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Il lampadildo (storia d’amore e di sonno)

Il vecchio gentiluomo aprì la porta a Gabriella. La (bellissima, ovviamente) giovane donna entrò, e l’appartamento le sembrò subito impeccabile. Era una fortuna che costui glielo volesse affittare. Dietro di loro stava Teo, cui nessuno badò.
Altri (appartamenti, non uomini) ne aveva visti, ma non l’avevano convinta. C’era, sì, il lusso, ma spesso era accompagnato da un tale cattivo gusto che finiva per farle dimenticare tutto il resto. Come trovò villano quel villino dove si vedeva un enorme cartello in legno intarsiato a foglia d’oro, con la scritta:

“è vietato masturbarsi sul soffitto. ”
Ma quello, pensava eccitata Gabriella, era il posto giusto! Ma certo! Aveva finalmente trovato n luogo degno per depositare la sua importante collezione di dischi di musica celtica. Ci saranno stati tutti? Già doveva affittare almeno due autocarri per il loro trasporto.

Tappeti “Savonnerie”, prezioso parquet, porcellane di Limoges, puntini di Vampyra, … l’arredamento era inebriantemente lussuoso. Conquistò subito l’animo (laccato di rosso) di Gabriella.
“Oh là là! Que c’est chouet! Je suis ravie! ”

Gabriella entrò poi nella stanza da letto, la più importante sia per lei che per Teo (per quanto per ragioni diverse).

Gli specchi la coprivano da ogni parte, meno che sul soffitto (senza contare il pavimento, dove, se pure c’erano, si sarebbero rotti presto).

E lassù, un meraviglioso lampadario pieno di luminosi cristalli “di bohémien” (no, forse erano “di Boemia”). Il letto era imponente, tutto in ferro battuto. Ma quel pesante, immenso lampadario non poteva precipitare? Il cavo, anzi il filo che lo sosteneva, sembrava così sottile!

Lo guardò ora in modo diverso: più che meraviglioso, ora le sembrava pericoloso. Il suo accompagnatore (non Teo, che era rimasto in soggiorno e dormiva adagiato su una poltrona) precisò:
“Non è un lampadario comune, madame! ”
“Ma potrebbe cadere! ”
“Tomber? Oh non, madame, quel filo è robustissimo. Non creda alle apparenze. Deve sapere che… ”

Ma Gabriella non l’ascoltò e, ancora preoccupata, uscì in fretta dalla stanza, seguita dal proprietario che invano cercava di darle una spiegazione. Costui, anzi, rinunciò presto, capendo che era meglio cambiare discorso. Sperava bene, la vecchia volpe, che tutto il resto le facesse dimenticare, col suo fascino, il pesante lampadamocle.

Infatti, l’appartamento era bellissimo, e presto Gabriella finì per scordarsi del tutto di quel particolare.
“Impeccabile, davvero impeccabile! ”
“Et voici la salle de bain! ”
Anche il bagno era bellissimo. Ma Gabriella a un tratto cambiò espressione.
“Qùest-ce que se passe, madame? ”
“Sento come uno sciacquio……… ! ? ”
“Chiamo l’idraulico, madame? ”

Gabriella conosceva bene la vera natura di quel fenomeno, così rispose:
“No, lasci stare, non sarà necessario. Anzi, ” disse poi, dopo aver riflettuto, “me lo mandi! Ma uno giovane, sa? , non per altro, voglio una persona sveglia. No, non voglio dire… ”

Il vecchio gentiluomo era rimasto impassibile, ma Gabriella capì di aver detto qualcosa di sbagliato. Comunque, il cliente ha sempre ragione, e costui volle accontentarla anche in questo. L’idraulico fu quindi scelto tra i più giovani al momento disponibili, solo appena appena maggiorenne, giusto per evitare complicazioni legali.

Dopo la visita dell’idraulico, che le risolse il problema e, gentilissimo, neppure volle essere pagato, era soddisfatta, Gabriella. Tutto era in ordine. Soltanto a tratti ripensava a quella stanza da letto, col minaccioso lampadario. Mah! E se cadesse?

Fantasie, fantasie! Il filo era solidissimo, le era stato garantito. Il pesante arredo sarebbe rimasto immobile al suo posto, per quanto ci si potesse agitare sotto di lui. Sentì Teo russare: dall’orecchio allenato di Gabriella, fu intesa come una russata d’approvazione. Questo la convinse del tutto, dimenticando infine la faccenda.

Per un successivo sciacquio (era soggetta a tali fenomeni) Gabriella aveva scelto un altro genere d’idraulico. La bellissima Jacqueline era quello che ci voleva per iniziarla ai piaceri saffici. L’attirò con arte (la musica celtica e l’arredamento), finché la (bellissima) francese non cedette alle sue avances.

