La casa era grande, spaziosa, aveva un ampio giardino recintato da un’alta siepe. Il cancello era metallico, di lamiera saldata e non consentiva la visuale all’interno. Arrivai, fermai la macchina sul lato della strada e suonai. Una voce maschile mi avvisò al citofono che avrebbe aperto il cancello carraio, in modo che potessi parcheggiare all’interno. La chiusura del cancello prese a scorrere, con la lampada che segnalava il movimento. Risalii in macchina ed entrai, fermandomi sul vialetto che portava al garage; intanto, il cancello si chiudeva alle mie spalle. Presi il mazzo di fiori e le bottiglie che avevo portato con me, avviandomi verso l’ingresso. Sul portone, mi attendeva il marito che, sorridendo, mi fece entrare avvertendomi che Valeria ci avrebbe raggiunto di li a poco. Prese i fiori e li appoggiò in ingresso, poi ringraziò delle bottiglie, apprezzandone il vino, la cantina e l’annata, con aria da intenditore. Valeria ci raggiunse quasi subito, indossando un vestito aderente, con spalline sottili, la gonna morbida che si allargava dal bacino. Il vestito era azzurrino, quasi una tunica, senza particolari elementi di decorazione. La scollatura era abbastanza abbondante, pur rimanendo discreta sul davanti, per scendere più ampia lungo la schiena chiudendosi a metà schiena con una curvatura, segnata dal bordo della prosecuzione delle spalline. Apprezzò i fiori; mentre si chinava potei ammirarle la schiena scoperta in modo tale da constatare che con quell’abito non portava reggiseno. Intuii un leggerissimo incresparsi all’altezza della vita, ma non il segno di slip. Mise i fiori in un vaso, si voltò e si lasciò baciare su una guancia, come mera cortesia, ringraziandomi del pensiero. Valeria lavorava con me da tempo, eravamo più volte usciti alla sera con i colleghi, di lei conoscevo abbastanza poco, se non la vivacità e la simpatia che vedevo in ufficio, accompagnate da una notevole bravura professionale.
Però era la prima volta che mi invitava a casa propria per una cena. Mi fece accomodare in salotto. Su un divano c’era una ragazza, Giulia (come, subito, Valeria mi presentò), più o meno dell’età di Valeria. Indossava una mini e una camicetta di maglia in cotone, chiusa da numerosissimi bottoncini del colore della gonna. La loro abbottonatura si chiudeva appena sopra il reggiseno, lasciando intravedere due seni abbondanti, divisi da un solco evidente. La sua pelle doveva essere stata interessata a molte sedute di abbronzatura. Giulia era una sua amica, mi disse. Il marito ci offrì un aperitivo, poi sedette accanto a Giulia, con fare cameratesco e confidenziale. Cominciammo a parlare del più e del meno. Valeria si era seduta sul bracciolo della poltrona nella quale ero seduto. Andammo nella sala da pranzo e le due portarono in tavola la cena, che consumammo continuando a
chiaccherare. Lentamente, il marito portò il discorso sull’amicizia, sui rapporti personali, in un crescendo di allusioni, pur senza mai sconfinare nel volgare. Anzi, sembrava di voler sottolineare una sua aperta nei rapporti tra le persone. Giulia, quasi cogliendo gli spunti offertegli, spostò l’argomento ancora più a fondo, avviando una discussione sullo scambio di coppie, sulle coppie aperte, sui locali dedicati a questo tipo di incontri.
Valeria non interveniva in questa discussione, lasciando ogni parola a noi tre, ma non dava segni di estraneità, partecipando con gesti ed espressioni.
Quando fu il momento del caffè, Valeria si alzò per prepararlo, dopo poco il marito la seguì, dicendo che doveva aiutarla. Rimasi solo con Giulia.
