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Il vulcano e il labirinto

Quel grido. Crespe di vento. Il cavaliere del nulla. Quasi ed oltre, prima della quiete. La tua lingua del tempo. Tempesta del volgersi verso e stringere ancora. Misura la sofferenza degli occhi schierati alla delusione. Quel grido. Oltre. Mare ignoto, mare cieco della città distrutta. Si muovono ali desideranti nello squallore inatteso. Giostra in rovina, tu, di passi che sospirano. Irraggiunto mare, nebbia, nebbia di voci. Affamate. Urlano e bruciano il tuo pensiero, il vulcano. Sfocia nella sorpresa, lingua che non comprendo, lingua dei misteri dionisiaci, lingua del flagello iniziale della gioia, minacci il tuo respiro grigio con uno stormo di sguardi. Le tue braccia nel vuoto, le tue braccia, il mio mare.
Città dissepolta. Città deserta. Città verso cui tendevo. Città da cui verrò, antica città di Eros e Dioniso, Priapo e Venere. Città morta, scorri nelle mie vene, città eruzione, città tempesta. Sei lava che scorre nella mia follia. Bruci la mia pelle.
Bimbo sorriso, bimbo morte, bimbo vulcano, con-suoni un morso urlante.
Siedo, immagino l’assente che tu sei e accarezzo il tuo respiro notturno mentre le mie dita scorrono sulle tue labbra, rosse, gonfie, umide di sorrisi. Gli specchi amanti che noi siamo ci si sfanno tra le mani della partenza, dello stringere ancora e dell’abbracciare già. Mi sorridi un’attesa serena, ma lacrimi attese senza calore. Lacrimi un freddo giaciglio, dipingi pensieri erotici sulla mia schiena, suoni il mio ventre e giochi tra le mie cosce. Legna bruciata penetra le aperture della trasparenza inondata.
Esplori i miei dubbi e silenzi e soffochi le mie disperazioni. Tu, poema delle partenze e degli arrivi, tu che sorridi in ogni angolo di questa stanza, in ogni luogo dell’aria tu mi raggiungi e mi guardi, trattieni le labbra ma non resisti al sorriso che mi respiri, mia Nascondimento. Un bicchiere vuoto, pieno delle tue labbra che l’accarezzavano bevendo, le pietre che raccogli, il mobile sollevato, il libro sfogliato, le parole baciate e frustate, il tuo sangue sul mio corpo. L’aria, l’aria è il tuo profumo, il profumo di menta, basilico e prezzemolo, il vetro appannato dal tuo desiderio, i tuoi occhi arrossati di pianto. La mia lingua divenuta la tua. Il tuo accento che lambisce il mio respiro. Già parti. Chiudo gli occhi ti cerco ti seguo. Il tuo corpo dipingo, canto il tuo sguardo smarrito e la tua malinconia dell’esclusione.
Ma le voci infinite, gli sguardi infiniti tornano e ci chiamano verso il ponte. Siamo il ponte, siamo ovunque. Tempesta che misura le assenze e i ritorni. Cammini verso di me. Le mie parole sono il suolo che ti sorregge, le mie braccia la tua coltre. Il mio ventre il tuo giaciglio. Il vulcano tace la vita antica. Il sole scardina la soglia del tempo. Arianna, il tuo filo sorride.
Signora dei misteri, labirintica e agile Arianna, giorno della lava, erompi il desiderio e ti apri fiume, fiume di lava, fiume in cui non ci si bagna senza bruciare la propria follia. Inveniamo, m’intùo infinito gioco crudele della gioia della cenere millenaria turbina la maschera trinitaria. Calore che pietrifica le nostre urla di lava, i nostri occhi bruciati, la nostra pelle liquefatta, il mélange di fuoco e corpo. Dioniso è Arianna. Mi hai chiamato. Giunge da te il mio oriri. La lava.
Mano nella lava, mano nella mia mano. Il tuo corpo notturno brucia nel mio mare di lava. T’inmèi nel sorriso del vulcano. Sorriso di fuoco, urlo illimite intempestivo. Stravolgi.
Tempesta, tu danzi il tempo-mensura. Portami le nubi, tu piangi stelle. Urlo d’orrore, duplice urlo. Il Fuori è la tempesta dell’angoscia. Urlo di pietra. Tempesta di lava, labirinto di lava, il vulcano canta. Verhängnis. Suoni il tamburo, prosciughi il sangue sosti e spegni il tuo canto tocca il cielo e lo incendia di follia.