Le piacque molto l’appartamento, come prima a Gabriella. Solo un particolare le parve stonato, e decisamente fuori stile.
“Qùest-ce qùest cette saloperie sur le fauteuil? ” disse Jacqueline, che a momenti si sedeva sopra il povero Teo.
“Dis-moi, Gabriellà, come c’entra questo morto di sonno? ”

Gabriella non si faceva illusioni: per quanto sommesso fosse il suo russare, non poteva non essere notato prima o poi. Avrebbe fatto meglio a mandarlo a dormir fuori!

Rispose comunque con franchezza (o italianezza, vedete un po’ voi):
“Perché ci sarà anche lui! ”
“Quoi? Un ménage à trois? ”
“Certo, si mena in tre, altrimenti niente musica celtica! ”

Jacqueline subì il ricatto, e cominciò a spogliarsi. Tolti i guanti, la gonna, la camicetta, ………… , il reggiseno e la p’tite culotte, Jacqueline fu infine tutta nuda, mentre il cazzo di Teo si svegliò, prima del proprietario.
“Non mi toccherà farmi scopare da un sonnambulo, parbleu! ”

Gabriella invitò Teo a salirle sopra. Il bigolone la sentì per primo, puntò nella sua direzione e il suo proprietario, sbadigliando, lo seguì. Erano, ora, nella posizione detta “missionaria”. Tuttavia, non pareva che stessero pregando.

Si annoiava, intanto, Jacqueline. Vederli in quella posizione così scontata, poi! Non poteva nemmeno infilarle un dito nel sederino, che le piaceva tanto! Va bene che poteva farlo a lui… ma chissà come avrebbe reagito! Magari gli veniva sonno di nuovo. Inorridiva poi all’idea che le sue dita affusolate, con le unghie laccate di rosso, potessero essere scambiate per supposte.

Annoiandosi, notò un telecomando. Almeno, qualcosa da prendere in mano, pensò. Ne toccava con indifferenza i tasti, mentre i gemiti di piacere di Gabriella crescevano d’intensità, assieme al respiro sempre più affannoso del mandrillo assonnato, che lei teneva sveglioaiutandosi con sensuali massaggi ma, soprattutto, vigorosi pizzicotti.

Un grido, all’improvviso, la scosse: era la voce di Gabriella.

Ma non stava venendo. Non era un gemito di piacere, ma di terrore. Il pesante lampadario sembrava precipitare diritto sul lettone. Le parve di vedere la massa gigantesca che rovinava su di loro da un momento all’altro. Jacqueline balzò giù dal letto, così come fece dall’altra parte Gabriella, liberandosi di Teo con una forza inaspettata. Questi non capiva cosa stesse succedendo, e senza avvedersi del pericolo pensò di approfittar della confusione per farsi un sonnellino. Un attimo dopo, forse, sarebbe morto senza scampo per l’impatto del pesante oggetto.

Invece, il lampadario rallentò la sua corsa. Il filo non s’era affatto rotto: stava solo obbedendo al telecomando. La particolarità
di quel dannato aggeggio consisteva proprio in questo: sembrava un comune lampadario, ma il telecomando ne regolava la posizione. Tutto qui? No, non ancora. (Aggiungere puntini).

Intanto, notarono Teo immobile, sotto il lampadario che comunque l’aveva raggiunto. Una delle lampadine gli era anzi penetrata in mezzo alle natiche. “Est-il mort? ” chiese sconsolata Jacqueline. Attende poi la risposta di Gabriella, che gli si avvicinò e lo esaminò con preoccupata attenzione.
“Macché! ” disse poi, quasi delusa, spiegando:
“si è addormentato, il porco! ”
“Mais c’est pas possible! ”
Allo stupore della francese fece eco una sonora russata.

Lasciarono Teo a riposarsi, in modo da rimettersi dal terribile trauma appena subito, e si misero a provare i vari tasti del telecomando per vedere cosa succedeva.

Fu tutto un coro di risatine e di: “Proviamo questo! “, “no, questo! “. Finalmente, ecco accendersi una luce. Capirono che i tasti numerati corrispondevano alle varie lampadine. La numero cinque, per esempio, era quella che gli era entrata nel buchetto. E si accese infatti! La lasciarono scaldare, finché non sentirono un “ahi! “. Il calore aveva sottratto il buon Teo al meritato riposo. Per poco: si staccò dal lampadario, e rotolò per terra, dove riprese il sonno interrotto.

Rimaste sole sul letto, vicine all’ingombrante lampadario, ora visto come oggetto di piacere piuttosto che trappola mortale, vollero anche loro a provare le delizie delle lampadine. Tenendo fra le dita affusolate (e, al solito, laccate di rosso) il versatile telecomando, piacque a Jacqueline poter finalmente penetrare l’amica con le tonde appendici di quel luminoso dildo multiplo, e accenderla per fargliene sentire il calore.

Con tutto quel traffico, però, finirono per rompere qualche lampadina, e poi per far guastare l’intero apparecchio. Invece dell’idraulico, questa volta dovettero chiamare l’elettricista.

Per una delle solite fortune, neppure stavolta ci fu da pagare il conto. FINE

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