ritmo che viene ancora, rumorosamente, per non parlare del cigolio della rete.
Rallento per farle riprendere fiato, ma non vuole tregua.
Si sfila e si mette a pecorina, le gambe ben divaricate.

– Dammi dei bei colpi, forti, fammelo sentire. E poi vieni dentro, voglio sentirti.

Eseguo con piacere, cercando di trattenermi.
Impresa non facile, perché Aurora non si limita a strizzarmi a dovere le palle e a stringere la figa come un morsetto, ma riesce con una mossa acrobatica a infilarmi un dito o forse due nel culo, abbattendo in questo modo la mia residua resistenza.

è una sborrata così liberatoria che non me la godo nemmeno, accidenti. Ma va bene lo stesso.

L’abbraccio e la bacio con dolcezza. Lei ricambia, ma senza smancerie, cosa che mi piace tantissimo.

– Pipì – dice scattando dal letto.

Torna dal bagno e sorride come avesse combinato una marachella. Quindi assume un’aria pensierosa esagerata.
Mi fissa con aria interrogativa e domanda.

– Come li cuciniamo i polpi?

Sto pensando proprio a quei polpi poi finiti in insalata e al weekend di settembre, mentre aiuto Aurora a rigovernare.
La serata si è conclusa e la corvée cucina è la scusa migliore per stare un po’ con lei che, come d’abitudine, non mi ha filato per niente.
Mentre sto armeggiando con una pila di piatti sporchi, si affaccia Monroe.

– Possibile che tocchi sempre a te? O ti diverti? Se mi aspetti poi ci facciamo un ultimo cicchetto speciale. Aurora, porto Lara al parchetto. Una ventina di minuti e sono di ritorno.

Vorrei darle un bacio, ma Aurora è più taciturna del solito e capisco che non è aria.

– Accidenti. è finito il detersivo della lavastoviglie. Me lo vai a prendere per favore? è nel ripostiglio prima della cantinetta, in basso a destra, accanto all’acqua minerale. Grazie.

Mi piace farmi dare degli ordini da lei ed eseguo.
Scendo la scala a chiocciola che porta nel disimpegno al piano inferiore che lei chiama “cantinetta” ed entro nel ripostiglio, un vero minimarket domestico. Aurora detesta rimanere sprovvista di qualsiasi cosa.
Cerco il detersivo senza successo, ma non faccio in tempo a chiamare Aurora che me la vedo comparire davanti.
Si chiude la porta della dispensa alle spalle, mi sbatte contro lo scaffale e mi bacia con tutta la lingua, spudoratamente.
Ricambio mentre la sento armeggiare con la cintura.

– Che fai? Sei matta?
– Zitto.

Mi abbassa calzoni e boxer alle caviglie e inizia a succhiarmelo, in fretta, menandomelo anche con una mano.
Lei mi attizza da matti, soprattutto in situazioni come questa, e se mi lascio andare non ci metto niente a venire.
La colgo di sorpresa e la prima boccata le va quasi di traverso. Si riprende e inghiotte tutto, con un cenno di approvazione.

– Mmm… dolce. E tanto, accidenti. Che buono… e che voglia mi è venuta, cazzo. Dai, toccami

La faccio girare e le alzo la gonna da dietro. Come sospettavo è senza mutandine e già bella bagnata.
La pastrugno bruscamente infilandole tre dita dentro, poi le allargo per ben le gambe e le metto due dita nel culo.

– Toccati da sola – le soffio nell’orecchio destro.

Aurora gli ordini preferisce impartirli, ma ubbidisce.
Intanto le spingo per bene le dita nel culo, muovendole a forbice, tastando la delicata consistenza della mucosa.
Viene in un attimo, quasi più in fretta di me. E non solo si bagna alla grande del suo piacere ma le scappa anche uno schizzo di pipì che per poco non mi bagna i calzoni.

Ridiamo tutte e due come matti, mentre Aurora asciuga per terra con uno strofinaccio.

– Di corsa, prima che Monroe torni.

A metà della scala a chiocciola, si ferma e voltandosi mi stampa un bacio in fronte.

– Sei libero lunedì pomeriggio verso le cinque? – mi domanda a bruciapelo.
– Perché?
– Le domande le faccio io – ribatte fingendosi incazzata.
– Penso di sì… d’accordo.
– Vedi di farcela. Ti aspetto in studio.
– Ai suoi ordini, madame.
– Bravo. E non scordarti di portare l’uccello… FINE

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