Lorenza aveva ventidue anni ed era una gran bella ragazza: quasi un metro e ottanta d’altezza, snella ma con gambe ben tornite e un seno alto e generoso, un viso incantevole con meravigliosi occhi scuri, contornato dai capelli, neri e lisci, che le ricadevano sulle spalle.
Era insieme ad Andrea, un suo coetaneo da quando aveva quindici anni e frequentava la prima liceo. Ora, dopo sette anni che erano fidanzati, avevano deciso di andare a vivere insieme nell’appartamento di lei, che aveva perciò messo un po’ apposto. Per festeggiare l’evento erano andati fuori a cena, da soli, e, verso le undici, avevano deciso di rientrare a casa per suggellare la serata nel nuovo letto matrimoniale.
Quando entrarono in casa, si sedettero sul divano del piccolo salotto. Lorenza si rannicchiò su di lui, appoggiandogli la testa sulla spalla destra e, cosa che lo aveva lasciato eccitato e un po’ imbarazzato la prima volta che l’aveva fatto, il seno sinistro sul suo fianco destro.
«Sono stanca morta stasera. Però finalmente possiamo stare qui insieme».
«Sì, mi hai stressato per mesi perché mi trasferisca qui…».
«Ma lo sai perché. Voglio passare con te tutte le notti…» e sottolineò quell’ultima frase accarezzandogli sensualmente l’inguine.
«E questa è un po’ come una prima notte di nozze».
«Già, dovremmo celebrarla in modo adeguato. Sai che cosa intendo…» Lorenza e Andrea avevano l’hobby di filmarsi, di tanto in tanto, quando facevano l’amore, anche se poi si rivedevano raramente. Tutto era nato per caso, su idea di Lorenza, che voleva in qualche modo immortalare la loro prima volta.
«Vado a preparare la telecamera? ».
«Sì, vai e dimmi quando è pronta».
Andrea si allontanò mentre Lorenza rimase rannicchiata sul divano, pensando a come poteva eccitarlo stavolta: non le sarebbe stato difficile con la sua fantasia, pensò sorridendo poi fra sé. Allora si sedette sul divano, attendendo che lui la chiamasse si riassettò il vestito facendo scendere ulteriormente la profonda scollatura sul seno generoso, finché spuntò il pizzo del reggiseno.
«Lorenza, è tutto pronto! » chiamò pochi secondi dopo Andrea. Lei si diresse ancheggiando sensualmente in camera da letto. Quando entrò lo vide dietro il cavalletto della telecamera e sentì che l’avviava. Si fermò allora sulla porta e aspettò che alzasse gli occhi, appoggiandosi in posizione sensuale sulla porta.
«Ma… sei una bomba! » esclamò lui stupefatto. Il seno sporgeva generoso dall’abito nero, per una buona parte in vista, e dalla scollatura spuntava il pizzo rosso del reggiseno in un contrasto sexy.
Lorenza si avvicinò ancheggiando, lo baciò sulla bocca e allontanò la sua mano che la stava accarezzando. Si distese quindi sul letto bocconi, con i piedi sul cuscino e appoggiandosi sui gomiti in modo da esser ben inquadrata dalla telecamera. A quel punto girò la testa e gli sorrise. Andrea si riprese e salì sul letto, cominciando a spogliarla. Prima fu la volta dei collant, che sfilò dolcemente, accarezzandole le cosce, alzandole anche la minigonna per sentire le natiche sode appena coperte dalle mutandine di pizzo rosso. Quindi si distese sulla sua schiena, premendole l’inguine contro il sedere e baciandole prima la spalla sinistra, poi il collo e infine la bocca. Le sue mani nel frattempo passarono sotto il suo corpo, carezzandole prima il ventre, poi i fianchi e infine i grossi seni attraverso l’abito nero. Solo dopo qualche minuto si concesse di toccarla direttamente sulla pelle, scendendo con le dita fin nell’incavo profondo. Carezzò le sue morbide curve dal quel solco per un po’, poi passò le mani sulla sua schiena e lentamente le sollevò la maglia fino a sfilarla. Sulla sua schiena atletica spiccava il reggiseno rosso. Le tolse anche la minigonna e cominciò a carezzarle le natiche tonde finché sentì un sospiro di piacere sfuggirle dalle labbra. A quel punto sganciò il reggiseno, le fece sfilare le spalline e lo gettò a terra. Lorenza si appoggiò subito al materasso, prima che lui potesse toccarla sul seno. A quel punto prese a vezzeggiarla con mille carezze, prima alla schiena, poi