Non avevo avuto modo di accorgemene quando l’avesse fatto, ma notai come la camicetta fosse stata slacciata maggiormente, dal momento che si intravedeva un reggiseno nero. Giulia mi chiese apertamente se fossi mai stato in un locale in cui si pratica lo scambio di coppia e, alla mia risposta negativa, mi chiese se avessi remore, magari se credessi di sentirmi in imbarazzo nel fare sesso in presenza di altri, forse anche sesso in gruppo. Alla mia risposta, mi chiese, quasi sfrontatamente, se pensassi che le sue tette (usò questo termine) fossero troppo grandi. Così dicendo, si passò le mani attorno ai seni, quasi per sollevarli verso l’alto. Mi chiese di toccargliele, per provare la loro consistenza e l’accontentai. In quel momento, Entrò Valeria con il caffè: si fermò sulla porta, osservandoci. Notai un suo sorriso malizioso ed equivoco. Feci per ritrarre la mano, ma Giulia me lo impedì delicatamente. “Stavo chiedendo se apprezzava le mie tette”, sembrò spiegare all’amica. Lei sorrise. Rientrò anche il marito; si era tolta la giacca e la cravatta, slacciati alcuni bottoni della camicia, sostenendo che quella sera fosse particolarmente caldo. Giulia sembrò avere atteso quell’occasione e, senza dire altro, slacciò tutti i bottoncini della camicetta. I suoi seni erano ancora più belli e rigogliosi, messi in evidenza dal reggiseno nero, trasparente. Valeria ci invitò ad accomodarci in salotto, per una sigaretta. Giulia sedette sul divano accanto al marito di Valeria, vidi che prendeva ad accarezzarlo sul petto, infilando le mani sotto alla camicia, intuivo che gli stava massaggiando i capezzoli. Valeria sedette su una poltrona, accanto alla mia, guardandoli.
Di tanto in tanto, si passava la lingua sulle labbra. Quando Giulia ritrasse la mano da sotto la camicia e, ergendosi quel tanto necessario, iniziò a slacciare uno ad uno i bottoni della camicia del marito, allungò una gamba mettendola sopra alla mia. La guardai, ma fui distratto dalla percezione dei suoi slip che lasciavano intendere essere dello stesso colore del vestito. Non mi resi conto se tale visione fosse stata accidentale o meno. Distolsi lo sguardo, ma Giulia aveva continuato; dopo avere aperto la camicia al marito di Valeria, ora era alle prese con la cintura dei pantaloni, abbassò la zip e infilò una mano, lasciandosi andare ad un sussurro. Valeria premette con la gamba sulla mia, mi girai. Mi strizzò l’occhio. Allargò, questa volta intenzionalmente, l’altra gamba, mettendo in evidenza quello che prima era stata solo una percezione, in modo chiaramente voluto. Con una mano si alzò la gonna lungo le gambe, lentamente, mettendo, poi, la mano a contatto con la stoffa dello slip. Si strofinò lentamente, lentamente. Poi scostò lo slip, appena quel tanto che le permise di toccarsi. Intanto, Giulia aveva estratto il cazzo del marito, lo stringeva stretto, muovendo la mano lungo l’asta. Il marito fece cenno di lasciarlo. Si tolse le scarpe, poi si alzò in piedi e si tolse pantaloni e slip, risiedendo. Giulia si piegò su di lui, prendendogli il cazzo con la bocca. In quella posizione, lasciava in vista, a me e a Valeria, il suo culo, appena fasciato dalla minigonna, che per altro tendeva a risalire. Le sue chiappe erano appena separate dal filo di stoffa del perizoma.
