(racconto autobiografico di un fatto realmente accaduto)
Da sempre ho vissuto la mia particolarità nel modo più riservato e segreto.
Non mi sono mai potuta confidare con qualcuno e racchiudevo la mia diversità dentro me stessa.
Essendo quasi sempre via da casa per lavoro (sono responsabile commerciale di una grossa industria), nell’intimità della camera di albergo mi trasformavo nella persona che avrei sempre desiderato essere, una donna calda e sensuale, fine ma eccitante, elegante e curata.
L’unica mia soddisfazione era quella di ammirarmi allo specchio o occasionalmente fotografarmi con l’autoscatto.
In tutti questi anni ho imparato l’arte del trucco, mi sono procurata un bel guardaroba femminile, biancheria seducente, delle parrucche e con molta fatica anche scarpe della mia misura veramente carine, con tacco alto e slanciato.
Non poter farsi ammirare da qualcuno era una frustrazione insopportabile, dopotutto le donne sono un po’ civettuole e amano esibire le loro grazie.
Solo ora, a 32 primavere ho finalmente trovato il coraggio di cercare qualche altra persona simile a me.
Ho risposto ad alcune inserzioni della rivista e finalmente è arrivata una telefonata.
Una voce gentile ed educata mi informava che desiderava mettersi in contatto con me.
Era un ragazzo della mia età e mi disse di chiamarlo Francesca, anche lui aveva i miei stessi gusti e mi proponeva di incontrarci per vedere se si poteva fare qualcosa.
Stabilimmo un appuntamento per la prima occasione che avevo di andare nella sua città, Firenze.
Finalmente il giorno arrivò.
Ero nervosa e preoccupata, temevo di fare una brutta figura.
Passai l’intero pomeriggio in hotel a depilarmi fino all’ultimo pelo
lasciandone solo un po’ nella zona pubica, a smaltarmi le unghie di un bel rosso vivo e a prepararmi alla trasformazione.
Dopo cena indossai una guepiere nera e tesi i lacci al massimo per stringere la vita come una vespa.
Quella gabbia addosso mi costringeva e mi impediva i movimenti ma anche mi procurava un’intensa eccitazione.
Potevo respirare con difficoltà ma il sacrificio ne valeva la pena.
Vedere il mio corpo allo specchio, con la vita sottile e il petto e il culetto che sporgevano dal tessuto teso mi piaceva terribilmente.
Infilai le calze, nere e sottilissime, quasi trasparenti, facendo attenzione di non romperle come al solito e le agganciai ai reggicalze della guepiere.
Le mie gambe appena depilate, morbide e vellutate erano uno splendore, valorizzate dal nylon che le avvolgeva.
è proprio vero che gli uomini possono avere gambe belle come quelle delle donne !
Era la prima volta che mi depilavo completamente e non avevo mai visto le mie gambe così belle.
I peli … puaah !
Indossai sopra la guepiere una camicetta in leggerissimo toulle, la sua trasparenza lasciava intravvedere il bustino sottostante, peccato che mancava il seno.
Quello purtroppo è completamente assente.
Decisi di ovviare all’inconveniente riempiendo le coppe della guepiere con delle calze arrotolate.
Anche se non rendevano come delle vere tette almeno riempivano il vuoto, mi sarei dovuta accontentare.
Poi infilai le mutandine in pizzo e la gonna, una provocante mini in tessuto elasticizzato che riusciva a malapena a coprire i ganci del reggicalze e che si avvolgeva strettamente intorno alle cosce e ai fianchi.
Una bella cintura in metallo dorato completò l’opera.
Cercai di cacciare il pene all’indietro per non far vedere la protuberanza oltre la gonna come fanno i transessuali ma non ci riuscii, scappava fuori da tutte le parti.
Mutandine strette o pisello grosso ? Mah !
Non me la sentivo di scendere nella hall dell’albergo in abiti femminili perchè come minimo il portiere mi avrebbe riconosciuta, perciò mi infilai i pantaloni, i guanti, il cappotto, presi la mia borsa da viaggio e uscii.
Appena salita sulla mia auto cercai un parcheggio buio e tranquillo, mi tolsi gli abiti maschili, infilai ai piedi le bellissime scarpette in vernice nera con il tacco vertiginoso che avevo appena comprato, indossai la pelliccia di volpe argentata che mi ero regalata un anno prima e mi truccai accuratamente.
Scelsi la parrucca rosso tiziano lunga fino alle spalle, degli orecchini pendenti e la collana di perle furono il tocco finale.