alle spalle, ai fianchi, fino ad arrivare ai lati dei seni schiacciati sul materasso. Lei non permise che la toccasse oltre, ma alzò il bacino in modo da fargli capire che voleva rimanere completamente nuda prima. Lui allora le sfilò le mutandine rosse, e a quel punto lei si rialzò, sedendosi sul bordo inferiore del letto, completamente nuda. Lui si sedette esattamente dietro di lei, passando le gambe ai lati del suo corpo. Allungò le mani e prese i seni, stringendoli e godendosi il sensuale contatto. Lorenza non aspettò molto ad allargare le gambe. Le mani di lui allora scesero nello scuro triangolo peloso e le dita incominciarono a insinuarsi dentro di lei e a frugare. Dopo qualche minuto, si alzò e si appoggiò su Andrea facendolo ricadere all’indietro: in un attimo lo spogliò completamente e lo fece girare, in modo che, montandolo, potesse essere inquadrata dalla telecamera. Lo guidò lei, con ampi movimenti dei fianchi pur mantenendo il busto eretto, mentre lui le accarezzava i fianchi rotondi, le natiche e il ventre. Quando furono prossimi all’orgasmo il movimento si fece sempre più frenetico, dalle loro bocche uscivano gemiti inconsulti e i seni ondeggiavano ampiamente. Lui si allungò a toccarli e in quel momento raggiunse l’orgasmo. Lorenza si mosse ancora un paio di volte e venne a sua volta, poi frenò gradualmente fino a fermarsi, gridando, per stendersi sopra di lui.
Quando tutto fu finito lo baciò dolcemente sulle labbra. Lui aveva gli occhi chiusi, ma riuscì ugualmente a farfugliare qualcosa: «Sei stata magnifica, sai farmi impazzire…». Li socchiuse un attimo, poi le palpebre scesero lentamente e si addormentò in un attimo. I loro corpi erano completamente nudi ed ancora allacciati, ma ora, a Lorenza, era passata la voglia di dormire, si sentiva sveglia e attiva come non mai. E si accorse di averne ancora voglia…
Sapeva che sarebbe stato inutile cercare di svegliarlo: quando non era in serata funzionava sì splendidamente una volta (e anche quella sera lui la aveva soddisfatta), ma non oltre. Per fortuna ciò accadeva raramente. Qualche volta aveva anche provato a lasciarlo dormire per un po’: di solito tornava come nuovo dopo almeno un’ora di sonno.
Mentre rifletteva così, le venne un’idea: e se fosse tornata a svegliarlo più tardi? Sì, avrebbe fatto così e poi avrebbe dato il via a un’altra festina delle sue, visto che ormai quella era terminata: il suo pene, non più in erezione, si era afflosciato dentro di lei già da qualche minuto.
Così, decisa a scopare più tardi, si rialzò da lui, lasciandolo completamente nudo sul letto, disteso supino. All’improvviso si ricordò della telecamera, perciò si diresse verso il cavalletto situato di fronte al letto e la spense. Le venne così un’idea: in qualche modo doveva pur passare il tempo e poteva riguardarsi la cassetta appena girata.
La tolse dalla telecamera e si diresse in salotto, dove la inserì nel videoregistratore, riavvolgendola. Durava appena una ventina di minuti, ma decise di osservarla attentamente per valutarsi obiettivamente.
Il filmato iniziava con lei inquadrata mentre si appoggiava allo stipite e poi avanzava verso di lui. Sì, effettivamente era una bomba sexy come diceva lui. Andò avanti, ma rimase insoddisfatta dal fatto che si vedesse poco attraverso la sua scollatura quando si distese sul ventre. Il seno si vedeva poco anche quando lui iniziò a toccarla là, ma la cosa migliorò una volta che lui le sfilò la maglia. No, non era un gran filmato.
Poi lei si sedette sul bordo, dopo che lui le aveva sfilato le mutandine rosse: ora la si poteva vedere completamente nuda, con le gambe aperte alla telecamera con lui che la frugava. Per molti minuti il suo corpo rimase in primo piano, anche quando lei lo montò, fino al momento dell’orgasmo in cui i loro gemiti e le grida di piacere divennero piuttosto forti. Poi l’immagine si fermò su loro due, l’una sopra l’altro, immobili. Lorenza lo portò rapidamente alla fine: la seconda parte era sicuramente molto migliore, era un buon filmato. Certamente non il migliore, ma ugualmente eccitante.
