Gli invitati si stavano tutti divertendo: la musica, la torta ancora da finire, le tante persone da conoscere …
Nessuno notò che io e Michele eravamo sgusciati fuori dal cancello vecchio.
Davanti a noi c’era solo la campagna, scura perché era notte, ma anche perché i nostri occhi avevano ancora le pupille ristrette dalle luci stroboscopiche. Infatti non appena ci riabituammo al buio, beh … in fondo la luce delle stelle era più che sufficiente per avventurarci lungo quel sentierino.
“Vieni, ti voglio portare in un posto bellissimo: in città non esistono di questi posti” dissi a Michele.
Scendemmo lungo la collina, poi ne risalimmo una seconda, poi il sentierino si faceva ancora leggermente in discesa.
Camminavamo stringendoci la mano, guardando fissi il suolo per non inciampare.
Era estate, ed era piacevolissimo sentire l’erba un po’ rinsecchita dal caldo frusciare sotto i nostri passi.
Io e Michele eravamo amici, ma ci piaceva troppo ad entrambi sentirci così vicini, fisicamente e mentalmente, in quel momento era come se insieme provassimo un’unica emozione.
Dopo l’ultima lieve discesa io girai in un nuovo sentiero, questo aveva l’erba più alta ed era costeggiato da due campi di girasoli ormai molto alti, cosicché sembrava di entrare di un antro nascosto, e sembrava che lì fosse ancora più buio.
“Si vede che sono tuoi questi campi! Ti muovi velocissima anche al buio … Lo conosci a memoria il percorso? ”
“è il mio sentiero preferito, ci vengo tutte le volte che voglio pensare … Per questo volevo venirci con te” risposi io.
La mano di Michele sembrava ora stringere più forte.
“Hai paura? ” gli chiesi allora.
“No … non con te. Ma qui da solo non ci arriverei mai”
“Ok, ma siamo arrivati. Sediamoci”
Ci sedemmo sull’erba, poi ci coricammo e tra il buio pesto dei campi di girasoli il cielo stellato sembrava ancora più luminoso.
“Sono meravigliose le stelle, è tutto bellissimo qui, è il mio più bel compleanno questo” dissi io chiudendo gli occhi e respirando il profumo dell’erba secca.
“è tutto talmente bello che solo più una cosa si potrebbe fare per renderlo migliore” continuò lui.
“Già … ” dissi; e non chiesi “che cosa? “, non so perché ma non avevo nessun bisogno di avere una conferma di quanto i nostri pensieri fossero all’unisono.
Ripresi la mano di Michele, poi con le dita cominciai a scorrere lungo il braccio, arrivai al collo, scesi verso il petto e cominciai a sbottonargli la camicia a quadretti.
Era tutta sbottonata quando anche lui si girò verso di me e con la mano cercava il bottone di quella lunga gonna di seta che indossavo.
Senza la gonna mi misi a cavalcioni su di lui, gli sfilai la camicia e mi chinai a baciargli i capezzoli.
Scorrevo le mani sulle spalle, sui fianchi, sul collo, sul petto e sulla schiena.
Le sue di mani mi avevano già tolto la canottierina striminzita che avevo e stavano armeggiando con la chiusura del reggiseno.
Le mie poi con la cintura e i bottoni dei jeans, ma non fu particolarmente difficile.
Nudi sull’erba di campo secca che punzecchiava era ancora più dolce il contrasto con il contatto dei nostri corpi, la sua pelle mi sembrava ancora più morbida e più calda.
Mi stringeva forte come se non volesse che scivolassi via da sopra di lui, che sentissi il prurito del fieno.
Per la prima volta arrivai con il volto fino vicino al suo, lo baciai vicino agli occhi, sul naso, poi appoggiai le labbra sulle sue, le inumidii un poco, fino a quando anche lui le dischiuse e cominciammo a baciarci.
Mi sfilò gli slip che solamente mi erano rimasti, mi accarezzava le natiche scorrendo con il dito nella fessura e man mano si avvicinò al pube.
Infilò il dito tra le pieghe ormai umidissime, cercò il clitoride fino a quando capì da un mio gemito che ero vicinissima …
Tolse la mano e mi spinse un po’ indietro, così anch’io riuscii a togliergli gli slip e cominciai ad accarezzare il suo membro.
Lo accarezzavo con un’attenzione che non avevo mai avuto verso nessun altro uomo; quel buio, ma credo soprattutto quella sensazione di vuoto assoluto intorno, mi facevano sentire come un cieco che si fida solo delle sue mani.
Io con le mie mani sentivo la sua eccitazione, il suo godimento, le sue emozioni.
Già … fare l’amore era davvero l’unica cosa che poteva migliorare quel momento.
Gridammo di piacere in mezzo alla campagna deserta.
Ritornò il silenzio e sentimmo solo un cane abbaiare in una cascina lontana e le cicale intorno a noi.
L’erba non sembrava neppure più pungere tanto.
Eravamo di nuovo stesi l’uno di fianco all’altra, ma questa volta nudi, questa volta molto più vicini.
Lui ancora mi stava accarezzando un ciuffetto di peli sul pube, io avevo di nuovo gli occhi chiusi, respiravo il profumo di erba secca, ma ormai respiravo anche il mio, il suo profumo di cui si era impregnato il mio corpo.
Il suo profumo è la cosa che più mi fa impazzire.
A tastoni recuperammo i vestiti sparsi sul prato …
Chiacchieravamo ridendo mentre ripercorrevamo quelle colline, rientrammo dal solito cancello vecchio in fondo al giardino.
Mi riabituai alla luce artificiale, raggiunsi alcuni amici al tavolo sotto la veranda.
Tra piatti e bicchieri usati, della torta rimanevano solo le 20 candeline, 20 candeline spente al soffio di un desiderio … FINE