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Primi piani

– pr.. pronto? –

– si, pronto, chi sei? –

– Serena… , non credo che tu ti ricordi di me, … dove ti posso trovare? –

– dove mi hai visto l’ultima volta? –

– li, dove ci sono i cartelloni, non so la via, non conosco i nomi-

– io sono sempre qui… dove sei adesso? –

– vicino alla stazione, fra poco sono la-

– allora vieni qui, c’è una tipo bianca, se non ci sono aspetta un attimo che io arrivo subito, va bene? –

– ok, ci vediamo fra poco, ciao-

Quanto traffico, non si riesce a muoversi in sta cazzo di città, andranno mica tutti a puttane questi? Saranno mica come me, degli sfigati?

Sono sempre stato solo; non so se è una colpa oppure una sfiga. Non può essere tutta colpa mia però, ci deve essere pure una certa dose di sfiga in tutto questo. Moltissima gente ha una donna maledizione, moltissima gente ha una donna e non se la merita: Gianluca ad esempio; un sacco di soldi, una fabbricchetta, una ragazza carina, forse anche di più, magari un po’ oca ma che ci vuoi fare, mica si può avere tutto no. Gianluca che il venerdì sera esce e va in discoteca con gli amici e se non raccatta niente prima di andare a casa prende su una puttana. Mah…. poi c’è Paolo che sta insieme ad una, fra poco si sposano pure, e sta continuamente a pensare alla “figa foresta”, alla figa sconosciuta, quella di una che passa per la strada, quella della cameriera al pub. Hai voglia… ovunque mi giri vedo gente che non sa godere delle gioie dell’amore, del sesso con la propria donna. Magari sono anch’io come loro. Ma che razza di mondo ci siamo costruiti? Che merda di società abbiamo tirato su se non riusciamo ad essere soddisfatti di niente, una società dove la parola non conta, i sentimenti sono labili e passeggeri, dove….. cazzo va sto coglione?

– Sta un po’ attento cazzo noo, metti fuori quella freccia … deeficienteeee!

Ed io, sempre qui a masturbarmi il cervello sui perché e i per come. Ma si, meglio pensare il meno possibile. Hai fame, mangia. Hai sete, bevi. Hai voglia di scopare, fallo. Dopotutto scopare mica è difficile, il difficile è il farsi amare: quello non potrò mai comprarlo. Mai, e non avrebbe nessun senso dopotutto.

– Sono arrivato, dopo ‘sto semaforo dovrei trovarla… daii andiaamoo che quella mi scappa, è verde. Eccola.. no, non è lei. Scusa bella, sta pure comoda non è te che cerco… ah eccola, … che bona che sei. –

L’auto si ferma e la ragazza si china leggermente per guardare dentro l’abitacolo, indossa una gonna cortissima, a fiori, molto larga e che lascia intravvedere un sedere ben tornito ed elastico. Alza il braccio, simula con le dita l’atto del rispondere al telefono in una domanda inespressa, sei tu? Dentro l’abitacolo l’uomo replica il gesto e lei si avvicina, apre la portiera

– Sei tu che mi hai chiamato –

– Si Serena, … vuoi che andiamo? –

sale in macchina Serena, accompagnata da un profumo gradevole, le sue gambe lunghe si distendono e lui non può fare a meno di passarle al setaccio risalendo su per quel corpo fino ad incontrare gli occhi. Un fremito lo muove dentro i pantaloni, il suo sesso sente l’odore della femmina e si è svegliato. Serena è un po’ diversa da come la ricordava; sarà passato un anno, forse più. Aveva un taglio di capelli a caschetto allora, e il colore era nero non biondo rossiccio come ora. Anche la faccia sembra diversa; indefinibilmente diversa e lui non riesce ad afferrare, come se qualcosa gli sfuggisse.

Micro conversazione ordinaria. Quando ci siamo visti? Ora non ho più la camera nello stesso palazzo, era orribile. Ora sto a via ***, è più lontano ma è tranquillo, meno clienti ma più tranquillità. A che ora stacco? Alle tre. Inizio alle nove ma se mi chiami a quel numero che hai, puoi trovarmi prima, a casa mia, un po fuori città. Gira di là e parcheggia che siamo arrivati.