Rivederlo, però, non aveva fatto altro che accrescerle l’eccitazione. “Tanto meglio” pensò, “così almeno dopo godrò molto di più”. Sì, voleva proprio godere come poche volte le era successo. Così si diresse verso la televisione, sotto la quale teneva tutte le loro videocassette: erano circa una cinquantina, tutte catalogate con un titolo, la data e il luogo in cui erano state girate. Le guardava raramente, quando si sentiva particolarmente eccitata e non poteva sfogare su di lui i suoi appetiti. Le aveva ordinate cronologicamente, dalla sua prima volta, a diciassette anni, all’ultima volta che lo avevano fatto davanti una telecamera, due mesi prima. Aveva solo l’imbarazzo della scelta. Ne prese una particolarmente vecchia: se ne ricordava meno e così la novità l’avrebbe eccitata maggiormente. Così scorse con lo sguardo le prime. “In gita scolastica” lesse. Sorrise lievemente: quella volta era stato particolarmente bello perché le loro classi erano in gita a Parigi (erano in quinta) e loro due erano riusciti a chiudersi dentro a una stanza l’ultima notte. Tutti gli altri si erano infatti ritrovati a far festa in giro per l’albergo e nessuno era tornato in stanza prima di mattina. Però se la ricordava particolarmente bene, era stato piuttosto rischioso, il che non era tipico per loro. Passò ancora indietro e trovò “Nel fienile”: era una delle tante volte in cui lui la portava nella vecchia casa di campagna della sua famiglia, isolata completamente dal mondo. Là spesso facevano l’amore all’aperto o nel fienile. Guardò la data: avevano allora diciotto anni appena compiuti, erano ancora alle loro prime esperienze. Sì, quella sarebbe stata particolarmente eccitante.
La inserì nel videoregistratore, dopo aver tolto l’altra, e si sedette completamente nuda sul divano. Si ripropose di non masturbarsi, come faceva di solito con quelle cassette, nelle poche volte in cui ne sentiva il bisogno, per godere poi appieno. Così sprofondò nel divano, rannicchiandosi un po’ come faceva sempre.
Le immagini scorsero per qualche minuto (che lei fece avanzare) sul fienile e sulla sua porta d’entrata, dopo di che si iniziava a sentire le loro voci.
«Quanto manca? ».
«Poco ancora, vedrai che ti piacerà…»
«Ma dove mi porti? »
«Ancora un secondo» e in quel momento comparvero sulla porta: lei stava davanti con gli occhi chiusi e lui dietro con una mano sul braccio che la dirigeva.
«Posso aprirli? ».
«Sì, ora sì».
Lorenza aprì gli occhi e si trovò davanti, dall’altra parte del fienile, la telecamera, e alla sua destra un mucchio di fieno alto un metro. Fu un attimo sorpresa, ma capì al volo cosa significava. Sorrise e si girò: «Ora capisco, porcellone! ».
«Non ti va? ».
«Certamente, non l’abbiamo mai fatto all’aperto, di giorno, con la luce. Era da tempo che ci pensavo…».
Lorenza se ne ricordò, di quella sua fantasia. Guardò il suo abbigliamento: si confaceva perfettamente a una bella giornata di fine maggio. Indossava infatti dei pantaloncini, bianchi e corti, che rendevano omaggio alle sue lunghe gambe ben fatte e al suo sedere alto, sopra i quali aveva un top scuro, molto corto che lasciava scoperto il suo bel ventre piatto fin sopra l’ombelico e si rigonfiava sopra per i suoi seni colmi, la cui parte superiore era scoperta per la scollatura: si vedeva per un buon tratto l’incavo fra questi, che si allargava rapidamente. Da questo capì che non doveva portare il reggiseno: quando lo indossava, infatti, quell’incavo diventava talmente stretto da faticare a inserirvi un dito: portava infatti una quinta misura, ma che le andava un po’ stretta. Ricordò rapidamente le tappe delle sue taglie di reggiseno: a tredici anni portava già la terza, e pochi mesi dopo il compleanno cominciò a esserle stretta e dovette passare alla quarta. A quattordici non le andava più bene neanche quella e al compimento dei quindici aveva già la sua quinta abbondante. A vent’anni aveva messo su un po’ di ciccia, così per un periodo, circa quattro mesi, dovette indossare la sesta addirittura! Per fortuna riuscì a ritrovare la sua linea di ragazza un po’ in carne e per questo piacente. Ora era soddisfatta del suo corpo, anche di quei seni particolarmente grandi oggetto dell’interesse dei suoi compagni di classe dalla prima media in poi.
