Come vi ho detto nel racconto “Incontro”, ho cercato a lungo veri incontri rispondendo ad annunci sui giornali e pubblicando io stesso diversi annunci. Vi ho già detto, però, che raramente le cose sono andate come io volessi o come mi aspettassi.
Oggi vi racconterò come sono andate gli incontri che hanno riguardato uno degli aspetti che maggiormente mi eccitano: l’esibizionismo.
I° EPISODIO:
Mi è capitato spesso di leggere messaggi del tipo: marito espone pubblicamente la moglie, ignara, alle voglie di uomini arrapati.
Risposi a diversi di questi annunci, sempre senza esito. Solo in un’occasione, mi rispose un uomo, presentandosi come 40enne, con una moglie 35enne, molto bella (era allegata foto “normale”, con viso nascosto).
L’uomo mi diede il suo cellulare. Parlammo a lungo al telefono, in più occasioni. Mi disse che la moglie era molto porca e che lui, pur di non perderla, aveva ormai accettato di vederla scopare con altri. Aggiunse che la moglie era anche molto esibizionista e che se io mi fossi fatto trovare in un certo posto, in un certo giorno, ne avrei avuto la prova, potendola vedere girare nuda per un bosco in una montagna non molto frequentata.
C’erano delle cose che non tornavano. In particolare il fatto che lui mi chiedesse spesso come ero fatto, quanto ce lo avevo lungo, se avevo mai provato rapporti omo, se mi piaceva avere schiavi, ecc.
Comunque, era tanta la voglia di vedere la moglie (che dalla foto era davvero una gran bella gnocca), che alla fine mi decisi di andare ad un incontro che lui mi aveva fissato.
Mi recai all’appuntamento con diverse ore di anticipo. Lasciai la macchina in un posto ben nascosto e mi eclissai in un bosco, in una montagna davvero isolata. Non passava nessuno. Avevo portato con me giornali “normali”, una radio e una sedia a sdraio, per giustificare la mia presenza ad eventuali curiosi. All’ora stabilita, vidi passare un’auto. Dopo qualche minuto passò di nuovo. La cosa andò avanti per tre o quattro volte, fino a quando scese un uomo solo.
Alla faccia della moglie troia, pensai.
Il soggetto, sui 50 anni, non era molto prestante. Una barba lunga, capelli grigi, abbastanza trasandato. Si mise al centro di una radura e cominciò a guardarsi intorno. Chiamò il mio nome diverse volte, ma proprio non mi ispirava. Alla fine si abbassò i pantaloni. Tirò fuori un pisello piccolo e misero. Si mise un fiocco rosso intorno ai testicoli, come una specie di cappio. Poi prese una specie di verga e si colpì le palle e le chiappe.
Quindi si tolse la maglia e rimase a petto nudo. Strinse i capezzoli con pinzette metalliche. Si vedeva che soffriva. Intanto il pisello era un po’ cresciuto. Ogni tanto continuava a chiamare il mio nome. Disse che voleva essere frustato e scopato, anche con un cazzo finto. Infatti tirò fuori un cazzo finto e cominciò a fargli un pompino.
Io ero attonito. Volevo la moglie, non lui. Quello che stava facendo non mi dispiaceva, ma lui non mi attraeva proprio. Questo genere di cose vanno fatte con persone serie, in grado di controllare benissimo le situazioni ed il proprio intelletto. Il soggetto, invece, mi sembrava un po’ fuori di testa.
La storia durò un’oretta. Lui fece tante porcherie. Si inculò, si batté sui coglioni, si frustò il culo, si tirò le pinzette sui capezzoli. Era praticamente nudo, salvo i calzini e le scarpe. E se qualcuno fosse arrivato? Questo fatto mi eccitò molto, ma, ripeto, il soggetto non mi piacque proprio, e poi mi aveva raccontato balle. Così rimasi ancora nascosto a lungo, fino a quando non andò via.
II° EPISODIO:
Qualche tempo dopo mi trovavo a Roma per lavoro. Avevo finito prima del previsto ed avevo ancora diverse ore prima del treno. Mi ricordai che quando avevo fatto il militare a Roma ero andato a vedere uno spettacolo porno al cinema-teatro Volturno, vicino la stazione. Ci tornai da solo, così tanto per ingannare l’attesa.