La ragazza scende senza aspettare, cammina lungo il vialetto male illuminato. Dalle finestre indifferenti esce un vociare di umanità. Una televisione accesa trasmette anche per i vicini e due voci discutono in una lingua incomprensibile. Molti odori confluiscono in uno solo: l’odore della notte. Serena apre la porta e aspetta, si gira a guardare dov’è sta il suo cliente. Sale le scale e il vestitino si alza ritmicamente scoprendo il poco che celava allo sguardo, l’uomo è animalescamente ipnotizzato: il cobra nella sua cesta che si muove seguendo l’incantatore. Cazzo che bel culo, attira la mia mano, cazzo no… che fai, aspetta un attimo, fra poco te la scopi. Ha un corpo bellissimo però. Magari la faccia può anche non piacere a tutti ma il resto lo scarterebbe solo un frocio, questo è sicuro. Ahh, avere una ragazza così, sai che scopate. Maledizione perché sono così pirla? Perché per fare sesso devo andare a puttane? Almeno questa è proprio bella, davvero, mica sempre si è così fortunati. A volte la voglia di sesso ti travolge e magari è una sera che il supermarket è chiuso; magari la polizia, magari il brutto tempo, chissà come funzionano ste cose; non trovi niente e allora? O vai a casa peggio di prima o scopi e spendi e ti ritrovi ancora più incazzato con la vita.

Due rampe di scale, siamo arrivati. Serena apre la porta e vi scivola attraverso. L’appartamento è un parcheggio, piccolo e adatto allo scopo: una camera, una microcucina, un piccolo invito che funge da entrata. Il bagno è a destra, un lungo cunicolo ingombro di cose, l’odore di chiuso permea sottilmente il luogo.

Quanti ne hai visti di questi piccoli appartamenti tutti uguali? Chissà chi ci abitava prima che la loro sorte li rendesse alcove a pagamento continuamente calpestati da sconosciuti? Forse appartenevano alle famiglie di operai che sul finire degli anni cinquanta hanno popolato questa città. Chi lucra oggi su queste ragazze? Forse quegli stessi lavoratori, ormai trasferitesi altrove, fuori città, o magari qualche banda organizzata. Quanto pretendono d’affitto i proprietari di questi buchi? Fuori sui campanelli Cognomi normalissimi: Rossi. Scarpa, Santagà, Bruni, Branbilla, Fabbri… normalissimi nomi.

– Allora, cosa vuoi fare? –

– Cosa voglio fare? –

– Vuoi farlo normale o completo? –

– Mah… , io voglio scopare, cos’è sta cosa che dici? –

Serena si sta già spogliando, è velocissima, l’imbarazzo non le appartiene, ora è nuda sopra il letto. Sul seno destro un tatuaggio si sta scolorendo; è un cespuglio intricato di rose e spine, verde e rosso sbiadito, quasi rosa. Un altro disegno fa bella mostra di se appena sopra le natiche, assomiglia ad una cornice, una cornice che serve a delimitare quello splendido culo, una riga damascata che riprende i colori dell’altro tatuaggio e che segue la linea delle chiappe, evidenziandole.

– Completa è bocca, culo e fica; se vuoi mi lecchi la fica- il modo è professionale, diretto e calmo.

– Beh, facciamo completa, l’altra volta l’ho fatta normale… – Lui estrae il portafogli, lo apre, quattro biglietti da cinquanta cadono sul letto e serena li raccoglie. Nemmeno vede dove serena ripone i soldi, troppo preso a seguire i movimenti del suo corpo nudo.

– Saresti un po’ troppo cara però… –

– Se mi vieni a trovare a casa, ti posso fare anche uno sconto, qui no, vieni sul letto adesso-

Si stende e lei si mette sopra di lui, la sente armeggiare col suo cazzo ma e troppo preso da quella cosa che ha davanti agli occhi, a pochi centimetri. Segue la fessura con un dito, la pelle molle e soda ad un tempo, chiara, senza peli. Serena li ha rasati lasciando solo un ciuffetto nero sopra il pube. Che bel fiorellino, esclama estasiato.

– Non lo hai mai assaggiata – risponde ridendo Serena – Basta non mordi però- Allunga la lingua e la tocca, la carne e soda e non ha un sapore forte come si aspettava. Si era sempre chiesto che gusto avesse; praticamente non ne aveva a parte quella punta di acidità. No, non acidità, qualcosa di indefinibile. Ora ha preso confidenza con la cosa, si è lanciato in una esplorazione, in una nuova avventura gustativa; con la lingua passa sulla superficie, ne segue le asperità, succhia, la prende completamente in bocca, aspirando leggermente e ricomincia il ciclo, ossessivamente. è completamente attratto da quella nuova cosa capititatagli davanti, sente vagamente che serena lo sta succhiando, fa appena in tempo ad accorgersi un po’ sorpreso di quanto sia semplice eseguire quella pratica mai eseguita prima. è totalmente concentrato e dimentica che quella ragazza è una puttana, che gliela da solo perché lui la paga e che magari molti altri hanno già passato la lingua. magari anche qualcos’altro, dove la sta mettendo lui. Questo non lo frena, non gli impedisce di continuare quell’operazione che gli provoca un piacere che non è piacere. Non gode a leccare e a succhiare però lo fa ugualmente; è strana la cosa, davvero strana. Dare piacere senza tuttavia riceverne, provare piacere nel dare piacere. Ad una puttana poi? Che mi frega dopotutto, dov’è la differenza con una cosiddetta ragazza “normale”? Mica lo sai che ha fatto prima una, “ragazza normale”, se la incontri in discoteca.