Dentro alla televisione, intanto, lei era tutta presa a baciare appassionatamente Andrea, che la stringeva fra le sue braccia accarezzandole vigorosamente la schiena. Dopo un po’ le loro labbra si separarono, senza però distanziarsi di molto, cosicché lui poté chiederle: «Ma non porti il reggiseno? Non riesco a trovarne il gancio…»
«No, non lo porto» disse lei semplicemente, sorridendo poi provocante.
«Perché? » chiese lui, mentre sentiva l’erezione crescerli dentro i pantaloni.
«Per questo» aggiunse lei, spingendo leggermente avanti il bacino verso il suo inguine. Sorrise anche lui e la baciò di nuovo, passandole questa volta le mani sotto il top. Le sue carezze sulla schiena erano particolarmente eccitanti, tanto che lei si divincolava tutta. Mossero insieme qualche passo in direzione del fieno, finché Lorenza si trovò a dover appoggiarsi con le gambe e il sedere su di esso.
«Forse è meglio che ci stendiamo…» propose lui, staccandosi un attimo da lei.
«Già…» rispose lei telegraficamente per baciarlo nuovamente. Le sue mani si sfilarono allora da sotto il top e si abbassarono verso il suo sedere: afferrò infatti le natiche, una per mano, stringendo leggermente in un tocco sensuale. Lei emise un sospiro profondo, passandogli le labbra dalla sua bocca giù per il collo, quindi gli circondò le gambe con le sue e iniziò a risalire fino a cingergli i fianchi, in modo che potesse godere appieno del tocco dei suoi glutei. In quel modo poteva anche sentire meglio la sua erezione premerle sull’inguine ed apprezzarne la durezza. Dopo un po’ la alzò quasi improvvisamente passandole le mani sotto le cosce e la depose a sedere sul bordo del mucchio di fieno, poi, con agilità, si sistemò là anche lui. Approfittarono del momento di pausa per riprendere fiato (avevano entrambi il respiro piuttosto affannoso) e per distendersi sul fieno parallelamente, l’uno di fianco all’altra. Si girarono su un fianco in modo da poter guardarsi in faccia.
«Ma non ti ho mai detto che hai un culo fantastico? È così alto e sodo, non finirei mai di toccarlo…».
«Sì, me l’hai già detto qualche volta. Ti va adesso? » chiese, preparandosi a mettersi bocconi.
«No, aspetta un secondo. Ma toglimi una curiosità: visto che il reggiseno non lo porti, le mutandine ce l’hai? ».
«Sì, ce le ho. Non portare il reggiseno è un po’ diverso…».
«Ma lo fai spesso di andare in giro senza reggiseno? ».
«No, quasi mai. Oggi perché era un’occasione speciale. Per dormire me lo tolgo però da quando avevo sedici anni».
«E prima? ».
«No, prima no. Mi sembrava di essere porca senza: andare a letto praticamente nuda, poi io che sono così abbondante…» sorrise.
«Insomma, un po’ come adesso non portare le mutandine…».
«Esatto, mi sentirei altrettanto porca».
«Che ne diresti di fare un piccola trasgressione? ».
«Dipende: lo sai che per il sesso deve essere una cosa privata» si ricordava di quel momento: per un attimo le era passato per la testa che lui le proponesse di dividere quelle loro intimità con qualcun altro, magari addirittura in pubblico.
«Anche per me, lo sai. Però sarebbe eccitante se tu un giorno non ti mettessi reggiseno e mutandine per andare a scuola e restassi senza biancheria fino a sera. Vedendoti io potrei così pensare che sei nuda sotto…».
Lorenza lo interruppe: «Sarebbe eccitante. A patto però di non toccarci fino a sera…». Sorrise all’idea di trattenere per un lungo giorno il desiderio per farlo esplodere insieme alla sera.
«Ok. Ti andrebbe bene martedì? »
«Vediamo… Sì, si può anche fare. Per il mercoledì di solito non ho molti compiti. I tuoi sono a casa? ».
«No… anzi sì, ora che ci penso è saltata la riunione! L’hanno rinviata a venerdì! »
«Dov’è che potremmo andare? ».
Lorenza, fuori dal video, sorrise. Stavano già progettando quando poter fare l’amore il prima possibile la volta successiva quando, in quel momento, ne avevano l’opportunità e la ritardavano…
«E se chiedo la macchina ai miei, ti va bene? ».
«Ma non l’abbiamo mai fatto in macchina… E poi tu padre te la presta? ».
«Sì, ormai sono due settimane che ho la patente».
Lorenza sorrise all’eccitante idea: «Proposta accettata».