I tempi erano cambiati. C’erano tanti extracomunitari e l’ambiente non era più prevalentemente goliardico. Adesso c’erano tanti tipi strani, di tutti i tipi. Preferii non sedermi e rimasi in piedi dietro l’ultima fila, vicino all’uscita. In caso di bisogno, posso sempre scappare, pensai.
Una ragazza (ragazza è un eufemismo, diciamo una cinquantenne con tette cadenti) cominciò uno spogliarello, sull’aria di “scende la pioggia” Morandi, con un ombrello in mano che usava in tutti i modi.
Ero abbastanza annoiato, quando all’improvviso sentii una mano in mezzo alle mie gambe. Abbassai di corsa lo sguardo e vidi che un ragazzo – direi trentenne, seduto in ultima fila – aveva fatto passare il braccio all’indietro e mi aveva messo le mani sui pantaloni, stringendomi il cazzo.
Rimasi decisamente interdetto. Questo non me lo aspettavo proprio. Che fare?
Lui non era un brutto ceffo. Anzi. Sembrava uno studente o un giovane impiegato. Uno per bene. Non si era girato, ma io ero in piedi e dall’alto lo vedevo benissimo.
La sua mano si muoveva in modo sapiente. Eravamo in settembre. Gli abiti erano leggere e sentivo nettamente la sua mano sul mio cazzo. Non mi era mai successo, se non quando ero ragazzino, con un cugino che i aveva fatto un pompino e aveva voluto essere ricambiato.
La situazione si faceva ingarbugliata. Ero eccitato. In piena luce, al centro di un cinema, c’era uno che teneva in mano il mio cazzo. Tutti potevano vederci, ed infatti qualcuno si girava in continuazione a guardare.
Ero molto eccitato.
Non sapevo che fare.
Alla fine la paura prevalse e scappai.
Lo so che molti diranno che sono un coglione (altri diranno che sono un vero uomo e non un frocio), ma questa è una storia vera e sfido chiunque ad affrontare una situazione simile in modo diverso.
Mi rintanai in un altro cinema a luci rosse, in una traversa di via Nazionale. Era un cinema che ricordavo molto più tranquillo ed infatti c’era molta meno gente. Mi sedetti sulle prime file. Ero solo. Non avevo persone vicine.
Quello che mi era successo era stato molto eccitante. Ripensai a lungo a quella mano e a quel ragazzo. Avrei voluto averlo lì dentro.
Tirai fuori il mio uccello e comincia a menarmi una bella sega. Guardavo il film. La protagonista voleva diventare attrice porno, così il regista l’aveva messa alla prova. Prima prova: il pompino. Pensai che io sarei stato molto più bravo. Avevo il cazzo completamente scoperto.
All’improvviso si sedette una fila davanti a me un altro ragazzo. Istintivamente coprii il cazzo con la giacca. Lui si girò e cominciò insistentemente a guardarmi in mezzo alle gambe. Sembrava quasi che volesse dirmi: dai, fammelo solo vedere. Non sapevo che fare.
Improvvisamente si accese la luce. Avrei voluto sprofondare. Non potevo muovermi, con l’uccello scoperto, e non volevo che quel ragazzo mi vedesse.
Il ragazzo, invece, si girò. Mi guardò in faccia e mi disse.
“Posso vederlo da vicino? è da prima che ti guardo, da dietro ho solo potuto capire che avevi il cazzo fuori, ma non ho potuto vederlo. Mi farebbe piacere vederti mentre ti fai una sega”.
Ancora una volta non sapevo che dire. Pensai tantissime cose in un secondo.
Pensai anche che farsi sfuggire anche quest’occasione, come la precedente, sarebbe stata un’autentica coglionata e che probabilmente due ragazzi così carini e inoffensivi non li avrei rincontrati tanto facilmente.
Gli feci cenno di venire a sedersi vicino a me. Il cuore mi batteva. Non lo avevo mai fatto prima.
Il ragazzo si alzò e si sedette vicino, un attimo prima che si spegnessero le luci. Così ebbi modo di vedere come era fatto, quanto fosse carino, che belle mani aveva.
Il film proseguiva con il pompino. Io mi sentivo più tranquillo. Tornai a scoprire l’uccello. Il ragazzo non faceva altro che vedere il mio cazzo. Ero eccitatissimo. Farmi una sega sotto gli occhi di un’altra persona era bellissimo.
Rallentai la sega in tutti i modi. Mi accarezzai le palle, la cappella, il prepuzio, il glande. Guardavo di tanto in tanto il mio vicino, tutto intento ad osservare con estrema attenzione, come se leggesse un libro, il mio cazzo e le mie mani.
