Lavoriamo insieme ormai da diversi anni: più il tempo passa e più diventa interessante, i colleghi la desiderano e lei scherza ma non concede niente a nessuno.
Tutti a corteggiarla, nonostante l’età matura: un seno prorompente che svetta dalla scollatura, un culo sodo e ben tornito che è uno spettacolo nei jeans e nei pantaloni attillati fanno passare in secondo piano questo dettaglio. L’amicizia dura da diversi anni e non perdo mai l’occasione di farle complimenti e dirle che è uno spettacolo della natura: mora di pelle scura, alta, capelli corti e ben curati, tutto ciò che indossa acquista valore grazie al suo portamento autoritario. Tutti la sognano in momenti d’intimità e tra colleghi scherziamo immaginandoci i trattamenti “particolari” che ognuno le riserverebbe in un appuntamento galante oppure in una mezz’ora (se lei si concedesse). Io non ho mai osato propormi, ma abbiamo sempre scherzato sulle dimensioni del mio attributo che io definisco molto grande e poco sfruttato. Quel giorno, in particolare, lo scherzo si fece più audace e – scherzando scherzando – il mio membro incominciò ad irrigidirsi, dalle parole si passava alle mani: io le sfioravo quei capezzoli che sono stati sempre il sogno della mia vita e fu lì che si accorse della mia erezione. Con aria meravigliata si complimentò con me per quello che intravedeva. Approfittando della momentanea distrazione dei miei colleghi, presi la grande decisione:
in un rapido gesto, calai giù la cerniera e le mostrai quanto era diventato turgido e nerboruto. A quella vista, la collega mi rimproverò aspramente, non per il gesto che avevo fatto, ma perché con quel ben di Dio che avevo tra le gambe, fino allora mi ero limitato solo a scherzarci su. Allungò la mano ed inizi ò a stringerlo e massaggiarlo, mandando gemiti di piacere e espressioni di apprezzamento.
A quel punto i colleghi si erano accorti di quanto stava accadendo e cominciarono ad avvicinarsi per chiedere cosa stessimo combinando. Io cercai di ricompormi frettolosamente ma lei come impazzita, tirandomi per l’arnese e mettendosi in posizione favorevole mi ordinò di penetrarla davanti a tutti. Con grande imbarazzo obbedii e lei incurante dei presenti volle godere fino in fondo come se fossimo stati da soli. Non so dirvi come è finita, se saremo licenziati in tronco o continueremo a lavorare, perché alle ore 7. 30 è suonata la sveglia (come tutte le mattine) e sono andato a lavorare. L’ho rivista, e quasi mi vergognavo di quanto era successo nel mio sogno erotico, ma lei (purtroppo) non ne sapeva niente. FINE