Ora se ne ricordava: quel martedì finirono proprio a far l’amore in macchina per la loro prima volta. E il tutto dopo un giornata in cui lei aveva lasciato a casa mutandine e reggiseno. La mattina, infatti, aveva indossato una maglietta nera, non troppo aderente in modo che non si potesse notare che sotto era nuda e un paio di jeans. A scuola lo aveva incontrato per i corridoi, si erano anche salutati e avevano accennato all’appuntamento di quella sera, ma non si era affatto toccati né baciati. Il pomeriggio, sempre vestita così, era uscita per un’oretta con Andrea e alcuni loro amici, rimanendo fedeli al patto. Dopo cena, lei andò a cambiarsi e indossò una gonna che le arrivava appena sopra il ginocchio e una camicetta bianca. Le si vedevano anche i capezzoli, ma lei stette attenta a non farsi vedere dai suoi genitori, andando a prepararsi all’ultimo minuto e, una volta tornata a casa, andando subito in camera mentre loro erano in salotto a guardare la televisione. Uscita di casa, incontrò quasi subito Andrea che arriva in macchina, una piccola utilitaria. Lui accostò al marciapiede mentre lei si fermava. Non c’era nessuno per la strada a quell’ora, così a lui doveva essere venuta un’idea. Infatti abbasso il finestrino dalla parte di lei e le chiese, con fare arrogante: «Quanto vuoi? ».
Lei afferrò al volo: aveva voglia di inscenare una piccola recita sessuale e a lei non dispiaceva ciò.
«Per cinquantamila ti fai la più bella scopata della tua vita» sussurrò abbassandosi verso il finestrino, consapevole che i suoi seni sporgevano voluttuosi dalla scollatura della camicetta.
«Salta su».
«Albergo o macchina? ».
«Macchina stasera, bella. Come ti chiami? ».
«Lorenza. E tu? ».
«Andrea».
«Dove vuoi andare? ».
«Al Torcello». Il Torcello era una località isolata e difficilmente raggiungibile. La conoscevano in pochi e non era frequentata nemmeno dalle coppiette come loro, quindi c’erano pochi rischi.
«Per me va bene».
«Ma tu sei italiana. Di solito le tue colleghe sono straniere».
«Sì, ma il mestiere mi piace e rende». Lui allora le appoggiò una mano sul ginocchio mentre guidava e cominciò a carezzarlo lievemente.
«Ti piacciono le mie gambe? ».
«Non sono niente male».
«E non hai ancora visto cosa c’è lì in mezzo» e gli prese la mano, alzando la gonna con l’altro e appoggiandogliela al pelo pubico. «Che ne dici? ».
«È favolosa…».
«Mettici un dito dentro, dai, non fare il timido». Lui allora, anche un po’ sorpreso oltre che eccitato, vi infilò rapidamente l’indice, ritraendolo però subito per scalare la marcia. Quando fece per rimetterci la mano, lei gliela prese, posandosela sul seno.
«E delle mie tette, che mi dici? Sono o no una vera maggiorata? ». Lui strinse leggermente.
«Sì, non c’è dubbio, ma te le sei rifatte? ». Nel frattempo ritrasse la mano per affrontare le prime curve della salita del Torcello.
«No, sono originali. Molti non mi credono, ma nessun chirurgo c’ha mai messo le mani, almeno non in orari di lavoro…».
«Comincia a prepararti, perché fra un po’ arriviamo. Ce l’hai il preservativo? ».
«Sì, altrimenti voi uomini ve lo dimenticate sempre». Frugò rapidamente nella borsetta e vi trasse fuori una confezione da dodici ancora da aprire. Lui rimase sorpreso, ma non disse nulla per non rovinare la recita: solitamente portavano con sé un paio di profilattici soltanto. Lei aprì e ne prese uno, infilandoselo nel bordo della gonna, mentre rimetteva via la scatola.
«Allora siamo d’accordo, cinquantamila? » fece lui.
«Oppure venti per un pompino. Ma ti consiglio di dare una visitatina fra le mie gambe».
«Va bene per la scopata, allora». Arrivarono nel frattempo al Torcello. Come sempre non c’era nessuno e lui posteggiò in fondo a una strada bianca. La luna li illuminava quasi fosse giorno, cosicché lui poté scrutarla senza per altro cogliere alcun segno di finzione sul suo volto: era davvero una brava attrice. Fra un po’ non avrebbe più dovuto nemmeno recitare.