Il cazzo si era bagnato di goccioline di eccitazione, che presi con le dita e mi portai alla bocca.
Lui mi guardava sempre più compiaciuto. Gli chiesi se potevo guardare il suo cazzo e lui, contento, lo tirò subito fuori. Era grandissimo. Aveva una cappella enorme. Era più lungo del mio e le sue mani lo coprivano appena. Io continuavo a massaggiarmi il cazzo e sentivo che stavo per venire.
Lui, profondo conoscitore del posto, mi invitò ad uscire. Mi portò nei bagni ed entrammo in quello delle donne. Chiuse la porta con delle chiavi. Era proprio informato, il ragazzo.
Si mise in ginocchio davanti a me. Mi abbassò i pantaloni e me lo prese in bocca.
Non avevo mai provato una cosa simile. La cosa che più mi eccitava era la situazione. Mi stavo facendo fare un pompino in un bagno di un cinema, per carità un cinema a luci rosse, ma pur sempre un cinema, alla possibile vista di altre persone.
E poi un primo ragazzo mi aveva preso in mano il cazzo ed un secondo prima aveva voluto vederlo da vicino ed ora me lo stava prendendo in bocca.
Il pompino non durò molto, perché la mia eccitazione mi portò rapidamente alla eiaculazione.
Lo colpii in faccia con una grande quantità di sperma che lui ricevette con estrema disinvoltura. Poi si strusciò il mio cazzo sulle guance, la fronte, il naso. Fremeva di piacere.
Mi chiese di fargli altrettanto, ma io non me la sentii. Allora mi chiese se poteva farsi una sega ed io annuii. Mi divertì molto vedere un uomo farsi una sega in mia presenza. Non mi succedeva da quanto ero ragazzo, quando insieme ai miei amici capitava di leggere giornali porno ed ognuno si faceva una sega per fatti suoi, comunque alla vista di tutti.
Mi eccitò molto vedere questo ragazzo con il suo bel cazzo in mano, con il viso ancora sporco del mio sperma. Anche lui venne rapidamente, bagnando tutto il pavimento.
Poi l’imbarazzo scese tra noi. Un rapido ciao e via.
Devo dire, però, che ancora oggi mi capita di ripensare spesso a questi due incontri e mi dico spesso che avrei dovuto avere più coraggio. Mi sarebbe piaciuto prendere quei cazzi in mano, possibilmente insieme. Prenderli tutti e due in mano e in bocca. Leccare quelle cappelle rosse e turgide, con le palle gonfie di sperma. Sentire il loro sapore nella mia bocca e sentire le loro mani sulla mia pelle. Un dito mi avrebbe solleticato il culo e una lingua avrebbe preparato la strada al dito prima e al cazzo poi.
Intanto io avrei prolungato i pompini e le seghe per un tempo indefinito, fino a farli scoppiare di piacere e di sperma sul mio viso, le mia labbra, la mia lingua, le mie guance.
Uno di loro mi avrebbe fatto mettere in ginocchio e, mentre io ripulivo il cazzo dell’altro, mi avrebbe penetrato da dietro, spingendo il suo cazzo dentro di me, fino a sentire le sue palle sulle mia chiappe.
Tutto questo mi sarebbe piaciuto farlo in una radura, alla vista di tutti quelli che avrebbero voluto vedermi. Oppure in una spiaggia, con gente che dalle loro case al mare, con un binocolo, avrebbero voluto vedere mentre io lo prendo nel culo e nella bocca.
Peccato non avere avuto tanto coraggio.
III° EPISODIO:
Vi ho già raccontato dei miei incontri con donne sposate, una delle quali, separata, sola, mi ha quasi violentato.
è successo che Patrizia, 40 anni, piacente, con due figli, fosse stata lasciata dal marito per una ragazzina. Almeno così mi ha detto.
Attenzione: quando io dico, come in questo caso, “piacente”, o quando ho detto come mi fosse piaciuta la lei della coppia di “Incontro”, non intendo dire di avere avuto a che fare con strafighe tipo quelle che fanno vedere in pubblicità o in televisione. Ma non erano nemmeno delle scorfane. Anzi. Certo non potevano essere delle modelle. Avevano i difetti tipici dell’età, con un ventre un po’ gonfio, cellulite (soprattutto Patrizia), qualche ruga in viso (Anna di “Incontro”).