Ti chiamo, vulcano, inizia il mio corpo al dolore, sprofondami nella terra e roccia. Dio del fuoco, accarezza questo corpo disseccato nel letto buio del dolore.
Mi apro al flusso caldo della tua lava e la mia bocca dischiusa riceve sulle labbra la tua rugiada di fuoco.
Spruzzi gli orli delle nostre lingue che ti inseguono abiti nel vento, nera nube sinuosa marcisci le voci, formosa e bella, mia lava contenta di uccidere. Tagli. Incidi. Mi divieni.
Divori la mia pelle, medicina lavi le mie ossa, mi cavalchi e mi accendi.
Sono rossa lava piango fuoco percorro il sentiero siedo nel tuo ventre il mio respiro è alito del fiore di fuoco corolla dischiusasi al nero increspatura sullo stagno dei tuoi occhi ridi, terra, urlami la lava che mi strappa i denti.
Flusso immane mare rifugio nel fiore della carne ardente. Approssimare. Prossimità approssima lontano. Prossimità conserva lontano essenzia prossimità nell’approssimare.
“Nella Donna-Sorgente, ancora una volta, cade una goccia dell’Uomo-Acqua, dà vita all’incontro, alla Pioggia-Fanciullo. ”
Donna-Città sepolta nella gioia del vulcano, il mio sangue scompare nel tuono che cammina agonico nei lapilli infiniti cade soffocato un suono percorso nel tamburo tizzoni ardenti sono i nostri semi. Rosso cola sangue il fiume di lava selvaggia e persa inesorabile cenere.
L’orizzonte è un occhio veloce che sospira nel vento. Laggiù, la tua bella voce, incendi e danze sospesi nell’aria di fuoco, in un battito di membra che digradano nel mistero dell’ombra che mi precipita in te.
Signora del labirinto e del fuoco. Spruzzami, bagnami, irrorami, tramutami nel tuo calore. Bruciami di rugiada.
La tempesta risponde al tuo richiamo. Si apre la polvere del fuoco. Questo raggio rosso si avvita sentiero del riposo. Il sentiero della carne bruciata calpesta il mio udito fugge il mio odore arco del lontano avvolto nel lontano la mia carne arde nella notte del vulcano e ti desidera e ti consuma.
Tremi un’eruzione immobile fremere di nuvole umide di desiderio.
Fiume di lava nelle mie mani
Lava sulla pelle
Sei lava sulle mie labbra
Scorri, sprofondi la mia bocca, mi inondi.
Silenzio urlato
Vulcano che libera nel fuoco,
caldi brividi mi scuotono
il mio pensiero è incendio
quattro mura sconvolte di calore
si dischiudono al tuo scorrere la mia soglia
si apre
al tuo
e al mio
piacere
penetrami calore
Arianna è l’evento di Dioniso
Bevimi lava
Musica lenta
Specchio di fuoco
Mi inondi senza fine
Amore incendiario
Mi sfiori mi bruci
In-bruciami
Lingua che fluisci sul corpo, cunnilinguus infinito, mi sciolgo nel mare del tuo calore.
Palabra encendida
Macerie di terra, frammenti di dita, fulmini e versi, ombra infinita, graffi il rosso vivo.
Notturno convulso, in-spiri suppliche oscure di suoni ciechi, vani sussurri, il lago è calmo, eco magica di rosse agonie pallide sensualità del dopo. Silenti ordini posano suturati sulle dita di torpore nudo. Veleno liquido, sangue riflesso in dita gelide. Rugiada di volti. Vuoto rosso.
Il tuo corpo aperto incatena la voce della terra, parole nell’universo flusso errante, mutilata precisione innocente di ritmi. Pozzo di lava in gesti torbidi, travestite vene aperte nel piacere, guerra di alito attorcigliato nel fecondare oscuro.
Respiro lava, rossa neve, onda di schiuma fluida e tonante estrai viscere di notte nel mistero della goccia.