«Allora, mi dicevi delle tue tette…» incominciò subito lui, allungando le mani sul suo seno. Lo carezzò un po’ attraverso la camicetta, poi la sbottonò completamente e fece in modo che il suo seno fosse in piena luce della luna. Aveva i capezzoli già eretti: abbassò la bocca a succhiarli, l’uno dopo l’altro, mentre con l’altra mano le carezzava l’inguine sotto la gonna, vezzeggiando il pelo e introducendo, con delicatezza, una dito dentro di lei. Continuò finché lei venne: se ne accorse perché i suoi gemiti, fattisi sempre più forti e frequenti, improvvisamente rallentarono e la sua vagina si rilassò immediatamente. A quel punto le tolse la gonna, prendendo il preservativo: lei lo aiutò sollevando il bacino dal sedile. Lui si spogliò rapidamente, per quanto gli consentisse l’abitacolo stretto, e intanto lei abbassava lo schienale. Restato nudo, si spostò sopra di lei, che le infilò il preservativo e allargò le gambe. Andrea la penetrò lentamente e iniziò a muoversi avanti e indietro, mentre lei si agitava tutta per l’eccitazione. Le mani di lui vagavano continuamente sul suo seno che, di tanto in tanto, alternativamente alla bocca, baciava. Raggiunsero l’orgasmo con un po’ di differenza, lei per prima, lui dopo qualche secondo, sentendo i muscoli interni di lei contrarsi piacevolmente. Fu percorso da numerosi sussulti, duranti i quali le strinse i seni colmi, per poi abbandonarsi sul suo corpo. Rimasero un po’ così, uno sull’altra, per rifiatare. Poi fu lui a prendere la parola per primo: «Ma se ti dicevo di farmi un pompino, tu me lo facevi? ». Non erano mai andati più in là del semplice rapporto sessuale: al massimo si erano baciati nei punti più intimi, ma solo per qualche istante. Lei non glielo aveva mai preso in bocca e ugualmente lui non le aveva mai leccato la vagina.
«Sì» rispose lei con semplicità. «A me piacerebbe, lo trovo eccitante».
«Anch’io, ma avevo paura che potessi trovarlo troppo perverso».
«E io credevo che tu mi considerassi una depravata se te lo avessi chiesto».
«Non lo so, forse. Comunque sono contento che tu ne abbia voglia».
Il primo pompino gliel’aveva fatto però poco tempo dopo, proprio nel fienile dove avevano fatto l’amore all’aperto di giorno la prima volta. Dopo essersi accordati sulla volta successiva, incominciarono a toccarsi di nuovo. Lui le sfiorò un seno, vicino a un capezzolo. «Ma se non metti il reggiseno con quella maglia bianca aderente che hai, ti si vedono i capezzoli…»
«Sì, si vede anche il reggiseno. Ti dispiace? Non è per caso che sei geloso? ».
«Finché metti il reggiseno va bene…».
«Non preoccuparti, lo so anch’io che si vede tutto! ».
«Ah, ma allora fai apposta a provocare gli uomini» e le carezzò il seno sinistro, stringendolo lievemente nel palmo. «Poi ti lamenti se ti toccano».
«No, non tutti. Soltanto uno lo provoco per essere toccata» e, mentre diceva così, gli passò sopra baciandolo. Dopo un po’ si staccarono e lei chiese: «Ma ti sei ricordato di portarti un preservativo? Di solito devo sempre procurarli io…».
«Certo, ho preso quelli che avevi nello zaino…».
«Ah, e così frughi nelle mie cose…» fece lei sorridendo.
«Sì, e proprio in tutte» continuò passandole le mani sul sedere e stringendolo.
Lei rise e fece per alzarsi. «Ferma» fece lui improvvisamente.
Lorenza si fermò nella posizione in cui era, spaventata. «Cosa c’è? » sussurrò mentre il cuore accelerava.
«Niente, solo che in questa posizione ti vedo le tette dentro la maglietta».
«Ma mi hai fatto prendere uno spavento» lo rimproverò contrariata alzandosi un po’. Subito dopo però si abbassò chiedendogli in un sorriso: «Come devo mettermi? ».
«Un po’ più in giù. Ecco. Ora alzati di più con il sedere. Perfetto. Vedo tutto, o quasi». Attraverso la scollatura del top poteva scorgere i suoi seni che pendevano.
«Posso spostarti un po’ il top, per vedere se riesco a scorgere i capezzoli».
«Va bene». Trovava quel giochetto eccitante, tanto che sentiva un fremito fra le gambe e i capezzoli erigersi.