Ma a me piacevano per due motivi: primo, erano complessivamente carine; secondo, erano dichiaratamente vogliose di cazzo, quindi disponibili a porcate pur di avere il cazzo.
Patrizia mi venne a prendere alla stazione Tiburtina con una Range Rover. La donna, quanto a soldi non doveva passarsela male. Era piccolina, sul metro e cinquanta. Vestita sul nero, con calze a rete, scarpe alte con i tacchi, gonna corta nera, giubbotto di pelle nera, una camicetta bianca sotto, capelli corti neri, occhi neri accentuati dal trucco nero.
Se l’avessi incontrata per strada comunque mi sarei girata a guardarla, perché aveva l’aria di avere un bel culo e tette abbondanti.
Prima dovetti stare ad ascoltare (nuovamente, perché me lo aveva raccontato già tante volte al telefono) del tradimento del marito. Del fatto che lei era rimasta sola, con due figli non piccoli e che quindi in qualche modo la controllavano. Non poteva più scopare e lei avrebbe voluto farlo, anche per dimostrare che era ancora bella e piacente.
“Dimmi, sono ancora bella? “.
“Certo che lo sei”, risposi io. Anche se pensai che il marito, avendo potuto scopare una ventenne, aveva comunque fatto bene. Avrebbe però dovuto evitare, a mio avviso, di lasciare la moglie. La moglie è sempre la moglie, ed è la madre dei figli. Scopare sì, ma salvaguardare il matrimonio. Questo è quello che penso. Lo so che sono un moralista, però credo che l’ipocrisia spesso sia la soluzione migliore.
Mentre ascoltavo Patrizia, le presi le mani. Erano molto curate. Le accarezzai a lungo. Lei parlava ed io guardavo i suoi begli occhi neri, accarezzandole le mani. Lentamente le tolsi il giubbotto di pelle e finalmente potei vederle il seno, prosperoso ed abbondante sotto la camicetta bianca.
Eravamo al centro di un parcheggio. C’era un viavai continuo di persone. Io avevo iniziato a posarle le mani sulle gambe, le ginocchia, e risalire all’interno delle cosce. Lei ansimava e parlava. Mi diceva di non farlo lì, in pieno giorno davanti a tutti. Continuava a parlarmi del marito, dei figli e di altre amenità (almeno per me si trattava di amenità, io volevo solo scopare).
Alla fine mi disse di prendere la guida e di cercare un posto per stare tranquilli. Non sono un gran conoscitore di Roma e così non sapevo proprio dove andare. Alla fine mi fermai davanti al Palaeur. Erano le 11 di un giorno lavorativo. Parcheggiammo e salimmo verso un parco verde, che sovrastava il Palaeur.
La tenevo per mano e la stringevo a me. Lei aveva abbandonato la testa sulla mia spalla. Disse che voleva scopare, che voleva sentire il mio cazzo tra le sue mani, in mezzo alle gambe. Risposi di avere pazienza perché lo avrebbe avuto dappertutto, anche nel culo. Rispose di no, lì non lo avrebbe preso.
“Ok”, risposi io. “Adesso pensiamo a divertirci”.
Giunti in cima alla collinetta ci accorgemmo che non c’erano posti effettivamente isolati. Lei voleva andare via, ma io risposi che non avremmo avuto tempo, che Roma ha 5 milioni di abitanti e che difficilmente ci sarebbe capitato qualcuno che la conoscesse.
Chi è di Roma sa che nel parco che sto descrivendo ci sono degli alberi disposti a cerchio, con uno spazio all’interno, all’ombra, con panchine di legno.
La portai al centro di uno di questi “capanni”. Ogni tanto passava un cane seguito dal padrone o una coppia di anziani o giovani per il footing. La feci sedere sulla panchina. La baciai a lungo, mentre con la mano le massaggiavo il seno. Sentii i capezzoli reagire rapidamente, diventando duri come chiodi.
Mi misi in ginocchio. Le tolsi le scarpe, sfilai le calze a rete, tolsi gli slip neri di pizzo. Le fremeva. Diceva di no, ma non faceva niente per impedire le mie azioni. Le tolsi il reggiseno.
Ogni tanto passava qualcuno e qualcuno deve essersi accoro di qualcosa, perché si sedette sull’erba poco lontano, in un punto che gli consentiva benissimo di vedere che cosa stava succedendo dentro il capanno. Io non dissi nulla a Patrizia e lei fece altrettanto, anche se mi sembra impossibile pensare che lei non si fosse accorta di questo signore anziano, seduto a qualche metro da noi.