Serena ha interrotto il ritmo ora, lo succhia un po e poi solleva la testa e inarca la schiena. Riprende a succhiare e di nuovo solleva la testa fermandosi. Adesso e ferma, sospira forte; un gemito, un piccolo gemito le sfugge. Il cliente, sotto di lei, è immerso nella sua fica, aggrappato ai suoi fianchi con le mani, la lingua di lui si muove veloce. Sembra esitare Serena, sembra lasciarsi andare al piacere che cresce. Riprende il controllo – adesso vieni in fica -, solleva una gamba ed è già girata, pronta ad accoglierlo. L’uomo segue la voce, punta l’arnese e la penetra, un gemito le sfugge.

– qualche volta piace anche a te questo? –

– cos… cosa? ? –

– ti piace, ti piace, qualche volta … quello che fai? –

– non si devono chiedere queste… cose-

– perché? –

– perché si rischia che ti dicono le bugie-

– io penso che saprei capirlo… almeno credo –

Serena non risponde. L’uomo si spinge dentro di lei, questa e una delle poche volte che non gli interessa arrivare, non ha fretta, si diverte ad estrarre quasi completamente l’asta e a spingerla nuovamente fino in fondo.

– facciamo il culo ora –

Serena sembra voler finire in fretta, il suo cliente si è accorto che lei ha perso la sua intoccabilità, sta rischiando di godere davvero.

– Aspetta – sussurra ansimando lui – aspetta ancora un po’ – e continua, accarezzandola sulla pancia, prendendo il seno tatuato fra le mani.

– Questi che gusto hanno? – si china e assaggia il capezzolo: saldo, dritto, sodo e grande; lo succhia e lo stringe con le labbra cercando di assorbirne l’essenza. Serena spinge la testa dell’uomo e dice

– facciamo il culo adesso -. Un’altra volta si sottrae Serena, ora si inginocchia e allunga il braccio prendendo qualcosa dal comodino. L’uomo vede le dita di Serena che spalmano esperte una sostanza biancastra, un lubrificante. Prima di penetrarla osserva il buchetto imbiancato, tondo, poi si infila dentro. Ancora una volta la sua sorpresa è grande. Quanta facilità, nessuna fatica per entrare; o la ragazza ne aveva presi moltissimi oppure era coinvolta da lui, era rilassata al punto giusto. é questo pensiero, che gli fa un’enorme piacere, a portarlo sull’orlo dell’orgasmo. Ora spinge di più, si e accorto che non può andare avanti a lungo e si ancora saldamente ai suoi fianchi, accarezza quella schiena lunga e bianca con una mano e inizia a colpire. Colpi secchi, rapidi, affonda come se volesse entrare con tutto l suo essere, anche lui, insieme al suo cazzo. Serena sembra più tranquilla ora, sta li e lo prende, si è accasciata, le tette schiacciate sul cuscino e aspetta che lui finisca. Lui ha come l’impressione che lei prediliga questa posizione, forse perché e più lontana dal cliente così, forse si estranea dal rapporto. ancora un colpo, ancora uno, l’uomo si scarica dentro di lei bloccato dal preservativo, la plastica che separa gli attori della scena, uniti ma lontani; due universi. Sta ancora dentro di lei, bloccato, ancora un attimo e poi scivola fuori appena soddisfatto: questa donna gli piace davvero. Serena va a lavare il suo attrezzo da lavoro e lui la segue per gettare quel pezzo di plastica, gli torna quel pensiero: quanto mi piacerebbe averti come ragazza, dalla bocca però gli esce – credo che verrò a trovarti ancora, magari di pomeriggio.

– Vieni quando vuoi, ti aspetto -. Salgono in macchina silenziosamente, ognuno nei suoi pensieri. La riaccompagna sotto i grandi cartelloni pubblicitari. Non si sente né più allegro né più triste di prima, il suo corpo ora sta bene, è scarico: il principio fisiologico è stato rispettato ma a casa lo aspetta il vuoto. Se fosse la mia ragazza… ma anche lei è nella mia stessa situazione, non può amare. é proprio vero che gli artefici delle nostre sfighe siamo noi, o forse no. Infila una mano nella tasca e trova una caramella, gliela data Serena prima di scendere in strada.

– il gusto dei preservativi non mi piace, ne vuoi una? –

Grazie, aveva risposto accettando la caramella, ma mi tengo il gusto di fica. Lei gli aveva regalato il suo sorriso, ed era un sorriso vero. Getta un ultimo sguardo a Serena prima di attivare la freccia ed immergersi nel traffico cittadino. Lei sta andando incontro ad un’altra macchina, lui incontro alla sua vita. FINE

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