Lo ammetto, sono uno schiavo del sesso, ricorro ad ogni mezzo pur di dare soddisfazione ai miei appetiti. La mia condizione, tuttavia, mi diverte perché mi porta quasi sempre a contatto con le novità e le sorprese.
Ho una particolare predilezione per le brave ragazze, quelle che hanno il sorriso gioioso sulle labbra, quelle che hanno l’aria da sante inviolabili. Farsele è una sfida sempre nuova che mi stimola e mi spinge a dare tutto me stesso.
Tutto sta a creare la situazione adatta, portarle ad aver fiducia, ma soprattutto suscitare un certo interesse in loro. Le donne, spesso, sono ingenue, basta far credere loro di amarle per ottenere tutto ciò che si vuole.
Un giorno, uno di quei giorni in cui il caldo attanaglia l’aria, ero in preda ad una delle mie solite crisi, bramavo per una donna e facoltà quell’afa, inoltre, non faceva che aggravare la situazione, annebbiando le mie residue capacità decisionali.
In un barlume di ragione, decisi di andare in una libreria, una di quelle grandi librerie con marciapiedi di scaffali, zeppi di libri, e con i condizionatori al massimo; mi sembrò il luogo ideale per ritemprarsi.
Non mi sbagliavo, ero entrato solo da pochi secondi e già mi sentivo meglio, sentivo che la ragione stava pian piano riprendendo il controllo e che il respiro si calmava. Mi misi a girare tra gli scaffali, kilometri e kilometri di libri, molti dei quali interessanti. Persino in libreria divento pericoloso, spenderei il mio intero stipendio in libri.
Anche questo luogo ritemprante, tuttavia, nasconde le sue insidie, non solo di natura economica, e me ne accorsi presto. Frotte di fighette leggiadre rallegravano l’ambiente ed i miei sensi non riuscirono a rimanere indifferenti. Tra le tante, mi piacque una in particolare, una figliola tipicamente mediterranea, dalle belle forme e, soprattutto, con un’aria da brava ragazza.
Era intenta a scegliere un libro, visto il genere che controllava, penso fosse una lettura da ombrellone, leggera e poco impegnativa. Mi avvicinai a lei, interessandomi a ciò che sceglieva e, facendo finta di conoscere il libro che stava per prendere, glielo sconsigliai, dicendole che era una delle solite storie e che già dalle prime pagine avrebbe capito come sarebbe andato a finire.
– Se mi permette, le consiglio qualcosa di piacevole. Un libro potrebbe essere “L’amore dura tre anni” di Frédéric Beigbeder; oppure potrebbe leggere qualcosa di Miller o Bukowski.
– Non li ho mai letti, che genere di autori sono?
– Diciamo che sono molto aderenti alla realtà. Visto che non li conosce, le regalerò un libro.
Arrossì, ma non si dimostrò contrariata. Decisi di essere sfrontato e scelsi “Opus Pistorum”, di Henry Miller. Le brave ragazze spesso sono tali perché mancano di “cultura” e quello era il modo migliore per istruirla.
Acquistai il libro e le chiesi il nome; prima di darglielo, le scrissi una dedica e, sotto, il mio numero di telefono, fiducioso in una sua chiamata. Poco dopo ci lasciammo e seguimmo le nostre strade.
Passò circa una settimana e la sua chiamata arrivò; nel mentre non rimasi certo ad aspettarla, mi diedi da fare con altre ragazze, ma lei era una preda prelibata. Mi disse che il libro le era piaciuto molto e ne voleva parlare. “Parlare? “, mi dissi, “cazzo c’è da parlare su quel libro? “. Era palesemente chiaro quali fossero le sue intenzioni.
Decidemmo di incontrarci in un piccolo bar e, dopo qualcosa di fresco, andammo in un parco a passeggiare. Era il momento, il venticello che frusciava tra gli alberi, l’ombra, il clima torrido erano il giusto contorno. La presi per mano, ci fermammo e l’avvicinai a me, le cinsi i fianchi e la baciai.
Fu un bacio appassionato, sembrava affamata. Non mi fermai lì, presi a succhiarle le labbra, erano deliziosamente carnose e pian piano scesi sul suo collo, mentre l’eccitazione di entrambi saliva. Le mie mani si insinuavano in lei e percepivo il suo desiderio. Eravamo andati, sia io che lei volevamo unirci, godere di noi stessi e dei nostri sessi.
Lei era ormai mezza nuda, le avevo spostato, complice l’assenza di sguardi indiscreti, le vesti leggere, arrotolandole sulla sua carne. Le spostai anche il reggiseno, i seni gonfi caddero, schiavi della gravità e cominciai ad adorarli; li leccavo, le mordevo i capezzoli tirandoli verso me, li stringevo, mentre sentivo i suoi gridolini e più la sentivo gemere, più mi impegnavo in questo gioco. Lei non proferiva parola, era troppo impegnata a godere, a sentire le mie mani che le percorrevano il corpo. Non mi saziavo di lei, il suo culo era maestoso, due bei glutei tondi con cui ci si poteva riempire le mani. Le tolsi completamente le mutandine, mi colpì il fatto che fossero degli slip molto coprenti, delle coulottes; è raro oggi, in quest’epoca di perizomi, trovare chi le porta e la cosa, non so perché, mi eccitò ancor di più. Forse, quelle mutandine così castigate la facevano apparire ai miei occhi ancor di più una “brava ragazza”, che ossessione!
Non ce la facevo più, avevo il cazzo che mi scoppiava e lo liberai. Non appena lo vide, la notai riemergere dal suo trance. Con titubanza, si abbassò e se lo mise subito in bocca, forse per evitare di cambiare idea. Era sicuramente il suo primo pompino, non era esperta, ma ci metteva impegno. Mi stancai presto di questo suo lavoretto, volevo possederla. Le feci poggiare le mani su un albero, facendola piegare in avanti. Avevo lo spettacolo del suo culo tutto per me; era bello in carne, come piace a me. Presi il batacchio in mano, puntandolo verso la sua umida apertura, ed entrai dentro con un sol colpo. La vidi inarcare la schiena per lo shock, ma si sforzò di non gridare più di tanto.
Ero in lei, non era vergine, doveva aver già provato altri cazzi, ma era stretta e mi piaceva. Le cinsi i fianchi con le mani, aggrappandomici e cominciai a darci sotto. Era bello vedere l’effetto che ogni mio colpo aveva su quelle belle chiappone, sembravano vibrare. Lei, intanto, godeva, godeva, godeva come una matta, ma, dopo tutto, non è che me ne fregasse più di tanto. Mi interessava solo farmela. Continuavo a fotterla, con colpi sempre più forti, accompagnati da schiaffoni sui suoi glutei; prese a gridare oscenamente. Probabilmente qualcuno ci avrebbe potuto sentire, ma chi se ne fregava! Cosa avrebbero visto poi? Uno che si stava scopando una femmina, niente di più.
Le venni dentro, senza preoccuparmi più di tanto di ciò che sarebbe accaduto, d’altronde neanche lei disse qualcosa a riguardo. Tolsi il cazzo e, prendendola per i capelli, la costrinsi a pulirmelo per bene.
Era in ginocchio, ancor più nuda, con il culo rosso dagli schiaffi, il mio seme che le colava per le gambe, gli occhi congestionati.
La cosa finì lì, ci rivestimmo e ce ne andammo. FINE