Il divano non è fra i più comodi. Sono distrutto. Allungo il braccio per prendere l’orologio dal tavolino. Sono le nove del mattino, è tardissimo. Mi alzo, infilo i pantaloni. Dovrei andare in bagno. Già, ma per andare in bagno devo passare dalla sua stanza. Ma che cazzo di appartamento! Devo passare dalla stanza da letto per andare a fare una pisciata, è assurdo!
Farò piano, così lei non si sveglia. Abbiamo discusso animatamente fino a tardi; in sostanza fino a qualche ora fa. Dormirà come un sasso, non si accorgerà di nulla.
E, infatti, non si è accorta di nulla, dello sciacquone, della doccia frettolosa. Meglio così, non avrei ancora sopportato il suo sguardo. Già, il suo sguardo. Devo andarmene. Dovrei.
Mi faccio un caffè. Perché due tazzine? L’abitudine. Oh cazzo! Non posso andarmene senza spiegarle che… (Un pensiero mi ossessiona: “Manuela, sono sicuro che ti dispiacerebbe se io me n’andassi senza salutarti. “)
D’altronde, non mi ha sbattuto la porta in faccia; mi ha permesso di rimanere per la notte. Bè, era già notte fonda quando abbiamo finito di discutere.
Appoggio la tazzina sul suo comodino. “Manu, sono io, devo andare. Ti ho portato il caffè. ” Quel sospiro… non apre nemmeno gli occhi, si gira dall’altro lato.
OK, dovevo immaginarlo. Bye, bye, Manuela, anzi, addio. Addio per sempre: fanculo! è andata come è andata. Non mi vedrai mai più!
Faccio per guadagnare l’uscita dell’appartamentino. Che casino questa serratura, ci vorrebbe un po’ d’olio. (“Bah! Non è questo il momento. “)
Sento un rumore di passi dietro di me, come di piedi scalzi. “Manu, sei sveglia. Ti ho disturbata… scusami. ” Indossa la vestaglietta corta. Sì, proprio quella. Quella che usavo per pulirmi l’arnese, subito dopo le nostre tranquille scopate. Lo so che non ha mai sopportato quel gesto, ma mi piace tanto quando fa l’arrabbiata, quando fa il broncio (con quel suo musetto da bambolina).
Si avvicina (troppo). Mi abbraccia (forte). Le strofino la mano sinistra sul dorso, vorrebbe essere una carezza. La mano destra è sul capo (ripasso tra le dita i suoi riccioli di seta). Un bacio sulla guancia, poi un altro, un altro ancora.
Mi ha commosso, non me l’aspettavo. Le sussurro: “Sei incredibile. ” Rimane ancora avvinghiata, una stretta forte, fortissima. Ho un’erezione repentina, strofino la patta dei pantaloni sul suo addome. Le afferro i glutei con entrambe le mani, la sollevo. La sento ansimare. Le sue cosce sopra i miei fianchi, le caviglie s’incrociano dietro la mia schiena, le sue braccia intorno al mio collo. Ci baciamo sulle labbra (il sapore m’inebria). Non capisco più niente. La lascio andare. Mi guarda fisso negli occhi, sorride.
Mi sbottona i pantaloni, tira giù tutto con una sveltezza che mi sorprende. Mi libero dalla camicia e la butto non so dove. Mi libero anche dal resto degli indumenti.
“Oh, Manu, sei incredibile. ” è la seconda volta che lo dico: mi sento un po’ stupido.
Si è inginocchiata, lecca sapientemente, testicoli, asta, glande. Adesso sento che entro ed esco dalla sua bocca, mi stringe violentemente i glutei con entrambe le mani, mi fa male (le unghie). è bellissimo.
Il mio respiro si fa affannoso. Devo controllarmi. Non mi era mai capitato di sentirmi così eccitato con lei. Siamo sempre stati amici, è sempre stato tutto così naturale e rilassante. Almeno fino a ieri. Ha compiuto trent’anni, dovevamo festeggiare; poi quel discorso strano: “l’amicizia”, “l’amore”, “le convivenze”. Cosa voleva da me? Ha sempre detto di avere un sacco di ragazzini che le stanno dietro. Uno me l’ha pure presentato (un bambino).
” Adesso basta! Alzati. ” Lo dico con un tono che vorrebbe essere imperioso, ma è implorante.
Ha lasciato la presa e si è alzata, un po’ di liquido vischioso le disegna un rigagnolo da un angolo della bocca. La bacio.
“Girati… ” Dico questo e contemporaneamente la spingo verso il lavandino dell’angolo cottura. Le sollevo la vestaglietta, tiro giù le sue mutandine. (Penso e sorrido: “Che culo! ” – in tutti i sensi – non avrei mai immaginato un simile epilogo).
è bagnata, lo sento, la tocco. Percepisco anche l’odore dei suoi umori. Le gambe divaricate, il fondoschiena inarcato: è appoggiata sul lavandino con i gomiti. La penetro con forza, mi muovo dentro di lei. Adesso perché questi gridolini? Non l’ha mai fatto.
Forse la posizione è scomoda: “Ti faccio male? ”
“Scopami… stronzo! Non fermarti! ” Me lo urla con una certa violenza.
Cosa diavolo le è preso? Mi dà fastidio quando urla. Le metto una mano sulla bocca, con stizza. Me la morde, ma non la lascio parlare. Sono eccitatissimo, come mai prima, ansimo e grugnisco come un animale. Il sudore gronda dalla fronte, sgocciola sulla sua schiena. Non mi era mai successo prima (con lei).
“Cazzo, Manu… Cazzooo, mi fai moriiire! ” Che mi prende? In genere siamo sempre abbastanza silenziosi quando lo facciamo. Lascio la sua bocca libera dalla mia mano.
“Stronzo, stronzooo, stronzooo…. ” Ansima, grida, si contorce, come impazzita, ma gode come non mai (sento che ha un orgasmo violentissimo). Non resisto, tiro fuori il cazzo da quella fessura fradicia. Schizzo dappertutto, fin sopra i suoi capelli, sembra che quegli zampilli di sborra non finiscano mai. Mi butto per terra, rantolante, sembro un moribondo.
Riapro gli occhi e me la ritrovo accanto: si pulisce e mi pulisce con la vestaglietta. Dico con un filo di voce: “Allora siamo ancora amici? ”
Ride. “Sì, sì, certo che siamo ancora amici, ci mancherebbe. ” FINE