Lui allora le abbassò lo scollo con una mano, ma non riuscì a scorgerlo. Si misero di nuovo uno di fianco all’altra, e da quella posizione, lui poté vederle un capezzolo scuro ed eretto, scostando un po’ la scollatura.
«Ora lo vedo. È già all’infuori».
«Sì, mi piace questo trastullarsi…».
«Che poetica che sei! ».
«Lo so, ma il sesso non è affatto volgare, almeno quello che facciamo noi».
«Già, è vero» e sbirciò nuovamente. Poi infilò la mano sotto il top e risalì, sfiorandola sensualmente, fino al capezzolo, che carezzò. Lei trasalì per l’eccitazione. Lo sfiorò ancora un paio di volte, poi circondò con il palmo il seno e si gustò il contatto con la carne di lei stringendo dolcemente.
«Mi piacciono le tue tette. Sono così sode…».
«Anche a me piace qualcosa duro di te…» fece sorridendo e allungando la mano al suo inguine che sfiorò con una carezza delicata, facendolo fremere per l’eccitazione.
Lui reagì stringendo leggermente il suo seno. Quando il brivido fu passato cominciò a carezzarla sensualmente sul capezzolo, lambendolo appena, finché lei implorò un tocco più deciso. Allora Andrea alzò il top fino alle spalle, la fece stendere sul dorso e si sistemò sopra, : prima le baciò entrambi i capezzoli, poi ne prese in bocca uno succhiando e fra le dita l’altro. Lorenza prese ad ansimare, accarezzandogli la nuca con una mano e la schiena con l’altra: di tanto in tanto lui si staccava con la bocca dal suo seno per porre le sue attenzioni sull’altro, smettendo solamente quando la sentì completamente rilassata dopo l’orgasmo che la sconvolse. Lei sentì l’umidità scorrerle nella vagina fino a bagnare le mutandine.
Non era però soddisfatta, voleva qualcosa di più che il tocco delle sue labbra sui seni, così scostò le cosce facendogli capire ciò che non aveva ancora il fiato di dire. Lui ne approfittò per spogliarla subito, facendole alzare il bacino per sfilare i pantaloncini e poi anche le mutandine. Andrea notò che queste erano umide, così come i suoi neri peli pubici presso la vagina: «Ma sei tutta bagnata! » esclamò stupefatto.
«Sì, vedi quanto ti desidero? Fai presto». Completamente nuda, con qualche pagliuzza fra i capelli, si rialzò a sedere. Allungò le braccia e gli sfilò la maglietta, mentre lui ne approfittava per toccarle i grossi seni. A quel punto lei si piegò in avanti e baciò il pene attraverso i pantaloni, quindi le sbottonò e li sfilò. Prima di buttarli da una parte frugò nelle tasche e trovò un preservativo. Aprì l’involucro, alzò le mutande di lui facendo sporgere l’asta del pene e glielo infilò. Quindi, mentre si distendeva sul dorso, riuscì a fargli scendere le mutande sulle caviglie in modo che potesse sfilarle facilmente. Aprì le gambe invitante e lo attese avvicinarsi e penetrarla. Il contatto con il suo corpo, il suo pene che penetrava durissimo in lei, le provocò un breve orgasmo, una dolce ondata di piacere. Poi cominciò il movimento dei loro fianchi, prima alternato ma che si armonizzò perfettamente in poche decine di secondi. Il ritmo cambiava frequentemente: cresceva in rapidità finché lei aveva un orgasmo, poi si fermava per un secondo per riprendere molto lento e accelerare di nuovo. Continuò così a lungo: lei ebbe tanti orgasmi da perderne il conto finché anche lui decise di raggiungere l’apice del piacere, riversandosi in lei con gigantesche e potenti stoccate. Non gli occorse avvertirla che voleva venire, lei lo intuì dal vigore con cui prese a penetrarla. Ciò accrebbe maggiormente il suo piacere e la portò a essere sconvolta completamente dall’orgasmo quando vi giunsero, quasi insieme. Lui strinse i suoi seni e un secondo dopo cominciò a sussultare pesantemente e lei non poté fare a meno di giungere al più potente dei suoi orgasmi sentendolo muoversi con violenza in lei e tantomeno di urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Si abbandonarono poi ansanti sul fieno.
Lorenza a quel punto si ridestò dalla totale concentrazione con cui aveva guardato il video e si rese conto di essere bagnata fra le gambe: del liquido era anche fuoriuscito gocciolando sul divano. Non fece però in tempo ad alzarsi, perché vide entrare in salotto Andrea, anche lui completamente nudo. Aveva gli occhi stanchi, ma appena la vide, completamente nuda e per di più molto eccitata, il pene si eresse.