Tracci il sole nel fuoco un albero di cenere
Fame di fuoco
Penombra d’incendi
Fuoco che ha fame
Porta condannata nella notte di polvere vulcanica
La stoffa si apre al tuo irrompere
Il legno si sacrifica al tuo incedere. Fugge il tempo e ride l’aria nelle spirali senza rimedio. Il mio capezzolo infinisce nella tua bocca calda. Ed è un gesto di fumo, impressione di fuoco nel mare che conserva il sapore annottato e sconosciuto dell’evento giunto sotto la mia pelle.
Sillaba del tempo, manchi ora l’eco di risa e di pianti. Frusta che brucia ed inizia al piacere ritorni ed incidi e gemiti e mugolii ti accolgono attese segrete nelle mura crollate.
L’incontro dei nostri desideri insaziabili nel nostro ventre infinito è irruzione di fuoco mordace lava del tempo
Armonico antagonismo di fughe e dissolvenze
Nidi di margini
Vieni, lava, mia maestra dell’estasi lapillica.
Morire, così,
il tuo respiro
sulle mie labbra
mentre la lava
ci avvolge e ci riscalda
tra le fiamme
sotto questo cielo
terso
un bacio infinito
mentre l’Aperto
di un blu immenso
ci sorride questa morte
Nel tuo letto incandescente, accarezzarti, baciarti, toccarti, solleticarti, passare lentamente, sfiorandoti con le foglie di menta, dai tuoi piedi lentamente sino alle tue caviglie, risalire lentissimo le tue gambe, solleticarti le ginocchia con la mia lingua, morderti lentamente la carne morbida delle cosce, risalire lambendo la peluria del tuo ventre, il suo contorno, oltrepassarlo senza toccarlo, leccare il tuo ombelico, succhiare il tuo seno, mordicchiare i tuoi capezzoli turgidi e baciare la tua bocca, lungamente suggendo dalle tue labbra, sfiorare i tuoi capelli, titillare con la punta della mia lingua i lobi delle tue bellissime orecchie, ammorbidire il tuo collo sino a farti venire i brividi, sino a che il respiro diviene sincopato e sinché esplodi il desiderio, ti fai ventre e mare umido, corpo di lava ardente, ridiscendere lentissima mente stringendo il tuo seno tra le mie mani, tra pollice e indice i tuoi capezzoli, sino al tuo ventre bagnato, al tuo ventre eccitato, tremante, che rabbrividisce convulso di desiderio, lambire, con lingua e dita, con il mio respiro e i miei capelli, lambire il tuo ventre, sino ad aspirare e bere la schiuma del tuo mare di lava bianca, scottarmi nel tuo calore, farti crescere tempesta, e tuffarmici, per una danza senza fine…
Derive di flussi insormontano cumuli di sale, in questo deserto di vita erosioni di spazi esprimono l’accadere del vulcano, occhi esplosi di lava, occhi che osservano sotto il fiume, occhi che scavano la storia, sepolcro di lava per i tuoi occhi, levigati contorni di corpi, plumbei ventagli di limiti.
Sensuosa lava, immergimi e penetrami.
Aria stravolta, affondami. Pervasiva vastità, pervasivi avvolgimenti. Un crinale. Affascini sfumature di fuoco, brezze incendiarie, desiderio del tempo della lava che si respira. Respiro il tempo del tuo piacere, sommossa di partecipazioni estreme, comprendi un’onda di piacere nel mare d’immanenza, lava.
Nodi sciolti nel calore, carezze e desideri consapevoli del Libero nel magma, dilati frangenze di vertigini, tensioni e grappoli di urla. Globo inabissantesi, onda di vertigine, abbagli e accresci l’orgasmo, raffiguri il crollo ritmico e sotterraneo, inarchi orli e lembi di labbra brucianti nei gorghi, giungi dall’oltre e mi baci, lava, purpurea massa incendiata ricomponi le deformazioni nei flutti e negli sfondi sommersi, mi inondi di piacere, addensi e infinisci il gaudio, costellazione di palpiti, mi sciolgo nel tuo calore, sono tempo che la tua lingua lambisce e traccia nei palpiti reclinati, nell’insenatura delle tue cosce l’orlo di carne srotola ed erode il mio piacere nei contorni dei respiri e delle tue lingue infinite. Sono piacere senza fine. Veli il mio sguardo e dilaghi nel mio ventre, capelli di fuoco infuriano sul mio seno, le tue bocche avvolgono i miei capezzoli. Sei la scrittura della terra sinuosa, intrisa e umida di incendi. Mi riempi, mi smisuri, oscilli l’universo e suggi stupore di carezze. Scrivimi nel fuoco, danzami questo frusciare di ebbrezza, convergi e compenetri flessuosa aria, corpo guizzante.