Patrizia mi tolse la giacca, la cravatta, la camicia. Mi tolse le scarpe e i pantaloni. Ero solo con i boxer, mentre lei aveva la gonna e la camicetta.
Eravamo al centro di Roma, in pieno giorno, con il rischio (la certezza) di essere visti e stavamo scopando.
Non potei fare nulla.
Patrizia era scatenata e determinata. Mi fece un pompino da favola. Sembrava che non toccasse un cazzo da anni e che volesse recuperare tutto il tempo perduto. Lo leccò come un gelato, lo succhiò come un ghiacciolo, lo avvolse come un lecca lecca. Mi baciò le palle, mentre mi accarezzava il torace ed i capezzoli.
La presi per i fianchi. La feci sedere sulla panchina. Le tirai su la gonna e scoprii alla luce del sole la sua figa pelosa. Mi girai per assicurarmi che l’anziano potesse vedere bene la figa di Patrizia e cominciai a leccare.
Lei si contorceva disperatamente. Mi prese la testa tra le mani e me la schiacciava contro la sua figa. Mi mancava il respiro, ma il suo odore forte ed i suoi umori dolci mi davano la forza di continuare a leccarla e penetrarla con la lingua. Mi strinse la testa tra le gambe mentre io le presi il clitoride tra le labbra. Venne gridando e insultando il marito.
Fui contento di averla fatta godere con la lingua, ma non mi bastava. La feci mettere carponi e da dietro, mentre le leccavo il culo, le accarezzavo i capezzoli, duri e appuntiti. Lei gemeva disperata. Di tanto in tanto mi assicuravo che l’amico ci guardasse, ed ebbi l’impressione di ricevere un suo cenno di assenso e di incoraggiamento mentre leccavo il culo di Patrizia.
Le misi dentro un dito. Lei gridò e mi disse di smettere.
Ci rimasi male. Tornai a leccarle il culo e con le mani le toccavo la passera bagnata. Le solleticai il clitoride, mentre con l’altra mano le toccavo i seni. Tornai a ficcarle un dito nel culo. Niente da fare. Si girò di scatto e mi disse che non voleva.
Mi fece allungare e mi cavalcò. Fu una cavalcata bellissima. Le sue tette ballavano in modo spettacolare. Mi premeva con le mani sul torace e potevo vedere la sua lingua roteare intorno alle sue labbra. Le dissi di smettere, altrimenti sarei venuto.
Allora si fermò. Si mise accanto a me e me lo fece sparire in bocca. Le presi la testa e la tenni ferma sopra di me. Lei iniziò a chiavarmi con la bocca, fino a quando le esplosi tutto il mio sperma. Non prese nulla in bocca, ma si spalmo la sborra sulle mani e la pancia. Era stato bellissimo.
Mi assicurai ancora che l’amico avesse seguito tutta la scena e lo trovai al suo posto, fermo mentre ci guardava.
Continuammo a divertirci per altre due ore, in tutte le posizioni ed in tutti i modi. Lei, però, non volle darmi il culo, ed io ci rimasi molto male.
Allora le dissi che in cambio doveva prendere in bocca il mio sperma. Acconsentì.
Cominciò a farmi un nuovo pompino con tutta la fame che aveva. Io ero scarico. Ero venuto due volte. Lei si impegnò molto e con molta bravura mi fece venire ancora. Non stava leccando lo sperma come promesso.
Le presi la testa con forza e la obbligai a rispettare i patti. Ebbe prima qualche sussultò. Poi si fermò. Sembrò avere preso gusto, perché me lo leccò a lungo, ripulendomelo per bene. Quindi si alzò e con gli occhi neri scintillanti mi ringraziò.
Ci ripulimmo, ci rivestimmo e iniziammo ad andare. L’amico era sparito.
Peccato. Avrei voluto chiedergli che voto mi avrebbe dato. Credo di avere meritato almeno 8.
Purtroppo non ho potuto proseguire gli incontri con Patrizia. Era diventata “pericolosa”, nel senso che parlava di separazione, vivere insieme, figli, ecc. Peccato, mi sarebbe proprio piaciuto incularla. Sono sicuro che le sarebbe piaciuto.
Ma quei discorsi mi fanno paura. Non li accetto proprio. Scopare sì. Sentimentalismo no.
Ciao, a presto. FINE