Mi rimirai allo specchietto retrovisore e vidi una donna affascinante, perfetta in tutti i dettagli, una vera fica !
Era inverno, alla sera le strade erano poco frequentate, perciò decisi che il tragitto fino a casa del mio ospite l’avrei fatto a piedi.
Era la prima volta che uscivo in pubblico vestita da donna, la paura di essere scoperta si mescolava all’eccitazione della nuova esperienza.
Ancheggiando sui tacchi alti camminai per almeno un chilometro.
Notai che gli sguardi degli automobilisti di passaggio si posavano su di me.
I lembi della pelliccia mi sfioravano le gambe inguainate nel naylon dandomi delle meravigliose sensazioni.
L’aria gelida mi entrava sotto la gonna e mi intirizzava il pisello, ma non sentivo freddo, talmente ero eccitata.
Non avendo mai realmente camminato con i tacchi alti mi resi conto che non era assolutamente facile, rischiavo di inciampare ad ogni passo.
Scoprii che il pronunciato ancheggiamento di una donna che cammina è dovuto alla necessità di compensare il precario equilibrio causato dai tacchi alti.
Attraversai un passaggio pedonale davanti a delle auto ferme al semaforo con finta naturalezza, in realtà avevo il cuore in gola e il terrore che qualcuno mi fermasse.
Il mio abbigliamento doveva però essere credibile, perche nessuno mi disturbò.
Ero decisamente impazzita.
Finalmente, dopo una storta a una caviglia e un tacco infilato in una grata, arrivai a casa di Francesca.
Il panico mi assalì al momento di suonare il campanello.
E se era uno scherzo?
Se in realtà Francesca non era sincera e mi avesse teso un tranello?
Raccolsi tutto i mio coraggio e suonai il campanello.
Dopo un po’ una voce mi rispose di salire al quarto piano, a un certo interno.
La porta dell’appartamento era accostata e qualcuno stava osservandomi.
Chiesi timidamente
“Francesca ? “.
Silenziosamente la porta si aprì e apparve una meravigliosa creatura.
Un corpo statuario, alto e slanciato, fasciato da un abito da sera in chiffon nero lungo fino ai piedi.
Da uno spacco spuntava una gamba perfetta vestita da una calza nera sostenuta da una giarrettiera.
Ai piedi aveva della scarpe decoltè con tacco di almeno 12 centimetri.
Ma la parte che mi colpì maggiormente fu il viso, perfettamente truccato e dai lineamenti delicati e femminili, incorniciato da una cascata di riccioli biondi.
Ero rimasta senza parole.
– Ti piaccio ? mi disse notando la mia meraviglia.
Il suo sorriso mi sbloccò e mi decisi ad entrare.
L’appartamento era piccolo ma ben arredato, il tipico appartamento dei single.
Mi fece accomodare sul divano e mi offrì da bere un cognac che presi volentieri date le circostanze.
Il liquore contribuì a sciogliermi dalla tensione che avevo accumulato e cominciammo a parlare di varie cose.
Mi raccontò che viveva da sola e anche lei, come me, appena poteva si travestiva per sentirsi a suo agio.
Considerava quella sera
un’occasione speciale perche non aveva mai ricevuto qualcuno a casa. Aveva avuto in precedenza altri rapporti con altre persone ma mai a casa sua.
Si era seduta sul divano vicina a me e aveva accavallato le gambe con aria complice, esibendo delle cosce favolose da sotto lo spacco.
Anche lei si era depilata.
Con noncuranza, mentre parlavo le appoggiai la mano sulla gamba e cominciai a sfiorarla e a giocare con la giarrettiera.
Lei allargò le gambe invitandomi in silenzio a proseguire l’ispezione e così infilai la mano nelle mutandine.
Trovai un cazzo già in parziale erezione, che faticai ad estrarre dalle mutandine, piuttosto strette.
Me lo sentivo crescere in mano, mentre lo toccavo.
Che emozione ! Era la prima volta che toccavo un cazzo diverso dal mio.
Francesca nel frattempo si dava da fare con me, dei sospiri avevano sostituito il nostro dialogo.
Si era accovacciata davanti a me e mi aveva preso il pene in mano facendolo ingrossare rapidamente con delicati ma esperti colpi di mano.
Appena lo ritenne pronto se lo infilò avidamente in bocca iniziando il più indimenticabile pompino della mia vita.
Riusciva ad aspirarlo fino in gola, con movimenti lenti e studiati.
Non avevo mai provato sensazioni del genere.