Valeria smise improvvisamente di toccarsi, si alzò in piedi e si sfilò lo slip, porgendomelo. Mi si avvicinò, mi baciò sulla bocca, infilando la lingua alla ricerca della mia. Mi chiese cosa aspettassi, ma non attese la risposta. Si mise davanti a me con le gambe ai lati delle mie, afferrò con le mani il vestito, tirandoselo sù lungo le gambe. La sua fica mi apparse giusto all’altezza degli occhi. Era stupenda, i peli lisci e neri, appena arruffati dal recente toccamento. Si fermò un istante, lasciandomela ammirare. Poi si sfilò totalmente il vestito, lasciandolo cadere sul pavimento. I suoi seni non erano delle dimensioni di quelli di Giulia, ma comunque reggevano bene il confronto. Ed erano altrettanto sodi, almeno alla vista. Valeria si chinò verso di me, togliendomi la cravatta ed iniziando a sbottonarmi la camicia. Poi, impaziente, mi chiese di spogliarmi, alzandomi. Corse alla zip dei miei pantaloni, l’abbassò, vi infilò una mano, mi afferrò il cazzo sopra la stoffa degli slip. Non appena i miei pantaloni scivolarono alle caviglie, mi abbassò quasi violentemente gli slip. Il mio cazzo era diritto, teso. Mi lasciò un momento, quel tanto che bastava perchè mi liberassi del tutto di ogni indumento, poi me lo prese con la mano. Si inginocchiò per prenderlo con la bocca. La sua lingua correva lungo l’asta, leccava la cappella, le labbra succhiavano. Smise e, senza dire nulla, mi tirò verso il divano, raggiungendo l’altra coppia. Giulia smise di succhiare il cazzo al marito di Valeria, si scostò per farci posto e, rendendosi conto di avere ancora addosso la minigonna, si alzò, mettendosi davanti a noi tre. In piedi, imitò uno spogliarello, prima la gonna, poi i collant, quindi il perizoma e, ultimo, il reggiseno. Sedette con noi sul divano, dedicandosi a leccare i seni a Valeria, che sospirava. Il marito si pose dietro a Giulia, afferrò il cazzo dirigendolo da dietro verso Giulia. Valeria aveva aperto le gambe e mi sussurrò, con un filo di voce, di metterglielo dentro, nella fica, sembrò implorare. Cominciai a scoparla, Giulia le leccava i seni, il marito di Valeria stava scopando Giulia alla pecorina. Giulia spostò la sua bocca alla ricerca di quella di Valeria, le loro lingue si intrecciarono, la saliva colava ai lati delle labbra. Il marito di Valeria ansimava alle spalle di Giulia, tenendola stretta per le chiappe. Liberandosi per un momento della bocca dell’amica, Valeria invitò il marito a metterlo nel culo a Giulia e questa:
“Si, dai, mettimelo nel culo … ” Ripresero, subito, a baciarsi. Intanto, mi muovevo avanti ed indietro nella fica di Valeria, che mi aveva circondato il bacino con le gambe e mi teneva stretto. Giulia mugugnava sentendo il cazzo penetrarla nel culo, facendo fronte ai colpi ed al loro dolore, con i baci che scambiava con Valeria. Valeria la scostò, dicendo che lo voleva anch’essa nel culo. La lasciai, ritirando il mio cazzo dalla sua fica. Si girò, mettendo le gambe giù dal divano in modo da alzare il culo nella mia direzione. Afferrò le sue chiappe con entrambi le mani, per aprirle. Puntai il cazzo verso l’ano, lo insalivai un po’, anche se era tutto umido degli umori della fica. Lo appoggiai. Sentii che lei spingeva all’indietro con il bacino. Entrò. Si lasciò andare ad un breve gemito, ma cominciò a muoversi, roteando il bacino. Iniziai a muovermi avanti ed indietro, ma era stretto, così che mi muovevo lentamente. Il culo era così stretto da darmi la sensazione di bruciare. Questa volta fu Giulia a proporre un cambio. Voleva che la chiavassi. Il marito di Valeria estrasse il proprio cazzo dal culo e lasciò che si mettesse comoda. Si spostò verso la moglie, dapprima accarezzandola. Poi prese a leccarle i seni, facendo ampi giri attorno ai capezzoli, spostandosi verso l’ombelico, infilandovi la lingua, scendendo quindi verso la fica. Intanto, avevo iniziato a scopare Giulia, che sembrava estatica ad ogni colpo con cui affondavo nella sua fica, bagnata, accogliente, morbida. Vidi Valeria divincolarsi dal marito.
