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L’urlo

Mi ha sempre affascinato quello strano gusto dolce-amaro che spinge noi donne verso l’amore fisico. Quell’istinto perverso e un po’ masochista quasi insito in noi e che ci fa muovere e cercare il piacere solo dopo avere sofferto, solo dopo avere caricato molto la tensione, e che ci fa scaricare quella stessa tensione in modo durissimo, quasi cattivo… Come masticare foglie di ulivo prima di concederti il frutto, come una doccia morbida dopo una giornata unta e sporca sulla tua pelle attraverso vestiti che si appiccicano addosso di cattivi odori…
Un uomo non potrà mai capire la penetrazione per una donna: credo anche sia difficile immaginarlo… Mi capita di cercarla rabbiosamente, senza spiegarmi il motivo, una ricerca istintiva, morbosa in quei momenti. E cerco un certo tipo di spinta, decisa, spietata, ma attenta: attenta a farmi soffrire nel modo giusto e a spingermi verso le vampe del piacere profondo.
Ho parlato di istinto masochista essenzialmente per un motivo: specialmente la prima volta, ma , in modo minimo, sempre e comunque, la penetrazione nasconde un sottile dolore, specie all’inizio. Eppure lo affronti, lo cerchi, sai a cosa ti porterà… Per un uomo spesso immaginarlo manda alla mente una piccola lacerazione, ma non è davvero così. è il tuo corpo violato. è il tuo corpo completato…. Difficile da spiegare. è…. estatico, ma carnale, incastro, lotta, ricerca di un piacere cui non potresti mai bastare da sola. Godere di un maschio è una vera lotta, a volte terribilmente difficile. A volte è fantastico stare sotto le lenzuola, fare andare le dita e i pensieri e farti impazzire ma…. Non basta, non può bastare. Fosse così i vibratori li venderebbero come il pane, dal droghiere, e non di nascosto, quasi clandestinamente. Possono essere un gioco, a volte: personalmente faccio fatica a non vederli come qualcosa di ridicolo e ostico, anche se ci ho giocato e a volte in modo estremamente piacevole…
Sono un corpo estraneo, comunque. E se sei tu a muoverli è anche peggio… Già è diverso quando sei con una amica e il giocattolo penetra entrambe: il movimento dell’altra ti regala qualcosa di più naturale, più complice… Mamma mia che discorsi da esperta!!! E dire che solo poco tempo fa non lo avrei neppure immaginato…
Ma è un dato di fatto: all’inizio, il tuo corpo, cerca la monta; il tuo istinto. Certo: lui deve essere quello giusto, ma in che senso… ? Amare significa anche e soprattutto sapersi leggere dentro, sapere innanzitutto imparare a conoscere il proprio piacere, le proprie voglie e istinti… Perché quando sei li, quando apri le gambe e ti strusci, e lo cerchi, vuoi che te lo metta dentro cerchi… Il calore della pelle, le mani giuste a trattenerti, l’odore giusto, le parole giuste che sappiano da un lato rassicurarti dall’altro eccitarti, usarti. Vuoi essere pompata. E in quei momenti non senti la dolcezza, non vedi i bei tratti del viso…. Ma è, sicuramente e indubitabilmente amore. Almeno per me lo è.
Perché basta poco: potresti darla a chiunque. Specie se sei un po’ carina basta saper muovere le gambe bene e farti annusare. Poi scegliere… Eppure solo lui si muove così, ti sa fare muovere così, sa leggerti dentro e farti giocare, lanciarti per aria, rincorrere le tue ombre e sbatterle al muro, poi riprenderle dolcemente. è lui che conosci, che senti dall’odore quando si eccita, con lui puoi essere volgare senza avere attenzione alla posa ne controllarti sapendo che sa capire, che si eccita, che sa collocare ogni cosa al posto giusto… Che è tuo complice, carnefice che non uccide ma consuma in modo sublime, vittima che non può avere scampo alle tue arti, cultore e pigmalione dei tuoi pensieri neri, sublime scrigno di perversioni regalate come un petalo. Non è facile trovarlo ma quando arriva lo senti. è il guanto del tuo corpo e della tua anima.