Francesca aveva divaricato le gambe e in equilibrio sui tacchi strofinava il suo pene sulle mie caviglie.
Quando rischiai di raggiungere l’orgasmo, Francesca se ne accorse e si fermò.
Era troppo presto. – Ora tocca a te ! – mi disse sorridendo.
Si sdraiò sul divano e allargò le gambe, invitandomi a prendere il suo posto.
Mi chinai e con il desiderio che mi faceva fremere presi in bocca il suo pene.
Non era molto grosso ma in compenso era lungo e molto duro.
Presto imparai come si fa un pompino, lo lubrificai con la saliva con leggeri colpi di lingua e poi lo spinsi fino in gola.
Contemporaneamente il mio dito indice frugava tra le natiche alla ricerca del buchino.
Delicatamente spinsi il dito, che incontrava però notevole resistenza.
Un po’ di saliva rese più semplice l’operazione. Il mio dito entrava inesorabilmente all’interno provocando a Francesca dei mugolii di piacere
Al primo dito seguì il secondo.
Ormai la strada era aperta e Francesca si dimenava dal piacere invitandomi a continuare.
Incredibilmente lo sfintere si rilassò permettendomi di infilare ben tre dita.
Prima di raggiungere l’orgasmo, mi fermò e mi fece cenno di seguirla in camera da letto.
Mi fece accomodare in camera dicendo di spogliarmi e se ne andò.
Mi tolsi frettolosamente la minigonna e la camicetta rimanendo con la guepiere, le calze e le scarpe e mi sdraiai sul letto.
Dopo pochi minuti ritornò in camera, non più vestita dall’abito da sera ma con addosso un fantastico baby-doll trasparente, le calze e dei saldali con tacco alto.
Le mutandine erano sparite e il suo pene eretto sollevava il tessuto del negligè.
La vidi armeggiare con un tubetto di crema con la quale si lubrificò per bene il membro.
Non sapevo che fare, le sue intenzioni erano chiare, ma la paura mi attanagliava le viscere. Non l’avevo mai fatto prima !
Come un automa mi girai a pancia in giù e mi misi carponi sul letto,
attendendo l’inevitabile destino.
Francesca si mise dietro di me e cominciò a strusciarsi sulle mie natiche, su e giù.
Sentivo le calze che si sfrofinavano con il caratteristico fruscio. In quel momento ero una donna,
il mio momento era arrivato !
Delicatamente Francesca puntò il suo arnese nel mio stretto buchino e spinse un po’.
La punta era appena entrata che lo sfintere si chiuse involontariamente.
La tensione si era impossessata di me.
Francesca lo capì e invece di forzare l’entrata mi abbassò la guepiere, prese tra le dita i miei capezzoli e li sottopose a un massaggio energico e deciso.
Sentivo l’eccitazione crescere in me mentre mi rilassavo e così senza quasi accorgermi Francesca mi penetrò.
Lo sentii entrare in me senza dolore, come fosse la cosa più naturale del mondo.
Una volta dentro completamente cominciò un movimento di va e vieni che mi fece andare alle stelle.
Non credevo che l’ano potesse dare certe meravigliose sensazioni.
Non mi sarei mai stancata di sentirlo dentro.
Francesca aumentò il ritmo fino a quando la sentii vibrare in un poderoso orgasmo.
Sentii lo sperma uscire a fiotti mentre lei inarcava la schiena e mi stringeva i capezzoli fino a farmi male.
Quando si staccò da me notai che portava il preservativo.
Saggia precauzione.
Me ne porse uno anche a me dicendo – vuoi provare ?
Rapidamente lo indossai e lo lubrificai con la crema.
Mi misi alle sue spalle e appoggiai la punta del pene sul suo ano.
La penetrazione fu facile anche per merito del precedente allargamento, così che in un solo colpo entrai completamente in lei.
Mentre la sfondavo, le accarezzavo le favolose gambe inguainate dalle calze, le massaggiavo il collo, le tiravo i piccoli ma turgidi capezzoli.
Dopo pochi minuti esplosi in un potente orgasmo che continuò per almeno mezzo minuto.
Alla fine entrambe esauste ci riposammo sul letto per una buona mezz’ora.
Dopo un po’ mi tolsi il trucco e ritornai al mio hotel in abiti maschili.
Mi promise che ci saremmo riviste anche altre volte, ma finora non c’è mai stata l’occasione.
Quella è stata la più intensa e indimenticabile serata della mia vita.
Un sincero grazie a Francesca per avermi resa per la prima volta, veramente donna. FINE