– Adesso puoi entrare, vieni – dico indicando la poltrona con un sorriso invitante – accomodati…
Ho messo un telo colorato sulla vecchia poltrona della nonna, adesso ha un aspetto decisamente più invitante. Di fianco, su un tavolino basso e antico, protetto da un asciugamano, ho poggiato in bell’ordine una bacinella piena di acqua calda, un altro piccolo asciugamano, una crema, un tagliaunghie, una lima di cartone, dell’ovatta, dell’acetone e uno smalto azzurro molto scintillante.
Mi guarda con uno sguardo strano, a metà fra il divertito e l’innamorato. Rinnovo il mio invito a sedersi.
Avvicino la sedia, mi sistemo l’asciugamano piccolo sulle gambe e prendo le sue mani fra le mie.
Ha delle bellissime mani, scure, naturalmente abbronzate dalle sue discendenze esotiche, mi piace guardarle, e mi piace curarle. L’ho fatto spesso, anche se mai mi era venuta in mente questa cosa…
Comincio con un massaggio, stringendo le falangi ad una ad una fra le dita. Insisto con un movimento rotatorio proprio sotto le articolazioni.
Poggia la testa indietro, sulla poltrona, lasciandosi sfuggire un sospiro estatico.
Quando non percepisco più nessuna tensione nei suoi muscoli poggio la bacinella sulle gambe e ve le immergo, continuando a massaggiarle dolcemente.
– Fantastico… – mormora.
Io sorrido fra me e me.
– Tieni un secondo le mani fuori – dico mentre sposto la bacinella per terra.
– Ok, adesso poggiale sulle mie gambe.
Ubbidisce, non senza tentare di carezzarmi una coscia, ma io blocco il movimento e avvolgo le mani nell’asciugamano piccolo.
Quando sono perfettamente asciutte prendo poi il tagliaunghie e, facendo attenzione a non andare troppo a fondo, comincio a tagliare. Cerco di farle corte e con una bella forma quadrata, molto di classe.
Mentre preparavo tutto il necessario avevo avuto la tentazione di sagomarle rotonde e di lasciarle più lunghe, ma poi ho pensato che così sarebbe stato molto più spiritoso, e avrebbe un po’ sdrammatizzato la cosa.
Lavoro in silenzio, con calma, e ogni tanto allontano la mano per vedere il risultato della mia opera.
Sade in sottofondo riempie l’aria di note basse e roche, quello che ci vuole per coprire il ticchettio della tronchesina.
– Che ne dici? – chiedo.
– Sei bravissima… mi sembra di essere in paradiso. – mi risponde senza aprire gli occhi.
La risposta mi soddisfa, e dò gli ultimi ritocchi con la lima di cartone. Con fare professionale applico la crema, facendo attenzione a non ungere le unghie, a cui ho riservato un altro trattamento.
– Bene, adesso stai fermo, questa è un’operazione delicata – mormoro mentre apro il flaconcino dello smalto.
Lui apre un occhio, poi lo richiude, quasi a voler negare quello che ha appena visto.
– Oddio… ma sei sicura di volerlo fare? – mi chiede.
– Sicurissima. Tu devi solo stare fermo, che se sbafa viene uno schifo.
– Tu sei tutta matta… – dice scuotendo la testa.
– Ssshhht! – gli intimo.
Vedere lo smalto che colora l’unghia, al passaggio del pennello, è una cosa che mi è sempre piaciuta. Un po’ come pitturare su un muro bianco, vedere la differenza del colore. Oppure cancellare un tratto di matita, rispristinare il bianco. Queste cose mi affascinano, non so perchè, ma oggi… oggi è ancora più bello, perchè l’unghia è la sua, non un unghia qualsiasi…
Come se stessi facendo qualcosa di molto importante, intingo il pennellino nello smalto denso, lo pulisco sul bordo levando la goccia più grossa, poi lo passo sulla prima unghia: il mignolo. Comincio sempre da quella del mignolo, è la più bella.
Proseguo poi con le altre dita, con un sorriso che mi si allarga sempre di più sulle labbra. Quando finisco la prima mano, e la guardo, una strana sensazione si fa strada dentro di me. Guardo per un attimo lui, la sua figura adagiata un po’ storta sulla poltrona, in quella posa che gli è tanto tipica. Guardo i capelli corti e neri, la mascella ombreggiata dalla barba di qualche giorno, le labbra disegnate, la fibbia dei pantaloni, il leggero rigonfiamento sotto di essi e poi le unghie smaltate. Di azzurro. Un contrasto che mi fa rabbrividire.
Velocemente passo lo smalto anche sull’altra mano. Poi gliele poso in grembo.
– Adesso fermo immobile che si deve asciugare…
– Che buono l’odore dello smalto… – fa lui – certo, di solito mi fa venire in mente ragazzine che si truccano, te che ti fai bella per me… se penso che questo odore proviene dalle mie, di unghie… potrei non trovarlo tanto attraente!
– Invece lo è. Quando sei pronto puoi aprire gli occhi.
Passano alcuni istanti, poi finalmente si decide a guardare.
– O mio dio…. – sussurra.
– Non ti piace?
– Non lo so… è un casino.
– Cioè?
– Beh, mi piacciono queste mani, sono quasi più belle delle tue! – dice interrotto da un mio schiaffo scherzoso – però… mi fà un po’ impressione.
– è normale. A me piacciono da morire, invece – dico infilando un dito sotto lo slip e facendoglielo vedere, lucido.
Poi comincio a spogliarmi. In piedi, davanti a lui, mi levo i vestiti sulle note sensuali di queste ballate. Resto con un completino che abbiamo comprato insieme, qualche giorno fa, ma che non avevo ancora mai messo. Reggiseno e perizoma viola, con dei bordi di pizzo rosa. Meno kitch di quello che può sembrare, ma molto poco innocente.
Mi giro, mostrandogli il sedere e il velo del tessuto viola che mi entra nelle chiappe.
– Toccamelo.
Lui posa le mani sulle natiche, io impazzisco al pensiero di quelle mani smaltate sulla mia palle.
Cercando di mantenere la calma mi allontano, mi sdraio sul divano, sorrido.
– Adesso vieni qui, carezzami tutta, fammi vedere queste belle mani su di me…
E lui viene, si inginocchia sul tappeto orientale, mi prende i seni, stringendoli, poi scende con le mani aperte come due ventagli sul mio ventre.
– Mi sembra ancora un po’ strano… ma è bello. E tu sei matta – dice rimirandole.
– Lo so che ti sembra strano… ma devi abituartici. Stasera si esce così. FINE