La penetrazione, quando è sublimazione di tutto questo, è qualcosa di semplicemente fantastico. E un uomo non potrà mai, veramente, capire: prenderlo in culo è tutt’altra cosa…

Certo, c’è spazio anche per altri rapporti. E possono essere bellissimi e fondamentali. Ma, quand’anche li chiamassi amore, sai da subito che sono qualcosa di diverso. A volte, fisicamente alla spicciola, ti soddisfano anche di più… E sono pericolosi. Perché li vivi “a palla” e a volte resti prigioniera di quello che non sono…

Io sono caduta, a suo tempo, in una storia dolorosa quanto liberatoria: utili entrambe le cose. Difficile capire veramente cosa vuol dire non avere freddo se il freddo non lo hai conosciuto….
Io me ne uscivo da una storia, anzi no da “La” storia. Il ragazzo che avevo conosciuta da adolescente, sette anni, l’uomo per bene supposto da sposare. Bello, affidabile ma…. Tutto programmato. Troppo.
Troppo nervose le mie gambe, troppo affamato il mio cervello. Mi mancava l’urlo, in tutti i sensi…
L’università mi porta via da casa e mi fa sentire il vento nelle vele. La barca su cui stavo era troppo perfetta, inadatta, pesante.
Così all’università il mio essere così carina e puntata mi inebria, ma mi muovo in punta di piedi, sono schiva… Lui lo sento subito, in mezzo alla gente. L’unico che mi vuole violentemente essendo l’unico a non cercarmi. Bastano sguardi. Solitario, bello e dannato. Vado allo stesso posto a cercarlo, e non mi innervosisco nel non trovarlo, so che arriverà, che sa che lo cerco.
Il giorno in cui i nostri occhi vanno in contatto, il pomeriggio stesso mi faccio afferrare e scaraventare nella sua casa bohemienne da artista maledetto.
Le sue mani afferrano i miei slip e li stracciano: lo sapevo, lo cercavo.
Un viso perfetto, capelli lunghi, un corpo di muscoli disegnati e belle mani. Un cazzo enorme, venoso, pulsante. Mi sta per chiavare, in ogni senso, il corpo e il cervello, sono emozionata. Si muove alla stragrande, così come parla. Afferra il mio lato oscuro, lo legge, lo descrive, il primo a dirmi, a intuire che non sono dolce e solare come sembro. Mi ubriaca di emozione. E mi apre, mi spacca, spietato, mi impala. Sento il suo cazzo come mai, mi afferra per i capelli e dice che ho l’anima sporca, che gli faccio paura, che sono una puttana. Sa leccarmi, masturbarmi, sfiorarmi, mordermi e baciarmi: quando entra è delirio, mi cavalca, mi incita. Ed esce, l’urlo esce. Mai mi era stato concesso, sempre pensato fosse forzato, plastico, banale. Invece sudo, ansimo, sempre più forte, inizio a gridare sempre di più… Le finestre sono aperte, Venezia è una città particolare. Sentono, sentono bene, fanno anche commenti sarcastici. Non so se non me ne frega o se mi eccita. Di sicuro eccita lui ma quella volta grido per me, solo per me…. Lo tiro fuori. Dico cose da gergo plastico, dico -Spaccami, sono una troia, ho bisogno di cazzo, lo hai enorme, ho bisogno di cazzo, fammi male-. La mia carne tra le sue mani: mi afferra i fianchi come una vacca, un animale da monta e spinge sempre più. Mi afferra per il collo, i capelli, i seni, mi gira, mi butta su un tavolo, poi a terra. Lo sento lo sento LOSENTOOOOOO!!!!!!! è grossissimo, duro, lungo, bollente… Penso ai discorsi banali di ragazze, rido pensando che le misure, se uno lo sa usare, centrano eccome, altro che… Fino a che mi gira, mi spinge giù: e io so cosa sta per fare, glielo offro e stringo le lenzuola con i pugni e i denti. E sono così bagnata e carica e vogliosa che quando mi entra nel culo, quando mi si incastra dietro è quasi liberatorio. Tremendo, semplicemente tremendo, non ho più pensieri e sento freddo, e caldo. è bravissimo…… Quando alla fine mi prende per i capelli e con voce tranquilla mi dice -Apri la bocca- mi sembra naturale, offrire il mio bel viso, la mia bocca aperta, al mio signore e berlo come una comunione carnale, immolarmi come puttana a lui e farlo morire, perché so che impazzisce per me…
Sono giorni come farfalle. Tutto il resto è relativo. Vivo per quella piccola tana che sa di me e di lui, dei nostri corpi. Mi scopa di continuo, siamo entrambi “artisti” e viviamo a mille all’ora. Cambio vestiti, cambio modi, lui ha letto , o meglio ha intuito…. Con lui scopro il fascino dei polsi legati del “non c’è limite” se lo senti davvero, se non quello di cuore muscoli e cervello…
Poi subentra l’altro urlo. Come un corpo trasudante di colpo al freddo invernale, lento, inesorabile come l’umidità che ti si condensa addosso in ghiaccio.