Venne verso di me, mettendosi alle spalle, mi passò una mano nel solco delle natiche, raggiunse i coglioni, li accarezzò, tornò lungo il solco, cercò di mettermi un dito nell’ano: mi irrigidii, il mio cazzo ebbe un sussulto, si indurì ancora di più, cosa che Giulia apprezzò per come si lasciò andare in un mugolio. Valeria mi sussurrò di rilassarmi, riprese ad accarezzarmi, per poi riprovare a introdurmi un dito nell’ano. Il marito era rimasto a guardare e, adesso, si era preso il cazzo con la mano. Disse che voleva finire con una sega, ma le due donne dovevano essere lì a bergli la sua sborra non appena fosse schizzata fuori, per non sporcare il divano, precisò. Giulia spostò la sua testa verso il cazzo e Valeria mi lasciò per fare
altrettanto, mettendosi sull’altro lato rispetto al cazzo del marito e alla posizione del volto di Giulia. Il marito aveva cominciato ad accelerare sempre di più, la sua mano correva sù e giù lungo l’asta, la sua testa era ripiegata all’indietro, sudava, sudava ed accelerava ansimando. Poi si incarcò e schizzò la sua sborra abbondante, parte sulla faccia di Giulia, anche se Valeria fu lesta a dirigerne un po’ anche verso di sè. Venne a fiotti, quasi in convulsione.
Valeria lo prese in bocca e ne succhiò fino all’ultima goccia, poi lasciò il cazzo del marito, divenuto piccolo, piccolo, per leccare la sborra sulle guance di Giulia, che fece altrettanto. Io continuavo a muovermi nella fica di Giulia, ma la sentivo assente, più interessata a leccare la sborra, anzi a strusciarsi con Valeria, separate solo dal velo di sborra sui loro visi. A quel punto, ritirai il cazzo dalla fica di Giulia, lasciandole giocare e godendomi la vista di quei due visi tutti imbrattati di sborra, di quelle lingue che si leccavano voracemente, che si trascinavano dei fili vischiosi ogni volta che veniva meno il contatto fisico, diretto. Ad un certo punto, le due smisero: i loro visi erano stravolti e totalmente coperti di sborra, che si era distribuita ovunque, anche nei capelli e nelle sopracciglia. Il marito, vedendomi con il cazzo che si stava ammorbidendo, mi si avvicinò e, senza parlare, mi toccò i coglioni, alzò delicatamente il cazzo, lo diresse verso la bocca e me lo prese tra le labbra. Iniziò a farmi un pompino, accarezzandomi i coglioni, delicatamente. Valeria, a quella vista, si alzò rimettendosi alle mie spalle, sentii il suo viso sporco di sborra prendere contatto con le mie chiappe, le sue mani le aprirono, infilò la lingua, fino a giungere al mio ano. Poi ritornò con un dito sul mio ano, lo titillò, ma questa volta era decisa ad infilarlo. E lo fece. In quel momento, non resistetti oltre e venni sborrando nella bocca del marito, stringendo l’ano attorno al dito di Valeria. Strinsi ancora, sentii che ruotava il dito dentro l’ano: non avevo mai provato una sensazione come quella. Ci rilassammo tutti, distesi sul divano, accaldati e sudati. Giulia mi accarezzo teneramente il cazzo, ormai fuori uso. Il suo sguardo era velato, i suoi occhi apparivano ancora più grandi. Valeria mi baciò, lasciandomi tracce di sborra sulle guance e sulle labbra, il sapore della sborra, per me del tutto nuovo. Il marito accese una sigaretta, offrendola anche a Giulia. Rimanemmo in silenzio fino alla fine della sigaretta.
Valeria mi indicò la doccia e mi ci accompagnò. Dentro, mi diede un altro bacio, ringraziandomi. Fatta la doccia, mi rivestii e Giulia fece a sua volta la doccia. L’attesi, perchè mi aveva chiesto di riaccompagnarla. I due ospiti ci salutarono, invitandoci a tornare, magari concordando per un’altra cena o, forse, per un fine settimana. Accompagnai Giulia, che non mi chiese di salire da lei. Il giorno seguente rividi Valeria in ufficio, sembrava riposata e distesa: non disse nulla, nè il suo sguardo lasciava trasparire alcuna emozione. La ringraziai, in cuor mio, dell’invito a cena. FINE