«E così non riesco più a soddisfarti come un volta» buttò lì lui.
«Non è vero».
«Sì che è vero: allora» disse accennando al televisore «ti strappavo quell’urlo, ora invece vieni a vedere le nostre cassette».
«Ne avevo ancora voglia, ma non voleva svegliarti. Così mi sono messa qui per aspettare: mi sono guardata la cassetta solo per eccitarmi ancora di più» si giustificò lei.
«Vuoi dire che io non riesco ad eccitarti? ».
«No, non è quello…».
«Comunque voglio darti una lezione: ti farò godere come non hai mai goduto! » si avvicinò in fretta, le aprì le gambe e, inginocchiandosi a terra, affondò il volto nel cespuglio del pelo pubico. Con la lingua passò prima tutta l’umidità che si era depositata sui peli, senza sfiorare le labbra, poi si avvicinò a queste e vi soffiò sopra delicatamente. Lei fu scossa da un fremito. Allora le sfiorò appena con la lingua e lei gemette. Soltanto dopo lunghi secondi le concesse il tocco della sua lingua, con una lunga leccata. Era bagnata come poche volta l’aveva vista. Leccò a lungo, senza permettere alla lingua di penetrare nella vagina o arrivasse al clitoride: voleva che lo invocasse a farlo.
«Ti prego, anche là…».
Si fermò. «Dove? ».
«Sul clitoride! ».
«Sei sicura? ».
«Sì! » urlò quasi.
Lei la soddisfò e passò la lingua sul clitoride affondando fin dove poteva. Allora sostituì alla sua lingua l’indice e il medio della mano destra: tenendole unite, le sfregava sul clitoride e affondava fin dove arrivavano. Lei cominciò a gemere forte: «Sìì… ahhh… così…. ancora, ancora…. ! ».
I gemiti crebbero fino ad un urlo di piacere, dopo di che i suoi muscoli si rilassarono tutti. Lui però non le diede tregua: si fermò solo un attimo per riprendere a leccarla. Questa volta si concentrò immediatamente sul clitoride, posandovi la punta della lingua e continuando a muoverla senza mai staccarsi. La portò così ad un nuovo orgasmo, poi ad un altro e ad un altro ancora…
Ad un certo punto lui tornò a penetrarla con le dita, muovendole però con frenesia e tenendole più strette possibile al clitoride. Quando venne di nuovo, urlò ancora. Lui non smetteva però di toccarla, così dovette implorarlo: «Ti prego, Andrea, basta, non ce la faccio più».
«Non se ne ha mai abbastanza. Vedrai…» fece lui. L’erezione non l’aveva mai abbandonato, così si rialzò, si mise al suo livello e appoggiò il glande sulla vagina, spingendo leggermente. Lorenza infatti, appena sentì il pene, fu animata da nuova eccitazione. Aveva goduto a lungo, ma venendo toccata solo dalla lingua o dalle dita di lui: il pene risvegliò in lei l’istinto. Si aprì completamente a lui spingendo in alto il bacino. Lui la penetrò, ma erano in una posizione scomoda, così, lentamente, senza mai staccarsi e continuando ad affondare e a ritrarsi, riuscirono a distendersi sul divano. Lei gli circondò la schiena con le gambe mentre lui continuava a penetrarla. Sentendo avvicinarsi un orgasmo, Lorenza prese a muovere i fianchi più velocemente: era così bagnata che il pene finì per fuoriuscire dalla vagina madida. Lui riaffondò in un attimo e riprese a muoversi, mentre contemporaneamente le carezzava e stringeva i seni.
«Succhiami le tette mentre vengo! » urlò lei sentendo un altro orgasmo profilarsi. Lui obbedì ed abbassò la testa sul suo seno, prendendo fra le labbra un capezzolo eretto e dilatato da tempo. Succhiò e continuò ad affondare. Lei venne e i muscoli interni di lei si contrassero per l’ennesima volta: questa volta Andrea non seppe resistere e, con la bocca ancora sul suo seno, accelerò bruscamente il ritmo, succhiando vigorosamente e stringendo strettamente l’altro seno colmo. Lorenza se ne accorse e volle seguirlo: aumentò il movimento dei fianchi aprendosi ancora di più, lo stimolo sul seno la aiutò, cosicché quando lui esplose, venne anche lei sentendo gli innumerevoli zampilli di sperma. Gli spasmi dell’orgasmo continuarono almeno per una decina di secondi, durante i quali lei emise un urlo acutissimo come mai aveva fatto. FINE