Chi mi dissolve… accendi le mie perversioni e mi fai accadere. Sono il tuo piacere effuso affiorare, volto ispirato, sfumatura dell’esaudire, disgiunzione che delinea il desiderio, passione sconvolta, interposta nel mio vuoto che ti aspira, lambisci e sfiori il flusso che dilaga nel mio ventre. Abbagliami le tue disgiunzioni intrise di pioggia sacra, voglio nuotare nel tuo flusso intenso, nella visione che permane nella mia pelle, nel brivido caldo, nel tormento dell’infinita fascinazione. Sviami, pervertimi, seducimi alla furia, scaturiscimi di urla, impaurisci la fusione e il tremore oceanico che squassa il mio ventre, sfibrami di violenza dolce ed estrema che espande i miei sensi in un gomitolo di tensioni nell’avvampare del tuo sorriso nel gioco che mi danza e mi penetra, estendi di confluenza e flagelli questa città della gioia, ansimami tra cielo e mare in questi attriti che mi percuotono come una brezza sottile.
Marea di orge, mare dello sguardo, ingoiami nella tua notte, transitami al di là di me, ammaliami e corrompimi, maliziosa Nascondimento, desiderio di labbra umide, desiderio del vortice del fuoco, contorno di morsi, tu persisti e fluisci, strappami la pelle, apri il mio ventre, immergiti e contienimi, colmami di brace, trans-boccami nel durare, attraversami e godimi di oblio e consapevole trans-guardo, scaturisci seduzioni pulsanti, estrinsechi attrazioni pervasive, susciti eruzioni, pervadimi.
Ricolma, trabocchi attraversamenti, comprimi gli spazi corporei nel principio della tempesta lapillica. Con-vivi sconnessioni di occhi -mandorla, i tuoi artigli ustionano e sanno, sono acqua, spora, seme, polline, che si riversa e tu in-bocchi desiderio lapillare, flusso lento, forma che espandi congiungimenti, lambisci marea il mio fianco, il mio collo, sei fruscìo che morde la mia nuca mentre mi penetri strapiombo. Sei l’abisso delle malìe, sei il limite dell’estasi, diplopico ancora e quasi. Sei turgida lava, flusso di carezze di petali acerbi, di capezzoli. Dolce Aria che sinuosa avviene nelle tue ciglia che si librano nelle eclissi, sei furto e conquista e sensuale mi attrai allo stupore acuto.
Sovrasti e frangi, abbatti e sconvolgi, oscilli e risali nel fitto, nel vortice, nella schiuma, nel boato di raffiche che mi sciolgono, smisurata gioia, esaudisci flussi denudantesi di respiro libero e sprizzi gocce di fuoco che erodono il mio tremore, aderisci e mi stordisci di interstizi e orifizi che mi offrono coesioni, esaudisci il mio urlo infranto, sei la mia vertigine, repentino e fugace infinire lambisci di lingue immense il mio alitare e smargini e smisuri incarnazioni invaghitesi del tuo sbocciare. Spogliantesi corolla, mi disseto nel tuo spruzzarmi sensuali sfioramenti, sprigioni e riveli obliandoci nel magma. Dissolvimi nel piacere infinente.
Sei rovesciamento tellurico.
Giaccio nel nostro letto labirintico e accarezzo l’immagine tua, che mi invii dalla gioia dell’abbraccio con il tuo… ecco, improvvisa giungi, come questa pioggia-autunno, giungi, come folata di vento, il fruscio dei tuoi vestiti, il tuo cammino giunge sulla mia pelle spira la brezza delle tue parole, gli infiniti fili della tua chioma sono il labirinto della gioia.
Sei una città infinita, stupefatta del lontano.
La strada del tentativo.
Cammini sul filo dell’arrivo.
Si fa sera nel ghiaccio, mentre tu apri il mondo, denudandoti, e dipingi parole sulle tue labbra, sulle tue dita, il profumo d’arancia mi naufraga.
Il filo, il filo smarrito.
Arianna
gettami il filo perché io mi perda nel labirinto del piacere
gettami il filo che mi nasconda l’uscire
porgimi il desiderio. FINE

About A luci rosse

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