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Le diapo del Portogallo

Convivevo da un anno con una ragazza, Enrica.
Tutto filava abbastanza bene, tranne il fatto che io ero sempre più coinvolto dalla sorella,
Alberta, che conviveva da dieci anni con Alfredo, un tipo antipatico, pieno di sé e con addosso una calma perenne e un’aria di superiorità (nonostante fosse più giovane di me).
Una sera, appena tornati da lavoro, squillò il telefono di casa. Enrica andò a rispondere di corsa
“Nenù.. ” le sentii dire con il solito tono di voce che ha quando saluta Alberta. Io mi stavo togliendo la giacca.
“Paolo, Nenù e Alfre ci chiedono se andiamo a mangiare da loro, stasera. Hanno le diapo della loro vacanza in Portogallo”
“Ok. ” le risposi svogliato.
Non avevo voglia di uscire, ma l’idea di vedere Alberta mi stimolava.
Mentre eravamo in macchina, Enrica attaccò una delle sue solite tirate su Alfredo; che avevano fatto una vacanza meravigliosa, che lui sì che sapeva scegliere i luoghi e le atmosfere giuste, che in Portogallo non avevano speso niente.. che noi, in Francia, avevamo speso troppo. Io non ne potevo più, odiavo Alfredo, la serata si metteva male, se non fosse stato per Alberta..

Arrivammo nella loro casa, ben arredata, con un terrazzo magnifico. Alfredo, come al solito, era stato perfetto.
Aveva finito di rimettere in ordine il terrazzo, dove aveva apparecchiato, sotto una bella veranda fiorita.
Aveva cucinato lui, macrobiotico. Enrica, per emulazione, mi preparava qualcosa del genere.. delle schifezze! Invece dovetti ammettere che era tutto buonissimo, quella sera.

Nenù era splendida, dolcissima.
Con i suoi capelli a caschetto biondi, era una dea. Io guardavo lei, così simile, d’aspetto fisico, alla mia ragazza, eppure con una espressione così diversa, più solare.
Enrica era perennemente incazzata, in quel periodo. Scopavamo pochissimo, e controvoglia.
Non mi faceva un bocchino da mesi.
Un disastro.
E poi sempre a parlarmi di Alfredo, di questo panzone (aveva una bella pancia, era il suo unico difetto), mentre io, anche per sfogarmi della si quanto me, si ricordò di aver dimenticato la spesa nella macchina di Alfredo.
Era tardi, e io mi offrii di accompagnarla alla macchina, mentre “Lele” e Alfredo avrebbero finito il lavoro in cucina.

Uscimmo assieme. La serata era calda.
Nenù era allegrissima, mi diede il braccio, e scherzavamo.
Scendendo le scale per andare in strada, io cominciai finalmente a ridere.
Mi accarezzò l’idea di provarci, ma non sapevo come iniziare, e avevo paura di giocarmi tutto, con una frase sbagliata.

Quando arrivammo alla macchina di Alfredo, lei, prendendo il sacchetto della spesa, mi guardò con i suoi grandi occhi azzurri e mi disse
“Non va molto bene, con mia sorella? ”

Io cominciai a raccontarle le mie pene.
Lei mi prese la mano, dolcissima.
Sapevo che così mi giocavo ogni possibilità, che mi avrebbe considerato sempre più un amico da consolare, mentre io me la stavo scopando con gli occhi.
Ma ero vinto dalla sua dolcezza.

Parlammo per tutto il ritorno.

Arrivati al giardino di casa, Nenù, che non aveva preso le chiavi, comincio a chiamare

“Alfre.. aprici per favore”

Chiamò due o tre volte. Niente.
“Che strano” disse.
Andammo allora assieme di fronte al giardino, dove si vedevano le finestre illuminate della cucina e del salone.

Guardammo tutti e due.

La cucina era vuota.
Guardammo nel salone, illuminato.
Alfredo era spaparanzato sul divano, .
S’era calato le braghe e tirato su la maglietta, con tutti i suoi pelazzi scuri e la panza era oscenamente brutto.
Enrica era inginocchiata ai suoi piedi, s’era tolta la maglietta, era tutta rossa in viso, e gli stava facendo un gran pompino.
Proprio quello che mi negava da mesi, la gran troia.
Muoveva la testa come una forsennata, i capelli biondi fluttuavano. Io guardai Nenù, in silenzio.
Lei era interdetta, come me.
Ci sporgevamo dal muretto del giardino, per guardare meglio.
Enrica spompinava l’asta di Alfredo, su e giù con la testa.
A un certo punto si alzò, e si mise un elastico tra i capelli.
Ricominciò a succhiare le palle di Alfredo.
Poi si girò, rivolgendosi alla finestra. Io e Nenù ci accucciammo, in tempo per non essere visti.
Quando rialzammo lo sguardo, Enrica stava sbattendo in faccia il culo ad Alfredo, che le aveva infilato prima un dito nel culo, poi due, per allargarle il buchetto.
Continuarono cos’ per un po’, poi Enrica si sedette sul cazzo di Alfredo, impalandosi.
Alfredò si alzò dal divano, per stantuffarla meglio.
Enrica cominciò a sbuffare, come una cagna.
A un tratto, mi girai, e il mio sguardo incrociò quello di Nenù, sconvolta. Non so che mi prese.
Alzai di peso Nenù sul muretto del giardino: così, seduta, di fronte a me, le sfilai di colpo le mutandine.
Era bagnata! Le tirai su la gonna e cominciai a leccarle la figa, violentemente,
Sfregavo la mia faccia tra le sue cosce, e lei mi accarezzava dolcemente i capelli.
Poi lei divincolò le gambe e scavalcò il muretto, improvvisamente. Io esitai un attimo.
La vidi bussare alla finestra del salone.
Alfredo le aprì senza togliere il cazzo dal culo di Enrica.
Parlarono brevemente.
Enrica, piegata, cominciò a slinguazzare oscenamente Nenù.
Tutti e due presero a spogliarla, Nenù restò completamente nuda, e Enrica prese a leccarle la figa, ricominciando dallo stesso punto dove avevo interrotto io.

Finalmente mi svegliai.
Scavalcai il muretto, mi tolsi tutto di dosso e mi presentai con il mio cazzone duro di fronte ai tre.
Enrica fece un ghigno da strega, e cominciò a menarmi l’uccello con violenza.
Se lo infilò tutto in gola.
Poi fece abbassare la sorellina, appoggiata al divano, e mi guidò verso la sua fighetta.
Eravamo un bello spettacolo, per qualcuno che fosse passato dalla strada!
Le due sorelline, piegate, tendevano le linguette una verso l’altra, mentre Alfredo dava gli ultimi colpi nel culo di quella troia di Enrica, e io non riuscivo più a controllarmi nel fichino di Nenù.
Le due sorelline si abbracciarono, strette, all’orgasmo.
Io e Alfredo venimmo assieme.
I miei schizzi di sborra finirono sulla faccia di Enrica, e quelli di Alfredo sulla faccia di Nenù. FINE

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