Una follia mi pervade… Per osmosi entra da lui a me e mi distrugge…
Inizia andando a delle feste. Sono più grandi di me, sono artisti. Lui mi esibisce, lo so: cerco di essere irresistibile, non solo con i modi e il corpo. Si parla spesso di sesso, rilancio i discorsi forte, ambiente stimolante. A casa mi arriva la prima sberla, sul viso. Mi gela ma non sarà quella che fa più male, anzi, li per li. Mi da della puttana: e come ballavo e mi muovevo e guardavo… -Non ti basta mai eh? Sei marcia dentro, sei corrotta, sei una cagna senza cervello… – Sembra quasi un gioco. Mi fa spogliare e stendere sul pavimento gelato, vado punita. Mi fa paura…. mi da un paio di sberle sulle tette. Fa male. Poi mi fa girare. Me le da sul culo. Non è un gioco. Va duro. Più che altro ne da tante. E mi fa dire che me le merito. Come in trance, credendo ancora al gioco ci sto…. Dico si, che pensavo ai ragazzi, che alcuni erano carine. Rilancio a naso, dico anche delle ragazze… -Ti faresti montare da tutti, sei pericolosa per un uomo… –
è l’inizio della fine. Perché per un po’ non reagisco e piano piano, il desiderio di quella storia mi fa perdere i riferimenti…. Adesso ho paura, voglio capisca che lo amo prima di riprendere a giocare…. Così lo assecondo. E prima che me ne accorga perdo lui, perdo il mio mondo, perdo soprattutto me stessa. Perdo le mie amicizie, le amiche, la fiducia in me stessa…. Non vesto più allo stesso modo, non parlo più, non vado più dove prima potevo. E cosa terribile mi sento sporca e non creduta: se esco con le amiche a bere una birra una sera non è vero. Sospetta di tutto con certezza folle. E alla fine mi sento pure in colpa. Se vedo un vecchio amico e per onestà glielo dico è una giornata di inferno. Sono rinchiusa in quelle quattro mura, in quella storia. Il bello è che mi trascura anche, che credo si faccia altre. Ma muore, si consuma di gelosia per me. Arriva a pettinarmi, a dirigere ogni mia mossa con adorazione eppure mi odia…. Follia. Credo mi salvi solo una cosa: l’istinto. Il sapere che quella storia era solo un filo ma nitidamente, anche per me, sotto l’amore vero. E riesco a scappare, riesco ancora ad avere presenti i limiti della paura e del distinguere la follia. L’odio orgoglioso suo mi evita conseguenze se non un paio di incontri umilianti per me in cui non mi difendo…
Ora ho freddo e sono sola, e sporca. Una sera cammino da sola per Venezia, vado a cercare il segno del mare con la sabbia e urlo alla luna, di dolore, realmente, scagliando una manciata di sabbia al freddo della notte… FINE

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